Michela
Panichi, 20 anni, iscritta al terzo anno di Lettere
moderne, è la vincitrice del Premio Campiello
Giovani 2020 con il racconto "Meduse".
"Spero sia linizio di qualcosa di più
grande, che i rapporti che ho stretto durante questo
percorso e i consigli che ho ricevuto mi possano arricchire."
La motivazione della giuria è stata la seguente:
"Meduse" di Michela Panichi si addentra
nelle geometrie psicologiche del rapporto fra due
fratelli, un ragazzino, un adolescente e una madre
che si scopre incinta di una nuova vita, ancora una
volta senza un padre presente. Levento sconvolge,
ridefinisce e alla fine ridispone in un nuovo equilibrio
le relazioni fra personalità diverse, che la
giovane autrice sa tratteggiare con finezza, pur con
qualche ingenuità nel ricorso a immagini e
temi convenzionali.
Grazia Redaelli: Innanzitutto complimenti
per il meritato traguardo! Cosa significa per te questo
riconoscimento?
Michela Panichi: Era il primo concorso nazionale
a cui partecipavo: non mi aspettavo neanche di arrivare
in cinquina, figuriamoci di vincere. Spero sia l'inizio
di qualcosa di più grande, che i rapporti che
ho stretto durante questo percorso e i consigli che
ho ricevuto mi possano arricchire. Sicuramente è
stata un'iniezione di voglia di fare e di consapevolezza.
So che nella mia vita voglio scrivere, è da
qualche anno che ci lavoro e questo riconoscimento
è una conferma del percorso che ho intrapreso.
Per il momento ancora devo rendermene conto: la notizia
è stata come una meteora, mi ha colpita e di
riflesso ha sconvolto le persone attorno a me. Non
avrei mai potuto immaginare la partecipazione che
mi ha accompagnata in questi giorni. Spero di riuscire
a concludere qualche progetto, nel prossimo anno
non so dire se sia una raccolta di racconti o un romanzo,
ma so che presto inizierò a lavorarci.
Grazia Redaelli: Come sei arrivata al Campiello?
Michela Panichi: Sono arrivata al Campiello
quasi per caso. Stavo leggendo un numero dell'Elzeviro
(periodico letterario) in cui era contenuto un racconto
di Eva Mascolino e all'interno della sua biografia
ho trovato scritto che era stata vincitrice del Campiello
Giovani 2015. Nonostante avessi partecipato varie
volte al concorso letterario del mio liceo, non ero
mai venuta a conoscenza dell'esistenza di premi
nazionali specificamente dedicati ai giovani. Avevo
scritto Meduse qualche mese prima e mi è sembrata
l'occasione perfetta per partecipare. In generale
il Campiello Giovani è un concorso poco conosciuto
in Campania: i canali social e le iniziative del premio
riescono a raggiungere soltanto un raggio ristretto
dell'Italia prevalentemente il nord
e la poca informazione che c'è in Campania
la trovo quasi colpevole. Spero che la mia vittoria
spinga altri ragazzi a partecipare, professori a pubblicizzare
il premio, studenti a informarsi. Nonostante sia iniziata
da poco, quella del Campiello sembra già un'esperienza
meravigliosa. Quest'anno è stato un anno
particolare, ma generalmente la selezione della cinquina
viene fatta in presenza e i finalisti partecipano
a vari eventi, tra cui presentazioni nelle scuole
e il Campiello ducale.
Grazia Redaelli: Parlaci del tuo racconto
Meduse. Come è nato?
Michela Panichi: Era febbraio dell'anno scorso ed ero andata
a scattare fotografie sul lungomare di Napoli. In
una delle spiaggette che si vedono dalla strada ho
notato un gruppo enorme di meduse morte sulla sabbia.
L'immagine mi è rimasta in testa per giorni,
prima che la trasponessi su carta: da una parte mi
colpiva la quantità e la consistenza degli
animali (secche come suole, dovevano essere lì
da almeno una settimana), dall'altra l'immagine
mi ricordava che da bambina, a Ischia, a volte capitava
che le ributtassi in mare. Credo di avere ancora lo
scatto da cui ho preso ispirazione per il racconto.
In seguito ho passato qualche giorno ad Ischia, a
Marzo, per un progetto fotografico a cui stavo partecipando
volevo vedere i luoghi che conoscevo in un
periodo diverso dall'estate, dismessi, ventosi.
Da qui ho tratto l'atmosfera del racconto. La
permanenza sull'isola mi ha aiutata ad avvicinarmi
alla materia: ho arricchito la narrazione di descrizioni
e particolari, arrivando a costruire completamente
la trama.
Grazia
Redaelli: È pura fantasia o hai preso spunto
da qualcosa di vissuto?
Michela Panichi: I luoghi sono esistenti,
li conosco da anni e, quando ho pensato a dove ambientare
il racconto, mi sono venute in mente tutte le estati
passate a Ischia. Quando scrivo, voglio essere più
veritiera possibile, soprattutto se si tratta di luoghi
che amo. Invece, la storia è completamente
inventata, così come i personaggi. La letteratura
è piena di descrizioni di rapporti familiari,
di fratelli guardati come figure di riferimento. L'idea
era creare un personaggio in cui tutti si potessero
rivedere, che crescesse durante l'arco del racconto
e provasse sentimenti anche deteriori Tommaso
sa di essere cattivo nei confronti di sua madre e
vuole che lei stia male, benché anche lui soffra
della situazione. Volevo raccontare qualcosa di semplice,
che evidenziasse sentimenti basilari come la gelosia
e raccontasse dell'accettazione della crescita.
Grazia Redaelli: Leggendo il tuo racconto
traspare una tematica trattata con uno sguardo a tratti
già maturo. Concordi con questa affermazione?
Michela Panichi: Non so se lo sguardo sia
già maturo. Penso che quello che ho descritto
sia l'unica reazione e trama possibile, dati
i tre personaggi di partenza. Chiunque abbia passato
il momento della transizione tra infanzia e adolescenza
potrebbe descrivere in modo similare come cambia il
modo di vedere i propri genitori. L'invidia per
un fratellino appena nato o ancora in pancia è
qualcosa di normalissimo, così come i sentimenti,
che nei ragazzi sono quasi amplificati. Credo che
la sua ripetibilità sia uno dei punti di forza
del racconto. Quello che considero adulto è
forse il modo in cui ho raccontato una trama semplice,
perché ha richiesto studio e struttura, perché
dopo la descrizione delle meduse ci ho messo almeno
un paio di settimane a decidere l'ordine degli
eventi, perché il racconto è circolare
(all'inizio è Bruno, quello in transizione,
mentre alla fine è Tommaso). Vado molto fiera
della costruzione di Meduse, mi sembra che tutti i
personaggi crescano durante la narrazione e ancora
mi chiedo come sia riuscita a scriverlo.
Grazia Redaelli: Nell'incipit descrivi una
bellissima immagine di meduse spiaggiate. "Sembravano
posizionate in quel modo da mani esperte, quasi fossero
state abbandonate dall'acqua nel momento culmine
della loro bellezza. Eppure, quella posizione serena
e immobile durava poco."
È in fondo così anche per Tommaso? La
posizione serena e immobile dell'infanzia
ha vita breve?
Michela Panichi: È esattamente quello
che volevo intendere. C'è, all'inizio
dell'isola di Arturo, una poesia scritta da Elsa
Morante in cui viene descritta in breve la trama,
anche se molto spesso non viene neanche notata. Viene
descritta l'infanzia come un momento edenico,
felice, e l'adolescenza come la rottura di questo
equilibrio uomo/natura: è un tema che ritorna
in molti romanzi, in Bassani, in Moravia, in Sartre.
Quello che colpisce Tommaso è l'incapacità
di scelta delle meduse, il fatto che siano trascinate
dalle correnti e non possano opporsi alla propria
morte. All'inizio dell'adolescenza si sente
anche lui incapace, quasi bloccato: il segreto taciuto
da sua madre (che invece a suo fratello è noto)
lo offende e lo preoccupa, perché gli dimostra
che la sua opinione non è neanche contemplata.
Tommaso decide di autoimporsi la rabbia verso la madre,
convinto di avere una scelta almeno in quello. Sarà
solo il timore di perderla che lo porterà ad
accettare la crescita e la sorellina appena nata.
Grazia
Redaelli: Lo scrivere ti ha sempre accompagnata
o è una passione recente?
Michela Panichi: Da bambina leggevo tantissimo.
Ho divorato tutti i libri di mia madre e mia nonna
(quelli rimasti della loro infanzia, addirittura ancora
con i nomi tradotti in italiano), i classici del Corriere
della sera, ogni titolo pubblicato da Salani o Mondadori.
Roald Dahl, Bianca Pitzorno, Astrid Lidgren mi hanno
accompagnata nella crescita e, se devo pensare alle
letture che porto nel cuore, sono quelle. Trovo che
un autore per ragazzi abbia un compito fondamentale
e difficilissimo appassionare alla letteratura
, scrivendo opere di qualità che siano
comprensibili anche a dei bambini. Alle superiori
la mia passione per la lettura si è arricchita
di un interesse a scrivere. Ci ho messo quattro anni
per decidermi a frequentare un corso, l'anno
della mia maturità, quando avevo meno tempo
in assoluto e sentivo che quella era la strada che
volevo intraprendere. È interessante come,
durante tutto il periodo delle superiori, scrivessi
quantitativamente molto di più rispetto ad
ora. Adesso pondero a lungo le trame, inizio a creare
solo se sono sicura di tutto l'andamento della
storia, rielaboro spesso, cancello tanto. Credo sia
un segnale di crescita.
Grazia Redaelli: Hai scritto altri racconti?
Michela Panichi: Meduse non era il primo racconto
che scrivevo. Escludendo quelli con cui avevo partecipato
al premio letterario del mio liceo, ce ne sono altri
due e un romanzo che ho appena iniziato a costruire.
In generale, trovo che la dimensione racconto sia
quella che mi è più congeniale: sono
costretta a non dilungarmi, così tutta l'azione
rimane concentrata e non ci sono momenti di stanchezza,
e posso selezionare le scene che desidero raccontare,
i dialoghi. Trovo più facile concentrarmi su
pochi personaggi, spesso giovani, perché la
loro età è più vicina alla mia
e so che cosa provano. Il punto di vista maschile
in Meduse è stato un azzardo: non pensavo di
essere capace di calarmi nei panni di un ragazzo,
ma dato il risultato ci riproverò sicuramente.
Grazia Redaelli: Oltre lo scrivere presumo
che anche la lettura sia parte di te. Raccontaci quali
romanzi hai amato di più e quali ti hanno appassionata
ed aperto orizzonti.
Michela Panichi: L'isola di Arturo è
il mio romanzo preferito, lo trovo strutturato in
maniera intelligentissima (per capitoletti, che trattano
di luoghi o ricordi) e scritto con grande maestria.
È quasi una favola, un racconto pregno di eventi
magici che è ambientato in una Procida fantastica.
In più, la scrittura di Elsa Morante è
densissima e introspettiva, come se anche la scrittrice
partecipasse ai tormenti dei suoi personaggi.
Espiazione McEwan è famoso per la genialità
delle sue trame, per le sue idee. La prima parte di
questo romanzo la considero un capolavoro: è
ambientata in una sola giornata, con tutti i personaggi
che si muovono nel momento giusto, i loro sentimenti
descritti alla perfezione, fino ad arrivare al fraintendimento
conclusivo.
Il barone rampante è stato il mio romanzo
preferito per anni, me lo lesse mia madre quando ero
ancora una bambina. Dopo aver studiato Calvino, le
ragioni della trama e i suoi rapporti gli altri due
libri de "I nostri antenati", l'ho apprezzato
ancora di più. Racconta gli ideali e gli eventi
del Settecento da una prospettiva inedita, con personaggi
meravigliosi e una lingua impareggiabile.
I dialoghi con Leucò non è un
romanzo, ma ogni volta che leggo uno di questi dialoghi
mi sento estremamente ispirata. Adoro la mitologia
greca, l'antropologia, Pavese in generale. È
un'opera particolarissima nel suo genere, che tratta
di filosofia e grandi temi esistenziali con una sensibilità
unica.
Grazia Redaelli: Quale consiglio daresti a
chi vuole intraprendere la strada della visibilità,
a chi cerca un riconoscimento più ampio del
proprio lavoro?
Michela Panichi: Informarsi. So che sembra
banale, ma più vado avanti in questo percorso
e più mi rendo conto che cè una
mancanza di informazione enorme per quanto riguarda
i premi letterari. Bisogna essere estremamente ricettivi
verso le possibilità che ci si aprono davanti.
Se non fossi casualmente capitata sulla pagina del
Campiello, se non avessi letto la piccola biografia
di Eva Mascolino, il mio racconto sarebbe rimasto
nel mio computer e nessuno lo avrebbe mai letto. E
questa mia ignoranza ora la considero colpevole, perché
esistono tantissimi modi di mettersi in gioco e un
aspirante scrittore li deve valutare e conoscere tutti.
È un consiglio anche per me stessa, un incitamento
a non arrendersi e a guardarsi attorno: un modo per
esordire cè sempre.
Grazia Redaelli
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