Margherita
Giacobino è nata nel 1952 a Torino, dove vive. Scrittrice,
saggista, giornalista e traduttrice, si è laureata in Lettere Moderne.
Dopo la pubblicazione nel 1993 del suo primo romanzo Un'americana a
Parigi (Baldini & Castoldi), edito con lo pseudonimo di Elinor
Rigby, ha abbandonato il proprio lavoro per dedicarsi a tempo pieno
alla scrittura e alla gestione di un negozio di alimenti biologici. Nel
1996 ha dato alle stampe, sempre per Baldini & Castoldi, Casalinghe
all'inferno e il saggio Svegliatevi bambine (Zelig), scritto
in collaborazione con la vignettista Pat Carra.
Collaboratrice di Smemoranda dal 1994 e traduttrice di numerosi classici
della letteratura anglo-americana e francese quali Cime tempestose, di
Emily Bronte (Frassinelli, 1995), Madame Bovary di Gustave Flaubert (Frassinelli,
1996) e L' altra Grace di Margaret Atwood (Baldini & Castoldi, 1997),
nel 2000 ha pubblicato i romanzi Marina, Marina, Marina (Piemme)
e Le pioniere del sesso (Il Dito e la Luna), scritto nuovamente
con lo pseudonimo di Elinor Rigby. Nel 2003 si è cimentata
con il volume Orgoglio e privilegio, un viaggio eroico nella letteratura
lesbica, edito da Il dito e la Luna e dedicato a un'approfondita analisi
letteraria delle maggiori opere di scrittrici omosessuali dal Seicento
a oggi. Nel 2004 ha tradotto in italiano «Stone Butch Blues»
(Leslie Feinberg, ed. Il dito e la Luna) inaugurando la collana «Officine
T» per la casa editrice milanese di Francesca Polo, un progetto
di parole in corso che si rivolgono a chi legge «dall'interno della
traduzione». La difficoltà più grande, afferma Margherita
Giacobino, è stata quella di «affrontare parole che in
Italia non esistono, non essendoci il campo semantico corrispondente».
Nel 2005 ha scritto il terzo saggio Guerriere, ermafrodite, cortigiane
e nei due anni seguenti si è dedicata alla realizzazione, in collaborazione
col regista Ernaldo Data, di due documentari intitolati rispettivamente
A family romance e Sara, proiettati nel 2007 in occasione del
ciclo Visioni d'Estate organizzato da Comunicattive e ArciLesbica Bologna
e dedicati il primo alla storica Lillian Faderman e il secondo alla scrittrice
e poetessa Sara Zanghì. Nel 2007 è ritornata in libreria
con il romanzo L'educazione sentimentale di C. B. (La Tartaruga),
a cui sono seguiti La morte è giovane, edito nel 2009 da
Salani Editore con lo pseudonimo di Rita Gatto, e L'uovo fuori
dal cavagno, romanzo pubblicato nel 2010 da Elliot, che tratta il
tema del lesbismo nell'adolescenza.
Parallelamente ha continuato il suo incessante lavoro di scrittura e traduzione.
Ha curato la traduzione italiana del testo Sorella Outsider, gli scritti
politici di Audre Lorde e di Stone Butch Blues, di Leslie Feinberg, pubblicati
da Il Dito e la Luna nel 2014. Per non dimenticare la bio di Anne Lister
scritta da Angela Steidele: Nessuna mi ha mai detto di no. e Poi Anne
Lister e i suoi diari segreti, Somara! Il 2015 comincia la collaborazione
con Mondadori, col Parallelamente ha continuato il suo incessante lavoro
di scrittura e traduzione. Ha curato la traduzione italiana del testo
Sorella Outsider, gli scritti politici di Audre Lorde e di Stone Butch
Blues, di Leslie Feinberg, pubblicati da Il Dito e la Luna nel 2014. Per
non dimenticare la bio di Anne Lister scritta da Angela Steidele: Nessuna
mi ha mai detto di no, e poi Anne Lister e i suoi diari segreti, Somara!
Nel 2015 comincia la collaborazione con Mondadori, col romanzo Ritratto
di famiglia con bambina grassa, per poi continuare con Il prezzo
del sogno, L'Età ridicola e Il tuo sguardo su di
me.
C'è
Maria, la madre amatissima, astro nel cielo dell'infanzia, e il padre
Gilin, l'uomo di vento; c'è Michin, la caustica e brillante prozia
zitella, mai conosciuta ma vicina come una gem
ella d'anima; e poi Polonia, la zia ostetrica dolce e gaudente... Ma
soprattutto c'è magna Ninin, la zia con cui Margherita è
cresciuta, brusca e brontolona, sempre presente e insostituibile, «l'origine
e l'archetipo. Ninin l'instancabile, Mulier Fabricans». Sì,
perché Margherita Giacobino, classe 1952, è cresciuta in
una famiglia di donne, e sente più che mai vive le proprie radici
silenziose e forti. Il sangue che le scorre nelle vene è denso
di storia e di storie che solo la scrittura può salvare: «Si
dice che offrire cibo ai morti serva a placarli, perché non tornino
a disturbare i vivi. Ma a me piacerebbe che tornassero, non sarebbe affatto
un disturbo; e scrivendo ho cercato di persuaderli a venirmi a trovare».
Nel ripercorrere le ramificazioni della propria famiglia, attraversa oltre
un secolo di storia italiana: dalle campagne del Canavese alla fine dell'Ottocento
alla Germania in cui il padre viene fatto prigioniero durante la Seconda
guerra, dal boom economico fino a oggi. Dall'arcaica e implacabile gerarchia
degli avi, con le storie raccontate nella stalla mentre i bambini aiutano
a cardare la lana, alla felice convivenza delle magne, che negli anni
Venti scelgono il lavoro in fabbrica liberandosi dall'oppressione della
famiglia d'origine. Dalla incredibile vicenda di una bimba che da sola
attraversa l'oceano fino al negozio di alimentari di cui la madre dell'autrice
è signora incontrastata e si conquista giorno dopo giorno l'indipendenza
e la libertà. Giacobino attinge al pozzo prezioso del dialetto,
suggello dell'appartenenza a un mondo, lingua madre: la sola capace di
evocare e tenere vivo in noi «un tempo prima del ricordo»,
di far emergere «minuscoli frammenti fossili nella materia opaca
del passato». E con questi frammenti di memoria costruisce un grande
romanzo sull'identità e sull'amore. Seguendo le tracce della propria
infanzia con l'attenzione e la cura di un archeologo, interroga i suoi
familiari, li racconta, ridà loro vita con afflato lirico e acume
antropologico, con una scrittura magistrale, con nostalgia e ironia. Con
infinito affetto. Perché solo tramite chi ci ha preceduto possiamo
arrivare a conoscerci davvero.
Pat
ha venticinque anni, è insicura e spavalda, e solca a grandi passi
le strade pulsanti di New York, il cuore che batte per Carol. Carol è
New York, e New York ha un senso solo perché esiste attorno a Carol
la bella, temeraria e fragile Carol. NellAmerica degli anni
Quaranta, Pat è una fuorilegge: ambiziosa e ferocemente indipendente,
ama le donne e non intende nascondersi dietro un matrimonio di facciata.
Pat è Patricia Highsmith, scappata dal Texas e da una madre dispotica
ed egoista per inseguire il sogno di diventare scrittrice: nei salotti
letterari si sente goffa e inadeguata, ma ha unintelligenza e una
sensibilità uniche, e un talento eccezionale. La vita e la scrittura
che è gioia pura, fa correre scintille nelle vene
si compenetrano e si nutrono luna dellaltra, senza che la
fame sia mai appagata. È il prezzo del sogno: lansia, la
fatica, linsoddisfazione. Pat è divorata dallinquietudine:
insofferente allipocrisia dellamerican dream, lascia lAmerica
per lEuropa, cambia case, editori, Paesi, amori, scrive romanzi
e racconti che avvincono e turbano i lettori di tutto il mondo. Scrivere
è il suo modo di vivere tante vite, di essere tante persone diverse.
Di cercare di raggiungere lirraggiungibile.
A
quasi novantanni, la vecchia vive sola a Torino con lanziano
gatto Veleno, felino human friendly, e con i ricordi di un amore finito
(la sua compagna, lamatissima Nora, è morta da molti anni
ormai); non ha altro da fare se non tenere il conto dei nuovi dolori alle
ossa, ascoltare alla radio notizie di violenze e catastrofi omicidi,
bombe negli aeroporti, siccità , e fare quattro chiacchiere
con lamica e coetanea Malvina, sempre più smemorata e persa
sui sentieri affollati della demenza. La vecchia è decisamente
stanca di vivere, stanca come un vecchio lombrico di cimitero,
ma per fortuna nelle sue giornate cè Gabriela, un grumo di
gioventù operosa proveniente dai Paesi dellEst e sopravvissuto
a una sgangherata odissea familiare. E nella vita di Gabriela, oltre a
una sfilza di parenti terribili che tentano di estorcerle più denaro
possibile, cè il cugino Dorin, aspirante terrorista attivamente
impegnato nel terrorizzare proprio lei, Gabriela, che rifiuta di sposarlo.
In costante dialogo amoroso con la morte (ha anche provato a morire a
comando, come i saggi orientali, ma non ci è riuscita), la vecchia
suo malgrado è ancora piena di energia, e si prende cura di ciò
che le resta dellamore: il decrepito Veleno e la sua amica svaporata,
che nel frattempo è stata deportata dai parenti serpenti in casa
di riposo. E quando oscure minacce incombono su Gabriela, la vecchia leonessa
artritica non ci pensa due volte a sfoderare gli artigli per difendere
ciò che le è caro. Scrittrice formidabile, Margherita Giacobino
ci racconta una storia sullamore, la morte, la vecchiaia e il rapporto
tra solitudini e differenze, tra una vecchia signora dal pensiero indocile
e la sua giovane badante straniera, in un mondo in cui sembra che la vita
non valga più niente, ma in cui lo sguardo lucido della protagonista
riesce a riportare umanità e senso, bellezza e divertimento.
Quella
con la madre è la prima delle nostre relazioni, inizia ancora prima
di venire al mondo. Raccontarla può essere la sfida di una vita,
perché in quella relazione spesso sono inscritte molte delle verità
che ci riguardano.
In questo romanzo Margherita Giacobino mette al centro un rapporto tra
due donne una più grande, laltra più piccola
che nel corso delle loro esistenze si sono ascoltate, ignorate,
osservate, amate profondamente: incidentalmente sono anche madre e figlia,
ancor più incidentalmente sono lautrice e sua madre.
Da bambina Margherita la contempla rapita come fosse il sole, lastro
luminoso attorno al quale tutto gira e prende vita: coraggiosa, energica,
determinata. Da adolescente non cerca e non riceve confidenze ma la comunicazione
passa nei gesti e nelle parole di tutti i giorni e la fiducia è
totale. Adulta, tra preoccupazione e divertimento, Margherita vede la
madre iniziare una nuova vita, intrecciare un amore misterioso
Fin
quando i ruoli prendono a invertirsi: non più, o non solo, la madre
che si prende cura di noi, ma noi a prenderci cura della madre.
Con la sua scrittura vigorosa, calibratissima, nitida, sempre anticonformista;
distillando la nostalgia per la madre amatissima, il desiderio di raccontarla
che da sempre laccompagna, una visione intelligente e spassionata
del rapporto madre-figlia e del femminile molteplice, Margherita Giacobino
crea un romanzo sorprendente e vibrante, un omaggio alle madri e alle
eredità lasciate alle figlie, non sempre fardelli da cui emanciparsi,
in alcuni casi scie luminose e salvifiche: La malizia di un certo
sorriso brilla nei tuoi sogni, e ti fa da lumino di notte quando leggi.
Leggere era il tuo vizio, come le sigarette nazionali super senza filtro.
Se è vero che noi portiamo sulle spalle i sogni dei nostri genitori,
i tuoi sogni per me non sono stati un fardello, ma il respiro di orizzonti
più aperti.
Abel Wakaam: Ciao Margherita, la tua biografia è così
ricca da mettere in difficoltà qualsiasi interlocutore. Io sono
sfacciato e irriverente, quindi faccio finta di non lasciami impressionare
dalle tue tante qualità artistiche. Il tuo stile lascia trasparire
una passione per la scrittura che deve per forza avere radici lontane.
È davvero così?
Margherita Giacobino: La prima passione è stata quella
della lettura, trasmessa da mia madre e mai abbandonata. Poi, a quindici
anni, sono stata letteralmente folgorata dallidea che potevo, anzi
dovevo, scrivere. Questo mi ha indotta a coprire migliaia di pagine di
confessioni criptate ed elucubrazioni illeggibili anche da me stessa,
finché ho capito che dovevo darci un taglio, frasi più corte,
pensieri più veloci. Ho cominciato a scrivere poesie, e sono andata
avanti fin verso i trentanni. Nel contempo, con grande slancio e
difficoltà, traducevo poesie vere, di veri poeti: Emily Dickinson,
T.S. Eliot, Sylvia Plath ecc... il che mi ha tolto ogni velleità
di pubblicare le mie, di poesie, ma ha illuminato le mie ore libere per
anni. Il passaggio alla prosa è stato molto collegato alla letteratura
americana e anglosassone, dove mi sentivo molto più a mio agio
che non in quella italiana per almeno due motivi: cerano molte più
donne che scrivevano, e cera molto più humor. Humor integrato
alla narrazione, intendo. Un modo di guardare alla vita con il senso del
comico, di rimettere in proporzione le proprie vicende.
Abel Wakaam: La passione però dev'essere coltivata a lungo
per convincere la fortuna, oltre al merito, a lasciartene cogliere i frutti.
Qual è stata la magica pozione che lo ha reso possibile?
Margherita Giacobino: Quella che tu chiami fortuna io lo chiamerei
lavoro. La scrittura è un lavoro, io personalmente sono, per genetica
e storia di vita, una workaholic, se non lavoro non mi diverto. Non credo
nella spontaneità in nessun campo, men che meno nello scrivere.
E quando scrivo devo accontentare una lettrice esigente fino allo sfinimento,
me stessa. Se non mi piace quello che ho scritto, lo butto via. E ricomincio
oppure passo ad altro.
La fortuna però esiste, non la nego affatto, anzi le sono riconoscente.
Mi ha fatto incontrare le persone giuste, prima di tutto quelle che mi
stanno accanto nella vita privata e mi hanno sempre apprezzata oltre ogni
ragionevole limite, lagente giusta (Rita Vivian, a cui devo almeno
un paio di vite, letterariamente parlando), e leditor giusta, che
non solo legge effettivamente i miei libri, ma le piacciono anche...
Abel Wakaam: La tua scrittura riconduce decisamente alla tua personale
visione del mondo. Definirla "femminile" mi sembra riduttivo.
Puoi spiegarmela dal tuo punto di vista?
Margherita Giacobino: No, non ti spiegherò la mia scrittura
né tantomeno la mia visione del mondo perché non sono una
filosofa, ho un rapporto difficile con la filosofia, la teoria e qualunque
ideologia e sistema di pensiero. Diciamo che ho trovato ispirazione in
altre scrittrici, da Dorothy Allison a Patricia Highsmith, da Flannery
OConnor a Audre Lorde, ma non perché la loro scrittura sia
simile alla mia, ma per i loro modi, diversissimi uno dallaltro,
di andare in profondità, di non tradire se stesse. Di fare, con
la loro scrittura, qualcosa che ammiro e mi aiuta a vivere.
Abel Wakaam: I temi trattati nei tuoi romanzi sono difficili e
complessi, non certo allineati ai gusti popolari. È una sfida,
una provocazione, oppure una forma di ribellione che ti porta a raccontare
semplicemente le storie che senti davvero tue?
Margherita Giacobino: Una volta un amico mi ha detto: Se
io sapessi scrivere, scriverei qualunque cosa possa avere successo, chi
se ne frega, purché si venda. Tu sei capace di scrivere, quindi...
Io gli ho risposto che non ero capace di scrivere qualunque cosa. Non
sono capace di essere se non quello che sono. Io, se non credo in quello
che sto facendo, mi blocco. Perdo interesse. Mi distraggo, mi annoio,
tutto - non solo quello che sto scrivendo, ma io stessa e il mondo intero
- mi appare senza senso. Quindi devo prendere atto dei miei limiti. Inoltre,
se davvero fossi in grado di sapere cosa può avere successo, sfruttererei
questa mia dote mettendo sul mercato prodotti più redditizi, altro
che libri.
Abel Wakaam: Nel Tuo sguardo su di me c'è una citazione
di Roland Barthes: "Non si parla mai dellintelligenza di
una madre, come se con ciò si sminuisse la sua affettività,
si prendessero le distanze. Ma lintelligenza è tutto ciò
che ci permette di vivere sovranamente con un essere". Cosa significano
davvero per te queste parole?
Margherita Giacobino: Non ho mai pensato che lintelligenza
fosse una qualità esclusivamente mentale, parcellizzata, al contrario
credo che sia qualcosa che riguarda tanto il cervello quanto la sensibilità,
gli affetti, le relazioni con gli altri. Lintelligenza è
la capacità di pensare, sentire e agire in modo complesso, armonioso
e rispettoso di sé e degli altri. Una persona intelligente, dunque,
è una con cui hai la possibilità di vivere bene. Se è
tua madre, è un gran colpo di fortuna. Ho scelto questa citazione
di Barthes, che condivido assolutamente, per dire che mia madre era una
donna intelligente.
Abel Wakaam: C'è una tua frase nel romanzo che mi ha fatto
riflettere: "Le madri sono sotto inchiesta. Gruppi di donne sedute
a gambe incrociate su un tappeto discutono del rapporto con la madre.
La parola mamma non viene pronunciata se non con pesante ironia. Lingenua
che suggerisca a unaltra di coprirsi bene perché fuori fa
freddo viene ricompensata con un: Sì, mamma! grondante sarcasmo."
È ancora così difficile, ai giorni nostri, lasciarsi abbracciare
e coccolare dalla propria madre?
Margherita Giacobino: Questa frase si riferiva agli anni 70,
quando in Italia esplodeva il femminismo, tra unondata e laltra
di rivolte studentesche e operaie. Erano tempi di ribellione e destrutturazione,
in cui si cercava la libertà dai legami e dagli schemi con feroce
determinazione, anche a costo di farsi male. Oggi, a distanza di quasi
cinquantanni, è fin troppo facile lasciarsi abbracciare e
coccolare, non solo dalla propria madre ma da chiunque e qualunque cosa,
cè un fiorentissimo mercato della coccola. Ciò non
toglie che le madri siano sotto accusa anche oggi, sono cambiate le modalità
ma, quando ce nè bisogno, tornano a essere capri espiatori.
Abel Wakaam: E più avanti nel testo riveli il timore per
la responsabilità nei suoi confronti: "Ti si sono incurvate
le ginocchia, hai dolori, un inverno ti si gonfiano. Gli ortopedici ventilano
una protesi, tu sei disposta a sottoporti allintervento, sono io
a non volere, spaventata dalloperazione cruenta e dalla lunga riabilitazione.
Cedi alla mia opinione senza discutere. Io resto a lungo dubbiosa, temo
di aver sbagliato. Per fortuna i dolori si calmano, di operazione non
parliamo più." È in quell'istante che accetti finalmente
il passaggio da figlia a madre, perchè sei costretta ad assumerti
qualsiasi decisione? Ed è il terrore di doverla accudire a farti
propendere per quella scelta?
Margherita Giacobino: No, non è in quellistante.
Quando mia madre ebbe problemi di ginocchia, era già parecchio
anziana e il passaggio di responsabilità da lei a me era avvenuto
da un pezzo. Certo, in quel momento, trattandosi del suo corpo, io ero
combattuta tra il suo star bene e la paura di una chirurgia molto invasiva.
Che daltra parte, se avesse avuto successo, sarebbe servita a migliorare
la situazione, non a peggiorarla. Ma gli esiti non erano affatto sicuri.
Dover accudire i genitori è comunque una cosa che terrorizza, soprattutto
di fronte alla loro sofferenza e morte. Finché si tratta solo di
lavorare, tirar fuori soldi, farsi carico materialmente - sono rose e
fiori. È vedere da vicino il declino, la vita che se ne va a poco
a poco, che è terribile.
Abel Wakaam: Sempre tratto dal Tuo sguardo su di me. "Per
mesi, tu leggi, o cerchi di leggere, unantologia in cui cè
un mio racconto che parla di te, del tuo ritorno dallAmerica quando
eri bambina. Il libro ti accompagna dalla sedia alla poltrona al letto,
giace a faccia in giù, cade e viene raccolto da Felicia, il segnalibro,
mi pare, non si sposta quasi mai. Sono sollevata quando viene sostituito
da un altro libro." Perché preoccuparsi, perché
volerla distrarre dal suo mondo ovattato? Il fatto stesso che abbia con
sé qualcosa di tuo non ti aiuta a sentirla ancora presente, pur
nella sua dolorosa assenza?
Margherita Giacobino: Purtroppo il mondo di una persona malata
di Alzheimer non è sempre ovattato, spesso è angoscioso.
Io leggevo confusione, ansia e a volte perfino terrore nello sguardo di
mia madre, e sì, vederla con un mio racconto tra le mani me la
faceva sentire presente, e certo, i libri laiutavano a tenersi aggrappata
alla sua vita... tuttavia sono stata sollevata quando ha preso un altro
libro in mano (anche quello legato a me) perché questo ha alimentato,
credo, la mia illusione che lei potesse ancora leggerli, quei libri a
cui si aggrappava.
Abel Wakaam: L'ultima domanda di rito. Quale consiglio ti senti
di dare a chi sta iniziando oggi il percorso della scrittura?
Margherita Giacobino: Desistere. Come diceva Flannery OConnor,
lo scopo delle scuole di scrittura dovrebbe essere soprattutto quello
di scoraggiare gli aspiranti scrittori. E, come diceva Patricia Highsmith,
se uno può anche solo concepire di non scrivere, allora non è
uno scrittore. Perciò, dopo aver fortemente sconsigliato a tutti
di scrivere, a quelli che non si sono lasciati scoraggiare perché
non riescono neanche a pensare di non scrivere augurerei buon lavoro e
buona fortuna.
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