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Raffaele Boccia

Ho effettuato studi artistici all'Accademia a Venezia. Ho iniziato come regista e scenografo in teatro, per passare poi alla televisione. Nel '95 cambio vita, e parto per il Cile, poi per la Cina, dove lavoro per molti anni come consulente. Ho girato gran parte del mondo, incontrando popoli e culture, fino a Ushuaia, finis terrae. D'altronde credo che prima di scrivere sia necessario vivere, conoscere, e così ho cercato di fare. Avevo sempre con me il mio taccuino, sul quale annotavo le impressioni di viaggio, e le storie dei viaggiatori. Così è nato, per esempio “Foglie nella corrente”, ma anche altri miei romanzi. Frequentando il teatro, sia prosa che lirico, mi è rimasta una visione strutturata della narrazione e del piacere di narrare, uniti al piacere di divulgare con vari strumenti le vicissitudini e la condizione umane. Ora vivo a Treviso, in una casa sul fiume, e insegno cinema e sceneggiatura

Writer Officina: Qual è stato il momento in cui ti sei accorto di aver sviluppato la passione per la letteratura?

Raffaele Boccia: La passione c'è sempre stata. Alle elementari mi faceva compagnia un librone, che ho ancora, “L'enciclopedia della fiaba”, edizione 1949 illustrata da Aleardo Terzi. Poi alle medie, tutta la serie degli Oscar Mondadori, benefica edizione che mi permise di scoprire molti autori, il mio preferito Hemingway che mi ha insegnato a scrivere. E poi migliaia di altri libri, mondi, fino ad oggi. In realtà, ho iniziato a scrivere in modo strutturato quando frequentavo il cenacolo di Ermanno Olmi “Ipotesi Cinema”. Lì si progettavano storie, che diventavano sceneggiature. E la sceneggiatura è stata la mia prima forma di scrittura. Cosa che ha in seguito influenzato anche il mio modo di scrivere racconti e romanzi. Ma anche teatro.

Writer Officina: C'è un libro che, dopo averlo letto, ti ha lasciato addosso la voglia di seguire questa strada?

Raffaele Boccia: I 49 racconti di Hemingway. Ho sempre amato quella scrittura asciutta, senza fronzoli. In particolare gli intermezzi che ammiro molto. In effetti non ho mai voluto essere uno scrittore, e non reputo esserlo nemmeno oggi. Semplicemente mi piaceva e mi piace scrivere, lo trovo naturale come espressione. Raccontare.

Writer Officina: Dopo aver scritto il tuo primo libro, lo hai proposto a un Editore? E con quali risultati?

Raffaele Boccia: Al primo no, al terzo, ho pensato di provare, da perfetto ignorante del mondo dell'editoria. Nessuna risposta. Poi ho imparato che serve, oltre a un buon testo, tenacia fortuna marketing. Tutte attività che mi annoiano e non mi interessano. Così, per distribuire i miei libri ad amici e conoscenti, ho pubblicato su Amazon, e mi ritengo soddisfatto. Mai avuta l'ossessione di essere “pubblicato”, inoltre magrissimo il ritorno economico, e altissima la concorrenza che diviene un rumore di fondo dal quale è quasi impossibile emergere. Ci sarebbero i così detti “social”, vero, ma proprio non fanno per me.

Writer Officina: Ritieni che pubblicare su Amazon KDP possa essere una buona opportunità per uno scrittore emergente?

Raffaele Boccia: Ritengo di sì, se si ha un pubblico potenziale al quale rivolgersi. Pubblicare e basta, senza una qualche promozione, è sicuro insuccesso, inteso come mancanza di lettori. Se uno pubblica è per diffondere, avere un pubblico, a quel che scrive. Non avere pubblico è come un attore che reciti in un teatro vuoto.

Writer Officina: A quale dei tuoi libri sei più affezionato? Puoi raccontarci di cosa tratta?

Raffaele Boccia: Come si dice di solito, “non ho figli prediletti”. Ho scritto di mondi e personaggi diversissimi tra loro, pur con una matrice comune costituita dal mio vissuto. Se proprio dovessi scegliere un regalo, inizierei con “Libro dei baci perduti”, che non è un romanzo, ma un taccuino di meditazioni su amore, universo, vita e morte. Cioè quel che ho imparato vivendo. Tra i romanzi forse il primo scritto, “Rio della Misericordia”, una storia distopica di amore e morte, ambientata a Venezia. Si parla di un morbo che avvolge il mondo, e dei personaggi che cercano di sfuggirgli. Una storia d'amore con altre storie a corollario. No, non parla del Covid, è stato scritto nel 1983 come prima stesura.

Writer Officina: Quale tecnica usi per scrivere? Prepari uno schema iniziale, prendi appunti, oppure scrivi d'istinto?

Raffaele Boccia: Non uso nessuna tecnica o schema. Prendo degli appunti su un'idea iniziale, un punto della storia, e lascio decantare. Quando la storia decide di essere raccontata mi siedo e la scrivo. Nei 2-3 mesi che impiego nella stesura, vivo in simbiosi con i personaggi, li vedo agire e parlare, e semplicemente descrivo quel che vedo. In un certo modo, così si scrivono le sceneggiature, nelle quali si descrive unicamente quel che accade, con il limite di dover tralasciare quel che i personaggi pensano o sentono. I romanzi differiscono dalla sceneggiatura appunto perché non hanno questo limite.

Writer Officina: In questo periodo stai scrivendo un nuovo libro? È dello stesso genere di quello che hai già pubblicato, oppure un'idea completamente diversa?

Raffaele Boccia: Ho appunti per almeno tre-quattro nuovi romanzi, ma nessuna di queste storie ha ancora la forza immaginativa per essere scritta. Non ho fretta. Se qualcuna di esse, o un'altra, si fa avanti, la servirò con piacere. Io credo che chi scrive sia solo un tramite tra la storia che vuol essere raccontata e le parole per raccontarla.

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