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Caterina Falconi

Caterina Falconi è laureata in Filosofia. Ha pubblicato i romanzi "Sulla breccia" (Fernandel, 2009) e "Sotto falsa identità" (Galaad Edizioni, 2014). Ha scritto, con Simone Gambacorta, "Una questione di malafede" scambio a due voci sulla scrittura creativa (Duende, 2010). E, con Francesca Bonafini, "Non avremmo mai dovuto". "Le frasi che gli uomini sposati dicono alle amanti" (Ad est dell’equatore, 2015). Ha pubblicato racconti in varie antologie, riviste e in ebook. Ha collaborato alla stesura delle sceneggiature del cartone animato Carotina Super Bip. Per la Lisciani Libri è autrice di svariati testi: E invece sì, 55 storie di coraggio, di idee, di passione (2018) con Gianluca Morozzi; Narciso (Collana I Miti raccontati ai bambini, 2019); Shoefiti (Collana Black List, 2019), Iliade (Collana I Poemi, 2019). Collabora alla Rusconi Libri con romanzi per ragazzi e riduzioni di classici. Ha cocurato con Francesca Bonafini l’antologia La vita invisibile (Avagliano, 2021) ed è autrice di Dammi da bere (Mimep Docete, 2021).

Il suo ultimo romanzo è "Dimmelo adesso" edito da Vallecchi Firenze.

Dimmelo Adesso. Angelica è una bella donna alle prese col climaterio vissuto come demarcazione ancestrale tra il prima e il dopo. È laureata ma fa la bidella in una scuola media di provincia. Nel computo ossessivo dei propri fallimenti, trascura il suo dovere di vigilanza. Distratta testimone di atti di bullismo ai danni di un orfano immigrato, assisterà al terribile epilogo concomitante con l’ultimo effimero segnale di fertilità emesso dal suo corpo. La sua storia di rinunce e omissioni si intreccia con i destini di una banda di giovanissimi bulli molto diversi tra loro. Da quello del leader, brutale figlio di primario e madre primitiva, a quello della sconfitta Carla, o degli attendenti Luigi e Gimmi che soffocano rigurgiti di coscienza pur essendo avvantaggiati, rispetto ai compagni, dall’attenzione degli adulti di riferimento. Dimmelo adesso è una riflessione sul bullismo scolastico e virtuale, ma anche sulle occasioni mancate e le possibilità di riscatto del femminile maturo.

Abel Wakaam: Ciao Caterina, il tuo nuovo romanzo comincia con una citazione: "Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo. Un tempo per tacere e un tempo per parlare. Un tempo per amare e un tempo per odiare". Mi viene spontaneo chiederti qual è ora il tuo tempo?

Caterina Falconi: Quello di tutti in questo momento: il tempo di ricominciare su nuovi presupposti e assetti. Il tempo attonito della convalescenza. Di uscire da una botola e camminare sulle strade dissestate dall’evento incontrollabile appena trascorso. La mia vicenda personale, peraltro, ha anticipato e ha coinciso con la pandemia. Nei giorni della sepoltura in casa, del cosiddetto lockdown, ho reso irrevocabile il commiato da situazioni intollerabili e da parti disfunzionali di me. Per un anno intero ho scritto indefessamente, a costo di lambire l’alienazione, e oggi mi ritrovo alle prese con una raffica di uscite editoriali che intendo promuovere corroborata da un senso di liberazione.

Abel Wakaam: Dimmelo adesso racconta tante storie, storie di bambini che sembrano vivere equidistanti. Invece hai saputo legare le loro vite attorno a quella di Angelica, alle prese col cambiamento della sua stessa esistenza. Si ha l'impressione che tu conosca uno ad uno i protagonisti della storia. È così?

Caterina Falconi: Li conosco ad uno ad uno, visceralmente. Li infesto e sento i loro pensieri. Provo dei sentimenti per ciascuno di essi. Posso prevedere le loro reazioni. Ma non esistono, non nella cosiddetta realtà, benché li percepisca e li presenti come reali. Sono le mie creature, ricettacolo di esperienze che ho fatto e soprattutto di brandelli di vita rubati al prossimo, impastati di desiderio, paure e fantasia.

Abel Wakaam: A un certo punto scrivi: "È l’insensatezza delle mie risposte a rendermi tanto popolare tra i suoi amici". Bisogna essere un po' folli per non essere esclusi della vita dei ragazzi?

Caterina Falconi: Se si vuole piacere ai giovanissimi, bisogna avere con loro il tocco lieve dell’ironia. Saper veicolare contenuti anche gravosi facendo uso dell’iperbole, del paradosso, della metafora. I ragazzi sono a caccia di significato, rigettano le lezioni degli adulti, tanto spesso luttuose, imbevute di rassegnazione, zavorrate di paure. Vogliono, giustamente, essere interlocutori, piuttosto che discenti. Rivoluzionari, guastatori. Eretici, per citare Massimo Recalcati. In un’interazione giocosa, sono stimolati a individuare i messaggi tra le righe. Disposti ad ammettere magari di stare sbagliando. Nella leggerezza, che non è vacuità, riescono a sobbarcarsi, da protagonisti, il giogo di una vita che intuiscono insopportabilmente faticosa. Ovviamente l’originalità, nell’accezione di bizzaria, è solo una modalità di approccio, una chiave d’accesso. Ci sono circostanze in cui non è possibile, per un adulto, colludere con i ragazzi, situazioni in cui si rende necessario agire la propria tutela rivestendosi di autorevolezza.


Abel Wakaam: Sempre tratto da "Dimmelo Adesso": "Sciamano nel cortile. Ragazzi dai dieci ai quattordici, pupi e lolite. Centinaia di Converse calpestano la breccia. Le gambe di tutti sono infilate nei jeans. Il verde, che è il colore di quest’anno, è la nota dominante degli Eastpak appesi sulle schiene. Sulle teste dei maschi creste e pinne gellate di altezza inversamente proporzionale alla statura. Le femmine hanno lunghi capelli lisci con la scriminatura centrale. Si direbbero replicanti, cloni, anche se la qualità del vestiario, i tratti somatici, le espressioni e le movenze identificano tipologie diverse. Gli sconfitti e i grintosi. Gli allievi della sezione musicale punteggiano la calca aggregandosi ai vari capannelli, strumento nella custodia nera a tracolla, l’aria sveglia".
In un solo trafiletto hai saputo cogliere tutti i particolari che concedono il riflesso di un'intera generazione. Devo dedurre che sei riuscita a penetrare nella loro omertà?

Caterina Falconi: Ho un’attitudine a precipitare negli altri, nelle situazioni, nei luoghi, nei contesti, nelle atmosfere. In altre parole sono un’osservatrice partecipe, una subacquea nella vita degli altri. Un’empatica, il cui dono si è ramificato negli anni di servizio in un istituto di riabilitazione. Avendo a che fare con pazienti che talora non parlano neppure, ho dovuto sviluppare altre modalità di ascolto. Il romanzo è stato scritto, parlo della prima di innumerevoli stesure, quando le mie figlie frequentavano la scuola media. Io andavo a riprenderle e mi immergevo nel contesto. All’epoca quasi non si parlava di bullismo, eppure il problema era così ingombrante da sgomentare. È mia abitudine, prima di scrivere, penetrare nelle realtà che voglio raccontare. In questo senso è molto acuto e vero quel che dici, sono penetrata nell’omertà tra ragazzi, nella loro complicità, che è anche un modo di resistere all’invadenza dei grandi.

Abel Wakaam: E poi ancora: "Gli alunni del musicale aspettavano nell’aula di musica di iniziare le prove del concerto di Natale. In quel bordello concitato, in cui le femmine squittivano sistemandosi i capelli e i maschi si tiravano papagni e pacche sulle palle, Bestia Brizzi aveva fatto il suo ingresso trionfale come Ratacea, il re rinoceronte dei cartoon. Grugno proteso, si era fatto largo a colpi di pancia. Dietro di lui tre attendenti brufolosi".
Sei cruda e diretta, per certi versi spietata nel disegnare i tratti del bullo di turno e dei suoi fidati guardaspalle. La dinamica della frase non lascia alcun dubbio e, anche se fosse estratta dall'intero contesto, non perderebbe il suo significato primario. Cosa determina il ruolo del bullo all'interno di una comunità? La sua corpulenza è una causa o un effetto?

Caterina Falconi: Nella prima adolescenza i corpi, metamorfici, sono spesso caricaturali. Crescere, come invecchiare, non è un processo armonioso. Nell’interazione, soprattutto quella caratterizzata dalla sopraffazione, la malagrazia è più evidente. Non sussistono ancora l’affettazione della giovinezza rodata su modelli televisivi, le pose degli scatti sui social. I ragazzini sono spesso sopraffatti dalla progressiva e apparentemente inarrestabile trasformazione del corpo e dei sentimenti, per cui non possiedono ancora tutti gli strumenti di comprensione, che non fanno in tempo a elaborare. Un bullo corpulento è avvantaggiato dalla robustezza nel menare le mani, nel sottomettere le vittime. Cosa determini il suo ruolo in una comunità è un quesito da sociologi. Da scrittrice posso narrarne. In ogni caso, la cosa sconcertante è che questo ruolo è dato per scontato, quasi naturale, dai ragazzini stessi che, così facendo, in qualche modo lo legittimano, soprattutto se le figure adulte di riferimento glissano sul fenomeno minimizzandolo.

Abel Wakaam: Nella frase precedente, l'accostamento col rinoceronte dei cartoon presume che questo testo sia rivolto anche ai ragazzi, ma alcuni riferimenti di natura sessuale che riguardano gli adulti della storia sembrano contraddire questa mia impressione. Puoi spiegarmi le motivazioni di questa scelta coraggiosa?

Caterina Falconi: "Dimmelo Adesso" non è un libro per ragazzi, ma un libro sui ragazzi. Le tematiche narrate sono troppo scabrose, dure e impietose, per essere lette senza filtri dai giovanissimi. Tuttavia, trattandosi di un romanzo che vede protagonisti ragazzini appena usciti dall’infanzia, è naturale fare riferimento all’immaginario da poco perduto, ma persistente, che cartoon, fiabe, giochi hanno contribuito a formare.

Abel Wakaam: "Mentre mi chiudo in bagno, all’improvviso una raffica di ricordi abbatte le mie resistenze. Non so quante volte ho tirato fuori e rimesso in borsetta quel biglietto da visita. E, in uno step successivo, quante volte ho digitato il numero senza avere il coraggio di premere il tasto di chiamata".
Il cambiamento di Angelica può essere equiparato a una forma di bullismo all'interno del suo matrimonio?

Caterina Falconi: Angelica è una donna trasognata e in perenne attesa. Si direbbe che la sua attitudine a sbocciare dalla realtà in un sogno risalga all’infanzia. Il suo rapporto con le bambole, in cui si identifica, parrebbe suggerire che fosse una bimba trascurata e risentita. Una persona così tende, anche nella realtà, ad addobbare gli incontri di orpelli immaginari. Purtroppo sono i predatori i primi ad avvicinare simili donne. Il marito difatti è un saprofito. Non un divoratore o un violento, ma un accucciato, una zecca. Un profittatore. Un aggressivo-passivo che sceglie la strategia dello schienare la partner perché le resti il fiato sufficiente solo a occuparsi di lui. L’errore di Angelica è di non aver mai verbalizzato il proprio disagio al tempo opportuno (dimmelo adesso), permettendo a Babumba di colonizzarla e prosciugarla opportunisticamente.

Abel Wakaam: "Mi innervosisco perché so di essere a una biforcazione, menopausa o maternità. Dovunque mi porterà, questa amenorrea, non sarò più la stessa. Il mio tempo si sta inceppando dietro un’asciutta demarcazione".
Il contrasto estremo di questo concetto pone la protagonista nel mezzo di una terra sconsacrata, dove non può scegliere da quale parte stare. Da uomo non posso comprendere quanto può essere tragica questa sorta di lama sottile che separa la gioia dalla rassegnazione. Puoi spiegarmelo tu?

Caterina Falconi: La menopausa resta una demarcazione ancestrale anche per le donne più evolute. Non segna solo la fine della fertilità, che conferisce al femminile un potere immenso, spesso inficia il desiderio e la desiderabilità. Nonostante le pubblicità degli integratori di fitoestrogeni e i numerosi video degli esperti in materia, muta la vita e obbliga le donne a rimodularsi su nuovi assetti, non solo metabolici. Ma non tutte arrivano a quella soglia dotate dell’energia sufficiente a reimpostarsi, anche perché o si è zavorrate dagli affetti predaci, o sole e ferite, o sovraccariche di impegni che stornano l’attenzione dal proprio centro. Nel caso di Angelica il problema è l’intempestività. Non ha parlato (dimmelo adesso) e non ha agito al momento opportuno con le parole e le scelte appropriate. Si trova dunque, quasi d’un tratto, a impattare contro una muraglia biologica. Vorrebbe una piccola proroga per evadere dalla solitudine, ma sa di aver bruciato la sua ultima chance con un farabutto. È vero che si è emancipata recuperando, almeno in quella situazione, la propria dignità. Ma il coraggio di troncare una relazione disfunzionale non implica che la vita ci premierà con l’amore vero. Ad Angelica non succede. Almeno non in questo romanzo. La consapevolezza della trappola in cui si dibatte, della quale il bagno e la sedia zoppa sono la metafora, la induce a un rimuginio ossessivo e colpevole. Difatti trascura il proprio dovere di vigilanza e di nuovo, come in un riverbero della prima omissione, non interviene al momento giusto, né intruppando nelle azioni dei bulli (che minimizza), né al momento di tendere una mano al protagonista.

Abel Wakaam
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