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Autore: Francesco Lalli
L'uomo dei numeri
Romanzo Giallo
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L'uomo dei numeri
L'elicottero seguiva il proprio tracciato lungo il profilo stretto e regolare della via Aurelia che costeggiava per lunghi tratti il mare, vincendo come una libellula il vento teso che percuoteva di tanto in tanto l'abitacolo e il suo passeggero affacciato al finestrino.
Il cielo assomigliava a un giacimento nero di petrolio da cui si staccavano tratti di nubi a cui il pallore della luna donava un'incandescenza sinistra, riflessa sul vetro crivellato di pioggia. Un ammasso di luci più in basso indicava il limite oltre il quale la città doveva rassegnarsi alla campagna, quello delle ultime abitazioni residenziali con i loro tentacoli avvinghiati al buio nella cui matassa era racchiusa ogni cosa. Da quell'altezza persino i peccati del mondo là sotto apparivano indistinguibili dalla consistenza della notte. Poi l'elicottero piegò verso l'interno, ancora più a nord, lasciandosi dietro il silenzio perfetto dell'aria.
Una manciata di minuti più tardi era atterrato in una vasta radura della Tuscia laziale che lambiva la fettuccia grigia di un parcheggio appena a ridosso di un bosco. La strada era stata bloccata dalle volanti della polizia in entrambe le direzioni.
Un agente in divisa si avvicinò al portello, mentre la figura imponente e scura sul sedile dietro a quello del pilota si toglieva le cuffie e cercava di estrarre i suoi quasi due metri dallo stretto abitacolo.
- Ben arrivato dottore, mi hanno mandato a prenderla - .
Diego Taddei si limitò a un cenno del capo, e in ogni caso la sua risposta se la sarebbe mangiata il rumore del rotore che continuava a girare.
- Il luogo del ritrovamento è qui vicino, mi segua! -
Percorsero alcuni metri del prato su cui si era poggiato l'elicottero fino al limitare dei primi cespugli di piante che ne circoscrivevano il confine, poi s'incamminarono lungo un sentiero nascosto che si apriva sulla destra nel fitto della vegetazione.
Un miscuglio pungente di terra decomposta e uova marce assalì le narici del responsabile della Unità Analisi Crimine Violento. Il sottobosco pareva palpitare con un respiro infernale sotto i suoi piedi mentre calpestavano un tracciato di erba fiancheggiato da siepi formate da folti arbusti di felci.
- Da dove viene quest'odore disgustoso? - chiese Taddei rivolgendosi all'agente che lo precedeva.
- Siamo nella riserva naturale di Canale Monterano, non lontano da Manziana, qui vicino c'è una solfatara - chiarì laconico l'agente, mentre faceva luce con una grossa torcia elettrica e di tanto in tanto scostava i rami più bassi degli alberi. Taddei si domandava cosa ci facesse in quel posto, mentre cercava di tenere il passo dell'uomo in divisa che gli faceva strada. Desiderava soltanto restare raggomitolato nel suo dolore a sperare che quello che era successo nelle ultime settantadue ore fosse solamente una brutta storia raccontata da un bugiardo.
Il fiato dell'agente divenne vapore attraversato dal pallore lunare quando riprese a parlare. - Lo ha trovato oggi nel tardo pomeriggio un cercatore di funghi mentre passeggiava nella città fantasma che occupa buona parte della riserva naturale, dentro alle rovine del convento di San Bonaventura. Naturalmente siamo intervenuti subito, abbiamo delimitato la zona e chiuso gli accessi, ma è roba grossa. Cose così da queste parti non se ne sono mai v cheiste, solo qualche carcassa di animale attaccato dai cinghiali, ma niente del genere. Deve vederlo con i suoi occhi - .
- Città fantasma? - domandò il responsabile dell'UACV mentre la puzza di zolfo s'inaspriva formando una cortina invisibile e nauseabonda man mano che procedevano lungo il sentiero.
- Secoli fa qui sorgeva un borgo abitato di proprietà dell'Abbazia di San Paolo che nel corso del tempo è diventato un feudo passando di mano in mano a diverse famiglie dell'aristocrazia romana, ormai non rimangono che rovine visitate da qualche turista e dalle troupe cinematografiche che lo usano come set - .
Taddei non ebbe nessuna difficoltà a capire perché. Il sentiero terminava in un vasto piazzale erboso su cui troneggiava una fontana ottagonale. Un'altra, addossata alle mura di quello che doveva essere stato un acquedotto, era sovrastata dalla scultura di un leone, una sentinella dallo sguardo di marmo posta a guardia della solitudine che quel posto si era conquistato in tanti anni. Una solitudine fredda e silenziosa come lo spazio in cui ruotavano gli astri sopra le loro teste. Oltre la fontana centrale si srotolava una scenografia lugubre su cui si rifletteva il bagliore nervoso delle fotoelettriche. Lo scheletro di un edificio composto da blocchi di tufo di cui rimaneva il timpano della facciata e parte dei due tronconi laterali, faceva da fondale a una specie di panorama spaziale che Taddei aveva imparato a memoria.
Tutto il perimetro era stato circondato con il nastro di avvertenza e uomini avvolti nelle loro tute bianche, simili a tanti astronauti appena sbarcati su una superficie aliena, sembravano muoversi a rallentatore per non spostare nemmeno un sasso o un filo d'erba. Una liturgia monotona e ripetitiva rotta di tanto in tanto dal singhiozzo dei flash delle Nikon accessoriate con il kit R1 per la macrofotografia notturna.
In mezzo a quelli della scientifica Taddei riconobbe immediatamente l'agente operativo Corso, in forza alla sua squadra già da tempo, e il medico legale Maurri, ma non riuscì a salutare nessuno dei due perché il Questore Cardani si mosse verso di lui raggiungendolo a passo svelto. La sua faccia era più scura del coperchio senza stelle che rivestiva la collina e non era difficile capirne il motivo, il posto in cui si trovavano era identico a decine di altri che avevano lo stesso nome e cognome: scena del crimine.
- Ci siamo, Diego! Lo abbiamo trovato, ma temo che lo spettacolo non ti piacerà - .
- Un corpo senza lingua? -
- Purtroppo sì. Dopo l'episodio in cui è rimasto coinvolto quel prete, Don Gregorio, avevamo vagliato molte possibilità, dallo scherzo di pessimo gusto a un regolamento di conti tra delinquenti, ma non pensavamo a niente del genere. Dai un'occhiata - .
Taddei s'infilò i copri scarpe per non inquinare la scena del crimine, quindi indossò i guanti in lattice e la mascherina. Ne avrebbe avuto bisogno da prima, visto il puzzo che lo aveva accompagnato fin lì, ma avvicinandosi al cadavere la situazione non sarebbe di certo migliorata. Seguì Cardani che avanzava all'interno del rudere scostando un paio di agenti intenti a scattare immagini di quella cartolina spedita direttamente dall'oltretomba.
All'interno, le radici dei rampicanti avevano avviluppato i muri e scendevano giù da ciò che rimaneva dell'antico convento seppellendo la sua pelle di pietra con una matassa legnosa.
- Ecco qua il tuo nuovo amico - si limitò a commentare Cardani indicando con il braccio teso il cadavere.
Il corpo si trovava supino, appoggiato a un gigantesco albero di fico posto proprio nel centro della sala che un tempo rappresentava l'ingresso della chiesa annessa al resto del fabbricato.
Il criminologo gli arrivò a una distanza di circa un metro prima di piegarsi sulle gambe per osservarlo meglio. La schiena della vittima era addossata al tronco della pianta. Si trattava di un soggetto maschio, bianco, completamente nudo e di età giovanile a giudicare dal colore dei capelli, che mostravano una leggera stempiatura. La pelle, quasi diafana, era coperta da abbondanti macchie da ipostasi dovute alla mancanza di circolazione sanguigna.
Al posto della bocca si allargava una caverna nera e vuota da dove il sangue era colato lungo il collo e il petto, coagulando in una cascata dai riflessi purpurei. Le ferite da proiettile all'altezza dei gomiti e delle ginocchia spappolate avevano fatto il resto, trasformando il terriccio in cui affondava la grossa pianta in un tappeto di sangue rinsecchito che nemmeno la testarda pioggia autunnale sarebbe riuscita a cancellare.
La cosa più evidente, però, erano gli occhi: del tutto spalancati, ma non abbastanza da contenere l'orrore di cui erano stati spettatori. Di rado Taddei aveva visto nelle orbite di un cadavere una simile espressione. La paura più profonda era rimasta impressa in quelle pupille come sul negativo di una pellicola. Ciò che stava guardando non era l'ultimo istante di vita di un uomo, ma l'intera sequenza di un'agonia che non smetteva di echeggiare nelle viscere del bosco circostante.
Maurri raggiunse Taddei nel momento in cui quest'ultimo riguadagnava la sua lunga postura eretta. Senza guardarlo il criminologo si scostò la mascherina e iniziò ad arrotolarsi una sigaretta. Non esisteva un momento buono per fumare o per non fumare e poi l'aroma del tabacco avrebbe reso l'aria più respirabile.
L'anziano medico legale, intabarrato in un pesante soprabito, gli si accostò senza dissimulare la propria disapprovazione.
- Dovrebbe togliersi questo brutto vizio, lo sa, vero? -
- A cinquantadue anni? Sempre meglio del suo mestiere. Che sa dirmi del cadavere? -
- Come avrà notato, il corpo presenta ferite da arma da fuoco agli arti inferiori e superiori. Quattro in tutto, due per le gambe e due per le braccia. I colpi sono stati esplosi a una distanza abbastanza ravvicinata, ma di certo non prossima alla vittima - .
- Quindi, - lo interruppe il criminologo, - è probabile che abbia cominciato a colpirlo alle gambe per non farlo fuggire. Una volta a terra ha proseguito sparandogli alle braccia. Ci sono segni di trascinamento verso l'albero o di sgocciolamento ematico? -
- Nessuno, e quelli della scientifica hanno repertato i bossoli in un perimetro circoscritto a pochissima distanza l'uno dall'altro e a non più di quattro metri dalla base della pianta - .
- Insomma, ha fatto il tiro al bersaglio del luna park senza doversi spostare dalla propria traiettoria - .
- Direi che è una valutazione corretta, o quantomeno plausibile. Lo conferma il fatto che i proiettili hanno colpito articolazioni essenziali rendendo impossibile qualsiasi tentativo di fuga. I colpi agli arti inferiori hanno disintegrato le rotule e parte della tibia, mentre quelli agli arti superiori hanno attinto l'intera capsula del gomito dall'epifisi distale fino all'ulna e al radio - .
- Calibro? -
- Nove millimetri parabellum. Un lavoro pulito - . A rispondere era stato l'agente Corso, che nel frattempo si era accostato ai due uomini per salutare Taddei. La sua corporatura snella e muscolosa che s'indovinava sotto la giacca divenne un unico profilo con la sagoma del responsabile della UACV. - Scusi capo se non sono venuto a prenderla all'elicottero, ma il questore mi voleva qui a dare una mano finché non fosse arrivato lei - . Taddei annuì dandogli una leggera pacca sulla spalla.
- Una volta resa inerme la vittima, - riprese senza enfasi il medico legale, - gli ha legato la testa all'albero con una manetta di fissaggio in plastica, poi deve essersi piazzato davanti e dopo averlo forzato a estrarre la lingua l'ha mozzata di netto con un oggetto estremamente affilato. Tra l'escissione e le altre lesioni, questo povero cristo è morto dissanguato e non deve essere stato né breve, né indolore. Un pessimo modo per andarsene - .
- Che sappiamo della vittima? -
- Intorno alla cinquantina, un metro e ottanta, sui settanta chili e in discrete condizioni fisiche - . Concluse il medico.
- Mentre per quanto riguarda l'identità è ancora troppo presto, - si affrettò ad aggiungere Corso, - Stiamo verificando eventuali denunce di scomparsa - .
- La lingua è stata ritrovata il 23 e oggi è il 25, mi domando da quanto tempo è qui - aggiunse il capo della UACV.
- Potrò essere più preciso dopo aver analizzato il corpo, - si schermì il medico legale, - comunque dalla temperatura rettale, per quanto si tratti di un dato parziale, direi non meno di due giorni - .
- Maledizione! Ora ci ritroveremo tutta la stampa in mezzo ai piedi - . Cardani irruppe nella conversazione con la caratteristica irruenza del suo temperamento. - Già erano entrati in fibrillazione con la storia della lingua appesa e ora questo. M'immagino la conferenza stampa di domani, sarà impossibile tenere lontane quelle mosche dal miele - .
Taddei aspirò avidamente dalla sigaretta prima d'ignorare le preoccupazioni del suo superiore e di rivolgersi a Corso. - Sei riuscito a farti un quadro generale della faccenda? -
- Credo che l'assassino abbia portato la vittima in auto fino al parcheggio dove è atterrato lei e ha preso il sentiero che conduce all'interno della riserva naturale, poi da quel punto l'ha costretta minacciandola con la pistola ad attraversare il camminamento formato da archi che si trova laggiù e rasenta i resti dell'acquedotto. Nell'erba cresciuta sotto al passaggio abbiamo trovato tracce abbastanza recenti di calpestamento di due persone. Una volta arrivati qui l'ha fatta spogliare e ha dato il via alle danze - .
- E i vestiti? - lo incalzò di nuovo Taddei - .
- Li ha lasciati ai piedi dell'albero dopo averli privati di ogni effetto personale. Sono stati prelevati dalla scientifica per i necessari riscontri, ma già a un primo esame della scena del crimine hanno detto di non aver visto mai nulla di simile. Sembra che ad aver agito sia stato un fantasma - .
- I fantasmi esistono per chi ci crede, nella realtà c'è solo il modo di chiamare con il nome sbagliato le cose giuste: attenta preparazione! - troncò brusco il criminologo.
Cardani si riprese la parola senza riuscire a trattenere l'ansia che trasudava da ogni singola frase. - Questo sembra un maledetto affare, Diego. E poi c'è la faccenda della lingua e tutto il resto, rischiamo di ritrovarci in un casino monumentale - .
Taddei spense la cicca per terra schiacciandola con il piede e la raccolse per non inquinare la scena, poi fissò un punto indistinto oltre la spalla del questore con l'espressione stanca di chi sta in piedi per abitudine o per forza d'inerzia.
- Un posto del genere non si trova a caso. È passato di qui più volte con il buio per capire la fattibilità del piano e se potesse agire indisturbato. Bisogna cercare qualche testimonianza, forse durante le perlustrazioni si è fermato con l'auto nello spiazzo dove poi l'ha parcheggiata la sera dell'omicidio, e se siamo fortunati qualcuno potrebbe aver notato il mezzo nei giorni precedenti - .
- Cosa ti fa pensare che abbia fatto i sopralluoghi di notte e che sia così accorto? - chiese Cardani che mal digeriva tutte le intuizioni calate da un punto troppo alto per arrivarci con le sue sole forze.
Il criminologo si passò una mano sul viso dove la barba gli aveva creato un'ombra ispida, prima di replicare. - Il modus operandi indica un alto livello organizzativo. Per agire ha dovuto portare con sé e gestire una pistola, un coltello, una custodia per il feticcio e almeno una fonte di luce. E poi, guardati intorno. Ci sono centinaia di alberi a cui poteva fissare il corpo prima di straziarlo, ma ha scelto proprio questo, al centro del rudere. Di quanta fortuna avrebbe avuto bisogno per beccare a caso il diametro esatto della manetta di fissaggio che ha utilizzato per il tronco? -
- Troppa, direi - rispose Cardani alzando lo sguardo verso i rami più alti della pianta che svettavano oltre la costruzione priva di tetto.
- Appunto. Aveva già eseguito dei sopralluoghi, il che indica un soggetto freddo e metodico. Non mi meraviglierei se l'attrezzatura per bloccare la testa alla vittima e un cambio completo fossero stati sistemati sul posto già in precedenza - .
- In effetti, tra i colpi agli arti e l'escissione il sangue è colato ovunque e deve essersi imbrattato per forza - osservò Corso che non aveva perso una lettera della spiegazione del suo direttore.
- Precisamente. Quindi o indossava sopra i vestiti uno spolverino di cui si è liberato, oppure aveva già pensato a degli abiti puliti. Altrimenti, se l'avessero fermato per un banale controllo stradale avrebbe rischiato grosso. Tutto lascia presupporre che sia un pianificatore di prim'ordine. Qui non si tratta di una semplice esecuzione, voleva che quest'uomo – chiunque sia – soffrisse, ma soprattutto desiderava umiliarlo. Lo ha fatto spogliare godendosi la scena, in modo che fosse ben chiaro chi era la preda e chi il predatore - concluse Taddei seguendo con gli occhi il volo d'insetti notturni che, ingannati dalle luci artificiali, si abbattevano contro le lampade con piccoli schiocchi.
- Va bene, Diego, - chiarì senza mezzi termini Cardani, - la faccenda passa in mano alla tua squadra. Voglio un rapporto costante sull'andamento della... -
- Tu non vuoi proprio capire, vero? -
Stavolta il responsabile della UACV guardava il proprio capo dritto negli occhi. Nessuno avrebbe detto che stava parlando al suo diretto superiore, non dal tono ruvido che aveva assunto.
- Mi hai fatto venire a prendere in elicottero e ho accettato solo perché hai detto che si trattava di una faccenda tanto grave e delicata da richiedere assolutamente la mia presenza. Io sono solo un consulente della polizia e dopo quello che è accaduto a Lisa tre giorni fa ti ho detto di considerarmi in ferie, e ne ho un mucchio da smaltire. Ciò significa che non ho alcuna intenzione di stare qui a dire cosa devono fare a un branco d'idioti quando in questo preciso istante dovrei essere altrove, dove fra qualche minuto ho intenzione di farmi riaccompagnare con o senza il tuo permesso - .
Cardani aspettò che Taddei sputasse fino in fondo il suo disappunto. Non era la prima volta che perdonava al criminologo qualche intemperanza e non avrebbe fatto eccezione proprio ora, non dopo quello che gli era accaduto.
- Ascolta, Diego! Per precisa indicazione del Ministro degli Interni e del Capo della polizia tutte le forze dell'ordine sono impegnate al sud per contrastare la guerra che la mafia ha scatenato laggiù. Abbiamo avuto quasi duemila persone uccise negli ultimi diciotto mesi e un numero di feriti da capogiro. L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che i mezzi d'informazione continuino a spalarci letame addosso con la scusa di un omicidio come questo. Quindi la cosa deve essere gestita dalla tua unità, altrimenti quest'indagine è fallita ancora prima di cominciare - .
- Non è colpa mia se la mafia spedisce più gente al cimitero e in ospedale di quanto riesca a farne eleggere in Parlamento! -
- A proposito di ospedali, non è continuando a stare in quella stanza del San Camillo notte e giorno che cambierai le cose, Diego. Arrivati a questo punto il lavoro è l'unico rimedio per non impazzire e lo sai meglio di me - commentò risoluto Cardani a bassa voce.
- Non si finisce mai d'imparare, pensavo di essere io quello con una laurea in psicologia - rispose freddo Taddei facendo per andarsene.
- Va bene. Girate il corpo! -
L'ordine del questore scoccò dritto verso due degli astronauti più vicini. Afferrarono il cadavere da entrambi i lati e lo poggiarono su un fianco.
I fari disegnarono un solco bruno che scalfiva in profondità la schiena e la risaliva come un canyon fino alla base del collo. La lacerazione formava una linea continua dai riflessi metallici a causa del sangue rappreso.
Taddei girò la testa e tornò sui suoi passi avvicinandosi al corpo per vedere meglio.
E vide.
- Glielo ha inciso sulla pelle con una lama, sembra una “O”, ma potrebbe trattarsi di un semplice cerchio - commentò Maurri titubante.
- Oppure ciò che sappiamo finora sul caso: “zero” - concluse il criminologo cominciando ad arrotolarsi una sigaretta.

Francesco Lalli

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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