Calcio, esami, amici e qualche amore
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Fa caldo. Molto caldo. Del resto, nella Sicilia sud-orientale non potrebbe essere diversamente poco dopo il ferragosto del '93. Squilla il telefono di casa. E' Mister Lombardo. Io lo conosco solo di fama. Lui conosce me, mi ha visto giocare qualche volta nell'ultimo campionato giovanile di calcio siracusano. - Brisolese, sto formando la squadra Juniores per il prossimo anno. Mi serve un mancino che si muova tra la trequarti e l'ala sinistra. E poi dov'eri? Sono due settimane che ti cerco! - Per la cronaca, ero via per le vacanze estive e il cellulare ce l'hanno solo gli imprenditori. Io non ho una squadra, sono in attesa di svolgere i test d'ingresso alla Facoltà di Architettura di Reggio Calabria. Inoltre, la società per cui giocavo è fallita. Quindi, dopo aver chiesto qualche informazione in più sul suo progetto, fingendomi interessato alle sue delucidazioni, rispondo: - Per me si può fare. Quando inizia la preparazione? - E la preparazione comincia il lunedì seguente. Con la mia Vespa PK 50 XL Rush, color blu, bellissima, un po' vissuta e spoglia dei pezzi superflui di carrozzeria, con la marmitta Polini che puoi sentire a chilometri di distanza, mi dirigo agli allenamenti fuori città. Non ne salto nemmeno uno, neanche quando ricevo una telefonata, stavolta dalla segreteria dell'Università: - Signor Brisolese? Le comunico che Lei ha superato i test d'ingresso alla Facoltà di Architettura, piazzandosi 277esimo su 300 posti disponibili. - (N.d.A. I primi 150 posti sono già - assegnati - ) Incredulo e felice, adesso cosa faccio? Dico al mister e ai miei compagni che sarò costretto ad abbandonare la squadra? Non ci penso neanche! M'inventerò qualcosa all'ultimo momento. Così, ho il tempo di completare la preparazione e di giocare nove partite amichevoli precampionato (o dieci), segnando nove gol (o dieci), tra cui il mio più bello (o il secondo) mai segnato su un campo a 11. Arriva il momento di dire la cazzata: - Mister, mi hanno ripescato nelle graduatorie dell'Università e – ahimè – devo lasciare. - Mi dispiace davvero, ma diciamo che ero preparato da tempo. Con una valigia qualsiasi e un carico di grande esaltazione, metto piede nella città dove conto di trascorrere anni meravigliosi. Un piccolo passo per il terrone, un grande balzo per l'umanità! E' il 14 novembre 1993. Capitolo II MISSIONE DEL PRIMO ANNO: TROVARE TERRENO FERTILE
Sono siciliano della nordafricana Siracusa, prossimo ai diciannove anni, diplomato geometra da qualche mese, mamma, papà, un fratellino di quasi sei anni che adoro e che mi adora, una fidanzata di lungo corso. Superpoteri riconosciuti: musica, cinema, calcio e penna biro. E tutti mi chiamano Brizzo. Mi ritrovo ad essere pure uno studente universitario da tre giorni e mi sento un figo. La prima sera la passo a conoscere i miei coinquilini, Gianni e Fabio. Cioè, Fabio detto Frassa non è un mio coinquilino. Diciamo che tecnicamente non paga l'affitto in quest'appartamento, ma di fatto vive con noi, ed io non ci metterò molto a capirlo. Gianni lo percepisco come uno grande, ha sei anni più di me, lavora per mantenersi gli studi ed ha la ricrescita della barba in stile Banda Bassotti. Io ho giusto i baffi folti, ma per il resto qualche macchia nera di peli qua e là per la faccia. Siamo solo in tre, perché è domenica e mancano all'appello gli altri due occupanti della casa: Emanuele detto Lele e Ciccio-S. - Cazzo, peccato - , penso. - Sono proprio gli unici due che conosco già. - L'occasione, tuttavia, serve per socializzare con i nuovi. La serata passerà alla storia per la visione del film - Revenge - Vendetta - : Gianni ed io intenti a seguire la trama del film, Frassa, con i piedi su un mobiletto della stanza di Gianni e una mano sul pacco, ad esclamare frasi di apprezzamento verso la protagonista femminile,. Nei giorni seguenti, mi presento in Facoltà per i corsi del primo anno. Lo trovo bellissimo: entri poco prima della lezione, firmi la tua presenza, ti siedi dove vuoi, ti alzi e te ne vai se ti pare, ti rechi in caffetteria (il luogo più battuto di tutto l'Ateneo), torni in aula e nessuno ti dice nulla; ti guardi intorno, perché - ad Architettura - ci sono un sacco di belle ragazze. Belle ed emancipate, dicono. Devo sforzarmi e ricordare che sulla carta io sono felicemente fidanzato in Sicilia. Sono pure eletto - Mister Matricola - all'omonima Festa della Matricola in una nota discoteca della provincia, in cui arrivo brillo e ne esco sbronzo, con tanto di fascia e di corona di cartoncino dorato. La Miss è premiata con un gioiello. Ed io? Mister Matricola? Beh, a me danno un LP dei Depeche Mode in un momento storico in cui i vinili stanno tristemente vivendo il loro declino e, soprattutto, 3 (diconsi tre) biglietti-omaggio per le successive feste universitarie in quella discoteca. Feste alle quali, essendo studente, entrerei già gratuitamente... Torniamo a noi. Espletate tutte queste meravigliose formalità, è giunto il momento di pensare alle cose serie: si gioca a pallone? Chi gioca a pallone? Dove e quando si gioca a pallone? Io, Gianni, Lele, Ciccio-S e Frassa (sì, perché lui non paga l'affitto, ma è di casa) siamo tutti affetti dalla stessa patologia: il calcio. - A questo punto, ho trovato il mio Eldorado - , dico tra me e me. Frassa si è già accordato in precedenza con altri amici per disputare una partita al gloriosissimo Centro Sportivo Mirabella. Non c'è posto per me, ovviamente. Decido di andare comunque alla partita. Maglione bianco di lana grossa, jeans e stivaletti bassi. Dopo dieci minuti dall'inizio della gara, un ragazzo si fa male: entro io, come in un film avvincente. Ma questo non è un film avvincente! Certo, mi tocca stare in porta, ma sono contento; paro poco ma gioco spesso la palla coi piedi. Mi prendo financo la licenza di impartire indicazioni e marcature ai miei sconosciuti compagni di squadra. Intuisco che Frassa può essere un buon difensore, ma anche che la tecnica in sua dotazione non è sopraffina e la bilancia non è sua amica. E poi gioca a calcetto con le scarpe alte da basket! Vale tutto, e tutto mi va bene. L'importante è aver iniziato. Da quel momento, appreso il meccanismo, si susseguono le partite amichevoli, organizzate ossessivamente. Nel mio corso di studi, quello che comprende gli studenti col cognome dalla A alla L, ritrovo un mio vecchio compagno di scuola delle medie e delle superiori, che in realtà ho frequentato sempre per interposte persone, più che per concreta amicizia. Lui è Peppe-A, detto a breve il Caporal Maggiore A.G., per i suoi freschi trascorsi nella Naja. - Ciao, come stai? Ti ricordi? Che ci fai anche tu qui? Giochi a pallone? - , chiedo. E Peppe-A mi dà una bellissima notizia: - Non gioco da un po', ma comunque sarei un portiere. - Sì, un portiere! Ho trovato un portiere! A questo punto, il più è compiuto. Possiamo giocare sempre e avere una parvenza di squadra, ora che abbiamo anche un portiere tutto nostro. Ormai è chiaro: il seme è stato piantato. Capitolo III BUONGIORNO E SUPERCAZZOLE
Ore 9.30, in cucina. - Ricchione, oggi hai lezione di mattina o di pomeriggio? - , chiede Gianni a Frassa, il quale è appena giunto a casa nostra come sempre. - Mattina. - - A che ora? - - Alle 9.00 ho Tecnologia II. - - Quindi, mezz'ora fa, ricchione. - - Sì, ma poichè quel pezzo di merda di Tecnologia I mi boccia sempre... - Frassa lascia intendere che non andrà. - Ricchioni, il caffè è pronto. Comunque, anch'io avrei lezione, ma siccome sono un terrone, vado solo nel pomeriggio - , m'inserisco io. Non posso mica essere da meno in quanto a modello di studente da non seguire. Ecco, le nostre giornate iniziano sempre con un - ricchione - esclamato da qualcuno. Saluti quali - Buongiorno, ricchione - , - Ciao a tutti, ricchioni - o, semplicemente, - Ricchioni? - , seguito da un tuonante rutto, in casa sono inflazionati e ti fanno affrontare la giornata col piglio giusto. Chiariamo: nell'uso ricorrente del termine - ricchione - non c'è nulla che voglia ledere l'integrità, la moralità e la considerazione delle persone gay, ci mancherebbe. Ne frequentiamo diversi. Abbiamo, peraltro, alcune varianti affettuose per appellarci l'un l'altro. Può capitarti, quindi, di aprire gli occhi dopo una nottata passata con una donna eterosessuale, e sentirti chiamare comunque - ricchione - oppure - zio - o - coglione - . Con - ricchione - non viene attaccato nessun gay, con - zio - non viene attaccato nessun fratello di tuo padre o di tua madre, con - coglione - non viene attaccato alcun testicolo appeso al membro di nessun uomo. Bevendo caffè e fumando le prime sigarette della giornata, il mood ricorrente di Gianni è il seguente: - Ma tu, quando li bandi, tiri li sghenfi? O quando li sghenfi, tiri li bandi? - Di solito, sei portato a chiedere: - Eh? - Così, puntualmente, ti arriva addosso un roboante - Suca! - A questo punto, siamo tutti pronti per andare in Facoltà, sia chi aveva lezione alle 9 e arriverà in ritardo, sia chi aveva lezione alle 9 ma andrà direttamente in caffetteria, sia chi non aveva nessuna lezione alle 9 ma non vuole essere l'unico ricchione a restare in casa. Di supercazzole ce ne sono altre. La mia preferita è quella di cui sono il sommo divulgatore. E me ne vanto! Consiste nel guardare negli occhi il mio malcapitato interlocutore, nel caso in cui – improvvisamente – non abbia afferrato un concetto, uno qualsiasi: - Ascolta bene. I funghetti crescono a maggio, le foraggere ad aprile. Carciofini e pisellini tutto l'anno. Quanti mesi passano da maggio ad aprile? - Statisticamente, la risposta più frequente è - 1 - ; quando, finalmente, il malcapitato dice - 11 mesi - , io concludo con - Vedi? Giusto! I conti tornano! Quindi, il concetto (uno qualsiasi, vedi sopra) adesso l'hai capito! - E chiudo. O almeno così sembra. Generalmente, la reazione è bocca aperta, faccia dubbiosa o, ancor meglio, voglia di farmi ripetere tutta la tiritera; che poi è quello che voglio. Rifaccio e, alla fine, vengo mandato a quel paese e si ride insieme. Il luogo preferito per fare questi giochetti è la mensa universitaria, dove siamo di casa, spesso al tavolo con altri studenti a socializzare. Abbiamo il libretto con i buoni-mensa da 1000 lire l'uno, che ci garantiscono un primo, un secondo, un contorno, acqua e caffè. E poco importa se, per esempio, le cotolette hanno quell'odore di frittura di pesce presente nel menù del giorno prima. Detto questo, il tormentone di Gianni, - Ma tu, quando li bandi, tiri li sghenfi? O quando li sghenfi, tiri li bandi? - , ha il suo perché e lo avrà per sempre. Nella nostra amicizia, nel nostro calcio, nel rapporto con gli avversari, nella nostra vita in fondo. Ma non è questo il momento. Capitolo IV FONDAZIONE DELLA SQUADRA
Primi giorni di settembre, vacanze estive ormai alle spalle. Si pensa al nuovo anno accademico, ma stavolta con un occhio alla stagione sportiva. Con ripercussioni su entrambi i due fronti citati, io e i miei amici apprendiamo due notizie, per certi versi destabilizzanti. Lele ci comunica che sta per trasferirsi a Venezia per continuare gli studi lì. Fulmine a ciel sereno. Ciccio-S decide che è il momento di abbandonare, forse la Facoltà di Architettura non fa per lui, nonostante un paio di esami superati. Altro fulmine. Il dispiacere è notevole, eravamo affiatati. È la prima volta che devo affrontare questo tipo di addii. Adesso si pone un problema: dobbiamo rimpiazzare i partenti con altri due ragazzi. Nella nuova casa (sì, perché nel frattempo pochi mesi fa abbiamo trovato un appartamento più bello e più grande, anche per inserire Frassa tra quelli che pagano l'affitto) qualcuno dovrà occupare una camera singola e un posto letto nella doppia. Ecco, per questa seconda soluzione, servirà un impavido disposto a condividere i propri spazi con Frassa. Dico così perché Frassa è un po' disordinato, per usare un eufemismo. Ma in camera con lui ti diverti. Gli unici mezzi a nostra disposizione per pubblicizzare i posti disponibili sono essenzialmente due: il passaparola e l'annuncio cartaceo (scritto a penna) da appendere nella folta bacheca dell'Università. Tramite il telefono rosso a scatti che possediamo in comune, riceviamo un po' di chiamate e fissiamo degli appuntamenti. Una mattina si presenta il primo candidato, tale Ciccio-A, accompagnato dal padre. I due si fiondano nella camera singola. Dei nostri, per l'occasione, ci sono soltanto io e interloquisco col capofamiglia, il Signor-A. Qualche minuto dopo, la stanza singola ha un nuovo proprietario. Saluto il Signor-A, chiudo la porta di casa, mi giro e trovo Ciccio-A già all'opera con martello e chiodi; dopo circa dieci minuti, ha finito di assemblare uno scaffale di legno. Rimango sorpreso. E lui: - Lo so, sono Ciccio Fai-Da-Te o, meglio, Ciccio Macgyver! - Non faccio in tempo a complimentarmi con lui, che arriva il secondo pretendente all'affitto. - Ciao, sono Enzo. Mi ha fottuto per un pelo davanti al portone, quel pezzo di merda! - , riferendosi all'opportunità di accaparrarsi la stanza singola. Lui è Enzo-I ed è ancora sull'uscio. Lo faccio entrare, gli faccio visionare la doppia da condividere con Frassa. Pur ancora nervoso per l'occasione persa, decide su due piedi di accettare. Cicco-A ed Enzo-I, due agli antipodi. Il primo, presentatosi col padre, vestito regolare tendente al tamarro, occhiali da vista rettangolari, ciuffo pomposo, codino alla Roberto Baggio e aria da bambino diciannovenne. Il secondo, arrivato da solo, t-shirt vissuta, capelli spettinati e faccia da ragazzo di strada. In brevissimo tempo, siamo di nuovo in cinque
Giulio Brisolese
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