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Ottavia Niccoli

Ottavia Niccoli. Laureata in Lettere moderne presso l’Università di Bologna nel 1966, ha insegnato Storia dell’età della Riforma e della Controriforma e Storia moderna nella Facoltà di Lettere e Filosofia di Bologna e, a partire dal 1994, Storia moderna nelle Facoltà di Sociologia e di Lettere dell’Università di Trento. In pensione dal 1° novembre 2010. Si è occupata prevalentemente di aspetti della storia religiosa, sociale e culturale (intesa in senso antropologico) dell’Italia dei secoli XVI e XVII. Ha dedicato una particolare attenzione al valore comunicativo dei rituali, delle immagini e delle scritture minori in funzione alle dinamiche politiche dell’Italia della prima età moderna; le sue ultime ricerche attengono al tema della “visione” come elemento di comunicazione della vita religiosa nell’Italia della prima età moderna.

Il suo ultimo libro è invece un giallo storico, edito da Vallecchi Firenze: Morte al filatoio.

Morte al filatoio. Bologna, 9 novembre 1592: don Tomasso, che dirige l’ospizio di San Biagio, viene coinvolto mentre è al Tribunale del Torrone in una denuncia per diffamazione voluta da Violante, una donna che un libello anonimo accusa di aver avvelenato il marito. Il notaio Martini, inquirente amico del prete, gli chiede in via non ufficiale di prendere informazioni da don Lucio, il sacerdote che ha proceduto al funerale e che forse è stato anche l’amante della donna. Nel frattempo, don Tomasso apprende da due ragazzini rifugiatisi all’ospizio, Ettore e Gian Andrea, che il primo ha appena visto il cadavere di una giovane donna nei sotterranei del filatoio di tal Righi. Il corpo, gettato nel canale, verrà infatti ritrovato di lì a poco. La morta risulta essere una lavorante del Righi, Caterina Pancaldi, e l’esame autoptico dichiara che ha perso da poco la verginità. Partono quindi tre processi: quello per il libello, quello per avvelenamento del marito di Violante e quello per “la putta” trovata nel canale. Mentre si svolgono gli interrogatori, don Tomasso aiutato da Gian Andrea prosegue nella ricerca di ipotesi e indizi per incastrare l’omicida.

Abel Wakaam: Ciao Ottavia, da autrice di numerosi saggi su Rinascimento e Riforma, tradotti con successo in varia lingue, come ci si approccia ad un giallo storico? E come si è concretizzato questo esordio con Vallecchi Firenze?

Ottavia Niccoli: Ho sempre avuto voglia di scrivere un poliziesco, e anzi quand’ero giovane assistente in un Istituto universitario, ormai cinquant’anni fa (!), avevo cominciato a scriverne uno utilizzando come personaggi (vittima, assassino e investigatore compresi) i miei colleghi. Mi sono interrotta ben presto, pensando che non avrebbe mai potuto essere stampato, e dovendomi occupare di ben diverse scritture; ma l’uzzolo mi è rimasto. E quando tempo addietro un amico mi ha sollecitato a scrivere un giallo storico ambientato a Bologna, la città in cui vivo, mi è venuto in mente l’ ospedale di San Biagio: un ospizio creato per assistere i pellegrini sito proprio nell’edificio in cui abito. Poi ho messo a dirigere l’ospizio un prete, che aveva il compito di assumere il ruolo di investigatore, e ho cominciato a scrivere. Fin dalle prime pagine l’ho visto assumere una fisionomia e una personalità quasi autonoma, e ho proseguito lasciandogli in qualche modo la parola. Mi è quasi sembrato che il libro si scrivesse da solo. Il manoscritto (o meglio il file) ha cominciato a circolare, e alla fine ha trovato un apprezzatore nella persona dell’editor della Vallecchi.

Abel Wakaam: Una questione che mi assilla da sempre, com'è possibile raccontare in modo realistico gli avvenimenti accaduti centinaia di anni prima? Quali sono le tue fonti?

Ottavia Niccoli: Quasi tutti gli autori di romanzi si preoccupano di fare delle ricerche per rendere il loro racconto verosimile e concreto, collocato in uno spazio e in un tempo preciso, e io ho avuto la fortuna di aver già fatto ricerche del genere in precedenza, per motivi di studio e di lavoro. A parte una conoscenza generale della Bologna e dell’Italia dell’epoca, avevo letto un centinaio di volumi manoscritti provenienti dall’archivio del tribunale criminale dell’epoca; ciascuno di essi conteneva più o meno un centinaio di processi o di semplici denunce. Queste carte si sono rivelate una fonte straordinaria per scoprire negli interrogatori degli accusati e dei testimoni mille informazioni sugli aspetti dell’economia, della vita quotidiana, dei conflitti interpersonali presenti nella società dell’epoca. Moltissime piccole vicende che punteggiano la trama principale sono tratte proprio da questi materiali processuali.

Abel Wakaam: Morte al filatoio racconta di una Bologna all’epoca della seta, un periodo storico in cui la gran parte della popolazione lavorava a casa, oppure nei filatoi, dove la macchine erano mosse dalla forza dell'acqua. Sembra strano pensare a questa città come un labirinto di canali sotterranei, ma è proprio quest'acqua, nascosta e impetuosa, che ti ha inspirato?

Ottavia Niccoli: In effetti in parte sì. Ricordavo che qualche anno fa un muratore era venuto per far dei lavori nella nostra cantina e ci aveva chiamato a vedere: affacciandomi da una apertura nel muro ho visto con mio grande stupore un torrente scorrere tumultuoso al di sotto. Era (ed è) il canale Fiaccalcollo, che è diventato un attore importante della storia: serve per ricordare le basi dell’economia della città e mi ha consentito di costruire uno snodo importante della trama.

Abel Wakaam: E dall’ospizio di San Biagio ecco che arriva un prete, don Tomasso, protagonista e investigatore di questa intricata vicenda. Su quale figura hai plasmato la sua personalità così complessa?

Ottavia Niccoli: Ho tenuto presente la personalità e il comportamento dei preti nell’epoca a cui facevo riferimento, ma ho voluto che il mio don Tomasso fosse stato segnato in gioventù dalle incertezze e dai dubbi di quell’epoca tumultuosa, nella quale la penetrazione delle idee della Riforma protestante poteva segnare in forma diversa – più incerta o più determinata – coloro che vivevano in Italia e in Europa, e in particolare a Bologna (dove i processi per eresia e i roghi di libri e di uomini non sono mancati). Don Tomasso non è quello che allora si sarebbe definito un eretico, ma è fedele alle sue idee e ha una mente forte e indipendente che cerca, non sempre riuscendoci, di tenere sotto controllo.

Abel Wakaam: Il romanzo si presenta quasi come un diario, con le date che scandiscono il tempo, giorno per giorno. In questo modo il lettore non si perde mai nel susseguirsi della narrazione e ritrova sempre il filo logico degli eventi. È stata una tua scelta?

Ottavia Niccoli: Ho sempre pensato che per scrivere un romanzo giallo, come pure un libro scientifico sul profetismo rinascimentale o sui bambini della prima età moderna (libri che in effetti ho scritto), occorre curare la massima consequenzialità logica e la massima chiarezza. E quindi ho usato lo schema cronologico che mi pareva aiutasse a raggiungere questo scopo.

Abel Wakaam: La logica precisa e armoniosa dei tuoi saggi la si ritrova con la stessa coerenza in questo romanzo, dove tutti i particolari sembrano ricondurci nel tempo in cui si svolgono i fatti. Dopo tanti anni di studi, hai nosdtalgia di quel passato?

Ottavia Niccoli: Certamente no! I giorni in cui viviamo sono certamente difficili, e delle tre catastrofi della prima età moderna, peste, guerra e carestia, abbiamo avuto il sentore in questi tempi delle prime due, e presto, prevedo, vedremo affacciarsi anche la terza. Ma quello che abbiamo provato e proveremo non è nulla al confronto di ciò che sperimentavano uomini, donne e bambini di cinque o seicento anni fa. Poteva accadere di trovare steso a terra il corpo morto di un uomo che stremato dalla fame aveva ancora in bocca dei fili d’erba che aveva cercato di mangiare per nutrirsi. E non si pensi che la violenza urbana fosse inferiore a quella odierna: al contrario.

Abel Wakaam: Per finire ti chiedo di dare un consiglio agli autori emergenti di Writer Officina.

Ottavia Niccoli: Leggete, leggete, leggete (libri bene scritti, s’intende)!

Abel Wakaam
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