Writer Officina - Biblioteca

Autore: Anna Pulinaro
Non privarmi dei tuoi occhi
Romanzo
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Non privarmi dei tuoi occhi
La pioggia batteva forte sui vetri della finestra, il rumore disturbava il sonno di Alice, che si girava e rigirava nel letto, nell'inutile tentativo di continuare a dormire. Era un sabato mattina di novembre; in strada la gente andava già di corsa per affrontare la propria giornata, anche se molti avrebbero preferito starsene a letto, visto il tempaccio che c'era. Proprio come lei, che purtroppo si ritrovò fuori dal letto e in piedi davanti alla finestra a osservare il via vai delle auto. Era assorta nei suoi pensieri, quando sentì bussare alla porta.
- Sei sveglia? - chiese la sua coinquilina. Chiara era la sua migliore amica, si conoscevano dalle elementari, avevano condiviso tanto insieme, aveva un'allegria contagiosa ed era la dote che ammirava di più in lei.
- Buongiorno, Chiara, entra pure, questa pioggia mi ha tirata fuori dal letto - disse infilandosi di nuovo sotto le coperte. Chiara fece un balzo e si mise accanto a lei.
- Ma cosa fai! - gridò scoppiando a ridere mentre Chiara le faceva il solletico.
- Ti prego, smettila o mi farai morire! -
- Allora alzati, così ti accompagno al colloquio. -
- Ma è ancora presto, voglio rimanere ancora un po' a letto - brontolò tirandosi su le coperte.
- No no, amica mia, avevi promesso che saremmo andate al centro commerciale, ricordi? - Come potrei, mi hai quasi obbligata, pensò.
- Dobbiamo prendere un regalo per Andrea, stasera c'è l'inaugurazione del suo Wine bar. -
- Uffa... va bene ma la doccia la faccio prima io. - Con uno scatto Alice scese dal letto e si chiuse in bagno, sorprendendo Chiara che non riuscì ad essere più veloce di lei. Le due ragazze si erano trasferite a Roma da due anni, per un master in lingue; per mantenersi agli studi e pagarsi l'affitto dell'appartamento che dividevano, avevano fatto svariati lavori. Chiara attualmente lavorava part-time presso una profumeria, mentre l'amica avrebbe sostenuto un colloquio di lavoro proprio quella mattina, presso una biblioteca. Alice uscì dal bagno e iniziò a prepararsi: indossò un paio di pantaloni neri, una camicetta bianca aderente con una piccola scollatura e una giacca nera abbinata ai pantaloni. Era molto bella ma semplice al tempo stesso. Aveva i capelli neri e morbidi come il velluto, all'altezza delle spalle, gli occhi castani e la pelle ambrata; non era molto alta ma aveva un fisico snello e minuto. Con un po' di mascara, eyeliner e un tocco di lucidalabbra, era pronta per uscire. In quel momento Chiara entrò emettendo un fischio.
- Ma sei bellissima - disse con un sorriso sincero. - Dai, smettila, lo sai che i complimenti mi imbarazzano - sbuffò timida.
- Già, dimenticavo, tu sei un alieno, praticamente sei l'unica donna al mondo che non ama i complimenti - replicò l'altra con ironia.
- Piantala. Andiamo? - Per loro fortuna aveva smesso di piovere. Si incamminarono verso la metro, confondendosi tra la folla dei passanti. Giunsero a piazza Sant'Agostino, dove era situata la biblioteca Angelica. Arrivarono all'entrata, ma Alice si fermò.
- Cosa succede? - chiese Chiara. - E se non mi assumono? - rispose con ansia.
- Ti prego, smettila di vedere il bicchiere sempre mezzo vuoto. Fa' un bel respiro e vedrai che andrà bene, sento che oggi è il tuo giorno fortunato. - Speriamo che sia così, amica mia, pensò mentre superavano l'ingresso. La biblioteca era molto grande e dentro si respirava aria di antico; c'erano molti libri, alcuni contemporanei e altri meno recenti. Si recarono all'ufficio amministrativo, bussarono e poco dopo una voce le invitò ad entrare. In fondo alla stanza c'era una scrivania, dietro la quale sedeva una donna di mezza età; Alice non si mosse e aspettò un cenno della donna, che la stava osservando da sotto gli occhiali.
- Si accomodi - esordì.
- Buongiorno, sono Alice Ferreri. -
- Salve, signorina Ferreri, io sono Elena Marconi, responsabile delle assunzioni. - Era tesa come una corda di violino, quella donna le metteva soggezione, aveva un'aria severa: indossava un vestito grigio e aveva un profumo che le ricordava la sua infanzia; era molto curata, i suoi capelli erano raccolti e di un colore miele ramato. - Dunque, signorina, è il suo primo lavoro? - chiese tenendo gli occhi bassi sui fogli che aveva davanti. - No, veramente ho avuto anche altre esperienze professionali, prima d'ora. -
- E come mai è interessata a questo incarico? - - Vede... ho una grande passione per i libri, adoro leggere, sono una persona molto precisa, amo stare in luoghi tranquilli come questo e poi... - esitò un attimo, poi decise di giocarsi la carta della sincerità.
- Poi ne ho bisogno, io vado all'università e devo pagarmi gli studi. - Elena la osservò molto attentamente e rivolse lo sguardo verso Chiara, che non si scompose proprio, infatti era molto serena, a dispetto di Alice che si sentiva sotto pressione. Ci fu ancora un minuto di silenzio, infine la donna continuò:
- Bene, signorina. Per lei andrebbe bene lavorare dal lunedì al venerdì, nelle ore pomeridiane, oppure a seconda dei suoi orari all'università? -
- Certo, sarebbe perfetto - rispose frettolosamente. - Quindi potrebbe anche iniziare lunedì? - D'un tratto si ammutolì, pensava di non aver sentito bene, così Chiara le diede un calcio da sotto il tavolo facendola trasalire.
- Sì... sì, certamente - rispose smorzando la voce per il dolore allo stinco. - Bene, ora le do alcuni documenti da firmare, e poi le consegnerò il tesserino della biblioteca. - Dopo aver firmato i documenti e aver ricevuto le prime istruzioni sui compiti che avrebbe dovuto svolgere, le due amiche si recarono verso l'uscita e, quando finalmente furono fuori, la tensione sparì lasciando spazio alla gioia. Si abbracciarono felici e si avviarono finalmente al centro commerciale, dove trascorsero gran parte della mattinata tra i negozi. Mentre si trovavano in una profumeria, si divertirono molto a provare diverse fragranze, ridendo e scherzando su quelle meno proponibili. In quel momento, la mente diabolica di Chiara pensò di spruzzare un pessimo profumo su Alice, ma lei indietreggiò per sfuggire all'assalto dell'amica e urtò su qualcosa alle sue spalle. Con tutto l'imbarazzo si voltò, e vide che aveva travolto un ragazzo. Lui la stava osservando con curiosità, era molto più alto di lei, all'incirca un metro e ottanta, occhi azzurri e capelli neri, con uno sguardo non proprio divertito che la fece arrossire ancor di più. Alice abbassò gli occhi a terra.
- Mi... mi scusi, non l'ho vista - disse con un filo di voce.
- Figurati, sono cose che succedono - rispose con voce dura il ragazzo.
- Mi scusi ancora. - Alice si voltò e con uno scatto prese Chiara sotto un braccio e la trascinò tra gli scaffali.
- Oh mio Dio... hai visto quel tipo? - commentò con eccitazione.
- Già, e tu hai visto che figuraccia ho fatto? - Chiara scoppiò in una risata fragorosa, che contagiò anche Alice, e ridendo si allontanarono verso le casse. Tornarono a casa nel pomeriggio, stanche ma felici. Chiara si mise a impacchettare il regalo di Andrea; alla fine, dopo tanti dubbi, gli avevano comprato una lampada a forma di botte per il vino con dei led colorati. Alice invece si accomodò sul divano a leggere. Mentre regnava il silenzio in casa, si udì lo squillo del telefono.
- Pronto - rispose allegramente Alice.
- Ciao sorellina. Sono Caterina - Il sorriso svanì dal suo volto e questo attirò l'attenzione di Chiara, che si avvicinò a lei con curiosità e preoccupazione. - Cosa vuoi - aggiunse con amarezza.
- Perché ho l'impressione che tu sia sulla difensiva? Non posso nemmeno chiamare la mia sorellina? - replicò ironicamente Caterina.
- Falla finita, tu non sei mia sorella e la tua telefonata non è di certo un piacere per me. Ora dimmi cosa vuoi. -
- Abbassa i toni, carina, non ti permetto di parlarmi in questo modo, e comunque sappi che tra un paio di giorni arriverò a Roma. - Alice sbiancò.
- E con questo? Cosa vuoi da me? - - Solo parlarti di una faccenda molto importante. - Non rispose, ma il suo volto divenne paonazzo. Chiara era sempre più preoccupata e le faceva dei gesti per cercare di capire cosa stesse succedendo.
- Ma... ma verrai da sola? -
- No sorellina, avrò il mio fido accompagnatore. Sai, Nicola è molto premuroso con me e non vuole che viaggi sola e poi... - Alice la interruppe: - Perché... perché mi fai questo? Cosa vuoi ancora da me!? - Riagganciò il telefono con forza, e si lasciò cadere a terra in un pianto disperato.
- Cosa è successo? Ti prego, non piangere... Ma chi diavolo era al telefono! - Non riusciva a calmarsi, gli incubi del passato ritornavano più vivi che mai. L'amica provò a consolarla e, quando vide che si stava calmando, tentò di farle qualche domanda.
- Vuoi provare a dirmi chi era e cosa è successo? - Ci fu ancora silenzio, poi Alice riprese a parlare. - Caterina. -
- Quella strega! - imprecò Chiara.
- Cosa diavolo vuole? - Tra i singhiozzi e la rabbia, Alice le spiegò la conversazione che aveva avuto. - Non preoccuparti, stavolta non sei sola, io ti sarò vicina, non le permetteremo di farti ancora soffrire. - Alice l'abbracciò forte, aggrappandosi a quelle parole, anche se lei non immaginava di quanta malvagità era dotata Caterina.
- Asciugati le lacrime e non permetterle di rovinarti la serata. - Con un po' di fatica si ricompose, non riuscendo ancora a capire come si fosse lasciata convincere a uscire; non ne aveva alcuna voglia, ma sapeva che lottare con Chiara non le sarebbe servito, visto che quando voleva qualcosa la otteneva sempre. Chiara era il suo opposto: il suo carattere era forte, deciso, era molto sicura di sé, aveva un gran senso dell'umorismo e riusciva a vedere sempre qualcosa di buono in quello che la vita le offriva. I suoi capelli ora erano biondi e lunghi, era sempre in cerca di un taglio e di un colore che la descrivessero realmente, ma il suo colore naturale era il castano che Alice adorava tanto; li aveva scalati sul viso e facevano risaltare i suoi bellissimi occhi verdi, assieme alla sua pelle candida come quella di una bambola. Alice spesso si era sentita imbarazzata dalla sua avvenenza; malgrado i continui complimenti che lei stessa le faceva, proprio non riusciva a vedersi bella. Quella sera le due amiche andarono in un pub, cercando di dimenticare quello che era accaduto; in parte ci riuscirono, ma Alice le aveva dato del filo da torcere fin da subito: scalpitava, non le andava di stare in mezzo a tanta gente, aveva esaurito tutta la sua autonomia, così, dopo tanti tentativi, riuscì a trascinare Chiara fuori dal pub. Il mattino seguente, dormirono più a lungo del solito. La prima ad alzarsi fu Alice e, come di consuetudine, si avvicinò alla finestra: con molto piacere vide che era bel tempo. Almeno non piove, pensò. Le giornate di sole le mettevano allegria. Così decise di preparare la colazione, e in seguito anche il pranzo; cucinare la gratificava molto, lo aveva imparato quando era ancora una bambina. Le ore trascorsero piacevolmente, poi verso sera iniziarono a prepararsi per l'inaugurazione del Wine bar. Andrea era un amico di Chiara, si erano conosciuti dopo il trasferimento a Roma, avevano avuto anche una storia breve ma intensa, ma erano rimasti buoni amici. Ovviamente Alice si sentiva un pesce fuor d'acqua tra gli amici di Chiara, ma come al solito non gliel'aveva data vinta quando aveva provato a rifiutare l'invito ad accompagnarla all'inaugurazione. Ora si trovava di fronte al suo armadio, in preda alla disperazione perché non sapeva proprio come vestirsi. Fu in quel momento che fece il suo ingresso Chiara, e rimase a bocca aperta: indossava un abito intero senza spalline, corto alle ginocchia, di un rosa tenue, con una fascia traforata di colore nero sotto il seno, arricchita da un sole ricamato all'altezza del décolleté, un paio di orecchini a goccia lunghi abbinati al pendente della collana, e a completare l'opera dei tacchi pazzeschi.
- Ma sei semplicemente stupenda - esclamò con sincerità Alice.
- Hai intenzione di far venire un infarto al povero Andrea? - disse con malizia.
- Smettila... e tu? Sei ancora in vestaglia! - la ammonì.
- Sono indecisa se mettere un paio di jeans oppure... - Chiara la interruppe inorridita.
- Come jeans! Sei proprio incurabile, stasera le gambe vanno scoperte, quindi ora prendi il vestito più corto che hai e indossalo. - - Ma... -

Anna Pulinaro

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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