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Autore: Orazio La Boccetta
Sogni e Realtà
Narrativa
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Sogni e Realtà
“I miei fratelli”

Era un giorno qualunque, uno di quei giorni che ti sembra tutto uguale, ma dove tutto cambia da un momento all'altro.
Erano passati diversi anni dalla mia esistenza umana e tutto era trascorso in modo semplice e normale, avevo avuto una vita come ciascun comune mortale, ma ad un tratto la mia vita cambiò.
Avevo sempre avuto dentro di me un certo istinto, come se ci fosse nella mia mente e nel mio cuore la voglia di evadere o di incanalarmi in vie diverse, adesso dovrei dire anche verso sentieri sconosciuti.
Come vi dicevo uno dei miei tanti giorni simili ad un altro mi ritrovai a dover pensare a cosa fosse quell'istinto primordiale in me, tale da dover pensare sempre e continuamente al deserto o alla foresta.
Un giorno decisi di andare a fare un giro allo zoo e dopo un lungo percorso, mi ritrovai davanti una gabbia di leoni e guardai un grosso leone proprio negli occhi, e subito dopo allungai la mano per accarezzarlo.
Fu un gesto inconsulto lo so perfettamente, ma non potete mai immaginarvi cosa accadde.
Quel leone si mostrò talmente dolce con me e mi leccò perfino la mano, sembrava inoltre che gli lacrimassero gli occhi, e la gente che era intorno a me rimase totalmente basita.
I miei sentori non erano sbagliati e quella fu la spinta che mi fece muovere, iniziai a fare domande ai miei genitori, e furono proprio loro a dare una risposta alle mie domande, ma anche se ero felice perché mi avevano dato delle utili risposte non ero del tutto soddisfatto, volevo andare fino in fondo a questa storia. I miei genitori mi avevano detto che in un loro viaggio in Africa mi avevano smarrito, perché io camminando ancora a gattoni mi ero allontanato e nonostante le estenuanti ricerche, solo dopo qualche mese riuscirono a trovarmi. Ormai mi avevano dato per disperso e mentre stavano per tornare a casa con la disperazione di aver perso un figlio, sentirono un pianto proprio davanti alla porta della cascina dove alloggiavano.
Ma io non avevo ancora tutte le risposte, ad esempio perché il mio naso era così sensibile agli odori ? E perché quel leone era stato così dolce, senza aggredirmi? Inoltre tutte le ultime notti della mia vita erano sempre accompagnate da ricorrenti
incubi.
Non ne potevo più , allora decisi di partire e di andare nel posto in cui mi ero smarrito da
bambino.
Partì per l'Africa e dopo qualche giorno di viaggio e una lunga camminata nel deserto,
riuscì ad arrivare al luogo in cui mi ero smarrito da piccolo. La foresta era immensa, non avevo mai visto un posto così o perlomeno non mi ricordavo di esserci mai stato, ma avevo con me sempre il mio sesto senso che ripetutamente bussava alla mia mente e come per incanto, lo vidi era grandissimo e mi fissava negli occhi.
Aveva un grande manto e una grossa criniera e quando mi vide si avvicinò con passo felpato, e mentre la mia guida fuggiva a gambe levate, io rimasi fermo a guardarlo, e da me non usciva un solo soffio di vita, ma capì quasi subito cosa voleva da me quel leone. Si proprio un leone, che dopo una breve annusata mi strusciava la testa come un gattino che vuole le coccole, ed io come per istinto lo iniziai a coccolare. Dopo qualche minuto quel grosso leone mi fece cenno di seguirlo, e mi portò poco distante da lì, dove c'era una grotta enorme e le ossa di uomini e animali si potevano trovare in ogni angolo, ma il leone fece un ruggito e subito, come per incanto una leonessa e altri quattro leoni si avvicinarono a me. All'inizio ebbi timore ma dopo che mi si avvicinarono capì che tutto potevano volere da
me quei leoni, fuorché mangiarmi.
Si strofinavano intorno a me, e fu come una grande festa perché a ogni mia carezza, partiva un loro ruggito, e ad un tratto fu tutto chiaro, erano stati loro a salvarmi e riportarmi dai miei genitori, quei due grossi leoni , ed io ero stato per loro come un figlio.
Adesso che era tutto chiaro nella mia vita ero sereno perché, ogni mio incubo e dubbio
era chiarito, ed ero felice perché finalmente avevo ritrovato chi mi avesse salvato la vita. Sono andato via da quel luogo, da quei posti incantevoli che ricordano le mie origini, sono trascorsi tanti anni ormai e ho una moglie e due figli, ma di tanto in tanto, vado a fare una visita a quella famiglia che mi ha salvato, si a quei stupendi leoni, che appena sentono il mio odore mi corrono incontro, ed è sempre una grande festa. Ma quando vado via un senso di tristezza aleggia in quel luogo e in quella foresta, dove ognuno di loro, ognuno di quei leoni lanciano un grande ruggito per salutarmi, ed io con le lacrime agli occhi saluto quelli che considero i miei fratelli.

“La Sfinge”

La mia vita si svolgeva tranquillamente, andavo al lavoro tutte le mattine e tornavo tutte le sere a casa, dove mi aspettava mia moglie, e solitamente con un bel pranzetto.
Ma quel giorno, quel maledettissimo giorno, tutto cambiò. Un giorno come tanti altri, mi alzai e dopo aver fatto una buonissima colazione, che la mia amatissima moglie mi preparava tutte le mattine, mi diressi al lavoro. Per raggiungere il luogo in cui lavoravo, facevo alcuni chilometri e solitamente percorrevo una strada molto isolata per circa due o tre chilometri. Quella mattina mi distrassi appena un attimo, perché stavo cambiando stazione nella mia autoradio, ma quella mia breve disattenzione fu fatale, perché non mi accorsi che un uomo mi stava attraversando la strada.
Guardai dritto e vidi un uomo che in una brevissima frazione di tempo mi attraversava la strada, e non feci in tempo a schivarlo che lo presi in pieno, e vi assicuro che quello finì proprio sotto la mia macchina, facendo anche un gran rumore. Era mattino e non ero ubbriaco, mi ero appena distratto un secondo, ma lo potevo fare perché in quella strada non ci passava mai nessuno, ed io la percorrevo ormai da tantissimi anni.
Comunque lo scontro fu inevitabile, anche se provai a scansarlo, quello lo presi in pieno, e non mi restava altro che dargli soccorso, e così feci o perlomeno queste erano le mie intenzioni.
Scesi di corsa dalla macchina e mi precipitai in mezzo alla strada, ma non c'era nessuno, allora guardai intorno e lungo i margini della strada, ma fu tutto inutile.
Dopo le mie vane ricerche di trovare il corpo decisi di chiamare al lavoro per giustificare il mio ritardo, ma certo non potevo dire che avevo appena investito l'uomo invisibile, così decisi di inventare una scusa.
Decisi di lasciare la macchina dal mio carrozziere di fiducia e presi l'auto in sostituzione, e dopo una lunga giornata di lavoro tornai a casa in fretta per raccontare l'accaduto a mia moglie.
Raccontai quello che mi era successo a mia moglie, l'unica persona a cui potevo confidare quello che era successo, e stranamente a dirsi, non mi prese per pazzo e non mi fece alcuna domanda, ma rassicurandomi mi disse: “A volte ciò che vediamo non è la realtà”.
Mi sembrò strano che mia moglie non mi fece domande, o non si preoccupò più di tanto, anche perché le donne sono molto curiose.
Da quel giorno iniziai a fare sogni strani, come ad esempio dei disegni e anche dei geroglifici che mi apparivano in tutto il corpo e specialmente nelle braccia. Mi confidai con mia moglie di tutto quello che mi stava accadendo e insieme prendemmo la decisione che dovevo andare da uno psicologo, ma a dir la verità la mia situazione non cambiò più di tanto, ero solo un pochino più tranquillo. Non ero più la solita persona, perché avevo un problema che si stava facendo sempre più serio, ed un giorno come tanti mentre stavo andando al lavoro decisi di fermarmi in quella strada dove avevo messo sotto quella persona. Guardai di nuovo lungo i margini della strada e guardai per ore, e all'improvviso come per incanto vidi qualcosa che mi diede sollievo, ma che mi fece andare con la mente in subbuglio.
Quello che stava disteso ai margini della strada non era un corpo umano, ma la carcassa di un animale, ma perché io avevo visto un uomo che mi attraversava la strada? Cosa mi stava accadendo ?
Mi venne subito in mente la prima risposta plausibile a questa domanda e cioè che stavo
impazzendo.
Decisi di tornare a casa, e nello stato in cui ero pensai subito che l'unica persona che poteva darmi una mano era mia moglie, ma non fu così.
Parcheggiai la mia auto all'esterno della casa e non entrai dal garage, ma dalla porta della cucina, e non feci alcun rumore e mi diressi al primo piano dove c'era la camera da letto e trovai quello che non avrei mai voluto vedere, mia moglie stava facendo sesso con un altro uomo.
Feci appena in tempo nel guardarlo in faccia, che lo riconobbi subito, anche se mi aveva
attraversato la strada in corsa, era l'uomo che avevo investito.
Non feci in tempo a dire nulla o a reagire, perché quello mi tirò un pugno dritto in faccia e caddi lungo per terra.
Mi risvegliai legato su un tavolo di marmo che mi congelava la schiena e con intorno una decina di persone che mi fissavano, e mia moglie insieme ad un uomo con la faccia coperta da una maschera che era simile ad una “sfinge” impugnavano in mano un coltello.
Mia moglie salì sopra di me e con in mano il coltello iniziò a fare sesso, strofinandomi quel coltello in tutto il corpo, e quando raggiunse l'orgasmo mi diede una forte pugnalata al cuore.
Lanciai un forte urlo e mi alzai di botto, stranamente non ero morto, aprì gli occhi e vidi una forte luce e mia moglie che mi stringeva la mano.
Avevo investito un uomo che scappava dopo aver rapinato una casa, che si trovava lungo la strada che io percorrevo tutte le mattine, e mentre lui era morto io ero rimasto in coma per settimane.
Una volta uscito dall'ospedale e dopo qualche settimana di riposo tornai al mio solito
lavoro, e alla mia vita di sempre.
Quella sera tornavo a casa dal lavoro e percorrevo la consueta strada del ritorno, e ad un tratto sbucò di nuovo lui quell'uomo, che aveva il volto di una sfinge.
Stavolta si mise in mezzo alla strada e puntandomi addosso una pistola iniziò a sparare e mi colpì in pieno torace, e mentre mi sentivo morire e con la mia auto che senza il mio controllo andava a sbattere contro un albero, mi chiesi: “ma come non era morto?”. Mi svegliai in ospedale mentre una voce, che non conoscevo, mi diceva: “non sei morto, la lama del coltello si è fermata fra le costole, sei stato molto fortunato”. Era il dottore del reparto rianimazione, a cui chiesi : “mia moglie dov'è?” Il dottore mi rispose : “questo lo deve chiedere alla polizia, qualcuno la avvisata appena in tempo”.
Ma cosa stava succedendo? Cosa centrava la sfinge?
Dopo qualche settimana uscì dall'ospedale e andai a deporre la mia versione dei fatti alla
polizia, che mi spiegò ciò che era realmente accaduto.
Mia moglie insieme al suo amante avevano pianificato il mio assassinio, e mi avevano drogato per mesi così che non potevo accorgermi di nulla, e non avrei capito la finzione dalla realtà.
Tornai a casa e mia moglie non c'era più, ed io rimasi solo e con un grande senso di vuoto dentro di me, e con un grande quesito : “ma chi aveva avvisato la polizia?”. Decisi di tornare al lavoro e di tuffarmi dentro con tutto me stesso, ed un giorno che la mia segretaria non c'era, decisi di entrare nel suo ufficio, e quando stavo per uscire con la documentazione che mi serviva, notai che sulla sua scrivania era appoggiato un
quadretto con la mia foto, mi sembrò un po' strano, ma girandomi verso una parete vidi un quadro con una sfinge.
Il giorno dopo chiesi spiegazioni alla mia segretaria che in lacrime mi disse: “ti ho sempre amato e quella sera ero venuta da te per dirti tutto, ed ero davanti casa tua quando vedo tua moglie che si bacia con un altro. Ho subito pensato che i miei problemi erano risolti, ma poi quando mi sono avvicinata alla porta ho sentito un urlo, e mi sono subito affacciata ad una delle finestre di casa tua e ho visto quell'uomo che imbandiva in mano un coltello e tu eri accasciato per terra. Allora ho chiamato la polizia che in cinque minuti è arrivata, catturando tua moglie e il suo amante che non hanno avuto neanche il tempo di fuggire. Lo so, adesso mi odierai e mi manderai via”.
La abbracciai e la baciai, e le sussurrai : “grazie tu sei la mia sfinge”.

Orazio La Boccetta

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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