Una storia di sangue e pietra
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Enoria: Una novella della Taverna Errante.
1 - Sangue e Pietra Le dita di Enoria scivolarono sulla schiena di pietra, la superficie rugosa era gelida al tatto. Scese con i polpastrelli lungo la muscolatura, tesa dallo sforzo. Si fermò all'attaccatura delle natiche. Erano contratte come si aspettava. I dettagli si fecero strada nel buio con cui da sempre aveva imparato a convivere. La statua riproduceva un uomo, prono, come catturato nel bel mezzo di un atto sessuale. - Questa è la terza vittima. - la voce di Arlo le giunse dalle spalle. Il Capo della Guardia Cittadina le stava dietro come un avvoltoio da quando aveva messo piede nel magazzino. Aveva il passo così pesante che Enoria avrebbe potuto ricostruire nella sua mente ogni spostamento. - Pietrificata mentre scopava. - - Ci ero arrivata da sola. - Enoria scese con le mani lungo le braccia della statua, un fascio di muscoli contratti. - Dov'è l'altro corpo? Quello che stava sotto. - Arlo si avvicinò, fin troppo per i suoi gusti. Il suo fiato le colpì una guancia. La puzza di tabacco stantio le arrivò sino in gola, le sembrava di aver leccato un posacenere. Il capitano continuò: - La ragazza sotto di lui è morta inchiodata a terra dal cazzo di pietra della statua. Abbiamo dovuto estrarre il cadavere e non è stata un'esperienza piacevole. Crediamo che l'uomo... - un lieve fruscio di fogli - ...Tuk il sarto, sia stato trasformato nel bel mezzo di un amplesso e che la giovane elfa sotto di lui... - - Ho capito. - Enoria accarezzò la faccia scolpita nella pietra. Sotto le sue dita la superficie ruvida era solcata da rughe profonde. Umano, di mezza età, dall'aspetto non proprio piacente. Gli occhi erano spalancati e la bocca distorta. Estasi sessuale o terrore? Un lieve sentore di acqua di rose di bassa qualità aleggiava attorno alla statua. - L'elfa era una prostituta? - - Esatto. Tuk era sposato e si era appartato nel bosco con la sua “amichetta”. - Arlo si schiarì la gola. L'aria viziata e la polvere del magazzino irritavano anche Enoria da quando ci avevano messo piede. Non vedeva l'ora di tornare all'aria aperta. Il Capo la incalzò: - Prima che lo chiedi: era un'elfa come te, ma nessuno la conosceva e nessuno l'aveva mai vista da queste parti. - Enoria puntò i suoi occhi ciechi dove supponeva fossero quelli di Arlo. - Perché avete chiamato me? - - Perché abbiamo avuto cinque ritrovamenti simili, tutti nel bosco appena fuori le mura della città. - il tono supponente del Capo delle guardie iniziava a darle sui nervi. - Abbiamo seguito diverse piste, vagliato ipotesi e alla fine siamo giunti all'unica conclusione possibile: un basilisco si aggira qui intorno e pietrifica i malcapitati con lo sguardo... - - ... e dato che sono cieca, pensate che io ne sia immune. - - Ovvio. ‘Che? Non credi che sia lui il colpevole? - - Non ho mai sentito di basilischi nell'Edeer. - - Non ne hai mai visti, volevi dire. - sghignazzò Arlo. Enoria si voltò e lasciò che il suo sguardo cieco parlasse per lei. È idiota come pensavo. - Scusa, battuta pessima. Un'alternativa potrebbe essere la donna coi serpenti nei capelli, ma sono solo leggende. - - Invece i basilischi sono reali... capisco. - Il tono di Arlo cambiò, l'irritazione che traspariva dalla sua voce era evidente. - Ok, qual è la tua teoria? - - Non ne ho una. L'ultimo ritrovamento risale a ieri, giusto? La statua e i cadaveri sono ancora lì, come li avete trovati? - - Certo, come pietrificati nel tempo. - Arlo sghignazzò di nuovo. - Se questa è una battuta, è anche peggio della precedente. - prima che Arlo potesse rispondere, Enoria tagliò corto. - Portami lì. - - Non vuoi toccare le altre statue? Sono tutte in questo magazzino. È assurdo, credimi, uno è bloccato nell'atto di cagare, un altro... - - Non mi interessa. - - Certo che per te le emozioni sono come le scorregge, non te ne fai scappare una. - Non vale neanche la pena rispondergli. Enoria lo oltrepassò. - Sker, andiamo. - il vecchio lupo, che fino a quel momento era stato accucciato all'ingresso, stiracchiò le zampe, sbadigliò e si avviò verso l'uscita. - Fammi strada. - - Come preferisci. - i passi di Arlo li accompagnarono fuori dal magazzino.
2 - Nel Bosco Il bosco era simile a tutti gli altri in cui era stata. Aveva trascorso gran parte della sua vita esplorandoli, così tanti e così vari che ormai le differenze tra di essi erano sfumate. Altrettanti ne aveva visti bruciando gli occhi di altre creature, poteva immaginarsi le foglie delle querce che si mescolavano con quelle dei castagni, e le conifere che creavano una copertura uniforme. I sentieri, simili a un labirinto, sembravano portare tutti allo stesso punto. Gli alberi alti e maestosi di sicuro formavano una cornice familiare attorno a lei, mentre il profumo di terra umida e muschio riempiva l'aria. Era un ambiente a cui era tanto abituata che anche se avesse avuto il dono della vista avrebbe potuto attraversarlo a occhi chiusi. Da nessun'altra parte si trovava tanto tranquilla, tanto in pace. Certo, tutto questo sarebbe stato vero se fosse stata sola con Sker, senza quel demente di Arlo appresso. - Da come ti muovi non si direbbe che sei cieca. - era sicura che il Capo della Guardia non le stesse togliendo gli occhi di dosso neanche per un momento. - Hai mai avuto a che fare con altri non vedenti a parte me? - - Ehm... no, in realtà. - - Per l'appunto. - Enoria sospirò. La voce di altre persone rompeva sempre quell'estasi che raggiungeva negli ambienti naturali. Soprattutto se si trattava di idioti come Arlo, ancora non era riuscita ad abituarsi. Passò la mano sulla corteccia di un faggio, era secca, ruvida. Il sole doveva batterci tante ore al giorno, creando il giusto equilibrio tra il marciume del sottobosco e la fertilità del terreno. - Un po' di sole non ti farebbe male. Sei così pallida... - - Sono albina, non pallida. - - Ah. - Il genio ha avuto la sua rivelazione. - Ecco perché occhi e capelli bianchi, credevo appartenessi a una specie di elfi che non bazzicano da queste parti. - Enoria lo ignorò. Spostò un ramo spezzato, tre germogli erano cresciuti così vicini che solo uno riuscirà a diventare un ramo. Un ronzio di mosche attirò la sua attenzione, non dovevano essere troppo lontani dai cadaveri. Arlo tornò alla carica. - Quindi... questi abiti te li sei fatti da sola? - - Sì. - - Non te la prendere, ma si nota. - - Da cosa? - - Beh, sono rattoppati da cani, le cuciture sono tutte storte, come se li avesse fatti, beh... - - Un cieco? - - Allora ce l'hai il senso dell'umorismo, eh? - Enoria lasciò cadere anche quell'idiozia e inspirò dal naso. Odore di sangue e putrefazione permeavano l'aria, anche a quelli era abituata, ben più che alle battute di Arlo. Sker annusava frenetico intorno a lei, era già sulle tracce di qualcosa. Siamo arrivati, per fortuna. Si spostò di qualche passo e la ghiaia stridette sotto la suola degli stivali. Erano usciti dalla boscaglia, quello doveva essere il sentiero principale. Il capitano non demordeva. - È vero che riesci a guardare attraverso gli occhi dei morti? - - Anche quelli dei vivi, se serve. - Arlo le si avvicinò, spezzando rametti sotto gli stivali. - Stai scherzando? - - Cavatene uno e te lo dimostro. - Enoria lo sentì deglutire. Non riuscì a nascondere un sorriso. - Piuttosto che parlare di me, concentriamoci sulle vittime. Descrivimi cosa abbiamo davanti. O preferisci davvero che ti cavi un occhio per guardarmelo da sola? - - Che caratterino! Allora, di fronte a noi abbiamo la statua di Ser Alvin, regge la sua spada, rivolta dritta davanti a lui, come se fosse stato pietrificato nel bel mezzo di un combattimento. - Enoria lasciò scorrere le dita su quella che doveva essere l'arma di Ser Alvin. - Prima che me lo chiedi, è proprio la sua spada, ha pietrificato anche quella. - sfiorò con i polpastrelli qualcosa di sinuoso sull'elsa. - Quell'intarsio a forma di serpente che stai toccando è inconfondibile. Ai suoi piedi c'è il corpo di un orco, ha una profonda ferita di punta sul petto e un'altra di taglio alla gola. - Enoria si inginocchiò e tastò il cadavere dell'orco. Le sue dita seguirono i bordi delle ferite man mano che Arlo gliele descriveva. - Prova a toccare il torace. - L'incisione sul petto era più profonda, la lama doveva essere penetrata parecchio. - Crediamo che sia stata quella a causarne la morte. - L'odore acre tipico degli orchi si confondeva con quello del sangue, il tanfo che veniva dall'altro corpo era ancora più pungente. C'era anche un sottofondo palustre e un sentore di erbe medicinali. - L'altro cadavere? - - Un altro orco. Ha innumerevoli ferite, tagli e fratture su tutto il corpo, e gli è stato amputato un braccio. Prima di ucciderlo, sembra che Ser Alvin ci si sia accanito in modo brutale. - Enoria si accucciò e con due dita seguì i contorni dei resti. Descrizione sommaria, ma abbastanza veritiera. L'orco era conciato davvero male, ma non sembravano ferite da lama. Artigli, forse? La ghiaia del sentiero scricchiolò sotto gli stivali di Arlo mentre le girava intorno. Altri piccoli sassolini si spostavano quasi in sincrono a ogni suo passo, di sicuro Sker lo seguiva come se volesse tenerlo d'occhio. - La mia ipotesi è che Ser Alvin sia stato attaccato dai due orchi per derubarlo, tocca com'è gonfia la sua borsa, anche se le monete di pietra ora valgono meno di una birra annacquata. Credo che si sia difeso, visto che sapeva tirare di spada, poi sia arrivato il basilisco e l'abbia pietrificato. Come gli altri. - - Che tracce avete trovato? - - Troppe. È un sentiero di passaggio, questo. Ma, a parte quelle umane e quelle orchesche, alcune sono molto strane. Sono quasi sicuro che appartengano al mostro. - una piccola esitazione nella voce di Arlo. - Dammi la mano. - Enoria gliela porse e si lasciò accompagnare. Il ringhio sommesso di Sker, proveniente dalle sue spalle, fece sobbalzare Arlo. L'elfa schioccò la lingua e il lupo ridusse il ringhio a un basso uggiolio. - Tranquillo, Sker. - - Perché fa così? Devo preoccuparmi? - - Non è abituato che qualcuno mi tocchi. - Neanche io, a dir la verità. - Fintanto che sono io a permetterlo, non avrai alcun problema. Da nessuno dei due. - - Se lo dici tu... - Arlo deglutì. - Ma mi fissa in modo inquietante. - - Tu non pensarci e portami a quelle tracce. - Si spostarono di qualche passo, Arlo accompagnò la mano di Enoria fino al terreno e ritirò la sua di scatto, come se scottasse. - Questa è una delle più definite. Come ti dicevo, le altre sono nient'altro che un ammasso di fango e pietrisco. - L'orma era profonda un palmo, dai bordi regolari. Il fango secco si sbriciolava a contatto con le dita di Enoria. Dalla parte centrale si dipanavano cinque solchi, i tre centrali erano più lunghi dei due laterali. L'essere che li aveva lasciati non aveva artigli, o almeno non così lunghi da giustificare i tagli sul corpo del secondo orco. Sembrava l'orma di una lucertola, ma grossa almeno il doppio di Sker. Enoria si alzò e si pulì le dita sulla cucitura irregolare della sua veste di cuoio. - È tutto. Puoi andare. - - Dici a me? - Enoria lo immaginò increspare le sopracciglia. Perché le persone hanno sempre bisogno di spiegazioni? Non possono eseguire gli ordini e basta? - Ho abbastanza elementi e ho bisogno di concentrarmi per poter eseguire i miei riti. - - Senti, sono il Capo del corpo di guardia cittadino, non posso lasciarti sola... - - Io lavoro a modo mio. - - Ma io... - Foglie secche scricchiolarono sotto le zampe di Sker. Si era avvicinato, ed emetteva il basso brontolio minaccioso di prima. Arlo aveva ripreso a sudare, e dall'odore acido trapelava la paura. Enoria incrociò le braccia al petto. - Niente di personale. Ho bisogno di tranquillità, silenzio. O il rito non funziona come dovrebbe. - Non è del tutto vero, ma meglio mentire che avere rompiscatole tra i piedi. Arlo sospirò insoddisfatto. - Come preferisci. - fece un paio di passi indietro e si bloccò. - Proprio sicura di voler restare sola? E se tornasse il basilisco? Saprai ritrovare la strada per tornare, quando avrai finito? - Enoria si voltò verso il capitano. - Ho i miei metodi. - Sapeva benissimo che il suo sguardo vacuo avrebbe sottolineato le parole senza bisogno di dilungarsi troppo. - Inoltre Sker mi avviserà se qualcuno verrà a disturbarmi. Fiuta qualsiasi cosa nel raggio di un miglio. - Altra mezza bugia, per raddoppiare la distanza dall'interlocutore. Il lupo aveva smesso di ringhiare e camminava in cerchio intorno a lei. Lentamente, molto lentamente. Di sicuro anche lui stava fissando Arlo, scoraggiando qualsiasi pensiero sul nascondersi nei paraggi e spiarla. Arlo cedette con un sospiro seccato. - La pellaccia è tua. Se non torni entro sera, so che avremo una nuova statua da mettere nella sala comunale. Magari scopriamo che anche una cieca può essere pietrificata. - Attese una risposta dall'elfa che non arrivò. Si schiarì la gola. - Ho capito, aspetto tue notizie. - Enoria non si mosse finché i passi del Capo non furono inghiottiti dal bosco.
Nork
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