Marco DeAmbrogio

"Ho un tatuaggio sulla mano destra che rappresenta un'aquila. Durante il provino per The Broken Key, il regista mi ha raccontato che il protagonista del film che dovevo interpretare aveva la stessa aquila sulla mano. Quindi credo che i nostri destini siano intrecciati in una sorta di ragnatela. Le nostre stesse vite sono legate a incredibili coincidenze... ed è indispensabile lasciarsi andare sulle ali di questi meccanismi inspiegabili, perché possono cambiare il corso del nostro destino".


A raccontare queste coincidenze è Marco DeAmbrogio, un uomo che ha percorso migliaia di chilometri a piedi o in moto per andare incontro al proprio destino e, così facendo, l'ha intrecciato con quello di molti altri.

I libri di Marco DeAmbrogio

I miei 57.000 km in solitaria - Sperling & Kupfer
Vivere d'avventura. Il mio giro del mondo in moto
- Ultra
Ho incontrato Dio in bicicletta. - Ultra
Destinazione Afghanistan - Sperling & Kupfer
Le tre vie della vita. Il mio cammino di Santiago -Ultra
Il sentiero della freccia. Il mio viaggio in Terra Santa - Ultra

Lo intervisto nell'ultimo giorno del Festival del Cinema di Venezia, dove è stato invitato come attore e scrittore. In molte interviste ha potuto lanciare i suoi messaggi di fiducia nel futuro, nonostante il momento difficile che stiamo passando.

Abel Wakaam: uno dei motivi per cui ho voluto intervistarti è perché considero la tua vita un groviglio di emozioni contrastanti. I tuoi viaggi e i tuoi libri ci parlano di un uomo che insegue l'orizzonte dove altri vedono soltanto un confine. All'apparenza sembri un ribelle, che percorre la sua strada senza guardarsi indietro e invece, lungo una delle tante curve polverose delle piste che hai percorso, hai incontrato Dio. Di solito si percepisce la sua presenza quando siamo in pericolo e allora tendiamo la mano a chiunque possa aiutarci... magari per poi dimenticarcene appena la paura è svanita. E tu invece come hai avvertito la sua presenza?

Marco DeAmbrogio: Dopo aver vissuto vent'anni on the road in sella alla mia moto in solitaria, in preda a forti emozioni e ad alte dosi di adrenalina, ho sentito l'esigenza di rallentare e della quiete del silenzio. Ho parcheggiato la moto in garage e mi sono incamminato lungo il Cammino di Santiago a piedi. Io ero ateo, non ero mai entrato in una chiesa se non per motivi legati a dipartenze o matrimoni ma, dopo aver varcato la soglia della cattedrale di Roncisvalle ed avere assistito a una cerimonia religiosa, ho percepito una forte emozione davanti a una statua della Santa Vergine. Mi tremavano le gambe, il cuore ha iniziato a battere forte e, per la prima volta in vita mia, ho iniziato a pregare. Non ricordavo le parole dell'Ave Maria e del Padre Nostro, quindi ho iniziato un dialogo interiore con il Cielo. Da quel giorno la mia vita è radicalmente cambiata. È nata una nuova entità umana, in cui l'introspezione e le preghiere quotidiane sono diventate la mia unica ragione di vita. Ora tutto ha un senso. Prima correvo come una trottola impazzita, adesso invece mi focalizzo sulle cose semplici, straordinarie e meravigliose che Dio ci ha regalato. Il Dono della Vita.

Abel Wakaam: In questi viaggi hai incrociato le vite di molte esseri umani, così fisicamente diversi da noi e allo stesso tempo così uguali nella propria essenza. Ce n'è qualcuno di cui hai un ricordo più tangibile di altri?

Marco DeAmbrogio: Ci sono stati tantissimi incontri umani toccanti lungo le Vie percorse, ma sicuramente quelli che mi sono rimasti più impressi sono due. Il primo è stato durante un viaggio in Nagorno Karabach, Armenia e Georgia. Una notte incontrai un pellegrino musulmano sciita che da Londra era partito a piedi, diretto in Iran per mantenere fede a un voto religioso e ringraziare il nostro Signore di avere guarito la sorella da una grave malattia. Ricordo i suoi occhi lucidi, la sua tenerezza d'animo nel raccontarmi con fervore la sua scelta, la sua determinazione e la fede assoluta. Era a piedi nudi con le scarpe rotte, i vestiti laceri, non aveva un soldo con sè. Chiedeva elemosine e dormiva a cielo aperto in tenda. Trascorremmo una serata insieme e all'alba del nuovo giorno abbracciai un fratello. Il secondo incontro fu lungo il Cammino di Santiago: un uomo di settantanni che portava con sé le ceneri della moglie appena morta. La accompagnava sulla tomba del Santo Giacomo per mantenere la promessa che le aveva fato sul letto di morte. Percorrevano insieme quegli 800 chilometri. In quel giorno passato con lui, mi aveva aperto il suo cuore, confidandomi tutta la sua esistenza, in equilibrio tra il dolore e la speranza.

Abel Wakaam: Nel 2000 hai deciso di abbandonare la tua vita agiata per intraprendere un viaggio attorno al mondo. Hai dichiarato di averlo fatto senza l'uso della tecnologia, quindi senza GPS e un telefono satellitare. Si può ancora viaggiare con una carta geografica nello zaino e senza un telefono?

Marco DeAmbrogio: Io ho la repulsione per la iper tecnologia, la uso il minimo indispensabile. Non voglio essere schiavo di una voce meccanica che mi trova la strada, l'hotel, il ristorante, la compagnia. Non ho mai usato i social durante le mie spedizioni esplorative. Credo si sia chiusa un epoca in cui viaggiare ed esplorare era solo per poche anime rivoluzionarie e romantiche. Viaggiare a quel modo era dura, non era un gioco da ragazzi come ai nostri giorni, ora chiunque può viaggiare ed esplorare grazie all'ausilio di Google, delle chiamate con la mamma o la fidanzata o gli amici lontani via Whatsap. In questa maniera mi rifiuto di viaggiare, troppo facile, avveniristico, con una voce metallica che ti può guidare fino in capo al mondo. Si è succubi del meccanismo malato tecnologico, che spegne il cuore e il cervello, ma sopprattutto l'anima. Io non viaggerò piu, ormai si è chiusa un'epoca. Adesso amo stare in casa sul divano a leggere. Sono diventati i libri i miei compagni di ventura.

Abel Wakaam: Parliamo un po' dei tuoi libri. Scrivere è stata una scelta di viaggio, oppure il tuo girovagare ti ha portato a doverti raccontare per tener memoria di ogni istante passato nei meandri del mondo?

Marco DeAmbrogio: Scrivere era nel mio sangue e io non lo sapevo. È stata un'esigenza terapeutica, una seduta psicologica e spirituale a cielo aperto. Le parole uscivano dalla pancia. L'unico dettaglio è che non ho mai scritto quasi nulla in tempo reale. Dovevo fare decantare le emozioni. In media ho aspettato due o tre anni dopo il viaggio per decidermi a riversare sulla carta cio che avevo visto e sentito... per parlare di chi avevo amato lungo le strade del Pianeta Madre Terra.

Abel Wakaam: Ti hanno scoperto scrittore, oppure ti sei proposto come tale?

Marco DeAmbrogio: Ho ricevuto la prima proposta di scrivere il primo libro sul giro del mondo in moto in solitaria nel 2001, dopo avere pubblicato otto pagine di foto e racconti in un reportage che avevo pubblicato sul settimanale Panorama. Poi non se n'è fatto più nulla con la casa editrice in questione. Dopo due anni mi è venuta l'idea di proporre la mia storia ad una importante casa editrice: la Sperling & Kupfer. Li ho chiamati, ma loro non avevano la minima idea di chi fossi. Ho insistito per un incontro di persona, almeno per conoscerci, e fortunatamente ho trovato un editor che mi ha dato fiducia. Ci siamo incontrati una settiamana dopo e, da lì ad un anno e mezzo, il libro era in libreria. Bisogna sempre credere nei propri sogni, anche se ti sbattono cento porte in faccia... anche se all'inizio nessuno crede in te. Bisogna continuare a insistere, con passione, amore e speranza. La Speranza l'ho legata al collo come un fazzoletto, fin da bambino. Non mollo mai, anche se tutti mi trattano come un pazzo o un visionario.

Abel Wakaam: E alla fine, con la tua faccia da uomo vissuto, ma senza tempo, sei stato ingaggiato per interpretare James in The Broken Key. Anche questa una coincidenza?

Marco DeAmbrogio: Questa è stata la milionesima coincidenza della mia vita da rivoluzionario. Cinque anni fa mi presentai per un provino per il film The Broken Key del regista Louis Nero. C'erano decine di attori super professionisti ed io non conoscevo nessuno. Non avevo mai recitato in vita mia, se non in tv su Rete4 con i miei docufilm di viaggio. Ma quella non era recitazione, era vita vera! Contro ogni pronostico, mi presero come attore protagonista al fianco di star di Hollywood del calibro di Rutger Hauer, Cristopher Lambert e Michael Madsen, il pupillo di Quentin Tarantino. Come sempre, mi sono buttato senza paracadute, come in ogni missione, con dedizione e senso del sacrificio, ma con il sorriso sulle labbra. Vivo sempre l'attimo fuggente con un atteggiamento positivo e fiducioso, come un soldato devoto al dono della vita, riconoscente perchè sto bene, sono sano, ho le gambe per camminare e il cuore che batte. Per questo ringrazio il buon Dio ogni secondo di essere vivo.

Abel Wakaam

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