Piergiorgio
Pulixi Nato a Cagliari nel 1982, ha compiuto gli studi
classici e, dopo un periodo trascorso a Londra, vive
a Milano. Fa parte del collettivo di scrittura Mama
Sabot, creato da Massimo Carlotto, di cui è
allievo. Insieme allo stesso Carlotto e ai Sabot,
ha pubblicato diversi titoli a partire da Perdas
de Fogu, per poi continuare con Lalbero
di microchip, Un amore sporco (nel trittico
Donne a perdere) e Padre nostro. Nel 2009 inizia
la saga poliziesca di Biagio Mazzeo con il
noir Una brutta storia, proseguita con La
notte delle pantere e Per sempre. Lultimo
romanzo della quadrilogia è Prima di dirti
addio. Del 2014 è il noir psicologico Lappuntamento.
Nel 2015 inizia la serie thriller I canti del male
con il romanzo Il canto degli innocenti a cui
segue, nel 2017, La scelta del buio. Protagonista
di questa nuova serie è il commissario Vito
Strega. Nel 2016 scrive, con Massimo Carlotto,
Lovers Hotel, la prima audioserie italiana,
diffusa sulla piattaforma Audible. Nel 2017 pubblica
la sua prima antologia intitolata L'ira di Venere,
una raccolta di racconti noir sull'universo femminile,
per puntare il dito contro la piaga del femminicidio,
un tema che aveva già affrontato con il racconto
Non sarà mai lultima, pubblicato
nellantologia Nessuna più, curata
da Marilù Oliva. Nel 2018 pubblica per Rizzoli
il thriller Lo stupore della notte, romanzo
che sonda le paure di molti, immaginando un attacco
terroristico a Milano. Nel 2019, sempre per Rizzoli,
pubblica il thriller L'isola delle anime, questa
volta ambientato nella sua terra: la Sardegna, con
cui vince il premio Scerbanenco per il miglior noir
dell'anno, e il prequel di Lo stupore della notte,
il thriller L'ultimo sguardo in ebook. Nel
2020 è presente nell'antologia Giallo sardo,
insieme ad altri autori quali Marcello Fois, Francesco
Abate, Eleonora Carta e Fabio Delizzos. È stato
relatore al Crime Writers Festival 2016 a Nuova Delhi,
in India, e al Deal Noir Festival 2016 nel Kent, in
Inghilterra.
Li
chiamano cold case. Sono le inchieste senza soluzione,
il veleno che corrompe il cuore e offusca la mente
dei migliori detective. Quando vengono confinate alla
sezione Delitti insoluti della questura di Cagliari,
le ispettrici Mara Rais ed Eva Croce ancora non lo
sanno quanto può essere crudele un'ossessione.
In compenso hanno imparato quant'è dura la
vita. Mara non dimentica l'ingiustizia subita, che
le è costata il trasferimento punitivo. Eva,
invece, vuole solo dimenticare la tragedia che l'ha
spinta a lasciare Milano e a imbarcarsi per la Sardegna
con un biglietto di sola andata. Separate dal muro
della reciproca diffidenza, le sbirre formano una
miscela esplosiva, in cui l'irruenza e il ruvido istinto
di Rais cozzano con l'acume e il dolente riserbo di
Croce. Relegate in archivio, le due finiscono in bilico
sul filo del tempo, sospese tra un presente claustrofobico
e i crimini di un passato lontano. Così iniziano
a indagare sui misteriosi omicidi di giovani donne,
commessi parecchi anni prima in alcuni antichi siti
nuragici dell'isola. Ma la pista fredda diventa all'improvviso
rovente. Il killer è tornato a colpire. Eva
e Mara dovranno misurarsi con i rituali di una remota,
selvaggia religione e ingaggiare un duello mortale
con i propri demoni.
Se
la incontri non la dimentichi, perché il commissario
Rosa Lopez è pronta a sacrificare un ostaggio
per riportare la situazione in parità. La ricordano
ancora in Calabria, dove si è fatta le ossa
nella guerra alle cosche. Non la dimenticano oggi,
a Milano. Lettere minatorie e proiettili nella cassetta
della posta sono il premio per una carriera che l'ha
condotta ai vertici dell'Antiterrorismo. Ma dietro
la scorza da superpoliziotta, Rosa cova il tormento:
il suo compagno è in coma, vittima di un attentato.
E non c'è solo il senso di colpa, ci sono anche
le frequentazioni con quelli del Lovers Hotel, il
luogo che non esiste, in cui niente è proibito
e quando qualcuno deve cantare si attacca la musica
della tortura. La sbirra, però, non può
cedere alla donna. Una minaccia gravissima incombe
sulla città: la più perfida delle menti
criminali ha ordito un piano di morte. Lo chiamano
il Maestro e insegna l'arte della guerra. Per fermarlo,
la Lopez scivolerà in una spirale di ricatti,
tradimenti e vendette.
Una
saga che ha per protagonisti una banda di poliziotti
che si muovono ai confini della legge; un romanzo
che getta coraggiosamente luce su un argomento tabù
come quello della corruzione nelle forze di polizia.
"Una brutta storia" è un dramma poliziesco
corale che trasuda passioni, richiamando il pathos
delle tragedie unito all'epica narrativa delle serie
tv americane. Quella dell'ispettore Biagio Mazzeo
non è una famiglia normale. E una famiglia
composta solo da poliziotti. Un clan molto unito.
Un branco dove si combatte insieme contro il crimine.
Ma Mazzeo e i suoi ragazzi non sono poliziotti comuni:
sono una banda di sbirri corrotti in seno alla Narcotici,
che hanno preso il controllo delle strade col pugno
di ferro. Mazzeo guida i suoi come se fosse un patriarca
mafioso e farebbe qualsiasi cosa pur di salvaguardare
l'integrità della sua famiglia: anche andare
contro i suoi superiori o uccidere. Quando si presenta
loro il colpo della vita, quello che potrebbe renderli
tutti dei milionari, Mazzeo e la sua squadra non si
tirano indietro. Ma il caso vuole che sulla loro strada
spunti il cadavere di un criminale ceceno, non un
delinquente qualsiasi, bensì il fratello di
Sergej Ivankov, un potente mafioso ex leader della
guerriglia di liberazione della Cecenia. Ivankov e
il suo clan si recano in Italia in cerca di vendetta:
quella che scateneranno contro Mazzeo e i suoi uomini
sarà una guerra senza pietà.
Abel Wakaam: Ciao Piergiorgio. La prima curiosità
che mi viene in mente, scorrendo la lunga lista dei
tuoi romanzi, riguarda il motivo di questa scelta
di genere. Una decisione difficile perché ti
ha portato a scontrarti con i "mostri sacri"
del Noir. È la voglia di una sfida che ti ha
appassionato, oppure ti sei semplicemente lasciato
trascinare nell'ombra da queste trame?
Piergiorgio Pulixi: A mio avviso lunica
sfida, quando ci si impegna in qualsiasi impresa,
è sempre e solo con sé stessi. Cerco
sempre di migliorarmi e di essere oggi un poco più
bravo rispetto a ieri. Gli altri autori nel
mio caso sono dei modelli e delle fonti di
ispirazione, non degli avversari. La passione per
il noir discende dallamore verso quelle letture
quandero ragazzo, e soprattutto dallincontro
con Massimo Carlotto, il mio maestro, attraverso il
quale ho compreso le potenzialità di questo
genere che esulano dal puro intrattenimento (che è
importantissimo, beninteso) e mirano a raccontare
nel modo più lucido possibile le storture della
società e per dirla con Hegel
limmensa complessità del reale.
Abel Wakaam: Hai usato spesso un personaggio
femminile per caratterizzare le tue storie. Ritieni
che la presenza di una donna forte sia determinante
per coinvolgere il lettore?
Piergiorgio Pulixi: Ritengo semplicemente
che in questo preciso momento storico, nella letteratura
crime, sia più interessante raccontare punti
di vista femminili sul mondo del crimine e della giustizia.
Da una parte perché le donne sono state raccontate
poco da questo genere, che per tanti anni è
stato completo appannaggio di protagonisti maschili.
Dallaltra parte è un grande stimolo intellettuale
per un autore cercare di sondare la forma mentis femminile
con tutte le sue ammalianti sfumature, punti di forza,
dubbi, fragilità, intuizioni e coraggio. Se
poi vogliamo spostare il discorso su un piano meramente
editoriale, senz'altro il lettore medio italiano è
una lettrice per l85% , tra i 29
e i 72 anni. Basta presenziare a qualsiasi evento
letterario pubblico e ci si può rendere conto
della netta prevalenza di donne nella platea. Fatta
eccezione per i quadri dirigenziali unaltra
stortura tutta italiana - le donne sono maggioritarie
allinterno delle case editrici; idem per le
agenzie letterarie. E ho il sospetto che anche le
libraie siano percentualmente di più rispetto
ai librai. Leditoria italiana come tante
altre realtà è sorretta dalle
donne, ed è il momento di affermarlo con molta
chiarezza.
Abel Wakaam: I tuoi dialoghi sono sempre molto
piacevoli, ironici e mai scontati, e li usi per far
raccontare ai protagonisti la loro personale visione
dei fatti. In questo modo, a differenza dell'autore,
loro possono mentire e staccarsi dalle pagine del
libro per prendere vita. È una tecnica che
personalmente apprezzo molto, ma mi incuriosice capire
in quale modo riesci a calarti così profondamente
nel personaggio, tanto da immedesimarti completamente
in lui.
Piergiorgio Pulixi: Utilizzo una tecnica propria
del teatro, del cinema, e che più in generale
fa parte del bagaglio tecnico degli attori: scrivo
per immedesimazione completa con il personaggio. Prima
di iniziare a scrivere cerco di plasmarlo nella mia
mente in tutte le sue sfaccettature, creando una biografia
del personaggio, esplorandone le motivazioni, le pulsioni,
gli amori e le idiosincrasie. Cè una
maieutica costante con i personaggi, perché
lobiettivo è diventare quel
dato personaggio, arrivando a vedere il mondo attraverso
i suoi occhi, con il suo filtro esperienziale. Così
facendo diventa tutto più naturale. Anche farlo
parlare, trovando il suo timbro, la sua cadenza, la
sua voce. Do molta rilevanza nei miei
libri ai dialoghi perché portano avanti la
narrazione e rivelano i tratti caratteristici dei
personaggi, soprattutto attraverso il sottotesto,
ovvero tutto ciò che decidono consciamente
o inconsciamente di tacere.
Abel Wakaam: In l'Isola della Anime hai
usato poche descrizioni fisiche, lasciando al lettore
il compito di plasmare i lineamenti dei personaggi,
attingendo direttamente al proprio immaginario. La
forte caratterizzazione che hai dato agli stessi li
ha però scolpiti in modo indiscutibile. È
stata una scelta, oppure è un nuovo stile con
cui hai voluto raccontare questa storia?
Piergiorgio Pulixi: Sicuramente è stato
un libro in cui ho dovuto necessariamente adottare
uno stile e unimpronta letteraria diversa, perché
era il mio primo romanzo ambientato in Sardegna, la
mia terra, e dovevo in qualche modo marcare una cesura
rispetto alla mia produzione passata. In quel libro
ho dato molto rilievo, soprattutto nella prima parte,
alle descrizioni naturalistiche, archeologiche, e
a una sorta di immersione sensoriale del lettore in
questa terra così antica. Di contro, a parte
alcuni dettagli, ho descritto molto poco i personaggi
a livello fisico, perché cerco sempre di non
violentare limmaginazione dei lettori,
costringendoli a immagini di personaggi già
del tutto costruite. Amo lasciar lavorare limmaginazione
del lettore. Amo che scriva insieme a me la parte
fantasma del romanzo, quella che lascio volutamente
incompleta, perché è lei o lui a dover
aggiungere dettagli attraverso il filtro del proprio
gradimento e della propria esperienza. In questo modo
il lettore entrerà più in profondità
con la storia e la sentirà in maggior misura
propria.
Abel Wakaam: Abbiamo tutti bisogno di un maestro
che a volte arriva senza mai averlo cercato. Come
hai conosciuto Massimo Carlotto e cosa si può
imparare dagli altri in un genere che ha un forte
legame personale con l'autore?
Piergiorgio Pulixi: Chuck Palahniuk lha
scritto molto meglio di me: Niente di me è
originale. Sono il risultato dello sforzo di tutti
quelli che ho conosciuto. Per me è così
nel modo più assoluto: sono il frutto di tutti
gli incontri che ho avuto nella mia vita, quelli piacevoli
e quelli spiacevoli. Ogni esperienza ti plasma e ti
insegna qualcosa, e non aprirsi al mondo e
quindi alle persone per paura di rimanerne
delusi o feriti è sempre un grande errore.
Tutte le persone che ho incontrato e che incontrerò
perpetueranno questo meccanismo di metamorfosi continua,
che a mio avviso è il dono più grande
della nostra vita. Massimo Carlotto per me ha rappresentato
vedere e toccare con mano il lavoro di un vero artista
e di un indefesso artigiano della parola. Osservarlo
al lavoro è stata unesperienza irripetibile,
così come studiare la sua impostazione metodologica.
Ma sono ancora più onorato e fortunato per
aver visto luomo dietro lo scrittore: una persona
estremamente generosa, onesta e coerente con le proprie
scelte. Massimo è un vero professionista e
un gentiluomo daltri tempi. Se per osmosi avessi
introiettato anche solo un grammo della sua classe,
mi considererei davvero fortunato.
Abel Wakaam: Le protagoniste dell'Isola
delle Anime sono due donne caparbie con una vita
complicata, seppur per motivi diversi, in eterno conflitto
con i colleghi e con loro stesse. Come le hai convinte
a collaborare tra loro?
Piergiorgio Pulixi: Facendo capire che erano
sole contro tutto e tutti e che quindi potevano fare
affidamento soltanto luna sullaltra. Laccettazione
interiore della loro completa solitudine le ha portate
a fare squadra. Era da tantissimo tempo che desideravo
scrivere un romanzo sullamicizia femminile.
Eva e Mara forse non sono ancora amiche, ma il processo
per arrivarci è davvero entusiasmante da raccontare.
Abel Wakaam: "Il noir si distingue
dal giallo classico per la marcata componente sociologica,
per la caratterizzazione dell'ambientazione (che diventa
vera protagonista della storia, mentre nel giallo
classico rimaneva solo sullo sfondo). Il noir è,
per sua natura, totalmente privo del finale consolatorio".
È davvero ancora così?
Piergiorgio Pulixi: Questo ormai ha molto
a che fare con linterpretazione che il singolo
autore ha e dà del noir. Tradizionalmente è
vero: in questo genere si è sempre preferita
nei finali lamarezza rispetto alla luminosità.
Ma unaltra prerogativa del genere è ladattamento
continuo ai tempi e alla società che si vogliono
descrivere, tenendo anche conto delle esigenze dei
lettori, che variano di epoca in epoca. È probabile
che in un momento di sbandamento e crisi, come quello
che stiamo vivendo, i lettori nutrano il desiderio
di sentirsi più consolati rispetto al passato
anche nelle pagine di un romanzo poliziesco; essendo
già immersi in un mondo e una situazione molto
noir uniniezione pura al cento per
cento di cinismo e disillusione potrebbe essere fatale,
portandoli a unoverdose.
Abel Wakaam: Che consigli puoi dare a chi
vuole intraprendere oggi la tua strada?
Piergiorgio Pulixi: Di capire sin da subito
che cè unabissale differenza tra
il voler scrivere e voler essere
o fare lo scrittore. Si scrive sempre per passione
e per divertimento, anche se la platea dei lettori
fosse composta da cinque lettori. Se invece avviciniamo
la scrittura per ambizione, vanagloria o per pompare
intellettualmente il nostro ego, meglio dedicarsi
ad altro. Lamore per le storie e per le parole
è sempre il discrimine. Risolto questo nodo
cruciale, consiglio di divertirsi e lavorare il più
possibile per trovare la propria voce.
Abel Wakaam
Photo by Luciano
Onza
© Writer Officina
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