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Enrico Pandiani

Enrico Pandiani è nato a Torino nel 1956. Ha iniziato la sua carriera sceneggiando e scrivendo fumetti per le riviste Il Mago e Orient Express, poi è diventato grafico e disegnatore e insieme ad altri ha fondato uno studio di comunicazione. Attualmente cura la parte infografica de La Stampa. Ha esordito nella narrativa con il romanzo Les italiens (2009), primo della serie che ha come protagonista il commissario Jean Pierre Mordenti, a cui hanno fatto seguito: Troppo piombo (2010), Lezioni di tenebra (2011), Pessime scuse per un massacro (2012), Una pistola come la tua (2016), Un giorno di festa (2017). Nel 2013 ha inaugurato una nuova saga che ha come protagonista l’ex agente della scientifica Zara Bosdaves: La donna di troppo e Più sporco della neve, mentre è del 2018 il thriller Polvere e del 2021 il romanzo Lontano da casa. Il suo ultimo romanzo è Fuoco.

Ragioni da vendere. Parigi non è un posto tranquillo. E les italiens, i flic del commissario Pierre Mordenti, lo sanno bene. Ad alzare la temperatura, oltre alla canicola provvede il piombo dei fucili mitragliatori e così anche una placida notte di fine agosto può trasformarsi in bagarre. E quello che capita a Pierre e al collega Alain Servandoni, coinvolti per caso nell'assalto a mano armata a un furgone. Di colpo la quiete estiva va in frantumi e i "maledetti italiani" si trovano risucchiati in una caccia senza quartiere a una preziosa opera d'arte scomparsa nel nulla. Sono della partita anche un equivoco poliziotto inglese, uno spregiudicato ricettatore vietnamita e una femme fatale perfida e manipolatrice. In un inestricabile gioco di menzogne, tutti sono disposti a tutto pur di far valere le proprie ragioni e arraffare il tesoro. Mentre Mordenti cerca di preservare la relazione con Tristane Le Normand, figlia del gran capo della Crim, la ricerca dell'antico manufatto prende una piega inattesa, costringendo i cacciatori a rischiare quello a cui tengono di più. Enrico Pandiani mette i suoi personaggi davanti al bivio della scelta, e della tentazione. Perché se è vero che ogni uomo ha il suo prezzo, allora quello che conta è rimanere fedeli a se stessi.

Les Italiens. La prima avventura della squadra del commissario Mordenti. Un ufficio della polizia di Parigi viene devastato dall’attacco di un cecchino e la Brigata Criminale ne esce decimata: tre agenti e una donna rimangono a terra in un lago di sangue. La squadra colpita è quella di “les italiens”, un gruppo di agenti di origine italiana al comando del commissario Jean-Pierre Mordenti. Ma chi può odiarli tanto da attaccare al cuore del quartiere della polizia? E perché? Una vendetta, forse, o un complotto? Coinvolto in una feroce caccia all’uomo e costretto a fuggire da un gruppo di sicari senza scrupoli attraverso una Parigi assolata, Mordenti dovrà trovare con i suoi uomini il bandolo della matassa, tra poliziotti corrotti, poteri forti e una giovane pittrice da proteggere e salvare. Fino a quando, in un crescendo di suspense, inseguimenti e doppi giochi, la verità emergerà mettendo in discussione tutte le loro convinzioni.

Quando torna a casa dopo una giornata di lavoro, Jasmina Nazeri non può immaginare che ad aspettarla ci siano dei poliziotti. Un uomo di colore è stato ucciso, dicono, era nudo e senza documenti, e forse l'unica in grado di identificarlo è proprio lei, che in quel quartiere di periferia conosce tutti. Il corpo martoriato è riverso a terra in un giardino pubblico, e quando viene girato a faccia in su, la sorpresa è scioccante. In quel volto la ragazza riconosce Taiwo, e anche se non lo vedeva dal tempo in cui hanno avuto una relazione, è certa che non fosse tipo da cattive frequentazioni. Come può essergli capitato un destino tanto orribile? E come si rende giustizia a qualcuno che per la società non esiste? Jasmina è donna, è giovane, ha origini iraniane: sa quanto sia difficile ottenere rispetto, un'opportunità, o anche soltanto ascolto. Per questo dedica la sua vita ad aiutare gli altri, insegnando l'italiano agli immigrati e dandosi da fare per chiunque abbia bisogno. Forse lo stesso non si potrebbe dire di Pandora Magrelli, l'ispettore che la avvicina per chiederle di collaborare in via non ufficiale alle indagini e che ha un'idea molto diversa della tolleranza, ma sembra voler scoprire la verità a ogni costo. Quella che racconta in questo nuovo romanzo non è soltanto la periferia di una città, con il fermento che si porta dentro; è lo stato primordiale verso il quale tutti stiamo tornando, pronti a trasformare chiunque in un nemico.

Fuoco. Non lo direste mai, incontrandoli per strada in un giorno d'estate a Torino. Non indovinereste che sono quattro ex detenuti fuggiti dalla Francia. Dal momento in cui il furgone che li stava portando al carcere di Lione è stato coinvolto in un disastroso tamponamento, sono scappati oltreconfine e si sono rifatti una vita. A unirli, da allora, è quell'enorme segreto. Marsigliese, ex rapinatore di banche, Max Ventura ha messo in piedi un ristorante. Grazie alla buona cucina e all'amore della sua compagna, i clienti non mancano mai. Algerino con profondi occhi azzurri e il viso segnato da un passato dissoluto: lui è Abdel. Ex ladro di professione, ha aperto un'officina di auto d'epoca. Una criniera di ricci disordinati, lo sguardo ombroso, Sanda, origini malgasce, non passa inosservata. E socia di una palestra di arti marziali e di certo il fisico non le manca, dopo aver ballato per anni al Crazy Horse di Parigi. Non si può non notarla per la sua malinconia piena di fascino: lei è Victoria, alsaziana. E stata coinvolta in una truffa dal compagno e ora ha ricominciato con il cuore spezzato e una figlia. Ma un giorno tutto cambia, di nuovo. Uno strano individuo si presenta al ristorante di Max. Si fa chiamare Numero Uno. Irromperà nelle loro esistenze per sconvolgerli, trascinandoli in una storia pericolosissima che riporterà a galla il loro passato. Tra vite spezzate e voglia di ricominciare, entra in scena una irresistibile banda di investigatori di cui non potrete più fare a meno.

Abel Wakaam: Ciao Enrico, una spia mi ha raccontato che, dopo aver passato l'infanzia con tra le mani una matita o un pennarello, qualcuno ti ha fatto avere un volume con le avventure del commissario "Sanantonio della Sureté". È così che è cambiata la tua passione?

Enrico Pandiani: In qualche modo è andata proprio così. Diciamo che l’incontro con il commissario Sanantonio è stata una fulminazione sulla via di Damasco. Ha rivoluzionato il mio modo di pensare alla narrazione e ha senz’altro influenzato i miei fumetti, prima, e la mia scrittura, poi. Da Dard ho imparato l’importanza della sintesi, il potere coinvolgente dell’ironia e dell’umorismo, soprattutto nel romanzo di genere. Penso che ancora oggi, rileggere i primi libri di Sanantonio possa insegnare molte cose a chi si avvicina alla scrittura noir.

Abel Wakaam: Dopo anni passati a scrivere e disegnare storie poliziesche a fumetti, ti sei cimentato coi romanzi e nel 2009 qualcuno si è accorto di te. Mi racconti come è accaduto?

Enrico Pandiani: È una storia piuttosto lunga, che nasce nel momento in cui mi sono reso conto che non sarei mai stato granché come fumettista. Una volta lasciato quel mestiere, ho iniziato la mia “carriera” nella grafica e nell’illustrazione, anni che mi hanno dato grandi soddisfazioni. Ma quando hai il demone del racconto, quello non te lo puoi levare di dosso. Di conseguenza, nei trent’anni successivi ho sempre scritto. Ogni momento libero mi mettevo alla macchina da scrivere (e in seguito al computer) e scrivevo romanzi polizieschi. L’idea che qualcuno mi avrebbe mai letto o pubblicato non mi sfiorava nemmeno l’anticamera del cervello. Lo facevo perché era una meravigliosa evasione, quando scrivi sei lì con i tuoi personaggi, ti muovi assieme a loro, è una sensazione straniante. avrò cominciato dieci romanzi senza mai finirne uno. Li mollavo a metà e ne cominciavo un altro. Poi, dopo tanti anni, è arrivato Les italiens. È stato pubblicato e da lì è iniziata tutta la faccenda.

Abel Wakaam: Quindi la tua fortuna è cominciata con "Les italiens". Qual è il segreto nascosto in questo romanzo con cui hai saputo conquistare un editore?

Enrico Pandiani: Ci ho pensato tante volte, ma non riesco a darmi una risposta convincente. Penso che il tono della narrazione, la voce stessa di Mordenti, il suo disincanto e la sua forte ironia, fossero qualcosa di nuovo nel panorama di genere italiano. Per lo meno in quel momento. In realtà avevo scritto il tipo di romanzo che avrei avuto voglia di leggere e che non trovavo. E poi c’è quell’incipit al fulmicotone di cui i lettori mi parlano ancora adesso, tredici anni dopo l’uscita del libro. E infine la squadra, questa stramba “famiglia” i cui membri vengono prima di tutto. Penso siano stati personaggi che hanno conquistato i lettori.

Abel Wakaam: Un autore di polizieschi ha l'assoluta necessità di architettare una trama credibile e mai scontata. Come avviene la costruzione di tutti i personaggi principali della storia e come si legano prima all'intreccio e poi con quelli collaterali?

Enrico Pandiani: Lavorare sui personaggi, specie su quelli femminili, è la parte più onerosa di un romanzo, che sia una serie o un romanzo singolo. La costruzione di un carattere avviene, credo, nello stesso modo in cui uno scultore dell’antichità creava la sua figura. Parti da una sorta di blocco di marmo, un parallelepipedo senza vita e, scalpellando, fresando, scartavetrando, lucidando e rilucidando, alla fine arrivi all’essenza, all’anima pulsante del tuo personaggio. In qualche modo gli dai la vita, prima non esisteva, adesso sì. Poi li devi legare all’intreccio, agli altri personaggi e questo lo fai attraverso i loro pensieri, i dialoghi, le storie personali. A volte incontro lettori che mi parlano dei miei personaggi come se li avessero incontrati qualche minuto prima; questo significa che sono vivi, reali, significa che con le loro storie hanno lasciato un segno. Una sera, dopo una presentazione, mi si è avvicinata una bella signora che mi ha detto: «Posso propormi come prossima fidanzata di Mordenti?» Ovvio che era una battuta, pero, sotto sotto, leggendo il romanzo doveva esserle venuta voglia di farsi un giro con il mio commissario.

Abel Wakaam: Quanta importanza dai ai dialoghi nella caratterizzazione dei tuo personaggi?

Enrico Pandiani: Un’importanza enorme. Al contrario di tutto il resto, trama eccetera, che viene in qualche modo pianificato con una traccia, i dialoghi, salvo rari casi, li invento sul momento e quindi subiscono gli umori, le giornate, i miei stati d’animo e a volte anche la musica che ascolto. Questo fa sì che a volte un dialogo ti mostri una via alternativa, una prospettiva che rimette tutto in discussione e magari ti fa cambiare la direzione del romanzo.

Abel Wakaam: nella stesura dei tuoi testi, segui qualche tecnica particolare, tipo lo "Show, don't tell" o altri consigli che vanno di moda negli odierni corsi di scrittura creativa?

Enrico Pandiani: Non ho la più pallida idea di cosa vada di moda nei corsi di scrittura creativa. Oltre a leggere molto, non saprei che altro consigliare a chi vuole scrivere. Ciascuno di noi ha le proprie regole, le proprie manie. Leggo tanta roba tutta uguale, che pare scritta dalla stessa persona e che in linea di massima, più che un romanzo, sembra la scarna idea di ciò che l’autore vorrebbe scrivere. Forse l’unico consiglio che vale la pena dare è quello di lasciar perdere se non hai davvero un mondo interno da raccontare. Non l’ha mica ordinato il dottore, di scrivere, ci sono tante attività più remunerative. Ma se la scrittura ce l’hai dentro, falla uscire, curala, carezzala, migliorala e rendila appassionante.

Abel Wakaam: E alla fine arrivano i pompieri! Puoi raccontarmi qualcosa di questo tuo ultimo libro?

Enrico Pandiani: Fuoco è il primo libro di una nuova serie, il cui progetto prevede cinque romanzi. Racconta le vicissitudini di un gruppo di latitanti, due donne e due uomini, fuggiti in Francia vent’anni prima e che dopo alterne vicende, faticose e dolorose, sono arrivati a Torino e sono riusciti in qualche modo a rifarsi una vita. Ognuno di loro ha un nuovo nome, un’attività che gli permette di campare e un legame forte con gli altri, legame che fa di loro una sorta di famiglia allargata (c’è anche una ragazzina sedicenne, figlia di una delle due donne). Max, Sanda, Abdel e Vittoria, questi i loro nomi, conducono un’esistenza ancora guardinga e hanno nascosto il loro passato alle persone care accanto alle quali hanno deciso di vivere. Una mattina, al ristorante di Max si presenta un uomo anziano, ben vestito, che gli mette sul tavolo la sua storia e quella dei suoi compagni. Sa tutto di loro e basterebbe una parola per farli tornare in galera. Il solo modo di salvarsi è chinare il capo, fare ciò che chiederà loro. Questo li proietterà in una storia sconvolgente, all’origine della quale c’è un terribile incendio nel quale sono morte sedici persone.

Abel Wakaam: Un'ultima domanda di rito, che consigli ti senti di dare agli autori emergenti che intendono intraprendere questo complicato percorso?

Enrico Pandiani: Gli autori emergenti questo percorso l’hanno già intrapreso, ne conoscono le dinamiche, le aspettative, le delusioni. A chi invece ha qualcosa da raccontare e vorrebbe iniziare a scrivere un romanzo, mi sento di consigliare una cosa soltanto: non pensare a chi ti pubblicherà o non pubblicherà la tua storia, concentrati su di lei, divertiti, entraci dentro assieme ai tuoi personaggi e rendila viva e avvolgente. Scrivere è una passione assoluta, anche se all’inizio lo fai solo per te stesso. Se in seguito arriverà la pubblicazione e altri ti leggeranno, sarà tutto grasso che cola. Ma è un evento difficile al limite dell’impossibile e di questo, chi scrive, deve rendersene conto. L’editoria è come la politica: invece di mandare in classifica i propri autori, ci manda i propri esponenti.

Abel Wakaam
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