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Autore: Alessandra Piccinini
Il Signore Lucente
Racconto esoterico illustrato
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Il Signore Lucente
C'era una volta una grande valle, circondata da un bosco di faggi e ricoperta di fiori di ogni colore, in cui scorrevano le acque limpide di due fiumi dove vivevano tutti i tipi di pesci.
I due fiumi si incontravano proprio al centro della valle, e nel punto in cui le acque si univano si ergeva un castello dall'architettura magnifica.
Ai piedi del castello, sull´acqua dei fiumi, lavoravano inces-santemente le ruote di un grande mulino.
Nel castello abitavano un Signore Lucente, che era il signo-re della valle, e tre piccole scimmie.
Una scimmia era molto intelligente: sapeva fare i calcoli, si occupava del mulino, coltivava i campi, raccoglieva i frutti e mandava avanti l'economia del castello.
La seconda scimmia aveva un grande cuore: si occupava di accogliere gli ospiti, faceva in modo che a loro non mancasse niente e aiutava tutti coloro che ne avevano bisogno.
La terza scimmia aveva una grande fantasia, era bravissima a disegnare e creare oggetti e immaginava storie: lei si occu-pava di decorare le stanze del castello con le sue creazioni e intrattenere gli ospiti con i suoi racconti. Era però molto inge-nua, per questo le altre due scimmie facevano sempre atten-zione che non si cacciasse nei guai.
Il Signore Lucente le amava tutte allo stesso modo, si fidava ciecamente di loro e lasciava che si prendessero cura del suo castello.
Lui se ne stava tutto il tempo nella sua torre e osservava da lontano il mirabile lavoro delle scimmie.
Il Signore Lucente e le scimmie vivevano così in armonia che in tutta la valle non arrivava mai l'inverno, i fiori nasceva-no continuamente e l'amore che si respirava nell'aria avvolgeva anche il bosco, dove gli animali vivevano nella pace e nell'ab-bondanza.

Un giorno...

Un giorno, tre corvi neri si trovarono a sorvolare la valle, e nel vedere tanta abbondanza e tanta fortuna furono colti dalla rabbia e dell'invidia.
Così, decisero di nascondersi nei giardini del castello e aspettare la notte per uccidere il Signore Lucente.
Aspettarono che le scimmie andassero a dormire: appena ebbero campo libero si introdussero nella torre, dove riposava il Signore Lucente.
Si avventarono su di lui e lo fecero a pezzi nel suo letto, stappandone le carni che mangiarono avidamente. "Gli sta proprio bene", dissero, e se ne andarono soddisfatti.
Il giorno seguente le scimmie si alzarono come sempre e andarono a occuparsi dei fiori, degli animali e delle attività del castello.
Non si accorsero che il Signore Lucente era morto, e conti-nuarono come se niente fosse.
Lo stesso avvenne il giorno dopo, e il giorno dopo ancora, e così andò avanti per anni.

Un veggente

Un giorno, un veggente si trovò a passare nella valle incan-tata e chiese alle scimmie di potersi riposare nel castello.
Le scimmie lo fecero entrare e gli dettero dell'acqua e del cibo.
Il veggente chiese loro chi fosse il proprietario del castello.
"Il Signore Lucente!" dissero in coro le scimmie.
Il veggente, udite queste parole, scoppiò a ridere e disse: "Sciocche scimmie, io sono un veggente, e vi dico che qui non c'è proprio nessuno".
"Ma no, ti sbagli", risposero le scimmie, "il nostro Signore Lucente è nella sua torre".
"Ma che andate dicendo? Non vi siete accorte che il vostro padrone è morto? Controllate voi stesse, stupide scimmie! Io vi dico che tre corvi sono entrati nella torre, l'hanno fatto a pezzi e ne hanno divorato le carni. E voi non vi siete accorte di nulla, state ancora qui a servirlo! Andate via da qui, non c'è più niente.
Tra poco i fiumi si prosciugheranno, l'erba smetterà di cresce-re, il bosco morirà e resterà solo un deserto desolato. E il vo-stro castello... il vostro castello sarà ridotto a un mucchio di macerie!"
Sentite queste parole, la scimmia intelligente si precipitò sulla torre.
"Signore Lucente! Signore Lucente! Dove sei?"- gridò.
Nessuno rispose.
Allora corse per tutto il castello, cercando e chiamando di-speratamente il Signore Lucente, ma non lo trovò più.
In lacrime, raggiunse le sue sorelle e il veggente nel salone.
"Hai ragione, tu dici il vero", disse al veggente, "il nostro Signore Lucente è morto. Ormai tutto questo non ha più sen-so."
Nel pronunciare queste parole la scimmia intelligente cadde a terra ed esalò l'ultimo respiro.
La scimmia dal grande cuore, dopo avere udito le parole della sorella e averla vista morire, scoppiò in irrefrenabili sin-ghiozzi:
"Oh no, perché, perché ci hanno portato via il nostro signore Lucente? Il mio cuore è distrutto, non posso più vivere!", e an-che lei cadde a terra e morì.
La scimmia ingenua era rimasta in silenzio, e guardava fisso a terra soffocando lacrime amare.
"Che hai da dire scimmia? Lo vedi che eravate tre povere il-luse? Il vostro Signore Lucente non c'è più, te ne devi andare da qui!"
Mentre il veggente pronunciava queste parole, le pareti del castello si sgretolarono, l'acqua dei fiumi si prosciugò all'istan-te lasciando orribili cadaveri dei pesci, tutta l'erba e i fiori della valle si bruciarono in una vampata e gli alberi del bosco di-vennero di pietra, gli animali caddero a terra morti.

La scimmia ingenua

La scimmia ingenua rimase muta in quel deserto senza vita, tra le macerie del castello, con lo sguardo fisso a terra.
"Fa come ti pare, illusa!" le disse il veggente, "se non vuoi vedere la realtà, è affar tuo, morirai qui. Io ti ho avvisata".
Passarono giorni e giorni, e poi mesi, e la scimmia ingenua rimase ancora tra le macerie del castello.
Non aveva niente da mangiare; per sopravvivere poteva solo bere le sue lacrime, che raccoglieva in una piccola bottiglia appesa al collo.
Come riparo aveva solo un sasso e niente per coprirsi, il vento gelido la fece ammalare.
Lei, però, ogni giorno e ogni notte guardava la valle e ripen-sava ai fiori, all'erba, all'acqua limpida dei fiumi che non c'era-no più, e immaginava che il Signore Lucente fosse lì a conso-larla.
Non poteva abbandonare quel luogo in cui era stata così fe-lice con il suo padrone e con le sue sorelle.

Una tartaruga

Un giorno, una tartaruga si trovò ad attraversare quel deser-to che una volta era stato una valle rigogliosa.
Era molto stanca, perché stava camminando ininterrotta-mente da più di cento anni.
Raggiunte le macerie del castello, la tartaruga vide la scim-mia e le chiese dove poteva trovare dell'acqua e un posto per riposare.
"Signora tartaruga", le rispose la scimmia, "qui, una volta c'era un castello, dove abitava il Signore Lucente, circondato da una valle fiorita dove scorrevano due fiumi.
Io e le mie sorelle eravamo solite accogliere gli ospiti con ogni riguardo.
Purtroppo, come vedi, ora non c'è più niente, tutto quello che posso offrirti sono queste lacrime".
Dicendo così, la scimmia si sfilò dal collo la bottiglietta e la porse alla tartaruga.
"Ma così", disse la tartaruga, "a te non rimarrà nulla".
"Non preoccuparti", rispose la scimmia sorridendo alla tar-taruga, "hai camminato tanto, bevi finché hai sete".
La tartaruga fu commossa dal gesto della scimmia, e le disse che sarebbe dovuta andar via da quel deserto, per cercare al-trove fortuna.
Oltre il bosco di pietra c'erano nuovi prati, nuove valli dove avrebbe potuto tornare a vivere.
La scimmia scosse la testa: "Signora tartaruga, in qualunque altro luogo io possa andare, non ritroverei il mio Signore Lu-cente. Ogni posto, per me, è uguale".
"Cosa accadde al tuo Signore Lucente?", chiese la tartaruga.
"Un giorno, tre corvi l'hanno tagliato a pezzi e ne hanno di-vorato le carni", disse la scimmia.
"E tu lo hai visto?", chiese la tartaruga.
"No, signora tartaruga", rispose la scimmia, "un veggente è venuto qui al castello e ha informato me e le mie sorelle che il Signore Lucente era morto.
Le mie sorelle sono morte all'istante, e così sono rimasta so-la".
"Che storia triste", disse la tartaruga, "il Signore Lucente è morto, e il veggente con la verità ha ucciso le tue sorelle. Ora sei rimasta sola.
Ma sei una scimmia molto buona e generosa.
Hai voluto dividere con me le tue lacrime.
Io purtroppo non ho nulla per ricompensarti, tutto quello che posso fare è una promessa.
Sai, io sto andando verso l'arcobaleno. Quando arriverò, gli parlerò di te, e gli chiederò di portarti un po' di conforto.
Ti avverto, ci vorrà tempo, prima di arrivare dovrò cammi-nare per altri cento anni. Se avrai pazienza, io ti prometto che non mi dimenticherò di te, e chiederò all'arcobaleno di conso-larti; se l'arcobaleno mi ascolterà, forse un giorno verrà a tro-varti".
La piccola scimmia ringraziò la tartaruga e la salutò augu-randole buon viaggio.

100 anni

La tartaruga camminò per monti e valli per altri cento anni, fino a che, dopo tanto camminare, arrivò ai piedi dell'arcobaleno e fece la sua richiesta per la piccola scimmia.
L'arcobaleno ascoltò la tartaruga e le chiese perché mai avrebbe dovuto prendersi la briga di consolare una scimmia che viveva in un deserto lontano.
Allora la tartaruga disse all'arcobaleno: "Signor arcobaleno, quella piccola scimmia viveva nel castello del Signore Lucen-te, che è stato ucciso e mangiato da tre corvi.
Un veggente, con la verità, ha ucciso le sue sorelle e gettato nello sconforto la piccola scimmia dicendole che era solo un'il-lusa e che avrebbe dovuto abbandonare il luogo dove era stata felice.
La piccola scimmia non ha più niente tranne le sue lacrime, eppure quando avevo sete me le ha date da bere, privandosene.
Per questo io ti domando di aiutare questa piccola scimmia generosa a trovare un po' di conforto".
L'arcobaleno, sentendo le parole della tartaruga, pianse per la piccola scimmia, e decise di aiutarla.
"Si, mi hai convinto", rispose alla tartaruga, "voglio fare tut-to quello che posso per questa povera piccola scimmia. Ora le porterò i miei colori e chiamerò anche il tuono e la pioggia per far rifiorire il deserto".
L'arcobaleno, il tuono e la pioggia corsero veloci dalla pic-cola scimmia.
L'arcobaleno volle esagerare e riempì tutto il cielo, mentre la pioggia faceva rifiorire il deserto con fiori e alberi da frutto e il tuono cantava impetuoso.
La piccola scimmia guardò il cielo ed esclamò: "che spetta-colo meraviglioso!
La tartaruga ha raggiunto l'arcobaleno e si è ricordata di me!
Se solo il Signore Lucente fosse qui, come sarebbe felice di vedere tutto questo!"
Il tuono, nel sentire le parole della scimmia, si commosse e cantò più forte, e chiamò anche il lampo, le nuvole, e tutti gli uccelli del cielo.
La scimmia esultava: "Signore Lucente, Signore Lucente, se solo tu fossi qui!"

Il Signore della Giustizia e del Tempo

Il frastuono fu tale che lo udì il Signore della Giustizia e del Tempo, che, incuriosito, scese nella valle e domandò all'arco-baleno cosa fosse accaduto e chi stesse consolando.
L'arcobaleno raccontò tutta la storia al Signore della Giusti-zia e del Tempo, che, nel vedere la povera piccola scimmia, si adirò e convocò a sé il veggente.
"Cosa hai fatto a quella piccola scimmia?", urlò al veggente.
"Signore della Giustizia e del Tempo", disse sbalordito il veggente, "perché te la prendi con me? Io ho solo detto la veri-tà. Sono i corvi che hanno ucciso il Signore Lucente, non io!"
Il Signore della Giustizia e del Tempo urlò ancora più forte contro il veggente: "Zitto, stupido!", disse, "credi di sapere tut-to? Tu non sai nulla. Ora lo vedremo, quanto pesa la tua veri-tà!", e così dicendo fece cenno all'arcobaleno di raggiungerlo e di portargli la piccola scimmia.
Quindi, estrasse la sua bilancia e ordinò alla scimmia di consegnargli il cuore e al veggente di consegnargli la verità.
La scimmia obbedì, aprì il petto ed estrasse il suo cuore, tra-sparente come vetro e leggero come una piuma.
Il Signore della Giustizia e del Tempo lo prese delicatamen-te, facendo attenzione a non farlo volare via.
Il veggente estrasse dalla sua tasca una sfera di piombo grande come un melone, e la consegnò al Signore della Giusti-zia e del Tempo.
"Vedi mio Signore", gli disse il veggente, "io non sbaglio mai le mie previsioni, che infatti si sono avverate.
È impossibile che il cuore di questa stupida scimmia illusa possa avere maggiore peso della verità".
Il Signore della Giustizia e del Tempo lo guardò severo sen-za dire nulla, prese la sfera di piombo e la mise su un piatto della bilancia.
Sull'altro piatto appoggiò il cuore della piccola scimmia.
Ebbene, nello stupore di tutti i presenti, la bilancia pendette dalla parte del cuore della piccola scimmia, che risultò più pe-sante della verità del veggente.
Il Signore della Giustizia e del Tempo prese il cuore e lo re-stituì alla piccola scimmia, e, senza neppure guardare il veg-gente, che nel frattempo era caduto in ginocchio a terra, volò nei cieli fino a raggiungere i tre corvi che avevano ucciso il Signore Lucente, li afferrò e li smembrò.
Prese le loro ossa, le ridusse in una polvere argentata e disse alla scimmia di soffiare sulla polvere.
Dalla polvere che si sollevò rinacque il Signore Lucente, mentre il castello risorgeva dalle sue macerie e il bosco torna-va a vivere con tutti gli animali.
Anche le sorelle della scimmia rinacquero dalle mani del Signore della Giustizia e del Tempo, che, commosso, disse alla scimmia: “Io mi inchino a te, piccola illusione, perché sei so-pravvissuta alla morte della mente e del cuore e sei stata così potente da riportare in vita l'anima che ti aveva generata. E co-sì, tu stessa sei diventata verità.”

Alessandra Piccinini

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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