Lo strano caso dell'invisibile scomparso
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Il cameriere poggia sul tavolo le due pietanze a base di pesce e si allontana dopo aver augurato buona cena ai clienti, intenti a sorseggiare del vino rosso. - Ottimo! - dice l'uomo, sulla cinquantina, con indosso occhiali da vista, riferendosi alla bevanda. - Sì, è veramente buono - replica il compagno di tavolo, quarantenne, capelli color castano chiaro, lunghi legati a coda di cavallo. - Il pesce presumo che non sia da meno. - - Lo sapremo subito. Ha detto che scrive per un quotidiano di caratura nazionale. - - Fra i più importanti; non sono solo io a dirlo, naturalmente. - - Come mai ha deciso di scrivere un articolo su di noi? Voglio dire, a cosa serve? Se ne parla tanto e non cambia mai nulla - afferma l'uomo con gli occhiali. - Lo so - risponde il giornalista, mentre inizia a gustare l'orata arrosto. - Ma non per questo bisogna arrendersi. Vorrei incentrare l'articolo sul suo amico, di cui non si hanno notizie ... da due anni, dico bene? - - Due anni e tre mesi per l'esattezza. - - Già. - - Lo fa per dare più enfasi all'articolo, giusto? - - Se può servire alla causa, perché no! Intendo scrivere un articolo di forte denuncia verso le istituzioni, nessuno escluso. Esistono delle responsabilità oggettive che vanno rese pubbliche, sempre, e in ogni caso. Non lo faccio per vincere chissà quale premio giornalistico; io sono dalla vostra parte. - L'uomo con gli occhiali inizia la cena mangiando l'insalata mista. - Dicono tutti così; non è che lei non sia in buona fede, ma se credessimo a tutto quello che dicono su di noi il problema sarebbe risolto da un bel po' di tempo. - - Bisogna insistere con rinnovate e mirate accuse. Viviamo in una civiltà civile, certe realtà sono inaccettabili. - - Come se non lo sapessero; la verità è che, può sembrare assurdo, noi facciamo loro comodo. Che piaccia o no, siamo costretti ad esserci, a esistere, come il bene e il male. Noi siamo la vostra salvezza. - Il giornalista lo ascolta impassibile. - Non diamo nulla per scontato, ma crediamo a una presa di coscienza di chi sta al potere. Tentare non costa nulla; se dovesse tirarsi indietro, sappia che non lo biasimerò. - - Ci ho guadagnato una cena, perché dovrei tirarmi indietro - dice col sorriso sulle labbra l'uomo con gli occhiali. - Ok - il giornalista tira dallo zainetto un piccolo videoregistratore e lo poggia sul tavolo. - Serve per registrare la nostra conversazione; le dà fastidio? - - No. - - Possiamo iniziare - l'uomo mette in funzione l'apparecchio. - Ha provato a contattare i suoi familiari? - - Sì, ho parlato con la moglie e il figlio; naturalmente sono distrutti dal dolore, pregano ogni attimo che non gli sia successo nulla, che abbia voluto cambiare aria allontanandosi da tutto e da tutti, magari scegliendo di vivere come un eremita. Insomma, sperano che sia vivo. Qual è la sua opinione a riguardo? Sì, voglio dire, pensa che sia vivo? - domanda il giornalista. - Da due anni e tre mesi me lo chiedo continuamente e sa qual è la risposta? Per me l'hanno ucciso. - - Una posizione netta la sua. Posso sapere cosa l'ha spinto a giungere a questa conclusione? - - Ci siamo frequentati per tre anni di seguito, abbiamo trascorso più tempo insieme che una coppia di amanti. Fra noi non c'erano segreti, ci confidavamo tutto, le nostre angosce e la speranza di poter riabbracciare la vita che, di giorno in giorno, andava affievolendosi. - - Qualcuno pensa che possa essersi tolto la vita. - - Il corpo si è trovato? - - No. - - Non le sembra strano? - - Sì, può darsi. - - Non si troverà mai, può starne certo. - - Quindi esclude del tutto che possa essere ancora vivo. - L'uomo con gli occhiali guarda fisso negli occhi il giornalista. - Era un uomo eccezionale ... -
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- Ci eravamo conosciuti, come spesso succede in questo ambiente, in una mensa dei poveri; è stato, come si suol dire, un vero colpo di fulmine. Grande sintonia di pensiero; entrambi ci trovavamo in un contesto di vita, o meglio, di non vita, che non ci apparteneva, ma che ci stava pian piano assorbendo, soprattutto me, il più fragile dei due, nonostante fosse un veterano. Massimo aveva le idee chiare. -
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- Non ci rimarrò molto in questo ambiente, voglio uscirne prima che l'ingranaggio mi soffochi - afferma, seduto su una panchina, Massimo. - Niente male come programma - replica Sergio, seduto a fianco, mentre si pulisce gli occhiali con un fazzoletto di carta.
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- I propositi erano più che onorevoli, peccato che non si muovesse foglia, che tutto rimanesse tristemente immutato. Il tempo scorreva inesorabilmente e così ci trovammo a festeggiare il primo anno trascorso insieme. Nulla di impegnativo: un dolce e un caffè seduti in un bar. -
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- Ho notato che hai la pancia gonfia - dice Sergio. - Sarà tutta quella pasta che ci danno da mangiare; ci ingozzano come fossimo galline. Senza contare lo stile di vita che facciamo - risponde Massimo, gustando la treccia al cioccolato. - Strano, perché maciniamo parecchi chilometri a piedi. - - Mi si ingrossa solo la pancia, perché il resto, in modo evidente il viso, sembrano appartenere a un internato. - - Non volevo dire che stai male - cerca di correggersi Sergio. - Menti spudoratamente. - - Ok. Diciamo che non siamo in una forma smagliante. - - Ho dormito, si fa per dire, in tre dormitori, credo che in città non ce ne siano altri, che non hanno lasciato in me un buon ricordo, ho mangiato in varie mense che hanno messo a dura prova il mio povero intestino; a questo punto rimangono due alternative: continuare a farmi del male, o allontanarmi definitivamente da questo circolo vizioso - dice Massimo. - E quale sarebbe questa seconda alternativa? - chiede Sergio. - Non andare più in questi posti, a costo di lasciarci la pelle. Naturalmente mi riferisco a me, e conosci il motivo. -
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- Sì, conoscevo il motivo - afferma Sergio, sorseggiando il vino rosso. - Non aveva avuto mai peli sulla lingua, creando intorno a sé un clima di ostilità. - - Di che tipo? - domanda il giornalista. - Non era visto di buon occhio per quello che andava a dire in giro sui servizi offerti dalle varie associazioni di volontariato; più delle volte si è scontrato verbalmente con i diretti interessati, compresa la chiesa rappresentata dalla Caritas. In sostanza, lanciava critiche e accuse forti, e questo faceva di lui una sorta di anticristo. - - Immagino però che non fosse l'unico a non essere contento e a criticare i servizi delle associazioni di volontariato - commenta il giornalista. - Sì, lo faccio anch'io, ma non in maniera dura e pesante com'era solito fare Massimo. Ho cercato invano tante volte di dissuaderlo a lasciar perdere, anche se ero pienamente d'accordo con lui. Provavo quasi invidia ... - - Credo di aver capito che avesse preso una decisione drastica sul fatto di non voler più ricevere aiuti da queste associazioni. - - È vero, ma questo non significa allontanarsi senza dare più notizie di sé, o peggio ancora, togliersi la vita. Lui amava la vita, così come amava la sua famiglia, il figlio fra tutti. No, nessuno mi convince che possa essersi suicidato. L'hanno tolto di mezzo, dandogli una lezione, nel momento più opportuno. - - Non ci sono prove - osserva il giornalista. - Certo, probabilmente non verranno mai a galla, a meno che qualcuno, un volenteroso, non si dia da fare a scovarle - risponde Sergio, guardando dritto negli occhi il suo interlocutore. - Intende scrivere un articolo inchiesta, o sbaglio? - - Sì. - - Bene; io non la conosco, ma ha l'opportunità di far valere le sue capacità giornalistiche, di acquisire notorietà e diventare famoso; non la sprechi. -
Salvatore Scalisi
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