Il
passo dal cinema muto a quello sonoro ha trasformato la straordinaria
mimica degli attori in parole. Ha dato voce ai sentimenti e ha concesso
un'anima alle smorfie di dolore.
Prima di allora c'erano soltanto le tonalità della musica a sottolineare
il dramma o la felicità di ogni scena.
Il cinema era ancora un susseguirsi di esperimenti, dal Kinetoscopio di
Thomas Edison al Cinematografo dei Fratelli Lumière. Una strabiliante
scatola magica in cui la luce prendeva vita e si trasformava sotto gli
occhi increduli degli spettatori in una realtà raccontata.
Se vi soffermate un attimo su questo antico concetto, vi ritroverete a
paragonare un libro alla stessa forma determinante di comunicazione, ma
vi renderete conto che non ha alcun senso imbavagliare i nostri personaggi.
E ora vi domando: cosa sarebbe "Il Piccolo Principe"
senza i dialoghi con la volpe?
Piccolo Principe: Vieni a giocare con me. Sono così
triste!
Volpe: Non posso giocare con te, non sono addomesticata.
Piccolo Principe: Ah, Scusa! Che cosa vuol dire "addomesticare"?
Volpe: Vieni da lontano, tu! Che cosa cerchi?
Piccolo Principe: Cerco gli uomini. Che cosa vuol dire "addomesticare"?
Volpe: Gli uomini hanno dei fucili e cacciano. E molto noioso!
Allevano anche delle galline. E il loro solo interesse. Tu cerchi
delle galline?
Piccolo Principe: No! Cerco degli amici. Che cosa vuol dire "addomesticare"?
Volpe: E una cosa da tempo dimenticata! Vuol dire creare
legami
Piccolo Principe: Creare legami?
Quindi la soluzione appare semplice, basta far parlare i nostri protagonisti
tra di loro e il gioco è fatto! Prima di tutto dobbiamo comprendere
che, oltre allaspetto fisico e psicologico, il linguaggio è
il terzo elemento che ci permette di conoscere e provare empatia per un
particolare personaggio.
Se ne deduce che i nostri protagonisti non possano avere la stessa "voce"
e nemmeno il medesimo comportamento, altrimenti tradirebbero la nostra
ingombrante presenza in ognuno di loro. Attraverso l'inserimento di dialoghi
si può aumentare la suspense, creare ritmo e movimentare la scena
ma, soprattutto, è possibile raccontare delle spudorate menzogne.
L'autore no, lui non può mentire nel suo meticoloso resoconto dei
fatti, ma le creature immaginarie a cui abbiamo dato vita devono avere
gli stessi pregi e difetti delle persone che incontriamo tutti i giorni
per strada e quindi anche infarcire i loro discorsi di spudorate menzogne,
al fine di produrre nel lettore la speranza che vengano alla fine traditi
dalle loro stesse parole.
Ma non solo, le descrizioni dei fatti, realizzata attraverso la loro "voce"
può concedere un punto di osservazione diverso, come ci accade
quando valutiamo un fatto accaduto esattamente all'opposto di come lo
hanno recepito nostri amici. È in questo modo che si concretizza
la "personalità" di ogni figura e le azioni, i movimenti,
ne completano la caratterizzazione.
Il problema semmai è quello di imparare a gestire i dialoghi, affinché
non siano puerili e di scarsa importanza.
Un altro quesito riguarda la proporzione ideale tra descrizioni e dialoghi,
ma per questo non credo che sussista una regola precisa. Personalmente
preferisco un testo ricco di "parlato", perché mi aiuta
a comprendere meglio il pensiero di chi lo anima, ma anche le descrizioni
hanno la loro importanza.
La risposta giusta è: dipende.
Dipende dal genere, dipende dalla trama, dipende dalla capacità
dell'autore di calarsi nelle rispettive parti, assumendone le vesti in
toto, persino nella crudeltà. Probabilmente è più
facile "essere buoni", piuttosto che incarnare la violenza,
ma è la presenza del Lupus
in Fabula a costruire il giusto equilibro nella storia.
Un trucco per affinare la caratterizzazione dei nostri personaggi può
essere quella di "abbinarli" a qualcuno che conosciamo o di
cui seguiamo le vicende sui Social. Sovrapporre le due figure in una sorta
di collage editoriale può dare spesso dei risultati inaspettati.
In questo modo il burbero antagonista prende le fattezze dell'autista
dell'autobus, su cui saliamo tutte le mattine, e di cui cogliamo le smorfie
mentre impreca ai pedoni. Anche le chat possono essere una scuola naturale
per cucire i dialoghi di una trama complessa e nello stesso modo possiamo
attingere dalle piccole o grandi scaramucce che popolano i gruppi di letteratura
su Facebook. Ma esistono i dialoghi perfetti? E quanto tempo serve a ognuno
di noi per realizzarli?
Volpe: Non cè niente di perfetto! La mia vita è
monotona. Io do la caccia alle galline e gli uomini danno la caccia a
me. Tutte le galline si assomigliano e tutti gli uomini si assomigliano.
E io perciò mi annoio. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà
come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso
da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il
tuo, invece, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi,
guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio
il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano
nulla, e questo è triste! Ma tu hai i capelli color delloro.
Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano,
che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore
del vento nel grano. Per favore addomesticami.
Piccolo Principe: Volentieri, ma non ho molto tempo! Ho da conoscere
degli amici e da scoprire molte cose!
Volpe: Non si conoscono che le cose che si addomesticano. Gli uomini
non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti
le cose già fatte. Ma, siccome non esistono mercanti di amici,
gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico, addomesticami!
Piccolo Principe: Che bisogna fare?
Volpe: Bisogna essere molto pazienti. In principio, tu ti sederai
un po lontano da me, così, nellerba. Io ti guarderò
con la coda dellocchio e tu non dirai nulla. Le parole sono una
fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po più
vicino. Poi il giorno dopo ancora più vicino, finché mi
potrai toccare. Saremo diventati amici, non avremo più paura uno
dellaltro, saremo felici di stare insieme.
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