"Salvezza.
Per me. Per mia madre all'altro capo del telefono.
Per tutti i figli e tutte le madri. E i padri. E tutti
i fratelli di tutti i tempi passati e futuri. La mia
malattia si chiama salvezza"
"Al Bambino Gesù ho fatto la conoscenza
del dolore portato alla sua essenza più pura
e invincibile.
Di tutto questo mi porto quintali di parole non scritte,
lasciate in giro per la mente, dimenticate e riprese
centinaia di volte, per merito della realtà
che me le ripropone nella loro grandezza. Ma grazie
a tutto questo sono, un poco al giorno, tornato a
vivere".
I romanzi di Daniele Mencarelli
La casa degli sguardi - Mondadori, 2018
Tutto
chiede salvezza - Mondadori, 2020
Ha vent'anni Daniele quando, in seguito a una violenta
esplosione di rabbia, viene sottoposto a un TSO: trattamento
sanitario obbligatorio. E il giugno del 1994, un'estate
di Mondiali. Al suo fianco, i compagni di stanza del
reparto psichiatria che passeranno con lui la settimana
di internamento coatto: cinque uomini ai margini del
mondo. Personaggi inquietanti e teneri, sconclusionati
eppure saggi, travolti dalla vita esattamente come
lui. Come lui incapaci di non soffrire, e di non amare
a dismisura. Dagli occhi senza pace di Madonnina alla
foto in bianco e nero della madre di Giorgio, dalla
gioia feroce di Gianluca all'uccellino resuscitato
di Mario. Sino al nulla spinto a forza dentro Alessandro.
Accomunati dal ricovero e dal caldo asfissiante, interrogati
da medici indifferenti, maneggiati da infermieri spaventati,
Daniele e gli altri sentono nascere giorno dopo giorno
un senso di fratellanza e un bisogno di sostegno reciproco
mai provati.
Grazia Redaelli: Ciao Daniele, benvenuto
in Writer Officina. La prima domanda che mi
viene spontanea è assolutamente istintiva e
non ponderata. Hai raggiunto il successo, ma sul tuo
volto sembra rimasto impresso il marchio profondo
del dolore. È così difficile ripulire
l'anima dalla disperazione?
Daniele Mencarelli: Alcune esperienze, senza
dubbio, rimangono come solchi sulla pelle, ma è
nella nostra natura, fa parte del nostro destino.
L'uomo contemporaneo fa della sofferenza un elemento
che nulla offre oltre il dolore, ma non è così,
quello che sono oggi, come individuo e artista, lo
devo anche a quel che di negativo ho vissuto.
Grazia Redaelli: Se potessi confrontarti oggi
col ragazzo che eri allora, come proveresti a ricucire
le sue ferite?
Daniele Mencarelli: Gli direi di avere pazienza.
Una virtù che ancora oggi mi scivola dalle
mani. La pazienza ha a che fare con la capacità
di sopportazione, al tempo stesso ci dice che il male
fiorirà in altro. Almeno si spera.
Grazia Redaelli: "Le parole mi accompagnano
da sempre, sono cristallo e radice, viaggio e lama,
sono tutto, tranne medicina. La poesia non cura, semmai
apre, dissutura, scoperchia."
Questa dissutura è arrivata dritta al cuore
del lettore con parole vibranti, delicate eppure crude.
Cosa invece è arrivato a te come medicina?
Daniele Mencarelli: I libri che si scrivono
devono servire agli altri, diventeranno esperienza
per chi li leggerà, un'esperienza che in alcuni
casi può rivelarsi addirittura salvifica. Ma
non sono medicina per chi li scrive. Da lettore, io
ho i miei libri cardinali, quelli che mi sono stati
vicini quando il dolore era più intenso. Sono
quasi tutti libri di poesia. Lo dico senza retorica:
i libri, in certi momenti, possono salvare la vita.
Grazia Redaelli: "Persone che le inchiodi
con poco, basta un fiore per bucargli la pelle."
La fragilità è spesso superficialmente
intesa come debolezza. Il mondo chiede il contrario:
forza, coraggio, inattaccabilità. Quanto invece
di prezioso e fertile c'è in un animo sensibile?
Daniele Mencarelli: I nostri migliori pregi
sono i nostri difetti, può sembrare una banalità
ma è così. Siamo abituati a vivere dualismi
che in realtà non esistono. Io so perfettamente
che la mia natura può essere motore di meraviglia
o il suo contrario, la differenza la fa il momento,
la mia capacità di essere accogliente. La ferita
profonda, questo dobbiamo tenere a mente, è
la parte più vera del nostro io, non un nemico
da combattere.
Grazia Redaelli: Prima che narratore sei stato
poeta. Quale dei due generi di scrittura senti più
tuo? E in quale la tua sensibilità prende meglio
forma?
Daniele Mencarelli: La poesia è inarrivabile,
arriva alla parola perfetta, almeno questa è
la sua aspirazione. Di fondo resto un poeta, come
intenzione prima, come sguardo.
Grazia Redaelli: Nel 2018 hai vinto il premio
letterario Severino Cesari, nel 2019 il Premio John
Fante opera prima con "La casa degli sguardi"
e nel 2020 il Premio Strega Giovani con "Tutto
chiede salvezza" .
Cosa hanno cambiato in te questi riconoscimenti? Cosa
significa per un autore esordiente avere finalmente
la possibilità di essere letto, amato, identificato?
Daniele Mencarelli: I premi offrono visibilità,
su questo dato di fatto credo ci sia poco da sindacare,
utile per farsi conoscere, per arrivare ai lettori,
avere questa splendida possibilità, ma al contempo
aumenta anche il senso di responsabilità rispetto
a quello che si sta facendo. Con la vita delle persone
non si scherza.
Grazia Redaelli: Quale consiglio ti senti
di dare a chi comincia adesso a percorrere questa
strada, trascinando con sè un bagaglio carico
di aspettative ma anche di illusioni?
Daniele Mencarelli: Gli consiglierei di vagliare
bene la storia da scrivere, e poi, prima di iniziare,
pensare alla lingua, i registri. La scrittura è
solo l'ultimo atto del lavoro...
Grazia Redaelli
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