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Autore: Sonia Alcione
Al di là della finestra
Thriller
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Al di là della finestra
La settimana a seguire fu abbastanza noiosa. Elisa aveva passato gran parte delle giornate a spiare cosa facesse il vicino, spesso era salita in camera a guardare verso la finestra della torretta e in un altro paio di occasioni, sempre di buio, le era sembrato che ci fosse qualcuno dietro il vetro. Aveva la sensazione di essere spiata. L'auto di Matteo da diversi giorni era parcheggiata dietro casa fino a quando, una mattina, lo incontrò nel piazzale antistante mentre stava entrando in garage con una piccola macchina elettrica. Aveva due auto, quindi la presenza della BMW non significava che fosse in casa. Ma questo non cambiò il suo pensiero, ormai era quasi certa che lui la spiasse. Troppe volte le loro uscite coincidevano e non poteva essere una coincidenza.
Finalmente sabato. Aveva iniziato a contare i giorni che la separavano dal rientro di Franco, previsto per giovedì 31 luglio. Dopo la partenza di Michela era sempre rimasta a casa ma quella sera uscì a cena con una vecchia amica dell'università che aveva perso di vista e che il giorno precedente aveva casualmente incontrato in un centro commerciale.
Il risveglio la domenica non fu dei più piacevoli. Si alzò poco dopo le otto e scese per fare colazione. Rimase impietrita, gli occhi sbarrati dalla paura. Si sedette sul penultimo scalino temendo che le gambe non le reggessero, sentì il sudore imperlarle la fronte e una goccia le cadde sulle ginocchia.
Sulla grande vetrata spiccava una breve inquietante frase scritta con uno spray di colore rosso: presto sarai mia. Chi era riuscito a entrare dall'alta recinzione del giardino e quando? Quella scritta poteva essere stata fatta nella notte o durante la sua assenza la sera prima. Al rientro dalla serata con l'amica aveva parcheggiato in garage, il cui accesso diretto in casa si trovava sul retro della casa. Per quel motivo non sapeva se la scritta ci fosse già la sera precedente. E comunque non faceva differenza. Non era neppure riuscita a urlare e in ogni caso nessuno l'avrebbe sentita. Con le mani tremanti compose il numero dei Carabinieri che accorsero prontamente.
Non appena la pattuglia arrivò il vicino uscì.
“Che succede?”
“Lei chi è?” gli chiese uno dei carabinieri non appena si avvicinò.
“Abito qui di fronte, è successo qualcosa a Elisa?”
Lei stava mostrando la vetrata al maresciallo quando Matteo entrò nel suo giardino e guardò la scritta con gli occhi sgranati. Quando lo vide gli andò incontro.
“Sei rimasto a casa ieri sera? Hai visto qualcuno aggirarsi in zona o sentito dei rumori?” la ragazza era palesemente spaventata.
“Ora calmati è tutto sotto controllo. Sono uscito con degli amici e sono tornato dopo le due. Non mi sembra di aver visto nessuno in giro ma dal piazzale non si vede la tua vetrata per via degli alberi. Non so dirti se quella scritta ci fosse già, mi spiace. Non ho neppure sentito rumori ma” poi si rivolse ai carabinieri “di quello non mi meraviglio, la mia casa è insonorizzata e da dentro non si sente niente.”
Furono fatti tutti i rilievi del caso, diverse fotografie e fu inoltrata richiesta per mettere il telefono di Elisa sotto controllo, facendo presente alla donna che per quello ci sarebbero volute alcune settimane, probabilmente senza esito. Purtroppo ricevevano giornalmente segnalazioni di molestie a mezzo telefonico, biglietti, scritte, molte volte frutto di futili discussioni familiari, il che rendeva impossibile stare dietro a tutte.
Se ne andarono oltre mezzogiorno e lei cedette in un pianto irrefrenabile, alla presenza di Matteo.
“Elisa cerca di calmarti, al momento sembra essere tutto a posto. Senti, non voglio essere entrante, ma che tipo di telefonate hai ricevuto? Non ho potuto fare a meno di sentire che ne parlavi col maresciallo e da quanto gli hai detto mi sembra che siano piuttosto inquietanti.”
Nonostante non gradisse la sua presenza, si rese conto che in quel momento era l'unica persona che aveva vicino, i suoi genitori erano partiti per la Sardegna e non aveva intenzione di preoccuparli e rovinare la loro vacanza. Così raccontò a Matteo delle telefonate che aveva ricevuto dal momento in cui si era trasferita in quella casa.
“All'inizio ho pensato a qualche stupido scherzo, poi le chiamate si sono ripetute, a cadenza quasi regolare e la scritta sulla vetrata è la prova che, chi ha compiuto quel gesto, mi vuole intimorire.”
“Beh sono anche io dell'idea che l'artefice delle chiamate e della scritta sia la stessa persona, ma ciò non significa necessariamente che il responsabile ce l'abbia con te. Non devi meravigliarti che conosca l'indirizzo, basta un collegamento a internet per sapere a chi appartiene un numero fisso.”
Già, il numero appariva sull'elenco pubblico e la linea era intestata a lei.
“Ho trascorso la serata con un'amica, sono uscita intorno alle diciannove e sono tornata poco dopo la mezzanotte. Mi chiedo cosa sarebbe successo se mi fosse trovata davanti quel pazzo.”
Matteo stava per aggiungere qualcosa ma, prima che potesse parlare, Elisa si rivolse di nuovo a lui.
“Ti ringrazio per l'aiuto ma adesso ho bisogno di rimanere un po' da sola.”
“Certo lo capisco. Vuoi che ti lasci il mio numero di cellulare, se dovessi aver bisogno puoi chiamarmi a qualsiasi ora.”
“Si, grazie.” Poi Elisa prese prontamente un foglio e una penna per scrivere, non voleva che lui suggerisse di inviarglielo con uno squillo. Non voleva che lui avesse il suo numero.
Passò il resto della giornata a togliere via quella scritta. La sera si chiuse in casa e cercò di mangiare qualcosa. Non appena calò la notte salì, andò in camera sua e rimase a guardare verso la torretta per quasi due ore. Nessun movimento. Sobbalzò al trillo del telefono, le ventitré e trenta. Decise di rispondere dopo diversi squilli e con gran sollievo udì la voce del marito all'altro capo.
“Elisa tutto bene? Ho cercato di chiamarti al cellulare per non farti impaurire, ma risulta sempre irraggiungibile.”
Lei guardò il suo telefonino e solo allora si rese conto che era scarico.
“Ho lavorato anche nel fine settimana e sono riuscito a portare a termine il mio incarico in anticipo. Ho in mano un biglietto aereo, martedì mattina sarò a casa. Ho atteso a dirtelo fino a che non ho avuto la certezza.”
Quando riagganciò Elisa tirò un lungo sospiro, ancora una trentina d'ore o poco più e avrebbe avuto il marito al suo fianco.
La notte non chiuse occhio. Era andata a letto lasciando la luce accesa, sentiva rumori dappertutto e ogni tanto si alzava a guardare verso la torretta. Poi decise di spengere la luce e mettersi a letto. Non appena si sdraiò si lasciò scivolare in terra, se lui era dall'altra parte non doveva vedere che si era alzata. Si strascicò fino alla camera accanto e si mise a guardare verso la finestra di fronte. A un certo punto ebbe la sensazione di vedere dei movimenti. Mise da parte l'agitazione e cercò di concentrarsi, doveva capire se era suggestione o davvero quelle finestre impenetrabili lasciavano trapelare qualcosa. Le sembrò di vedere una leggera ombra e d'improvviso le tornò in mente quella strana lampada proprio sopra la finestra. Fece mente locale e non ricordò che ce ne fossero altre sulle rimanenti finestre. Ci aveva visto giusto, doveva essere una luce particolare che lasciava intravedere leggermente all'interno e Matteo era in quella stanza che non solo la spiava, forse voleva anche intimorirla. Fece un'altra prova. Tornò strisciando a letto, dopo poco si alzò di nuovo e andò alla finestra senza nascondersi. Dall'altra parte tutto buio.
Riuscì infine a dormire qualche ora e la mattina quando si alzò era a pezzi. Il pensiero di suo marito sul volo di ritorno la mise di buon umore. Uscì e appena varcato il cancello per dirigersi alla sua auto, puntualmente uscì anche il vicino di casa. Ebbe di nuovo la certezza di essere controllata, lo guardò, gli lanciò un sorriso di sfida e salì in macchina sfrecciando per la strada verso il paese.
Aveva appuntamento con Fabrizio e Michela che si stavano dirigendo a rivedere per la terza volta una casa a una ventina di chilometri da loro per sottoporre un'offerta. Pranzarono insieme in un ristorante tipico e la sera stessa i due amici ripartirono per Roma. Si sarebbero incontrati la settimana successiva per la vacanza che avevano prenotato insieme qualche mese prima.
Elisa si era portata dietro la camicia da notte e le chiavi di casa dei genitori, voleva dormire lì per poter stare tranquilla. Aveva bisogno di fare un buon sonno e temeva di non riuscirci nella sua casa. Poi il mattino successivo alle nove sarebbe andata a prendere il marito all'aeroporto e si augurava di potersi buttare presto alle spalle quella brutta vicenda. Ma all'ultimo momento cambiò idea e tornò indietro. Non voleva farsi condizionare, le trasferte del marito sarebbero aumentate e lei doveva abituarsi a vivere da sola, qualunque fosse lo stato d'animo. Appena sbucò nel piazzale vide che l'auto di Matteo non c'era, in garage teneva sempre quella piccola elettrica, quindi era sicuramente fuori.
Cenò e andò a letto verso le ventitré, augurandosi di addormentarsi. Il vicino non era rientrato e una volta salita in camera si mise a guardare verso la torretta. Nonostante Matteo fosse fuori adottò lo stesso stratagemma della sera precedente e strisciò in terra nella camera accanto. Ma anche da lì, buio totale. Per un attimo non fu felice di essere completamente sola, ma fu un pensiero che passò velocemente. Si rese conto che era più intimorita dal suo vicino che dalle telefonate e si chiese se la sua non fosse diventata una fissazione. Ma più pensava al volto di Matteo, più la sua inquietudine cresceva.
Contò le ore fino alle quattro, poi drizzò gli orecchi, le sembrava di aver sentito un rumore. Rimase immobile nel letto e realizzò che era solo un po' di vento che muoveva gli alberi. Strisciò in terra verso la camera accanto e... di nuovo quella sensazione di luce e di ombra. Forse Matteo era tornato e aveva parcheggiato la BMW dietro casa? Scese le scale senza accendere la luce, voleva uscire a vedere se ci fosse la sua auto, ma il buio che entrava con prepotenza dalla grande finestra del salone le fece cambiare idea e tornò a letto. Decise di mettere la sveglia alle sei, se i rumori che aveva appena sentito fossero stati dell'auto di Matteo che stava rientrando, due ore dopo sarebbe stato sicuramente ancora a letto.
Quando la sveglia suonò fece una gran fatica ad alzarsi ma doveva controllare. Prese le chiavi dell'auto, se quella di Matteo fosse stata parcheggiata se ne sarebbe andata, non voleva che lui si rendesse conto che lo stava controllando. Il piazzale era vuoto e anche dietro il villino non c'era traccia della BMW. Passando rasente la siepe si avvicinò al garage. Dalle fessure di aereazione vide la piccola auto elettrica. A quel punto rientrò in casa. Eppure era certa di aver visto qualcosa nella notte dietro la finestra nella torretta ed era alquanto improbabile che il vicino avesse dormito solo due ore per poi uscire di nuovo.
Allontanò il pensiero da Matteo, si fece una bella doccia e si concesse una colazione con un bel croissant ricco di crema. Ne aveva bisogno. Poi andò a prendere Franco all'aeroporto.
Fino a quel momento non gli aveva detto della scritta sulla vetrata. Era dall'altra parte del mondo e non aveva voluto agitarlo. Quando gliene parlò lui rimase sconvolto e si fece raccontare per filo e per segno quanto accaduto. I carabinieri avevano fatto capolino tre volte da quel momento, in orari diversi, e questo l'aveva comunque tranquillizzata. Chi aveva brutte intenzioni sapeva che in qualsiasi momento poteva essere scoperto.
Il lavoro a Sydney era molto interessante e Franco ringraziò Elisa per avergli permesso di fare questa esperienza. Gli ultimi giorni era stato raggiunto dall'amministratore delegato della casa madre e avevano convenuto che nei tre mesi in cui doveva recarsi in Australia, la trasferta a Londra sarebbe stata ridotta a due, tre giorni al massimo. L'incarico aveva la durata di ventiquattro mesi, sperando che non andasse a finire come a Londra dove vi erano poi rimasti per quasi cinque anni.
Il giorno dopo il suo rientro Franco si recò a ringraziare Matteo per il supporto dato alla moglie. Il ragazzo gli rispose che era dispiaciuto di non aver potuto fornire maggiori dettagli e che, in qualsiasi momento, potevano contare su di lui.

Sonia Alcione

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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