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Maristella Lippolis

Maristella Lippolis ha esordito nella narrativa pubblicando racconti sulla rivista Tuttestorie diretta da Maria Rosa Cutrufelli. Nel 1999, con la raccolta di racconti "La storia di un’altra" ha vinto il Premio Piero Chiara.
Seguono i romanzi "Il tempo dell’isola", "Adele né bella né brutta" (finalista al Premio Stresa 2008), "Una furtiva lacrima", "Raccontami tu", "Non ci salveranno i Melograni", "Abbi cura di te". È componente del direttivo nazionale della Società italiana delle Letterate. Collabora con la rivista Leggendaria, con il Letterate Magazine rivista online della SIL, con il Magfest (Festival di donne nel teatro).

Il suo ulrimo romanzo è "La notte dei bambini", edito da Vallecchi Firenze.

Abbi cura di te. Sono donne le protagoniste assolute di questa raccolta di racconti: donne che vivono relazioni d'affetto o d'amore, donne felicemente sole o malinconiche; che hanno sogni da realizzare o con una vita ormai quasi alle spalle. Amiche, figlie, sorelle, madri, mogli e amanti; casalinghe in corsa contro il tempo, anziane o bambine sulla soglia dell'adolescenza, scrittrici e studiose della storia di altre donne. In ogni racconto c'è una decisione da prendere, un lato oscuro da illuminare, qualche elemento della vita fino a quel momento rimasto in ombra, e che all'improvviso si accende al punto che niente potrà più essere come prima. Sono donne forti, nonostante le apparenze, che sanno guardarsi anche con ironia, libere e coraggiose nelle battaglie quotidiane. Che a volte sbagliano, ma sanno imparare dagli errori. Ma che non si pentono. Un caleidoscopio di figure che compongono un affresco, percorso da un filo che torna con insistenza a innervare tutte le storie: abbi cura di te! Non farti mancare quella felicità che meriti, anche quando sembra troppo tardi. Se nessuno lo farà sarò io ad aver cura di te. Anche soltanto cucinando qualcosa di buono, perché persino nei momenti più difficili c'è sempre qualcosa che può scaldare con dolcezza. Ci sono molti profumi in queste storie, e alla fine in appendice le molte ricette vengono radunate e regalate a chi vorrà sperimentarle, come una cura.

La notte dei Bambini. 2070. Roma, irriconoscibile e semidistrutta da guerre regionali, epidemie e cambiamenti climatici che ne hanno oscurato il cielo per sempre, ora si chiama Tauersiti. La Spianata è abitata dai Nuovi, popolazione che si arrangia a sopravvivere alla mancanza di cibo e acqua, una massa senza identità formata da migliaia di persone provenienti dalle molte migrazioni dal resto del mondo. Nelle Torri intorno al perimetro vivono le caste privilegiate che detengono un potere sempre più labile e violento, condannato a estinguersi dall’incapacità maschile di riprodursi. Solo nella Spianata i bambini continuano a nascere, dilemma a cui il Potere ha cercato e cerca soluzioni violente e inefficaci. Zora, una giovane donna, raccoglie memorie e inventa storie per salvare vite. E intanto sogna di fuggire dalla città. Fuori dalla città è una zona di foreste e monti. Le condizioni climatiche sono critiche ma non come a Taursiti, e dopo i disastri provocati dall’uomo la vita sta riguadagnando i propri spazi. In questo ambiente difficile ma ricco di possibilità, abitato da animali e misteriose presenze si incrociano destini e ostinate resistenze.

Abel Wakaam: Ciao Maristella, il tuo romanzo comincia con una citazione tratta da "The Telling (La salvezza di Aka)" di Ursula K. Le Guin: "La nostra mente ha bisogno di raccontare, ha bisogno della narrazione. Per trattenere. Il passato è passato, e nel futuro non c’è nulla da afferrare. Il futuro non è ancora nulla. Nessuno può vivere nel futuro no? Quindi quello che abbiamo sono le parole che dicono cos’è successo e cosa succede. Noi siamo il mondo, siamo la sua lingua, così noi viviamo e il mondo vive". Ci meritiamo davvero questo mondo in cui viviamo?

Maristella Lippolis: Ho scelto di mettere in esergo al romanzo due citazioni da Ursula le Guin, un monumento della fantascienza femminista, termine che uso per semplificare un genere di scrittura praticato soprattutto dalle scrittrici, che immagina mondi in cui la visione distopica è sempre accompagnata da “semi di luce”, come scriveva anche Philip Dick. E per rispondere alla domanda, penso che purtroppo sì, questo mondo in cui viviamo non è cascato dal cielo ma lo abbiamo costruito noi, con le nostre scelte, e soprattutto con le nostre scelte mancate. Abbiamo agito da predatori, come se il pianeta e la sua vita fosse un semplice contenitore a nostra disposizione e a durata illimitata. Basta pensare alla tragedia dei cambiamenti climatici, di cui iniziamo a preoccuparci molto vagamente solo oggi, che inizia ad essere già troppo tardi. E alle guerre in corso, moderne e tribali insieme.

Abel Wakaam: La storia di "La notte dei bambini" inizia evidenziando due forme assolute di percezione: il dentro e il fuori. In poche parole riesci a separare il buio dalla luce e ci riporti alle paure ataviche di tutto ciò che si nasconde nelle tenebre. Non è il rumore la causa, ma il silenzio che ne consegue, perché l'oscurità cela l'attesa di ciò che da lì a qualche battito di ciglia potrà accadere. E la mente plasma nuovi mostri, li alimenta, a volte li incoraggia nel sonno per metterci alla prova in un mondo incerto. Per raccontare la paura bisogna conoscerla a fondo. Erano questi i tuoi incubi da bambina?

Maristella Lippolis: Assolutamente no! Sono stata una bambina felice e senza incubi. Di notte sognavo di volare ed era bellissimo. Penso che uno scrittore o una scrittrice debbano sapere molto del mondo e dell'animo umano, delle sue fragilità, e della paura. Non è necessario aver avuto degli incubi per sapere cosa sono e raccontarli. Chi scrive inventa, ma sa di cosa parla.

Abel Wakaam: Tratto dal tuo ultimo romanzo: "«C’è qualcuno? Qualcuno che mi sta ascoltando?». Tutto intorno a lei è immobile: troppo immobile, troppo silenzioso, come se l’assenza di rumore fosse qualcosa di artificiale, il risultato di un’attesa forzata. È un pensiero assurdo, ma non può fare a meno di pensarlo; più che un pensiero è una sensazione del corpo. Ha imparato così tante cose ascoltandolo, e al di là di ogni ragione sa che rimane sempre il segnale più affidabile per capire". Tutto questo si chiama istinto?

Maristella Lippolis: Sì, ma anche qualcosa di più. Gli umani lo condividono con il mondo animale, ma possiedono anche una mente capace di elaborare la realtà e trarre conclusioni, di desiderare. Ella, la protagonista, non ha paura di altre presenze nella foresta, sa che se ci fosse pericolo qualcosa di male le sarebbe già accaduto. Il suo sistema sensoriale è più disposto all'accoglienza che alla difesa, alla curiosità piuttosto che alla diffidenza. Lei è fatta così.

Abel Wakaam: E poi subentra la ricerca di "quello che ci manca" in cui la protagonista "annusa" e "assaggia" il mondo che la circonda: "Sta raccogliendo erbe a pochi passi dalla casa con le mani affondate in mezzo agli arbusti scovando, tra la massa di getti verde acceso che si alzano sicuri a cercare la luce, quelli che le sembrano commestibili. Quando non li riconosce mette in bocca una foglia, con cautela, saggiandone il sapore. Si ferma, l’udito teso a cogliere lo scricchiolio del sottobosco che sembra aprirsi sotto il passo leggero di un animale". Riusciremo mai ad accettare di vivere in una terra come quella che descrivi?

Maristella Lippolis: Il mondo “Fuori” in cui vive Ella è un mondo vuoto di presenze umane, fino a prova contraria, ma ricco di potenzialità, se le si sanno cogliere, e lei lo sa fare. Sentirlo ostile dipende dalla nostra percezione, dall'abitudine a sentirci dominatori. Lei non si sente così, vive lì da 15 anni, ha imparato a osservare ogni più minuto cambiamento, a godere delle risorse che quel mondo le offre. Quello che le manca appartiene al passato, è solo una nostalgia, più che una mancanza. Nella Città, “Dentro”, risiedono pericoli ben più grandi da affrontare e resistenze da opporre per mettersi in salvo, e non perdersi. Resistere, agire, credere che ci sia una possibilità e non solo per sé. E questo sarà il compito che l'altra protagonista del romanzo, Zora, si assumerà.

Abel Wakaam: Ogni generazione, seppur stabile nel suo acro di quiete, non ha saputo rinunciare a vedere oltre, a cercare un "passaggio" verso il mondo esterno, sperando in una vita migliore. "Ella e Teo scendono il pendio che precipita nella foresta e si lasciano la casa alle spalle, che subito sparisce nascosta dagli alberi e dalle rocce. Si fanno largo a fatica nella vegetazione fitta, scostando gli arbusti del sottobosco che allungano i rami verso l’alto. Non percorrono un sentiero preciso, non ci sono tracce da seguire ma segnali a cui entrambi rivolgono lo sguardo, indicandoseli a gesti". In questo capitolo si intravede la speranza. Siamo destinati quindi a cercare noi stessi in qualunque posto che sia "altrove"?

Maristella Lippolis: Anche in un “altrove” si può restare sé stessi, assecondando il proprio più intimo sentire. Scriveva Quasimodo “Forse il cuore ci resta”, a conclusione di una celebre poesia che ha lo stesso titolo . In questa scena Ella e Teo, dopo aver sentito lontani fragori di battaglia, raggiungono il fondovalle perché forse ci sarà qualche sopravvissuto. Non è mai successo. Ma al di là di ogni previsione, trovano una bambina e la salvano. Non sarebbe successo se del fragore della battaglia lontana avessero conservato solo la paura e il non volersi esporre a pericoli. Ma hanno conservato il cuore.

Abel Wakaam: Questa storia sembra scolpita sugli stati d'animo con l'estro di chi conosce profondamente l'altra faccia della felicità. Da quale forma intima hai saputo estrapolare questa potente mistura che cambia gusto ad ogni pagina?

Maristella Lippolis: Qui non saprei davvero cosa rispondere. Quando scrivo sono mie le sensazioni, le emozioni, ma sono anche e soprattutto loro, i personaggi e le personagge a guidare la storia. Sono loro che decidono cosa fare. In questo romanzo ad un certo punto mi sono bloccata per un po' di tempo perché non riuscivo a capire come sarebbe andata a finire la storia, e quindi il suo significato. Poi mi sono detta: saranno loro a scegliere cosa fare, dove andare e come. E ho aspettato che lo facessero. Un passo dopo l'altro.

Abel Wakaam: E come ultima domanda ti pongo quella di rito: che consigli ti senti di dare agli autori emergenti di Writer Officina?

Maristella Lippolis: Penso che i consigli ad un autore emergente debbano essere calibrati sulle diverse caratteristiche di ciascuno. Ma in via generale secondo me sono due le strade da seguire. La prima, scrivere di ciò che si conosce, e di cui si prova passione. Più questa passione è forte e più si scriverà in maniera autentica, capace di coinvolgere il lettore o la lettrice. Che non significa raccontare la propria storia, non necessariamente. Le mode passano, sempre più velocemente, ma l'autenticità si percepisce, è vincente. La seconda, che somiglia un po' alla prima, è cercare e trovare la propria voce. La propria cifra stilistica. Forse all'inizio non sarà facile, forse ci vorrà un po' di tempo e diversi tentativi, per capirlo, ma non smettere di cercarla e lavorare su quella. Ha scritto Elizabeth Strout in una lezione di scrittura “Ognuno di voi ha una sola storia da raccontare. Scriverete molte storie diverse, ma la vostra storia è una sola”. Lei lo faceva dire a un'insegnate di scrittura dentro un romanzo, ma è il suo pensiero. E lo condivido.

Abel Wakaam
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