Raul
Montanari ha pubblicato diciassette romanzi: La perfezione
(Feltrinelli, 1994, premio Linea D'Ombra), Sei tu l'assassino (Marcos
y Marcos, 1997), Dio ti sta sognando (Marcos y Marcos 1998, riedito
con alcuni racconti in E poi la notte, Giallo Mondadori, luglio
2010), e, per Baldini & Castoldi, Che cosa hai fatto (2001),
Il buio divora la strada (2002), Chiudi gli occhi (2004),
La verità bugiarda (2005), L'esistenza di dio (2006),
La prima notte (2008), Strane cose, domani (2009, premio Strega Giovani,
premio Bari e premio Siderno 2010), L'esordiente (2011), Il
tempo dell'innocenza (2012). Nel 2015 è uscito per Einaudi
SL Il regno degli amici (Premio Vigevano 2015). Di nuovo per Baldini
& Castoldi, nel 2017, Sempre più vicino, nel 2018 La
vita finora (Premio Provincia in Giallo 2019) nel 2019 La seconda
porta e nel 2021 Il vizio della solitudine. Inoltre le raccolte
di racconti Un bacio al mondo (Rizzoli, 1998), E di moda
la morte (Perrone, 2007), E poi la notte (Giallo Mondadori
2010) oltre alle-book Tu non sai niente di me (RCS - I Corsivi
2015). A questi vanno aggiunti il saggio Il Cristo Zen (Indiana
2011) e la raccolta di testi teatrali Incubi e amore (Transeuropa
2012). E' il padre del post-noir, una narrativa di tensione che fa a meno
di indagini e detective.
Più di cento suoi racconti sono usciti in antologie e sui maggiori
quotidiani e periodici italiani, insieme ad altre centinaia di articoli
su argomenti letterari e di costume.
Con Aldo Nove e Tiziano Scarpa ha scritto Nelle galassie oggi come oggi.
Covers (Einaudi, 2001) insolito best seller nel campo della poesia. Ha
curato le antologie Il 68 di chi non cera (ancora) (Rizzoli,
1998), Onda lunga (Archivi del 900, 2002), Incubi. Nuovo horror
italiano (Baldini Castoldi Dalai, 2007), Fuor di metafora (Indiana e-book
2014).
Ha tradotto per le scene Doppio Sogno di Schnitzler (Teatro Stabile di
Firenze, 2000) e il Macbeth di Shakespeare (Teatro Stabile di Torino,
2007), e scritto latto unico Incubi e Amore per la rassegna Maratona
di Milano (2000 e 2001) e l'opera lirica Trans Europe Express, per la
musica di Daniele Gasparini (2015).
Collabora con i principali editori italiani e ha pubblicato numerose traduzioni
dalle lingue classiche e moderne (Sofocle, Seneca, Poe, Stevenson, Oscar
Wilde, Borges, Styron, Greene, Philip Roth, Cormac McCarthy fra gli altri).
Ha sceneggiato il film Tartarughe dal becco dascia di Antonio Syxty
(Out Off, 2000). Per il progetto radiofonico Ricuore ha riscritto La piccola
vedetta lombarda (Radiorai3, 2001).
Vive a Milano, dove tiene dal 99 corsi di scrittura creativa fra
i più quotati a livello nazionale. Gira lItalia tenendo conferenze
e reading. Dal 2008 al 2016 ha diretto il festival letterario Presente
Prossimo. Interviene in televisione principalmente su Rai2, Rai3, La7
e SkyTv.
Nel 2012 ha ricevuto l'Ambrogino d'oro, il massimo riconoscimento istituzionale
della città di Milano. E' lo scrittore più giovane nella
storia del premio.
Nel maggio del 2021 è uscito per Baldini+Castoldi il suo ultimo
romanzo, Il vizio della solitudine.
Il
vizio della solitudine. L'ex ispettore Ennio Guarneri conduce una
vita appartata. Cacciato dalla polizia per essersela presa con un intoccabile,
non ha amici e si concede un unico sfizio: rifare in un anno tutte le
elementari andando a lezione dalla sua anziana e dolcissima maestra. È
solo, perché non ha bisogno di nessuno. Ma quando assiste per caso
ai preparativi di un omicidio, d'istinto interviene e l'aggressore finisce
ucciso. Ennio non poteva saperlo ma quella che ha interrotto era un'esecuzione:
per questo il suo gesto scatena contro di lui la vendetta di Han, una
misteriosa organizzazione di giustizieri. Nella drammatica avventura che
segue, Ennio è costretto a esplorare la parte più oscura
di se stesso, proprio quando l'incontro con una ragazza diversa da tutte
sembra aprirgli l'orizzonte di un amore inatteso, improbabile, eppure
irresistibile. Un dubbio rimarrà alla fine: se per lui, come per
tutti noi, la solitudine sia un male a cui sottrarsi o un vizio da coltivare
con cura. A trent'anni esatti dal suo esordio nel 1991, quando il noir
si leggeva quasi solo in traduzione, Raul Montanari torna a esplorare
le atmosfere del genere con la sua carica esistenziale e la sua scrittura
cristallina e trascinante.
Abel Wakaam: Ciao Raul, leggendo la tua biografia sembra che tu
non abbia avuto un'altra vita oltre a quella dello scrittore. Puoi raccontarmi
tutto quello che è accaduto prima e come hai coltivato questa passione,
affinché diventasse un vero e proprio mestiere?
Raul Montanari: Sai, qualcuno ha detto che si diventa scrittori
dopo aver fallito in tutto il resto. Il mio amico Luca Doninelli, uno
dei più grandi narratori italiani, mi ha raccontato di aver deciso
di provare con la scrittura solo dopo essersi rassegnato al fatto che
non riusciva a rifare con la chitarra lassolo di Jimmy Page in Stairway
To Heaven!
È vero anche nel mio caso. Da ragazzino avrei voluto diventare
un giocatore di scacchi professionista e ho anche avuto risultati incoraggianti,
ma quando i miei maestri mi hanno detto che non avevo abbastanza talento
per fare degli scacchi la mia vita ho messo la scacchiera in cantina,
ho pianto per un paio di giorni e poi mi sono guardato intorno. Be,
vedevo solo libri: quelli del ginnasio che stavo frequentando e quelli
che leggevo fuori dalla scuola.
Prima dei trentanni ho mancato o scartato altre possibilità,
come quella di insegnare alluniversità una materia che non
mi interessava molto o di diventare un pubblicitario. Lo sono stato, dall85
all86, ma mi sono licenziato perché è un mestiere
totalizzante: un vero pubblicitario fa zapping a rovescio, cambia canale
quando comincia il film e va a cercare gli spot. Conosco pochissimi pubblicitari
che siano diventati anche degli scrittori di valore e uno è Francesco
Muzzopappa, che ha frequentato la mia scuola di scrittura. Alla fine sono
diventato quello che dico di me nella riga del profilo Facebook: uno scrittore
(ho pubblicato più di venti libri, tutti con editori importanti),
un traduttore dalle lingue classiche e moderne (sono sempre stato il più
pagato dItalia) e un insegnante di scrittura (vedi parentesi precedente).
Abel Wakaam: Col tuo ultimo libro hai toccato il tema della solitudine
che spesso affligge la società contemporanea, incapace di opporsi
allo scorrere inesorabile del tempo, quasi come se fosse rassegnata a
fregiarsi di rapporti sempre più virtuali. C'è il rischio
che diventi davvero un vizio?
Raul Montanari: Nel libro ho cercato di presentare il tema di
una solitudine non subìta come una mutilazione ma accolta come
un dono, addirittura come un vizio da coltivare, appunto. È chiaro
che cè di mezzo il periodo orrendo che stiamo vivendo, anche
se a dirti la verità la prima stesura lho finita nel febbraio
di due anni fa, appena prima che scoppiasse quello che sappiamo. Io vivo
solo, e in certi momenti (penso soprattutto al primo lockdown duro di
marzo-aprile 2020) cè voluta molta forza per non dare la
testa nel muro
anche se noi single possiamo consolarci con il sospetto
che vivere in case affollate di familiari possa essere perfino peggio.
La solitudine di Ennio, il protagonista del romanzo, mi sembra la solitudine
del forte. Nei diari di Leonardo da Vinci si trova una frase meravigliosa:
Sii solo e sarai tutto tuo. Che potenza!
Certo che però, duemila anni prima, Aristotele aveva detto che
luomo è un animale sociale, una creatura che
non può vivere lontana dai suoi simili. Forse quella che viene
raccontata nel libro è la parabola di un uomo che inizia provando
(inconsapevolmente) a realizzare linvito di Leonardo e finisce per
accettare la definizione di Aristotele. Questo riguarda in particolare
i rapporti che Ennio ha con le donne: fin da subito gli viene la bizzarra
idea di rifare tutto il ciclo delle elementari in forma di lezioni private,
andando a trovare la sua vecchia maestra. Poi apre la porta a una ragazza
che va casa per casa a vendere Lotta Comunista e si innamora
di lei. Insomma, la sua fortezza è piena di feritoie, forse perché
lui stesso è pieno di ferite. E queste ferite tornano a buttare
sangue a causa del meccanismo infernale in cui si ritrova coinvolto e
che fa di lui, ex ispettore della Questura di Milano, un giustiziere controvoglia,
costretto a compiere atti estremi anche se in nome di una giusta causa.
Abel Wakaam: Tra le righe de Il Vizio della Solitudine
emerge l'insofferenza dell'ex ispettore Guarneri per la contrapposizione
tra la legge, intesa come regola, e il concetto personale di giustizia.
È questa dissimilitudine che porta i lettore a patteggiare per
il protagonista del libro?
Raul Montanari: Che la legge sia insufficiente a rappresentare
il nostro bisogno di giustizia è una cosa che sappiamo tutti. La
legge è una coperta troppo corta: o garantisce i criminali a danno
delle vittime, oppure è troppo dura con chi delinque. Per non parlare
del fatto che, se ci pensi, cè qualcosa di addirittura folle
nellidea che un insieme di norme possa abbracciare, come una camicia
di forza, la complessità incredibile dellagire umano, e stabilire
riguardo a ogni nostro comportamento se sia da incoraggiare o da sanzionare.
Cè però una cosa da dire, per non cadere banalmente
in meccanismi del tipo giustiziere della notte: che la legge,
rispetto alla giustizia, è obiettiva. La legge è lì
da leggere, per fare un gioco di parole. Può essere una legge buona,
cattiva, giusta, ingiusta, definitiva o provvisoria, ma è stata
scritta e vale per tutti. Invece il senso di giustizia è molto
soggettivo. Certo, ci sono alcune cose fondamentali su cui siamo tutti
daccordo, ma appena si va oltre cominciano le differenze. Pensa
alla pena di morte, che poi in fondo è quella che Ennio si trova
a dover somministrare nel romanzo: ci sono reati così odiosi che
è difficile non pensare che meriterebbero questa punizione assoluta,
eppure su questo ci si divide
per fortuna. Ora, tutta la vita di
Ennio è percorsa da questo conflitto fra legge e giustizia. Prima
si fa cacciare dalla polizia per i tagliandi che fa con i
suoi due amici Pozzanghera e Nillus, ovvero pestaggi e intimidazioni ai
danni di persone che, ai loro occhi e a quelli del lettore, meritano in
pieno un trattamento più severo di quello che può assicurare
la legge: uno stalker amico del Questore, un ricattatore che manda lettere
anonime a una povera ragazza e così via. Sono come pezze che Ennio
cerca di mettere al sistema, qua e là; tentativi per arrivare con
una giustizia privata là dove la legge lascia le vittime alla mercé
dei loro aguzzini.
Poi, però, lincontro con una misteriosa organizzazione di
cacciatori di scafisti (che era presente anche nel mio romanzo precedente,
e che forse esiste davvero) gli impone di esplorare fino in fondo questa
sua vocazione di servo della giustizia e non della legge,
come lui ama definirsi.
Abel Wakaam: Oltre ad essere un rinomato autore, puoi vantare
20 anni di esperienza come docente di scrittura creativa, con una cinquantina
di allievi pubblicati da tutti i più importanti editori italiani.
Ritieni che proprio non si possa posso nascere scrittore?
Raul Montanari: Vedo che ti stai riferendo alla bellissima frase
di Giuseppe Pontiggia che cito nellhomepage del sito dedicato alla
mia scuola: Non ho mai conosciuto nessuno che sia nato scrittore;
ho conosciuto alcuni che lo sono diventati. È certamente
così, ed è perfino banale dirlo. Il mito dellartista
tutto istinto e talento è una sciocchezza che forse, ma dico forse,
si può applicare solo ad alcuni pittori cosiddetti naïf (dei
quali poi si è scoperto che non lo erano affatto). È molto
più appropriato quello che dice Edgar Allan Poe, un autore che
spero veneriate come me e di cui ho tradotto le poesie. Poe osserva che
lobiettivo di base che deve porsi uno scrittore è essere
originale; e questo obiettivo si può realizzare solo in due modi:
o scrivi una cosa che nessuno ha mai scritto prima, o la scrivi in modo
diverso da come lhanno scritta prima. Tu vedi bene lo studio che
comporta questa concezione di Poe. Per poter dire: Questa storia
non lha mai raccontata nessuno, ho davvero immaginato qualcosa di
inedito! dovresti aver letto TUTTI i libri scritti finora, o almeno
i libri più importanti, i classici di riferimento. Non parliamo
poi di quello che succede quando ti accorgi che la tua trama non è
affatto originale ma che puoi comunque cercare di raccontare quella storia
in modo diverso dagli altri: non solo anche in quel caso dovresti aver
letto tutto, ma devi anche avere le risorse tecniche, artigianali, di
mestiere, per poter raccontare la stessa storia in modo innovativo. Ecco,
tutte queste cose un bravo maestro di scrittura te le insegna. Come ho
detto in diverse interviste al riguardo, io sono come un sarto: adatto
il vestito al cliente che viene da me. Le regole, i trucchi, gli espedienti,
i consigli che valgono per uno sono inapplicabili per un altro. È
un lavoro entusiasmante, che richiede cultura e sensibilità. I
risultati sono da vedere: con 22 anni di attività la mia scuola
è una delle più antiche dItalia. Ogni anno ho più
di 150 presenze nei vari corsi. Più di sessanta autori usciti dalla
scuola hanno pubblicato con i massimi editori italiani, nessuno escluso:
da Mondadori a Rizzoli, da Feltrinelli a Einaudi e così via. State
seguendo per caso la bella serie Netflix Guida astrologica per cuori infranti?
Lautrice del romanzo da cui è stata tratta la serie, Silvia
Zucca, è unallieva della scuola. Giusto per fare un esempio.
Abel Wakaam: Non c'è il rischio che insegnare la tecnica
della scrittura possa portare ad una uniformità dei testi, costruiti
attorno ad uno schema ricorrente?
Raul Montanari: No di certo. Ho appena citato lautrice di
un romanzo di quella che viene chiamata chick lit, narrativa femminile:
dato che non faccio quel tipo di narrativa, che richiede personaggi, situazioni
e soluzioni narrative profondamente diverse da altri generi, è
evidente che Silvia ha trovato nella scuola gli stimoli per proseguire
con il suo percorso espressivo personale, come è successo a tutti
gli altri. Infatti se uno va a dare unocchiata, nel sito della scuola,
agli autori pubblicati, trova di tutto: non solo ogni genere di narratori,
ma anche poeti, saggisti, autori teatrali e cinematografici, perfino rapper.
Ti dico una cosa che ti farà sorridere: nessun mio allievo mi assomiglia.
Non ce nè uno di cui possa dire: ecco, lui è davvero
il mio figlio artistico, lui porterà avanti quello che faccio io,
e che la critica ha chiamato post-noir. Manco per niente! Sto ridendo
mentre lo scrivo, ma è così.
Abel Wakaam: Esiste il romanzo perfetto e il lettore odierno è
in grado di comprenderne l'essenza?
Raul Montanari: Ne sono stati scritti moltissimi, di romanzi straordinari
che tutti dovrebbero leggere; non a caso, dato che qualsiasi scuola di
scrittura è anzitutto una scuola di lettura, allinizio dei
corsi viene fornita agli allievi una lista di libri che considero indispensabili
e mi incazzo parecchio se scopro che non li leggono. Detto questo, la
perfezione non si addice alle forme narrative lunghe. Non cè
trama che non abbia dei buchi o delle contraddizioni, non cè
romanzo che non abbia dei passaggi meno interessanti di altri. La perfezione
sta solo nella forma breve: è possibile scrivere una poesia perfetta,
un racconto perfetto. Quando le pagine si moltiplicano, è inevitabile
che le esigenze di struttura possano prevalere sulla felicità creativa.
Ovvero: ci si trova a volte, in un romanzo, a scrivere scene obbligate
che non ci stimolano più di tanto.
Quanto ai lettori, quelli di oggi non sono meno attrezzati, o meno disarmati,
di quelli di ieri. Non dimentichiamo che in tutta la storia della narrativa,
diciamo negli ultimi due secoli, è esistita la figura dello scrittore
stupido e banale che aveva un successo commerciale molto maggiore degli
autori veramente grandi. E se laveva era perché lettori di
livello altrettanto basso compravano i suoi libri.
Abel Wakaam: Che consigli ti senti di dare agli autori emergenti
di Writer Officina?
Raul Montanari: Posso rispondere con le parole che il padre di
Borges, uno dei giganti del Novecento, diede a suo figlio quando il ragazzo
gli espresse il desiderio di diventare scrittore: Ricordati di fare
queste quattro cose: leggere moltissimo; scrivere moltissimo; stracciare
moltissimo; pubblicare tardissimo.
Quanta saggezza. Attenzione allultimo consiglio: significa semplicemente
non avere fretta. Lo ripeto ai miei allievi fino ad annoiarli. Ogni volta
che ho avuto fretta ho sbagliato e questo vale per tutto: cattiva preparazione,
scelte stupide nella scrittura, impazienza nellaspettare loccasione
editoriale giusta
Ogni volta che ho avuto fretta ho sbagliato, ogni volta che ho pensato
di risparmiare tempo ho finito per perderne moltissimo e poi pentirmi.
Vale per la vita in generale, in fondo.
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