Alessio
Torino è nato a Cagli nel 1975 e vive a
Urbino dove insegna letteratura latina all'Università
degli Studi Carlo Bo.
Ha esordito con Undici decimi
(Italic, 2010), con cui ha vinto il premio Bagutta
Opera Prima. In seguito ha pubblicato Tetano
(2011), Urbino, Nebraska (2013) e Tina
(2016), tutti editi da minimum fax. Ha vinto fra gli
altri il premio Lo Straniero, il premio Frontino Montefeltro
e il premio Subiaco Città del Libro.
Il titolo del suo ultimo libro è "Al
centro del Mondo" (2020) edito da Mondadori.
"Damiano
Bacciardi vive con Nonna Adele, il nonno chiuso in
un antico silenzio e Zio Vince, detto il Gorilla,
a Villa la Croce, che nel borgo poco distante è
stata ribattezzata "Villa dei Matti", lungo
uno stradone che si muove nel cuore delle colline
marchigiane. Il miele dei Bacciardi, "la manna",
è celebre perché fa ingravidare le donne,
così come è leggenda la quercia a cui
si è impiccato il padre di Damiano e che è
tornata a far foglie dopo dieci anni. Damiano è
un ragazzo scosso da accessi violenti di malessere
e segnato da una vitale ansietà: sente la natura,
sente il volo delle rondini, il brusio delle api,
il rotolio delle stagioni, e sa riconoscere la presenza
del Demonio e il male degli uomini. Zio Vince trama
per vendere la proprietà a gente che viene
da lontano e Damiano se li immagina tutti con la faccia
demonica di Trump che ha visto in televisione. Damiano
sa di dover difendere Villa la Croce, di dover difendere
la memoria della sua sgangherata famiglia e la bellezza
talora limpida, talora mostruosa e selvatica, della
natura in cui è cresciuto accompagnato da incubi,
deliri e ventate di struggente dolcezza. Nonna Adele
muore e la prospettiva di vendere si fa sempre più
concreta: a quel punto Damiano obbedisce a un impulso
sempre più convinto e quando, ultimi, arrivano
"gli olandesi" e provano a farla da padroni,
un disegno di riscatto si incide come la ramaglia
di un albero, potente e severo, nella sua coscienza."
Writer Officina lo ha incontrato durante la
sua prima presentazione alla libreria "Il
Gabbiano" di Vimercate.
Grazia Redaelli: Grazie Alessio per questa
chiacchiarata.
È uscito da poco il tuo ultimo romanzo "Al
centro del mondo". Storia di terra e radici,
profumi di campagna e di antico, personaggi sbilenchi
e stralunati. A "Villa dei matti" gravita
un'umanità quasi felliniana. Raccontaci come
è nato e da cosa hai tratto ispirazione.
Alessio Torino: Questa definizione di reale
e surreale mi pare che colga nel segno. Da una
parte sappiamo tutti benissimo che si tratta di unItalia
reale. Al tempo stesso, però, questa Italia
è tenuta fuori dalla rappresentazione dei media,
se non per comparsate caricaturali. Da qui una certa
sorpresa quando la vediamo raccontata per quel che
è. Per fare un esempio, la Gubbio di Don Matteo,
per quanto bella, non credo che corrisponda alla Gubbio
di chi ci vive. Il mondo appenninico reale, invece,
mi ha sempre attratto, fin da Tetano che è
stato pubblicato nel 2011, ma scritto da ben prima.
Mi hanno attratto tanto i luoghi, quanto le persone.
Dai capanni abbandonati ai lupi solitari nei bar.
Tutta questa umanità che cataloghiamo velocemente
come felliniana chiede di essere rivisitata e le va
appunto resa giustizia. Per quale motivo però
mi attragga non so dirlo. Lattrazione è
qualcosa di non cosciente, quando è effettivamente
tale. Anche Villa la Croce è nata così,
senza una vera ragione. È cominciato tutto
da unimmagine, quella di una quercia che rimetteva
le foglie dopo dieci anni e un ragazzino che le si
avvicinava con unaccetta in pugno.
Grazia Redaelli: Ho riscontrato nei tuoi scritti
un piacevole rimando a un microcosmo di memorie dal
passato che ho trovato comuni a chi è cresciuto
in provincia, è della tua stessa generazione
e sorride ritrovando nella madia della nonna "alchermes
e maraschino", il "quadretto di Maria decorato
con la palma benedetta" il nonno "pacioso"
e con bastone seduto sulla sedia sotto l'albero, o
che " passava quasi lintera giornata nellorto.
A curare delle cipolle che non gli piacevano, anzi,
che lo facevano vomitare. Ma le seminava e annaffiava
e conservava nelle cassette per loro, quelli di casa".
Quanto sono per te importanti queste radici?
Alessio Torino: Questi sono i luoghi in cui
sono cresciuto, sono le cose che ho vissuto, direttamente
o indirettamente, le cose che ho ascoltato, anche
soltanto orecchiandole o le cose che ho visto anche
solo di sfuggita. Diciamo che se nella vita quotidiana
sei costretto a voltarti dallaltra parte per
campare, quando ti metti a scrivere cè
una parte di te che continua a soffermarsi su tutto
quello che hai lasciato alle spalle.
Grazia Redaelli: Tetano e poi Tina. I tuoi
romanzi di formazione. In entrambi, nel dipanarsi
di un'estate, si sancisce la fine della fanciullezza.
Succede uno scarto che porta i protagonisti a lasciare
l'infanzia alle spalle. Hai dato molto spazio al delicato
e tumultuoso mondo dell'infanzia e dell'adolescenza.
È più un terreno oggettivamente fertile
o un luogo del tuo passato da cui attingi con un pizzico
di malinconia?
Alessio Torino: Anche in questo caso, la parte
di consapevolezza nella scelta è ridotta al
minimo. A un certo punto mi sono reso conto che cera
un tipo di personaggio che continuava a tornare nelle
storie che scrivevo. La fine delladolescenza,
con la presa datto di quel che è davvero
la vita, è un momento che può essere
davvero tremendo. È una linea di confine dove
ci sono illusioni che persistono e nuove consapevolezze
che si fanno avanti. Non è certo una novità
che si tratti di uno dei periodi più decisivi
della vita. Uno scavalcamento inesorabile che va compiuto,
comunque. Come nel salto in alto. Cè
unasticella e tu la devi saltare, in un modo
o nellaltro. Puoi superarla o farla cadere.
Oppure superarla di un soffio, addirittura sfiorarla
e vederla vibrare per qualche secondo. Credo che a
me piaccia raccontare soprattutto quella asticella
che vibra.
Grazia Redaelli: La tua narrazione ha un'impronta
stilistica sapiente che accompagna i personaggi come
in una danza perfetta, a tempo. Quanto incide in un
romanzo l'andatura della scrittura, il ritmo che si
modella ad ogni personaggio?
Alessio Torino: Se quasi tutti gli scrittori
sentono di aver iniziato davvero un romanzo nel momento
in cui trovano il ritmo della scrittura un motivo
ci sarà. E infatti cè. Il ritmo
per la scrittura è come la pulsazione del cuore
per un corpo. È quello che la rende viva.
Impossibile slegare la storia dal modo in cui è
narrata. E landamento della scrittura in sé
ha una parte centrale in questo. Anche perché
stiamo parlando, in fin dei conti, di sintassi, quindi
dei mattoni del muro. Poi ci vogliono la calce, il
bianco e le altre cose. Ma i mattoni restano i mattoni.
Grazia Redaelli: Damiano, il protagonista
di "Al centro del mondo", è insieme
"Psycho" e "cuore di nonna". Scosso
da crisi improvvise e riti complusivi, sa ascoltare
la voce delle api, i movimenti e le rivelazioni della
natura, vorrebbe essere rondine. Diffida degli uomini
ma affatto della natura. Difende la sua casa e la
sua terra, impregnate di radici.
Damiano è un esempio di resistenza o meglio
resilienza?
Alessio Torino: Resistenza è la parola
giusta, visto che si troverà a sovrapporre
la guerra combattuta dal nonno partigiano con quella
che lui combatte contro i suoi nemici.
Grazia Redaelli: I tuoi romanzi sono frutto
di un preciso e metodico lavoro di costruzione oppure
di un istintivo srotolarsi di pagine?
Alessio Torino: Forse una via di mezzo di
entrambi gli aspetti. Direi soprattutto che si tratta
di accompagnare un processo di maturazione. È
un processo che ha i suoi tempi e non può essere
forzato mai davvero, nemmeno lavorando 24 ore al giorno.
I personaggi hanno bisogno del loro tempo per maturare.
La storia ha bisogno del suo tempo per maturare. La
fretta, lansia, la smania, invece, guastano
tutto.
Grazia Redaelli: Raccontaci come è
iniziata la tua carriera di scrittore.
Alessio Torino: Ho impiegato quasi dieci anni
a pubblicare il mio primo romanzo, romanzo che poi
ha vinto anche premi importanti, ma che per qualche
motivo il mondo non voleva. Di sicuro in questo lungo
forse troppo
periodo, ho imparato
che il cosiddetto talento non è davvero nulla
senza il cosiddetto carattere. E che quella vecchia
pubblicità della Nike, se tu non credi
in te stesso, chi ci crederà?, è
proprio vera. Ricordo benissimo il riflesso della
mia faccia sul finestrino dei treni che prendevo per
tornare dallincontro frustrante con qualche
editore o da qualche fiera del libro. Una parte di
me si rivolgeva a quella faccia e diceva: calma,
vedrai che presto le cose si risolveranno al meglio.
Non si sono risolte presto, ma in qualche modo si
sono risolte. Quando si parla di sangue freddo si
pensa quasi sempre a qualcosa di negativo. Ma bisognerebbe
rivalutarlo, il sangue freddo, almeno in certi contesti.
La mente umana ha la preziosa capacità di saper
proiettare un futuro migliore su un presente disastroso.
A me è servito, e parecchio.
Grazia Redaelli: Quali consigli daresti agli
scrittori emergenti che ci leggono?
Alessio Torino: Per fare lo scrittore servono
solo due cose, molto semplici, avere qualcosa da dire
e avere un proprio modo per dirle. Ma questo non è
un consiglio, direi più una massima, oltretutto
pure scontata. Però non cè davvero
nientaltro oltre a questo. Bisogna entrare nellordine
di idee che il lettore è come una persona che
entra in una gelateria. A questa persona certo interesserà
il tipo di cono o il tipo di coppetta, la cialda o
il cucchiaino, ma quello che interessa davvero è
il gelato. Soprattutto, non gli interessa chi sta
di là del banco, interessa il gelato.
Grazia Redaelli
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