La maledizione di Templemore
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Mia dolcissima Cynthia, la lontananza che ci separa mi atterrisce e ogni giorno che trascorre senza poterti vedere, sentire, toccare, baciare, rende più esile la sicurezza e la forza che il tuo amore e il tuo affetto mi hanno donato. Sapessi quanto ne ho bisogno! Qui a Templemore ogni giorno è una battaglia per le mire sempre più scoperte dei miei fratelli, cognate e sorelle sul controllo della società. Sono ormai trascorsi tre mesi dalla lettura del duplice testamento di mio padre, del quale già dettagliatamente ti ho scritto, e non si riesce ancora a raggiungere il benché minimo accordo. Purtroppo il denaro, il potere sono diavoli corruttori e papà ne ha forse lasciato troppo. Sì, amatissima Cynthia, cinque milioni di sterline sono tanti, se pensi che già eravamo felici alla prospettiva del lauto stipendio di cinquemila sterline annue offertemi dalla “Dunlop” con le quali progettavamo, nella quiete delle serate oxfordiane (come le rimpiango!), una modesta ma confortevole villetta e una vita serena, dedicata al mio lavoro di ricerca e tranquille domeniche allietate dalla gioia di poter essere vicini ogni ora, magari con la compagnia dei tuoi genitori, di Betty e di qualche amico sincero. Quante volte l'abbiamo sognato! Ed eravamo tanto gelosi della nostra intimità, da riprometterci di alternare domeniche trascorse da soli (forse le più belle) con altre in lieta e selezionata compagnia. Ma la vita poche volte permette di realizzare i sogni ed erano tali il maggior lusso che ci ripromettevamo di concederci, magari una volta all'anno, ossia viaggi spensierati in Francia o in Italia. Ti dicevo del troppo denaro lasciato da mio padre, ma forse, più del denaro, è il potere il vero corruttore, se pensi ai quasi tremila lavoranti che dipendono da Templemore! Le loro famiglie, i tre villaggi indigeni sui quali regna quasi come un sovrano assoluto l'amministratore dell'azienda. È a questi poveri esseri maltrattati e sfruttati che penso, quando il desiderio di te mi prende e le selvagge competizioni mi sfiancano generando, unitamente alla nausea, la voglia di piantare tutto e volare dalla mia amata. Sì, perché vedi, Cynthia, sono il solo a poter modificare le loro disumane condizioni di vita. Non può certamente farlo Tom, che è tutt'altro che cattivo ma troppo succube di John e di Grea con le loro smodate ambizioni. Fortunatamente padre Gill e il vescovo di Singapore hanno ottenuto l'annullamento del matrimonio di Margaret e lei è l'unica che appare felice in questa bolgia da inferno dantesco, e si prepara alle nuove nozze con il bravo Hanter e io sono particolarmente lieto di essere riuscito con un franco e reale colloquio con Robert a ottenerle il bambino che a sei anni piangeva continuamente per la lontananza della mamma. Ma è anche di mia madre che mi debbo prendere cura, invecchiata e consunta com'è, e afflitta da mille rimorsi. Qualche volta, nella confusione della mia mente non preparata alla meschinità di questa terribile e deprimente lotta, avevo pensato di condurla con me per farla vivere con noi, ma ho realizzato che non potrà mai distaccarsi da Templemore dove la legano più di quarant'anni della sua esistenza. Avrei voluto chiedertene il consenso perché so che due donne, due padrone sotto lo stesso tetto, spesso generano incomprensioni, anche se involontarie. Mia Cynthia, papà, seppure con intenti buoni, ha generato una situazione difficile più che mai, sapessi. Si sono formati due gruppi: John, gli americani e Tom con il 50% delle azioni, e mamma, Margaret e io con il 45%, mentre Linda fa impazzire tutti cambiando continuamente idea. Ci sono motivi, che un giorno ti racconterò, per i quali non vorrebbe appoggiarmi e altri, più recenti, che la inducono a contrastare John e la situazione naviga in un mare sempre più tempestoso. Ti chiederai probabilmente perché non pianto tutto, magari vendendo parte della mia quota, come mi ha offerto John, per tornare da te e decidere liberamente, anche con la forza di un grosso capitale, del nostro futuro. Hai ragione e, ti ripeto, spesso ne sono tentato. Nei momenti di sconforto, specialmente di sera, apro il cassetto dove custodisco le tue fotografie e mi soffermo a lungo pensoso e nostalgico. Immediatamente nasce la voglia di raggiungerti per sempre, poi il tuo sguardo limpido, sicuro, deciso sembra ammonirmi a non ricusare le responsabilità di qui. Sono tante, Cynthia! E non credo di avere il diritto di dimenticarle. So di poter essere utile all'azienda con i miei studi, agli operai, a mamma e, perché no, anche a noi e ai nostri figli, e rimango a combattere. Ma io ho preso una decisione definitiva: alla scadenza dei sei mesi saprò se sarò io a prevalere o John. Se sarà lui, lascerò Templemore per sempre. Altrimenti verrò da te, ci sposeremo e insieme edificheremo qui il nostro nido d'amore. Rispondimi subito e dimmi cosa ne pensi perché se tu lo vuoi abbandonerò tutto. Cara, dolcissimo amore mio, ho parlato di te a mia madre che ti attende con ansia. Speriamo che i giorni volino e l'attesa che ci consuma sarà il premio per un luminoso avvenire di gioia, d'amore. Attendimi e pensami. Ti ama il tuo Paul. - Il giovane si raddrizzò sulla sedia uscendo dal cono di luce della lampada e contemplò i fogli. Sarebbero partiti domani e una nave, un treno e un postino li avrebbero recapitati nelle mani di Cynthia. Fortunati, fra qualche settimana sarebbero stati toccati, forse baciati dalla fanciulla meravigliosa. In un impeto si chinò su di loro e impresse le labbra calde sulla carta, poi li piegò accuratamente e li introdusse nella busta. La chiuse. E subito si pentì: quante altre cose avrebbe voluto raccontarle! Tradurre i suoi sentimenti con la vena e la fluida penna di uno scrittore. Invece solo con le parole e da vicino riusciva a esprimersi al meglio, e nemmeno compiutamente. Un dubbio atroce lo assalì: non era la prima volta. Matrimonio, figli? Sarebbe stato in grado di essere uomo? A ventun anni ancora non lo sapeva, ancora non aveva compiuto la prova che da tanto lo tormentava. Quando era stato vicino a Cynthia gli era sembrato sacrilego solo pensare a quell'atto, alla volgarità necessaria per concludere nel modo che anche la Chiesa approvava, addirittura desiderava avvenisse fra due coniugi innamorati. Ripensandoci, negli ultimi tempi del suo soggiorno a Oxford, quando più reali divenivano i programmi, aveva provato quell'eccitazione, quel desiderio proprio dell'uomo e Cynthia l'aveva capito, se n'era accorta e con tatto delicato l'aveva distratto e convogliato la sua attenzione, la libido, sul volto, la bocca, le braccia. Solo una volta, in un'irripetibile giornata di sole terso, caldo, pur nel freddo autunno inglese, s'erano lasciati andare e il sesso di Paul, duro ed eretto, aveva toccato le morbide gambe di lei e la mano affusolata era stata guidata su di esso per un attimo senza che opponesse resistenza. Poi, in un mare di vergogna, le gote arrossate, i visi accaldati e sudati, s'erano staccati e avevano ripreso la passeggiata nel prato verdissimo cosparso di pietruzze che riflettevano i raggi incantati. No, non aveva dubbi allora, ma qui, nella torbida atmosfera peccaminosa e rievocatrice di tante bassezze di Templemore, ritornavano prepotenti, inquietanti. La porta si schiuse cigolando sui cardini. Paul cercò di vedere chi fosse, ma al buio al di fuori del ristretto cono di luce dello scrittoio non gli permise di scoprirlo. Fu naturale pensare a Mary, seppure l'ora tarda, più che meravigliarlo lo preoccupasse. - Che c'è, mamma, hai bisogno di me? - - Ssst, sono Luana, parla piano - sussurrò la cognata che avanzò di alcuni passi. - Che vuoi? - Chiese Paul già sulla difensiva e vide il volto della donna ancor più angoloso e ossuto del solito. L'espressione disperata, il volto rigato di fresche lacrime lo commossero. Più gentilmente ripeté: - Cos'hai, posso fare qualcosa per te? - . - Sì, Paul, ma ne sarai ricambiato. Ti offro l'occasione per diventare tu il direttore di Templemore. - - Come, e perché a quest'ora? - - John è da Grea e possiamo sorprenderli alla villa. - - Ma cosa dici? e Tom? - - Come al solito è stato mandato a Kuching. Ah, Paul, non ne posso più. Tu sei pulito, lo so, sei l'unico qui. Non ho dimenticato, sai, come mi trattasti nella longhouse. Aspetta, non te ne voglio, ti compresi e ti ammirai. Ma non ne posso più, credimi, quella Circe l'ha avvolto nelle sue spire, lo ha attratto e ora si serve del 10% di Tom per ricattarlo... - - In che modo? - - È fin troppo chiaro: fa assegnare premi di rendimento a Tom per vivere in un lusso sfrenato, e non si ferma qui. Il padre controlla l'operato dell'azienda e lei vuole non solo i soldi, ma John. Pensa, gli ha vietato di far l'amore con me e di incontrarsi con Sue, la cinese. Sai chi è? - - Sì. - - Io volevo andarmene, tornare da mio padre, uscire da questa situazione assurda, mortificante, peccaminosa, ma ho pensato ai miei figli, Paul, hanno diritto a Templemore e amano il padre, per loro è un Dio... - - Ma è assurdo, Luana. Stai bene? - - Non sono pazza, non sono pazza, ma disperata. Paul, aiutami... anche io lo amo. - - E che vuoi fare? - - Andare alla villa con te, sorprenderli. Io otterrò John e tu la direzione. - - In che modo? - - Minacceremo di dirlo a Tom e tu avrai i suoi voti e io otterrò di punirla, di liberare John! - - Togliendogli la direzione? - - Non è questo che vuoi? - - Sì, perché lo ritengo un bene per la società e per i lavoranti, ma non in questo modo, mi ripugna... - - Paul, se non vieni lo dirò a Tom e le conseguenze saranno terribili. Tu non sai quanto ami sua moglie e si fidi ciecamente di lei. Sarebbe uno choc drammatico, e lui è violento, dovresti conoscerlo, potrebbe uccidere! - - Ma insomma, cosa volete da me. Sono stanco, stufo delle vostre beghe... - - Devi avere pietà, tu sei giusto e ancora non hai capito quale serpente abbiamo in questa casa. Ho vergogna di dirtelo, un giorno ero più triste e depressa del solito e lei si comportò da lesbica... - - Grea? Ma no! - - Non lo è. Pensava lo fossi io... - Lacrime disperate, pugni sulle magre tempie, poi subitaneo un cambiamento d'espressione: occhi saettanti d'odio, di ferma determinazione. - Paul, deciditi, o vieni tu, o chiamo tua madre e poi... - - Mamma la tieni fuori, capito? - - Deciditi, o non so quel che faccio... - - Andiamo! - La notte scurissima, il cielo minaccioso, denso di nubi pesanti, un umidore asfissiante e l'automobile che correva fra i filari degli hevea. Paul era sconcertato, le umane vicende catalizzate dal sesso non finivano mai di stupirlo, anche se nelle vicissitudini raccontategli c'era di tutto: denaro, possesso e bassi istinti. Giunsero alla villa che sembrava abbandonata. Un cane ululò. Luana era sgusciata fra i folti cespugli facendo segno di seguirla. S'arrampicò su una scaletta esterna e spinse le imposte. Un fioco bagliore, un lenzuolo agitato. La torcia fu accesa e illuminò gli amanti allacciati.
Bruno Cotronei
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