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Autore: Damiano Cardone
Figli di nessun Dio
Fantascienza
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Figli di nessun Dio
Massimiliano, conosciuto come Max il custode, pensieroso e assente sentì la mano di Rocco sul braccio; si scosse ed esclamò:
- Anche noi del senso della vita non abbiamo capito niente! - E notò gli sguardi stupiti di Rocco, Giovanni e Luciano, compagni di tavolo, per quell'affermazione.
Erano al circolo culturale e avevano terminato di cenare.
Dopo alcuni attimi di silenzio, compreso che quell'affermazione esulava dall'argomento di cui stavano parlando, diede uno sguardo veloce ai volti degli amici e riprese a parlare:
- In quel libro dal titolo: "Quando verrà la fine", l'autore, con tono a volte ironico, racconta di carestie e pestilenze avvenute negli anni precedenti l'annunciata fine del mondo. E da quello che ne sappiamo noi, non si sono mai avverate, altrimenti non saremmo qui a parlarne... però nel frattempo qualcosa è accaduto! C'è scritto di quella mancata dell'anno 1000 e poi di altre fino a quella del 2240. E noi pensiamo che qualcosa di spaventoso sia avvenuto circa duecentocinquanta anni fa, considerato che adesso siamo nel 2492. E tutto ciò aumenta i nostri dubbi, perché gli ultimi libri stampati presenti nella biblioteca risalgono al 2100... poi quattrocento anni di vuoto! - Max tacque, e nella sua testa iniziarono ad accavallarsi svariate ipotesi; le solite che da anni lo crucciavano. Si chiese per l'ennesima volta perché non esistessero documenti, come se qualcuno volesse tenere nascosto quello che era accaduto negli ultimi quattro secoli.
Intanto dai tavolini intorno occupati dagli altri soci si levava un chiacchiericcio che sovrastava le loro parole, e in sottofondo udivano il brusio che saliva dalla sala riunioni posta al piano inferiore, che dimostrava la presenza di molte persone.
- È un libro alquanto difficile da capire; c'è un'interazione tra corpo fisico e spirito, con la sublimazione di quest'ultimo... come spesso accadeva allora, tutto era rimesso alla benevolenza di Dio. Quello nato 2492 anni fa, che non sappiamo quale fine abbia fatto! Comunque per me rimane tutto incomprensibile - affermò Rocco.
- Purtroppo, per un'oscura ragione, noi siamo come quegli individui che nella civiltà estinta venivano definiti analfabeti funzionali. Ma a pensarci bene, intellettualmente parlando, siamo messi peggio. Loro almeno avevano le basi per capire il mondo circostante e i termini con cui catalogarlo. E crescendo questo li portava ad ampliare le loro conoscenze e avere pensieri sempre più profondi che gli permettevano di comprendere il perché di certe situazioni. Certo, c'era anche una minoranza, che per libera scelta, non si informava e dava un'interpretazione personale giungendo a delle conclusioni dettate dall'immaginazione e non dal sapere... e noi insieme agli abitanti delle varie città, siamo e resteremo degli analfabeti funzionali. Certo, con questi incontri e dibattiti cerchiamo di capire qualcosa di più della civiltà estinta, ma mancandoci le basi culturali, temo che questo serva a poco... comunque riparleremo di questi argomenti in un altro momento: adesso abbiamo la riunione - disse Max alzandosi. Mentre salutava i soci seduti ai tavolini vicini, un cameriere fermo sulla porta gli fece cenno di raggiungerlo. Appena gli fu di fronte gli indicò Gino fermo accanto al bancone del bar, al piano terreno. Max nel vederlo ebbe un moto di stizza. Nonostante lo conoscesse da sempre, lo percepiva come un essere viscido e falso. Lo raggiunse. Nel salutarlo dandogli la mano, sentì un senso di repulsione assalirlo.
- Non sono qui in veste ufficiale, ma come vecchio amico - specificò Gino.
- Sei il benvenuto - gli disse Max rasserenandosi.
- So che qui tenete delle conferenze sui testi d'archeologia conservati nella biblioteca. -
- È vero. Ho letto molti di quei libri, e alcuni m'incuriosiscono a tal punto che trovo naturale invitare altri a leggerli. Purtroppo molti non sanno leggere e si fidano di quello che raccontiamo. -
- L'archeologia mi ha sempre affascinato, ma per comprenderla dovrei frequentare persone come voi, che da anni state studiando questi argomenti - ammise Gino.
Max si stupì di quell'affermazione.
- Sarei già a riposo per raggiunti limiti d'età. Adesso Antonio ha preso il mio posto, così se lo volessi avrei molto tempo libero. -
- Beh, abbiamo entrambi settantadue anni e da vivere ce ne restano pochi ormai. E per non deprimerci conviene impegnarsi in qualcosa. -
- Hai ragione; tu sei a riposo da oltre un anno. Io invece sto temporeggiando, anche se da alcuni mesi il funzionario capo è Antonio. Io resto lì per dargli una mano e... detto tra noi, sono molto affezionato ad Antonio - confessò Gino, e si schernì con la mano quasi si vergognasse, e aggiunse sommessamente: - Quei venti anni di differenza d'età a volte mi lasciano pensare... -
Max sapeva come quei vent'anni di differenza potesse significare qualcosa, ma non ne avevano la certezza. E nell'incertezza spesso accarezzavano quel sogno. E di lì a qualche anno i loro corpi avrebbero iniziato a gonfiarsi e con i volti sfigurati sarebbero morti entro pochi mesi portandosi nella tomba quel dubbio.
- Purtroppo è così da sempre e per tutti; inutile stare a parlarne - ammise Gino.
- Hai ragione, meglio non pensarci e distrarsi impegnandosi nella conoscenza della storia del passato... a tal proposito proprio adesso abbiamo una riunione. Se aspetti propongo all'assemblea la tua affiliazione. -
Gino gli fece un gesto d'assenso.
Max fissò per alcuni istanti i suoi occhi chiari, notando anche che il colore dei capelli da biondo chiaro stava virando al bianco cenere. Nell'allontanarsi ebbe la sensazione che l'uomo stesse tramando qualcosa. Gli sembrò strano che colui che era stato, o forse lo era ancora, funzionario capo dell'Unità Centrale, l'uomo più potente della città, che riceveva e applicava gli ordini dell'Unità Centrale Nazionale, fosse attratto dalla storia della civiltà estinta. Oppure sospettava qualcosa e stesse indagando sulla sparizione delle otto persone, tutte socie del circolo. Per un attimo si sentì mancare, come se in un istante crollasse il castello di congetture fatte insieme agli amici e volte a scoprire il perché quella civiltà evoluta si fosse dissolta, e chi, adesso, era a capo di quello strano sistema in cui si trovavano a vivere. E sopratutto non riusciva a capire quale ne fosse il fine. Ma si rasserenò pensando che Gino, essendo un settantaduenne con pochi anni di vita davanti, forse fosse stato sincero e non avesse altri intenti.
Max raggiunse il tavolo rialzato addossato alla parete e sedette in mezzo alla decina di vecchi soci, dinanzi alla platea composta da più di un centinaio di persone. Con aria svagata ancora una volta si sorprese a guardare la prestanza fisica degli astanti, nonostante la maggioranza fossero anziani. Ma nei reperti archeologici aveva letto d'esseri umani alti e bassi, belli e brutti; e il brutto era scomparso, inspiegabilmente. Loro erano tutti alti: gli uomini oltre il metro e ottanta e le donne di poco più basse. Anche nei lineamenti del viso vi era qualcosa che li accomunava. L'unica differenza stava nel colore dei capelli e degli occhi.
Notò, come al solito, che i soci più scettici sedevano nelle ultime file. Li conosceva tutti e sapeva di chi poteva fidarsi. Si voltò verso Rocco, che iniziò a raccontare degli usi e costumi nell'Europa del XIX e XX secolo, illustrando brevemente l'argomento della settimana seguente.
Dopo quella piccola introduzione prese la parola Max, che alzandosi salutò le donne e gli uomini venuti ad ascoltarlo. Subito li informò che Gino gli aveva espresso il desiderio di far parte del circolo culturale. Loro avrebbero dovuto decidere se accettarlo come socio.
Nella sala iniziò un vociare confuso. Max percepì l'imbarazzo della platea perché tutti sapevano che Gino era un integerrimo funzionario dell'Unità Centrale, e quella richiesta d'affiliazione sembrava una provocazione.
- Da pochi mesi ha lasciato l'incarico... e non credo che voglia partecipare alle nostre riunioni per carpirci dei segreti. Noi non siamo una setta segreta - sottolineò, e sapeva che i dubbi dell'assemblea sarebbero svaniti solo se lui dimostrava di credere alle parole dell'uomo conosciuto da sempre.
Max mascherò bene la sua riluttanza verso il funzionario, così la maggioranza della platea sembrò convinta, e alzò il braccio.
Max, dopo uno sguardo d'intesa con Rocco, gli disse di recarsi da Gino a comunicargli la buona notizia, e invitarlo a entrare nella sala.
Nel vederlo arrivare Max gli fece un segno con la mano e gli indicò di sedersi. Dopo il saluto ufficiale di rito, Max iniziò a raccontare dello stato sociale e com'era suddivisa l'Europa nel XIX secolo. Tutto faceva parte di quel piano preparato insieme a Rocco, Giovanni e Luciano, che avevano in comune la passione della lettura oltre alla curiosità verso quella civiltà descritta nei libri.
Decisero, in seguito, di trasmettere le conoscenze acquisite anche ad altri, così fondarono quel circolo in cui si ritrovavano a parlare, a volte di cose enigmatiche.

Damiano Cardone

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