Writer Officina - Blog
|
|
Patrizia Carrano
|
Patrizia
Carrano (Crespano del Grappa, 27 aprile 1946) è una giornalista,
scrittrice, autrice radiofonica e sceneggiatrice televisiva italiana. Il suo ultimo romanzo, edito da Vallecchi Firenze, è "La Bambina che mangiava i comunisti". La bambina che mangiava i comunisti. Roma, metà anni Cinquanta. Nella capitale, dove i pittori mangiano a credito nelle osterie, le ragazze sognano Cinecittà, e gli intellettuali si interrogano se sia meglio essere fuori o dentro il PCI, approda la piccola Elisabetta, figlia di una comunista bella e irrequieta, decisa a conquistare un posto di rilievo nella grande macchina organizzativa del Partito. Al seguito della madre entrerà a Botteghe Oscure; mangerà le lasagne rosse alla mensa della CGIL; aspetterà con pazienza che finiscano le riunioni in sezione; incontrerà artisti come Turcato e Mafai, poeti come Cardarelli, ma soprattutto passerà interi pomeriggi a Campo Parioli, fra gli accampati sui terreni destinati al futuro Villaggio Olimpico. La bambina che mangiava i comunisti racconta il Partito con gli occhi innocenti ma inquisitori di una bambina capace di intuire, con le sole armi dell'infanzia, la fine di una collettiva sbornia politica che avverrà nel fatidico 1956, quando la neve imbiancherà Roma, crollerà il mito di Stalin, l'URSS invaderà l'Ungheria, ed Elisabetta compirà dieci anni. Abel Wakaam: Ciao Patrizia, sulle prime pagine del tuo libro si legge un divertente paradosso: "Chi vuole di nuovo il Pci è un pazzo, ma chi non ne ha nostalgia è senza cuore". Giusto per rompere gli indugi, a quale delle due categorie appartieni? Patrizia Carrano: Non ho mai avuto la tessera del Pci, perché mi sono sempre sentita un "cane sciolto". Però il ricordo della grande coesione di quelle masse popolari mi è rimasto dentro. Era un portato di un'Italia che aveva sofferto, che rilanciava la palla, che aveva una bella idea dell'essere compagni. Ricordiamo che compagno significa "spezzare il pane con". Noi ora mangiamo da soli anche quando siamo con gli altri. Abel Wakaam: A parte il meraviglioso titolo del romanzo, cosa ti ha spinta a togliere dall'ultimo cassetto le bandiere rosse di "pomodoro scarlatto" per appenderle all'aria in questo preciso momento, dove il loro colore vermiglio si fonde con l'azzurro del cielo e il giallo del grano maturo? Patrizia Carrano: Questo libro è stato pensato due anni fa. Era già stata ammazzata Elena Politkovskaia, ucciso il dissenso, erano stati fatti fuori testimoni scomodi con il polonio. Questo per quel che riguarda la Russia. Nell'Unione Europea ho l'impressione che la sinistra abbia perso tanti treni. Non si tratta di fare la rivoluzione, ma di offrire una piattaforma di pensiero democratico in cui le grandi masse possano riconoscersi al di là del lavoro, che sta ormai scomparendo. Io avevo voglia di raccontare la grande fatica di crescere di una ragazzina che vuole pensare con la sua testa. E poi il Pci visto da uno sguardo infantile mi sembrava un'idea fertile. Almeno per me. Abel Wakaam: "La mamma ha un tailleur duna stoffa che si chiama grisaglia: la piccola giacca a tre bottoni fiorisce sulla gonna stretta, che sallunga fin sotto il ginocchio e dietro ha uno spacco per permetterle di camminare. È il tailleur delle occasioni in cui occorre far buona impressione: eleganti ma serie, composte ma femminili.". Sin dalle prime righe si apprezza il tuo stile spigliato, autentico. È un modo diretto per attingere ai ricordi, al punto che la storia sembra presentarsi sulla soglia della nostra coscienza, riportandoci in quegli anni in cui la politica si scriveva in maiuscolo e ci si vestiva a festa per andare alla sede della CGIL. Esiste ancora quel tailleur di grisaglia o è rimasto soltanto nella memoria? Patrizia Carrano: Quel tailleur l'aveva mia madre, e ho una sua fotografia in cui lo indossa. Non l'ha mai messo per andare alla CGIL. Perché in questo romanzo è tutto falso e tutto vero, come sostengo nella nota dell'autore. I narratori fanno come il dottor Frankenstein: prendono un pezzo vero, poi uno inventato, poi un altro modificato e costruiscono un Golem, un robot, una creatura artificiale. Se sono bravi, quel Golem è più vero del vero. Abel Wakaam: "I viaggi in treno sono sempre segnati dallansia del biglietto: la mamma ne ha avuti in regalo due da un compagno deputato. Sono dei biglietti omaggio di primaclasse, con la data e la destinazione scritte a penna, e per poterli usare nuovamente, la mamma usa la scolorina. I controllori non si sono mai accorti di nulla, ma quando passano la piccola viene presa da unansia che le fa sbarrare gli occhi". Li ricordo quei lunghi viaggi in treno, fuggendo da una carrozza all'altra per non incrociare il controllore. Chi viaggiava per politica aveva una valigetta che non perdeva mai di vista. Ho sempre immaginato che contenesse chissà quali segreti. Oltre all'entusiasmo e la voglia di cambiare il mondo, cosa c'era davvero? Patrizia Carrano: C'è un libro di Maurizio Ferrara, che si intitola " I cassetti segreti del Pci", in cui si indaga sulle molte carte riservate di via Botteghe Oscure. Ma io ero una bambina, non ne ho mai avuto contezza. E non ero troppo curiosa di cosa dicevano i grandi. Abel Wakaam: "Davanti al palazzone di via Botteghe Oscure, Elisabetta ha un brivido di soggezione e sperdimento. Se lo aspettava colorato come San Basilio, pieno di bandiere rosse che trasudassero orgoglio e appartenenza. Avrebbe dovuto progettarlo Afanasjev e invece è serio, cupo, vasto. Anche più di quello della CGIL". Erano così oscure le Botteghe Oscure a quel tempo? Patrizia Carrano: Il palazzo di via Botteghe Oscure è cupo
e serioso per colpa della sua architettura, influenzata da un tardo razionalismo,
non per le persone che ci stavano dentro. Fu comperato con l'aiuto dei
fratelli Marchini, due costruttori romani vicini al Pci. Ora è
la sede di una banca. Patrizia Carrano: È un'idea che non mi era venuta in mente. Ma è vero che le cerimonie borghesi, anche quelle del cibo, sanzionano una "distanza" con la gente semplice, che deve accontentarsi di mense povere con cibi poveri. L'anatema che la chiesa e la democrazia cristiana avevano dato ai comunisti (interpretando la volontà degli Stati Uniti, e mettendoci del suo) li raccontava come dei mostri sanguinari. Basta dare un'occhiata ai manifesti elettorali del tempo. La bambina, che sogna quei mostri nei suoi incubi notturni, ribalta la situazione, quando scopre che i comunisti non sono come gli eroi delle favole. Delusa da questa consapevolezza, che è il primo segno della sua maturità, vuole papparseli tutti. Abel Wakaam: Sfogliando il tuo libro mi rendo conto di quanto un testo possa diventare un autentico affresco di storia. Molto più dei videogiornali dell'epoca, che mostrano la faccia delle persone ma non ne indagano l'animo. Le parole tracciano un solco più forte dei fotogrammi sbiaditi di una macchina da presa, perché sono cibo per la mente e concedono il tempo di essere lette e rilette finché non se ne comprende la vera essenza. Qual è lo spirito che ti ha accompagnata durante la stesura di questo romanzo? Patrizia Carrano: La fatica più grande non è stata documentarmi, anche se su "Campo Parioli" i materiali sono pochi. E' stata piuttosto quella di recuperare uno sguardo infantile. Provare a ragionare con la testa di quei bambini. Non solo Elisabetta, ma anche la piccola baraccata Cesira, il bambino malato Uliano. I bambini sono ingenui, ma hanno una logica ferrea: vanno dritti al cuore delle cose. Abel Wakaam: Un'ultima domanda di rito. Che consigli ti senti di dare a chi sta timidamente cercando di percorrere oggi la tortuosa strada della scrittura? Patrizia Carrano: Scrivere ogni giorno e leggere ogni giorno. Fare della scrittura una attività quotidiana, anche soltanto con un diario. In modo che non ci sia nessun diaframma - che non sia quello critico - fra il pensiero e la sua forma scritta. Non compiacersi e sfrondare senza pietà i propri scritti. E leggere ogni giorno: da ragazza, ma già lavoravo, in un periodo di part time, mi diedi il compito di leggere un libro al giorno. Quando arrivai all'edizione integrale dei "Tre moschettieri" (tre volumi) mi diedi tre giorni. Il bravo Mariano Sabatini ha scritto un libro sugli scrittori e le loro metodologie di lavoro che si intitola "Scrivere è l'infinito". Vale anche per la lettura: "leggere è l'infinito". |
Abel Wakaam
© Writer Officina Lettori:5736 |
Ultime interviste
|
|
Lettori OnLine
|