Patrizia
Carrano (Crespano del Grappa, 27 aprile 1946)
è una giornalista, scrittrice, autrice radiofonica
e sceneggiatrice televisiva italiana.
Ha trascorso l'infanzia a Venezia, senza andare a
scuola. Quando i suoi genitori, rapidamente separati,
si sono trasferiti a Roma, ha sostenuto l'esame di
ammissione alla prima media. Lascia il liceo a 17
anni per sposarsi. A 19 anni ha iniziato a lavorare
a Noi Donne, settimanale dell'Udi (Unione donne italiane),
diretto in quel periodo da Miriam Mafai, divenuta
sua mentore e madre culturale. Qualche tempo dopo
la sua separazione si è unita a Nanni Loy,
con cui ha vissuto un decennio. Pur restando a Noi
Donne, ha collaborato a Panorama, Tempo Illustrato,
Amica, Max, Elle, Tango (il supplemento satirico dell'Unità
diretto da Sergio Staino) e numerose altre testate.
In seguito sarà una firma di Sette, il Magazine
del Corriere della Sera. Per circa vent'anni ha partecipato,
prima per Raitre e poi per Raiuno, a una trasmissione
quotidiana dal festival del cinema di Venezia. Come
autrice ha debuttato nel 1977 per la Guaraldi Editore
con "Malafemmina", un saggio sulla donna
nel cinema italiano con prefazione di Giovanni Grazzini.
Nel 1978, sempre per Guaraldi, ha firmato "Le
signore grandi firme", dieci interviste alle
più note giornaliste italiane, da Natalia Aspesi
a Oriana Fallaci, a Miriam Mafai, tentando di delineare
la presenza e il ruolo, allora molto esiguo, delle
donne nella stampa.
Nel gennaio del 1982 esce "La Magnani. Il romanzo
di una vita" edito da Rizzoli, una biografia
che le valse la stima di Federico Fellini.
Seguirà "Stupro. Il romanzo verità
di una ragazza e dei suoi quattro violentatori"
che ricostruisce l'odissea di una ragazza violentata
da un gruppo di padri di famiglia.
"Baciami stupido", una sorta di controgalateo
amoroso, esce nel 1984 in cinque edizioni, con traduzioni
in tedesco, francese e spagnolo. L'anno seguente dà
alle stampe "Una furtiva lacrima", in cui
con il medesimo tono scherzoso esamina le strategie
per elaborare il dolore di un abbandono.
Nel 1992 il primo romanzo "Cattivi compleanni",
salutato con successo di critica e di pubblico.
Abbandona poi i temi della condizione femminile che
avevano fino ad allora contrassegnato il suo lavoro
di autrice e di giornalista e scrive "L'ostacolo
dei sogni", un romanzo che ha per protagonista
un cavallo realmente esistito: l'irlandese Frothblower,
ribattezzato in Italia Osoppo, che nel maggio del
'38 fu montato dal capitano Antonio Gutierrez e conquistò
il record mondiale di elevazione saltando a piazza
di Siena 2 metri e 44 centimetri.
I cavalli saranno protagonisti anche di due raccolte
di racconti: "Notturno con galoppo" (Mondadori)
e "Campo di prova" (Rizzoli).
Nel 2000 si delinea un terzo filone nella sua produzione:
il romanzo storico. In quell'anno esce per Mondadori
" Storia della prima donna laureata del mondo",
a cui seguirà per Rizzoli "Le armi e gli
amori" ambientato nel Mediterraneo cinquecentesco.
Segue "Donna di spade", ancora per Rizzoli,
e racconta la storia di una spadaccina che finisce,
travestita da uomo, nella casa di Denis Diderot, mentre
è alle prese con la stesura dell'Encyclopédie.
Per la casa Editrice Italo Svevo ha pubblicato nel
2016 "Un ossimoro in Lambretta. Labirinti segreti
di Giorgio Manganelli", di cui è stata
amica e sodale (a lui si deve il titolo Cattivi compleanni)
"un libro che si fa schermo dietro la modestia
ma che sa arrivare dove biografie ben più ponderose
falliscono". Nel 2018, sempre per la Italo Svevo,
esce "Banco di prova. Indagine su un delitto
scolastico", che rievoca il suicidio di un giovane
allievo del liceo romano Torquato Tasso avvenuto nei
primi anni Sessanta.
Ha lavorato frequentemente anche ai microfoni di Radio2,
e per Raiuno ha scritto alcune fiction di grande ascolto
fra cui "Assunta Spina" e "Rebecca",
ambedue con la regia di Riccardo Milani, e infine
la serie "Butta la luna", con otto puntate
dirette da Vittorio Sindoni.
Il suo ultimo romanzo, edito da Vallecchi Firenze,
è "La Bambina che mangiava i comunisti".
La
bambina che mangiava i comunisti. Roma, metà
anni Cinquanta. Nella capitale, dove i pittori mangiano
a credito nelle osterie, le ragazze sognano Cinecittà,
e gli intellettuali si interrogano se sia meglio essere
fuori o dentro il PCI, approda la piccola Elisabetta,
figlia di una comunista bella e irrequieta, decisa
a conquistare un posto di rilievo nella grande macchina
organizzativa del Partito. Al seguito della madre
entrerà a Botteghe Oscure; mangerà le
lasagne rosse alla mensa della CGIL; aspetterà
con pazienza che finiscano le riunioni in sezione;
incontrerà artisti come Turcato e Mafai, poeti
come Cardarelli, ma soprattutto passerà interi
pomeriggi a Campo Parioli, fra gli accampati sui terreni
destinati al futuro Villaggio Olimpico. La bambina
che mangiava i comunisti racconta il Partito con gli
occhi innocenti ma inquisitori di una bambina capace
di intuire, con le sole armi dell'infanzia, la fine
di una collettiva sbornia politica che avverrà
nel fatidico 1956, quando la neve imbiancherà
Roma, crollerà il mito di Stalin, l'URSS invaderà
l'Ungheria, ed Elisabetta compirà dieci anni.
Abel Wakaam: Ciao Patrizia, sulle prime pagine
del tuo libro si legge un divertente paradosso: "Chi
vuole di nuovo il Pci è un pazzo, ma chi non
ne ha nostalgia è senza cuore". Giusto
per rompere gli indugi, a quale delle due categorie
appartieni?
Patrizia Carrano: Non ho mai avuto la tessera
del Pci, perché mi sono sempre sentita un "cane
sciolto". Però il ricordo della grande
coesione di quelle masse popolari mi è rimasto
dentro. Era un portato di un'Italia che aveva sofferto,
che rilanciava la palla, che aveva una bella idea
dell'essere compagni. Ricordiamo che compagno significa
"spezzare il pane con". Noi ora mangiamo
da soli anche quando siamo con gli altri.
Abel Wakaam: A parte il meraviglioso titolo
del romanzo, cosa ti ha spinta a togliere dall'ultimo
cassetto le bandiere rosse di "pomodoro scarlatto"
per appenderle all'aria in questo preciso momento,
dove il loro colore vermiglio si fonde con l'azzurro
del cielo e il giallo del grano maturo?
Patrizia Carrano: Questo libro è stato
pensato due anni fa. Era già stata ammazzata
Elena Politkovskaia, ucciso il dissenso, erano stati
fatti fuori testimoni scomodi con il polonio. Questo
per quel che riguarda la Russia. Nell'Unione Europea
ho l'impressione che la sinistra abbia perso tanti
treni. Non si tratta di fare la rivoluzione, ma di
offrire una piattaforma di pensiero democratico in
cui le grandi masse possano riconoscersi al di là
del lavoro, che sta ormai scomparendo. Io avevo voglia
di raccontare la grande fatica di crescere di una
ragazzina che vuole pensare con la sua testa. E poi
il Pci visto da uno sguardo infantile mi sembrava
un'idea fertile. Almeno per me.
Abel Wakaam: "La mamma ha un tailleur
duna stoffa che si chiama grisaglia: la piccola
giacca a tre bottoni fiorisce sulla gonna stretta,
che sallunga fin sotto il ginocchio e dietro
ha uno spacco per permetterle di camminare. È
il tailleur delle occasioni in cui occorre far buona
impressione: eleganti ma serie, composte ma femminili.".
Sin dalle prime righe si apprezza il tuo stile spigliato,
autentico. È un modo diretto per attingere
ai ricordi, al punto che la storia sembra presentarsi
sulla soglia della nostra coscienza, riportandoci
in quegli anni in cui la politica si scriveva in maiuscolo
e ci si vestiva a festa per andare alla sede della
CGIL. Esiste ancora quel tailleur di grisaglia o è
rimasto soltanto nella memoria?
Patrizia Carrano: Quel tailleur l'aveva mia
madre, e ho una sua fotografia in cui lo indossa.
Non l'ha mai messo per andare alla CGIL. Perché
in questo romanzo è tutto falso e tutto vero,
come sostengo nella nota dell'autore. I narratori
fanno come il dottor Frankenstein: prendono un pezzo
vero, poi uno inventato, poi un altro modificato e
costruiscono un Golem, un robot, una creatura artificiale.
Se sono bravi, quel Golem è più vero
del vero.
Abel Wakaam: "I viaggi in treno sono
sempre segnati dallansia del biglietto: la mamma
ne ha avuti in regalo due da un compagno deputato.
Sono dei biglietti omaggio di primaclasse, con la
data e la destinazione scritte a penna, e per poterli
usare nuovamente, la mamma usa la scolorina. I controllori
non si sono mai accorti di nulla, ma quando passano
la piccola viene presa da unansia che le fa
sbarrare gli occhi". Li ricordo quei lunghi
viaggi in treno, fuggendo da una carrozza all'altra
per non incrociare il controllore. Chi viaggiava per
politica aveva una valigetta che non perdeva mai di
vista. Ho sempre immaginato che contenesse chissà
quali segreti. Oltre all'entusiasmo e la voglia di
cambiare il mondo, cosa c'era davvero?
Patrizia Carrano: C'è un libro di Maurizio
Ferrara, che si intitola " I cassetti segreti
del Pci", in cui si indaga sulle molte carte
riservate di via Botteghe Oscure. Ma io ero una bambina,
non ne ho mai avuto contezza. E non ero troppo curiosa
di cosa dicevano i grandi.
Abel Wakaam: "Davanti al palazzone
di via Botteghe Oscure, Elisabetta ha un brivido di
soggezione e sperdimento. Se lo aspettava colorato
come San Basilio, pieno di bandiere rosse che trasudassero
orgoglio e appartenenza. Avrebbe dovuto progettarlo
Afanasjev e invece è serio, cupo, vasto. Anche
più di quello della CGIL". Erano così
oscure le Botteghe Oscure a quel tempo?
Patrizia Carrano: Il palazzo di via Botteghe
Oscure è cupo e serioso per colpa della sua
architettura, influenzata da un tardo razionalismo,
non per le persone che ci stavano dentro. Fu comperato
con l'aiuto dei fratelli Marchini, due costruttori
romani vicini al Pci. Ora è la sede di una
banca.
Abel Wakaam: "Molto meglio mangiare
dai Chilanti che dalla signora Carcaterra, dove bisogna
stare fermi e composti, aspettando che la cameriera
serva gli involtini da sinistra e ritiri il piatto
da destra. La vecchia domestica se ne è andata,
lamentandosi di non essere pagata con puntualità,
ed è arrivata una spaventata ragazza di Frosinone,
senza nessuna esperienza, che fa irritare la padrona
di casa. «Le forchette a sinistra del piatto;
il coltello a destra con la lama rivolta verso linterno;
il tovagliolo a sinistra vicino alle forchette, con
la piega che guarda allesterno; i bicchieri
a destra; a sinistra il piattino del pane» ripete
ossessivamente la Carcaterra, mentre la poveretta
si confonde e scoppia in lacrime per la disperazione".
Il tuo romanzo è uno spaccato di memorie antiche,
dove le regole erano sinonimo di ferrea educazione.
Viste dagli occhi di una bambina potevano sembrare
una sorta di costrizione, ma nel contempo non traspare
alcuna forma di diniego. A quei tempi il cibo era
sacro e nessuno si sarebbe mai sognato di trasformarlo
in un capriccio. È così che si impara
a mangiare i comunisti?
Patrizia Carrano: È un'idea che non
mi era venuta in mente. Ma è vero che le cerimonie
borghesi, anche quelle del cibo, sanzionano una "distanza"
con la gente semplice, che deve accontentarsi di mense
povere con cibi poveri. L'anatema che la chiesa e
la democrazia cristiana avevano dato ai comunisti
(interpretando la volontà degli Stati Uniti,
e mettendoci del suo) li raccontava come dei mostri
sanguinari. Basta dare un'occhiata ai manifesti elettorali
del tempo. La bambina, che sogna quei mostri nei suoi
incubi notturni, ribalta la situazione, quando scopre
che i comunisti non sono come gli eroi delle favole.
Delusa da questa consapevolezza, che è il primo
segno della sua maturità, vuole papparseli
tutti.
Abel Wakaam: Sfogliando il tuo libro mi rendo
conto di quanto un testo possa diventare un autentico
affresco di storia. Molto più dei videogiornali
dell'epoca, che mostrano la faccia delle persone ma
non ne indagano l'animo. Le parole tracciano un solco
più forte dei fotogrammi sbiaditi di una macchina
da presa, perché sono cibo per la mente e concedono
il tempo di essere lette e rilette finché non
se ne comprende la vera essenza. Qual è lo
spirito che ti ha accompagnata durante la stesura
di questo romanzo?
Patrizia Carrano: La fatica più grande
non è stata documentarmi, anche se su "Campo
Parioli" i materiali sono pochi. E' stata piuttosto
quella di recuperare uno sguardo infantile. Provare
a ragionare con la testa di quei bambini. Non solo
Elisabetta, ma anche la piccola baraccata Cesira,
il bambino malato Uliano. I bambini sono ingenui,
ma hanno una logica ferrea: vanno dritti al cuore
delle cose.
Abel Wakaam: Un'ultima domanda di rito. Che
consigli ti senti di dare a chi sta timidamente cercando
di percorrere oggi la tortuosa strada della scrittura?
Patrizia Carrano: Scrivere ogni giorno e leggere
ogni giorno. Fare della scrittura una attività
quotidiana, anche soltanto con un diario. In modo
che non ci sia nessun diaframma - che non sia quello
critico - fra il pensiero e la sua forma scritta.
Non compiacersi e sfrondare senza pietà i propri
scritti. E leggere ogni giorno: da ragazza, ma già
lavoravo, in un periodo di part time, mi diedi il
compito di leggere un libro al giorno. Quando arrivai
all'edizione integrale dei "Tre moschettieri"
(tre volumi) mi diedi tre giorni. Il bravo Mariano
Sabatini ha scritto un libro sugli scrittori
e le loro metodologie di lavoro che si intitola "Scrivere
è l'infinito". Vale anche per la lettura:
"leggere è l'infinito".
Abel Wakaam
© Writer Officina
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