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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Elide Ceragioli
Titolo: La compagnia dell'airone
Genere Giallo Poliziesco
Lettori 3848 37 61
La compagnia dell'airone
Milly si svegliò con un lieve soprassalto e aprì gli occhi in tempo per vedere i titoli di coda scorrere rapidi sul teleschermo. - Cazzo... mi sono addormentata! - constatò rivolta a Jack con una punta d'irritazione. - Perché non mi hai svegliato?! -
Il compagno aveva la bocca piena di popcorn e sputacchiando rispose qualcosa di incomprensibile.
Lei cercò di riannodare i fili della storia che avevano visto, arrabbiata per essersi persa il finale.
- E dire che mi stava piacendo... - ripeté un paio di volte sconsolatamente.
- Succede perché sei troppo stanca! - provò a rabbonirla Jack alzandosi a sua volta faticosamente dal divano. La birra rimasta nel boccale era diventata tiepida, ma la scolò ugualmente facendo schioccare la lingua sul palato.
Le serate cinema con sua moglie finivano sempre allo stesso modo: lei si addormentava dopo mezz'ora, al massimo quaranta minuti, e poi pretendeva di indovinare l'evolversi della trama, chiedendogli di confermare le sue supposizioni.
Ovviamente, nella stragrande maggioranza dei casi, non c'era alcuna corrispondenza e a lui toccava convincerla che il regista aveva strutturato la storia in modo diverso per ragioni sue e che andava presa così com'era. Immancabilmente Milly sbottava: - Non capisce un cazzo quello! Così non è plausibile... chi ci crede a una cavolata del genere? -
Aveva una sua teoria per cui ogni persona agiva seguendo schemi preordinati, frutto del connubio fra personalità e contingenza e quindi non c'erano alternative. Si partiva in un punto e si arrivava forzosamente in quello stabilito, senza tema di errore.
Jack sapeva che non avrebbe interrotto la discussione e accettato facilmente le sue spiegazioni.
Difatti uscì dal bagno nuda, con lo spazzolino da denti in mano e la schiuma che le colava sul mento e gli domandò: - Il ragazzo, quell'Amish accusato dello stupro e dell'uccisione dei bambini... quello che si vede all'inizio con la faccia da agnello mansueto che ti vien voglia di carezzarlo, l'hanno trovato e preso? -
Jack stava sparecchiando il piccolo tavolo del salotto e alzò le spalle voltandosi appena.
- Certo che l'hanno preso. È un film, mica sono storie vere! -
Apparentemente appagata sua moglie tornò in bagno e per un po' l'unico suono che si sentì fu lo scorrere dell'acqua nella doccia.
Jack aspettava pazientemente, continuando a sgranocchiare popcorn e noccioline con la paciosa rassegnazione che lo caratterizzava.
Finalmente, dopo un tempo che gli parve infinito, Milly uscì, massaggiandosi la faccia impiastricciata di crema da notte.
- Sivabene... - disse in un fiato, - è un film, ma secondo me, nella realtà l'assassino sarebbe un altro. Così è troppo semplice. Sei d'accordo? Un giovane Amish castrato da una madre terribile che, fin da piccolo, coltiva in lui l'odio per le donne e da un padre che lo picchia continuamente. Ovvio che diventi un assassino stupratore di bambini. Che pretendiamo, che vada a fare il prete missionario? Se il regista avesse avuto un minimo di fantasia, avrebbe introdotto un altro personaggio. Che so, magari una donna. Ecco! Io avrei suggerito la ragazza che compare nelle prime scene e poi non si vede più. Lei avrebbe avuto motivi plausibili per ammazzare. Non trovi? -
Jack accolse senza ribattere il profluvio di parole di sua moglie e aprì le braccia in segno di resa, poi si infilò a sua volta in bagno. Adesso sentiva la stanchezza della lunga giornata pesargli addosso e agognava di andare a letto, ma soprattutto temeva che lei volesse i particolari della storia. Avrebbe dovuto confessarle che si era addormentato anche lui, cullato dalla musica di sottofondo e dal suo respiro ritmico e regolare. Dio quanto gli piaceva starle accanto e godere del calore del suo corpo!
- Hai ragione, come al solito! - provò a dire per chiudere l'argomento, ma lei non lo sentì; era già in camera e brontolava fra sé e sé: - Ecco, adesso farò sogni assurdi, mi sveglierò nel pieno della notte in preda a una crisi di panico, perché a me queste storie di assassini mi mettono ansia. -
Quando la raggiunse sotto le lenzuola fresche di bucato e profumate di lavanda, che era il fiore che preferiva, lei dormiva già profondamente. L'abbracciò teneramente, accorgendosi una volta di più di quanto fosse minuta e apparentemente fragile accanto a lui, così massiccio e muscoloso. Lei si voltò e gli si adagiò quasi sopra, poggiandogli la testa sul petto e lui finì per addormentarsi in quella scomoda posizione.
Milly non ebbe la possibilità di fare sogni terribili, come aveva temuto, perché alle tre del mattino fu svegliata dal telefono e dovette rispondere.
- Domitilla, scusa l'ora, ma abbiamo avuto una chiamata urgente e i miei uomini sono già sul posto. Ho mandato Cally a prendervi, sarà lì fra una mezz'ora al massimo. Fammi il favore di dire a Jack di portare i ferri del mestiere, è un caso complesso a quanto mi dicono e non mi fido di quei bell'imbusti di città. - Il capitano Terence Zeller fece una pausa per darle il tempo di reagire, ma lei stava in silenzio, allora sollecitò: - Ci sei? Datti una mossa Domitilla, è importante! -
- Ok! Ricevuto. Arriviamo! - rispose sbadigliando. - Milly! Mi chiamo Milly! - aggiunse a bassa voce, mentre chiudeva la comunicazione certa che il capo avrebbe continuato imperterrito a chiamarla col suo nome per intero. Era una specie di provocazione che, secondo lui, doveva stimolarla, darle un pizzico di aggressività.
- Da quando ti sei sposata ti sei un pochino adagiata... rammollita... - le aveva detto qualche mese prima al telefono e lei aveva alzato le spalle e aveva mostrato l'indice al ricevitore, quasi che potesse trasmettere l'iconico messaggio.
Jack era la cosa più bella che le fosse mai capitata e certo non era colpa sua se gli ultimi casi erano troppo stupidi perché si sentisse stimolata e vi si applicasse con il consueto impegno. L'uxoricidio di una giovane e intraprendente modella da parte dell'attempato e ricco coniuge, che ovviamente si era suicidato per non finire alla gogna mediatica, e l'omicidio di uno spacciatore che voleva mettersi in proprio a scapito dei suoi fornitori. La soluzione era così ovvia che forse la polizia avrebbe potuto evitare di coinvolgerla, risparmiandosi i soldi della consulenza. Però sembrava non potessero fare a meno della dottoressa Jaspers e la chiamavano comunque ogni volta. Jack scherzosamente le diceva che forse Terence si era innamorato di lei, nonostante fosse gay e Milly gli rispondeva che invece era colpa sua.
- Chiamano me ma in realtà vogliono te, che sei il miglior medico legale della città e, forse, dello Stato. -
Era probabile che entrambe le ipotesi contenessero una parte di verità.
Si alzò senza accendere la luce. Dalla finestra entrava il chiarore della notte ancora tenacemente attaccata alla terra e dovette aspettare che gli occhi vi si fossero abituati prima di andare in bagno.
Quando tornò era sveglia e lucida. Rimase a guardare Jack un lungo minuto, dormiva così bene che gli spiaceva disturbarlo, ma gli si avvicinò e cominciò a baciarlo sul viso, sulla fronte, sulle labbra, fino a costringerlo ad aprire gli occhi. Era l'unico modo che conosceva capace di svegliarlo senza farlo incazzare.
- Dobbiamo andare... Vengono a prenderci. Terence ti vuole operativo in mezz'ora. Gli ho detto che sei in ferie, ma non si fida del tuo sostituto - gli mormorò nell'orecchio quando fu certa che la sentisse.
Jack rispose con un mugugno poi ricambiò i suoi baci e ovviamente si eccitò, come desiderava Milly. Fecero l'amore appassionatamente, ma in silenzio quasi temessero di disturbare il mondo ancora addormentato, arrivando insieme all'orgasmo, come quasi sempre succedeva per effetto dell'alchimia speciale che c'era fra loro. Una specie di miracolo inaspettato che la lasciava sempre un poco meravigliata e grata al Dio protettore delle coppie.
Quando si sciolse dall'abbraccio era appagata e tonica insieme. Jack le dette un buffetto sulla guancia e un bacio lieve sulla fronte. - Alzati amore, non vogliamo far raffreddare troppo il cadavere che Terence ci ha riservato. -
Avevano acceso la luce e Milly obbedì, ma si piantò nuda davanti a lui e sculettò provocatoriamente prima di ficcarsi di nuovo in bagno. Jack le gridò ridendo di piantarla se non voleva ricominciare.
In venti minuti erano pronti e quando sentirono il segnale del clacson uscirono immediatamente. La macchina della polizia coi lampeggianti accesi era ferma davanti a casa loro e Cally fece cenno che si sbrigassero. Aveva sempre una maledetta fretta, ma questa volta sembrava ancora più ansioso del solito.
Scese, li aiutò a sistemare nel portabagagli le borse con l'attrezzatura e brontolò corrucciato.
Aveva visto l'espressione di beato appagamento sul loro viso e una fitta d'invidia gli aveva stretto lo stomaco, ma erano amici e ammiccò verso Jack guadagnandosi uno scherzoso pugno sul mento.
Partì sgasando, ma senza mettere la sirena. Non c'era molto traffico e poteva permettersi di superare i limiti di velocità senza timore. Fu lui a interrompere il silenzio: - Lo vedrete. Deve essere successo un casino... Terence era fuori di sé come non mai - spiegò a Jack che lo interrogava su dove stavano andando.
Milly invece pareva disinteressata alla situazione. Si era seduta dietro e continuava a pensare al giovane protagonista del thriller che avevano visto la sera precedente. - Scusa amore, ma sei sicuro che il colpevole era l'Amish? Più ci rifletto e meno mi sembra possibile. -
Il marito scrollò la testa con energia e rassegnazione. Sua moglie aveva un cervello particolare, sempre in funzione, sempre a lambiccarsi in problemi, quiz, enigmi... Non voleva confessarle di non essere riuscito a seguire la trama del giallo. Ad un certo punto si era così complicata che pareva si fosse avvolta su se stessa e si era perso. A lui piacevano le cose semplici, lineari: i ragionamenti tortuosi lo mettevano in crisi. Si era svegliato di soprassalto sentendola muovere e aveva tirato ad indovinare il finale. Tacque sperando che arrivassero presto a destinazione e Milly avesse a disposizione un altro quesito su cui impegnarsi.
- Di cosa si tratta Cally? Omicidio? Suicidio? Regolamento di conti fra bande? - domandò al poliziotto che guidava per le strade semideserte con la perizia di chi lo fa di mestiere.
L'uomo sospirò: - Non so niente. Dormivo come un angioletto beato quando Terence mi ha svegliato e mi ha ordinato di passare a prendervi. A giudicare dalla fretta che mi ha messo, penso sia una cosa grossa. Dobbiamo andare alla Churc-comesichiama... sai quella chiesa unitariana in centro? Non so però cosa ci sia ad aspettarci. -
Milly intervenne immediatamente: - Non è chiusa per restauro? -
Cally scrollò di nuovo la grossa testa pelata. - Non appartengo a quella congregazione e non lo so, ma se il capo ci ha convocato alle tre del mattino, non credo sia per farci partecipare all'inaugurazione della chiesa. Non ho preso neppure un caffè... ci fermiamo al primo locale aperto che troviamo? -
La domanda cadde nel vuoto. Adesso che aveva acceso la loro curiosità, erano desiderosi di vedere cosa li aspettava. Ci avrebbero impiegato almeno mezz'ora ad arrivare e Milly tornò alle sue solite elucubrazioni, mentre Jack aveva appoggiato la testa al vetro e sonnecchiava.
- Va bene, ne farò a meno... Voi potete dormire, tanto tocca a me guidare! - brontolò il poliziotto irritato mentre percorreva il viale alberato costeggiato da eleganti ville in stile coloniale. Erano nella parte più bella di Charleston, abitata da facoltosi imprenditori e professionisti alla moda. Di solito evitava di passare per quelle strade dove la ricchezza veniva spudoratamente esibita: era intimidito, eppure anche orgoglioso delle sue origini di afro-americano, pronipote degli schiavi che erano stati venduti al mercato come fossero animali.
Superò con una sgasata inutile l'Old Slave Mart Museum e, dopo alcuni incroci, deserti vista l'ora, imboccò una delle strette vie del centro, parcheggiando in seconda fila e con i lampeggianti accesi davanti alla grande cancellata della Unitarian Church.
Milly scese quasi di corsa, come sua abitudine, mentre Jack si trattenne a recuperare l'attrezzatura. Non aveva idea di cosa lo aspettasse e quindi aveva portato il set completo. L'aria era fresca e odorava di fiori, abbondanti nel giardino del cimitero, illuminato a giorno dai fari piazzati dalla polizia. Probabilmente erano al lavoro da un paio d'ore perché la scena era stata recintata e isolata e i fotografi stavano tornando alle macchine dopo aver finito il loro compito. Cally aiutò Jack con le borse e insieme varcarono il cancello. Milly era già accanto a Terence e lo ascoltava con lo sguardo perso dei momenti riflessivi, come li chiamava lei. Il marito le si affiancò in silenzio, mentre gli altri poliziotti facevano ala intorno a loro.
- Mi spiace, Domitilla, di averti svegliato, ma è un pasticcio infernale... vieni a vedere... - Il capitano era livido in volto e tremava leggermente, in preda ad una profonda emozione. Anche gli altri colleghi avevano la stessa espressione sulla faccia. Pareva che si fossero affacciati ad una finestra direttamente sull'inferno e avessero avuto modo di guardare giù.
Jack sapeva che a sua moglie non piaceva essere chiamata col nome per intero, ma questa volta Milly non parve accorgersene e si lasciò guidare docilmente dal capo. Anche lui li seguì e Cally lo aiutò a portare le pesanti borse dell'attrezzatura.
Terence era in preda ad una vera e propria eccitazione nervosa, al punto che quasi balbettava mentre, finalmente, forniva le prime indicazioni. - È stato il vicario a chiamarci. Il suo cane si era messo ad abbaiare furiosamente e sospettava ci fosse qualche ladro di oggetti sacri, così ha telefonato al 911. L'agente Jarrett era in giro d'ispezione qua vicino ed è arrivato subito. È quel ragazzo là... - disse indicando un giovane dall'aria sparuta, appoggiato ad una lapide. - Credo non dimenticherà facilmente quanto ha visto. Venite. Jack hai portato tutto vero? Dobbiamo prendere l'animale che ha fatto questo. -
Avevano percorso uno dei vialetti interni al cimitero, camminando fra le tombe vetuste, antiche di secoli, memoria storica della cittadina, cercando di non fare rumore, quasi temessero di risvegliare lo spirito dei morti o di provocarne l'ira.
- Ecco laggiù... - Terence indicò con l'indice un tronco d'albero circondato dal nastro che avevano messo a delimitare la scena. Si fermarono e rimasero lunghi minuti in contemplazione di quello che doveva essere stato, solo qualche ora prima, il corpo vivo di una persona e che pareva una strana escrescenza biancastra sul vecchio tronco, una specie di enorme fungo anomalo.
Milly si avvicinò con cautela, ma non sorpassò il nastro. I suoi sensi registravano particolari che avrebbe solo in seguito decifrato. L'odore di sangue, il fetore degli escrementi, quello pungente dello sperma, ma ad inglobare tutto, l'orripilante odore della paura. La donna sentì i peli delle braccia rizzarsi mentre osservava la scena. Il corpo era atletico, probabilmente era stato uno sportivo. La massa muscolare sulle spalle e sulle gambe aveva una disposizione maschile. La testa era reclinata sul petto e i lineamenti non erano visibili, ma era probabile che fossero comunque sfigurati da profonde ferite. Strie di sangue essiccato erano colate a seguire la tensione dei muscoli sulla pelle liscia e di un colore biancastro che la morte aveva reso cinereo. Era stato torturato e lo era stato da vivo.
Un odore più vicino e più recente le colpì le narici, si guardò intorno e scorse, appena oltre i nastri che delimitavano la scena, i resti di una cena mal digerita. Si voltò verso Terence e il capo comprese la sua domanda senza che lei parlasse.
- È stato il collega arrivato per primo. È giovane e non è abituato a queste cose. -
Jack aggrottò la fronte, convinto che a certe cose non ci si potesse assuefare neanche col tempo e l'esperienza.
- Lo farò coprire dalla segatura - continuò il capitano, infilandosi una sigaretta spenta fra le labbra e stringendola coi denti. Era un gesto abituale per lui, gli serviva a cacciare il nervosismo e gli dava la blanda illusione di fumare meno. Il medico intervenne: - No, Terence. Fai raccogliere tutto. Dobbiamo esaminare anche l'erba che sta sotto. -
Adesso Milly aveva spalancato gli occhi e registrava ogni particolare, memorizzandolo in un file della sua mente, dalla quale avrebbe potuto ripescarlo anche a distanza di anni. Non aveva la più pallida idea di come ci riuscisse, ma era così ed era anche per questo che lavorava come consulente per il dipartimento di polizia, pur avendo una laurea in biologia e uno spiccato interesse per gli acquitrini e la loro vita nascosta e variegata.
- Va bene! - acconsentì Terence e indicò la porta della chiesa. - Se vuoi andiamo a parlare con il vicario. Si è barricato in casa quando siamo arrivati e non vuole uscire. È convinto che ci sarà una sparatoria. -
La donna fece un passo indietro, quasi volesse fotografare con un grandangolo tutta la scena del crimine, poi disse: - Aspetta. Voglio vederlo da vicino. -
Indossò le soprascarpe monouso e i guanti e si avvicinò all'albero.
L'uomo, o meglio quello che era stato un uomo, era stato legato strettamente con un nastro adesivo argentato, probabilmente mentre era privo di coscienza, forse drogato o stordito. Un lavoro fatto a regola d'arte e che aveva richiesto un certo tempo. Le braccia erano bloccate lungo i fianchi e le gambe leggermente divaricate a mostrare l'oscenità del pube castrato ed evirato, ridotto ad una poltiglia sanguinolenta.
Una grossa corda, probabilmente di quelle usate per tenere ormeggiate le barche, passava intorno al torace e al tronco dell'albero con tre stretti giri. Non avrebbe potuto muoversi di un millimetro e neppure evitare una delle tante ferite. A Milly sembrò fossero state inferte con un punteruolo o qualcosa di simile, erano tutte abbastanza profonde, ma ad un primo esame si disse che nessuna avrebbe potuto uccidere. Chi lo aveva straziato a quel modo voleva far soffrire il più a lungo possibile. Forse il disgraziato giovane era morto dissanguato o gli era stato concesso un colpo finale, che al momento non riusciva ad individuare. I genitali erano stati asportati dopo la morte, e almeno quell'ultimo insulto gli era stato evitato.
Per quanto cercasse di rimanere emotivamente distaccata, un moto di pietà le riempì gli occhi di lacrime che le offuscarono la vista per qualche istante.
Si voltò verso Jack che le era silenziosamente arrivato accanto. - Crudeltà e metodo e anche una notevole conoscenza del corpo umano. È un tipo esperto, probabilmente ha già ucciso... -
Suo marito assentì e le posò una mano guantata sulla spalla. - L'autopsia sicuramente ci dirà qualcosa di più, ma in linea generale sono d'accordo con te. -
Terence intervenne sollecitandola a seguirlo. Anche se non lo avrebbe confessato, la visione del corpo martoriato gli creava disagio.
Prima di allontanarsi dalla scena Milly si rivolse al marito: - Ci vediamo a casa. Non credo di dovermi fermare ancora per molto. -
Jack allargò le braccia: - Non so per quanto ne avrò. Questo giovane potrebbe aver voglia di raccontarci molto del suo assassino... - Si interruppe accorgendosi del tremore che la scuoteva. Succedeva sempre così e sapeva che non c'era da preoccuparsi: Milly la prendeva sul personale, come se la vittima fosse lei stessa o qualche carissimo amico e la ricerca del colpevole diventava prioritaria rispetto a qualsiasi altra cosa. Sua moglie, nonostante l'apparente fragilità, era una cacciatrice indefessa. La seguì con lo sguardo fino a quando non la perse di vista, inghiottita dall'ombra, oltre il muro della grande casa.
Il vicario Angel Russel aprì solo dopo aver controllato i tesserini attraverso lo spioncino, sebbene conoscesse il capitano Zeller fin da ragazzo. Coi suoi settant'anni suonati era il decano dei vicari e anche il più meticoloso nello svolgere le sue funzioni. Li fece entrare, tenendo per il collare il grosso cane che lo accompagnava dappertutto e che aveva ringhiato minacciosamente non appena avevano varcato la soglia.
- Mosè è un buon guardiano, - spiegò per scusarsi dell'aggressività dell'animale, - mi ha avvisato con la sua irrequietezza che qualcosa non andava là fuori. Drogati vero? Immaginavo che avessero scelto il parco per i loro sporchi traffici. Degenerati! Sono arrivati a fare sesso in mezzo alle tombe! Un pomeriggio li ho visti da quella finestra, ma sono scappati prima che arrivasse la polizia - disse indicando una finestra che si affacciava su una parte dell'antico cimitero.
Zeller fece le presentazioni: - La dottoressa Jaspers è una nostra consulente e l'abbiamo fatta intervenire, perché non si tratta, purtroppo, di un drogato morto di overdose. -
Il vicario sembrò assorbire la notizia spalancando la bocca per la sorpresa, poi indicò le sedie del salotto perché si accomodassero.
- Venite, ho preparato il caffè. Ne abbiamo bisogno! - disse prendendo un bricco e tre tazze dalla foggia antiquata. Milly provò un immediato senso di gratitudine per quell'attenzione insperata e cominciò a gustarlo lentamente. Quando lavorava era capace di non mangiare e dormire per giorni, ma beveva litri e litri di caffè diluito con acqua.
Il capitano invece rimase in piedi, consapevole del suo ruolo. - Vicario, abbiamo trovato il corpo di un uomo, ma, come le ho detto, non è morto per la droga e forse nemmeno per un regolamento di conti... -
Russel si sedette lasciandosi cadere, come se si afflosciasse sulla sedia.
- Non mi dica che si è suicidato?! -
L'orrendo peccato aleggiò per un attimo nell'aria sovrastandoli. Nella mente di Angel albergava la certezza che Dio avrebbe potuto perdonare tutto, persino l'omicidio, ma non il togliersi la vita.
Il capo Terence scosse la testa: - No purtroppo, quello che è stato perpetrato nel vostro cimitero è un delitto ben più orrendo! - e senza dare il tempo al vicario di riaversi domandò: - Non eravate in casa stasera vero? -
Russel si versò una tazza di caffè e la bevve d'un fiato, per riprendere coraggio e assimilare la notizia.
- Tutti i giovedì vado da mia sorella. È rimasta vedova da poco e i suoi figli sono lontani. Ceniamo insieme e preghiamo per l'anima del suo defunto marito. Torno a casa verso le ventitré, ma ieri sera ho fatto più tardi. Aveva invitato alcune sue amiche e ci siamo trattenuti in conversazione spirituale. -
Milly aveva terminato la prima tazza e se ne versò una seconda. In pochi minuti aveva memorizzato ogni cosa in quel salotto antiquato, greve di oggetti di scarso valore e di dubbio gusto, ma che illustravano pienamente la vita ordinata del vicario.
L'uomo riprese a parlare: - Mentre stavo aprendo la porta, Mosè si è agitato, non voleva entrare e ha cominciato ad abbaiare in direzione del cimitero. Gli ho detto di smetterla, convinto ci fosse qualche uccello notturno o qualche gatto a caccia di prede. È una bestia molto obbediente e si è zittito, però quando sono entrato in camera da letto, ha ripreso ad uggiolare correndo dalla porta alla finestra. Ho tirato la tenda e ho guardato fuori, stando nascosto. C'era qualcuno che si muoveva nel cimitero, ho visto la luce di una torcia e poi ho sentito il motore di un'auto, per questo ho chiamato il 911. -
Era pallido, accasciato sulla sedia, come se il suo ordinatissimo mondo gli fosse crollato addosso oppure avesse improvvisamente scoperto che non esisteva e che il genere umano si era estinto per lasciare il posto ad una generazione demoniaca.
- Non è andato a controllare? - insistette Terence.
Il vicario rispose a bassa voce, quasi scusandosi per la sua vigliaccheria: - Negli ultimi tempi ci sono stati alcuni fatti assurdi, sacrileghi... hanno scoperchiato una vecchia tomba, portato via ossa... Io non credo all'esistenza dei satanisti, ma molti giovani sembra siano attratti da questa forma distorta di, chiamiamola così, religiosità e, per poter fare i loro riti assurdi, diventano violenti. Io sono vecchio... -
Aveva un'espressione di terrore mista a disgusto dipinta sul volto e Milly si domandò come avrebbe reagito se avesse visto in quale stato era ridotto il corpo legato all'albero.
- Quindi non ha sentito altro rumore, a parte il motore dell'auto? Non ci sono stati passi? Voci? Urla? -
Angel scosse la testa con violenza: - No. Mosè probabilmente aveva fiutato delle presenze estranee, anche se io non ho sentito nulla. I cani hanno doti speciali, sapete... -
Mostrò l'apparecchio acustico che portava ad entrambe le orecchie e spiegò: - Non lo avevo ancora tolto e se ci fossero stati dei rumori li avrei sentiti. -
Terence fece un cenno rassegnato guardando Milly.
La donna non aveva parlato, ma i suoi sensi erano aperti a percepire ogni particolare e il capitano, che la conosceva da tempo, colse l'impercettibile segnale che gli mandava.
- Domitilla, abbiamo disturbato anche troppo il signor vicario, approfittando del suo tempo. Andiamo? - Poi si voltò verso Angel per precisare: - Alle undici l'aspetto da me per la dichiarazione ufficiale. -
Russel assentì pensieroso, ancora frastornato e confuso per quanto era successo.
Uscirono dalla porta sul davanti della casa e attraversarono il cimitero nella sua parte più antica, passando accanto a tombe di pietra erose dal tempo e a busti di personaggi oramai dimenticati, ma che avevano avuto un posto nella storia di Charleston.
Camminavano lentamente, godendo della pace e del silenzio del luogo, che faceva dimenticare quanto era successo nel retro dell'enorme struttura. Milly evitò di soffermarsi, consapevole che altri stimoli, anche se meno potenti, potevano inquinare le sue percezioni.
Jack era impegnato con la squadra nei soliti rilievi, ci sarebbe voluto ancora un po' prima di poter slegare il corpo e portarlo alla medicina legale per l'esame autoptico.
- L'assassino ha avuto molto tempo a disposizione e nessuno a disturbarlo. Aveva pianificato tutto e non ha lasciato nulla al caso. Nessun imprevisto a spaventarlo e a fargli lasciare il suo progetto a metà - considerò il capitano mentre uscivano dal cancello di ferro dagli elaborati disegni.
La luce dell'alba aveva il livore dell'indeterminato, la notte era finita e portava via le sue ombre e il giorno doveva ancora arrivare. Il profumo dei fiori si andava facendo più deciso e agli uccelli notturni dalle cupe livree si sostituiva il volo delle anatre di ritorno dalla periodica migrazione. La primavera era inoltrata, ma la temperatura era ancora fresca e avrebbero dovuto aspettare molte ore prima di poter godere del caldo sole. Da qualche parte c'erano anche gli aironi azzurri.
Milly sapeva che erano tornati e aveva persino intravisto una coppia vicino a casa sua. Ripose in questo consolante pensiero una parte del suo dolore e si voltò verso il capitano.
- Ha portato via i vestiti e ogni altro segno di riconoscimento. Ha tagliato la prima falange delle dita... e lo ha sicuramente sfigurato. Voleva rallentare il riconoscimento della vittima e aver più tempo a disposizione per nascondersi. Non sarà facile dare un nome al nostro disgraziato amico. -
Adesso era pronta a fare anche altre considerazioni, preziose per Terence. Parlò con voce piana, calma, come se leggesse: - Sono certa che non è la prima volta che uccide. È esperto, meticoloso. Ha asportato i genitali con un taglio netto, usando probabilmente un bisturi e seguendo precise linee anatomiche. Ha conoscenze mediche e padroneggia anche le tecniche di indagine della polizia. L'eliminazione delle tracce macroscopiche è stata al limite del perfetto. - Fece una pausa per raccogliere le idee e tradurle in parole. - Gode nel veder soffrire. Ha avuto un orgasmo, forse più di uno, mentre torturava, ne sono certa, anche se probabilmente non troveremo gocce di sperma. È possibile che la scelta del luogo sia intenzionale, legata a qualche motivo particolare, oltre che al fatto che è isolato e sicuramente nessuno avrebbe sentito le grida. In certi momenti devono essere state terribili. -
A questo punto tacque e chiuse gli occhi come per vedere con maggior chiarezza quanto era successo.
Piccole gocce di sudore le luccicavano sulla fronte, a testimonianza della fatica che aveva fatto per concentrarsi. Terence aveva registrato ogni parola, certo che sarebbe stata la base sulla quale costruire l'indagine. Cally era arrivato e si era seduto al volante.
- Jack ne ha ancora per un po'. Ti accompagno io a casa - le disse indicandole il posto accanto a lui, mentre il capitano si allontanava.
Era infreddolito e livido in volto, ma soprattutto addolorato. Quello che aveva visto continuava a passargli davanti agli occhi come una pellicola rotta, ma non poteva parlarne con Milly, sapeva che era necessario non disturbarla in quella prima fase di raccolta dati. Avevano lavorato insieme in altri casi e aveva imparato che per la donna era necessario un lungo tempo di riflessione solitaria. La sua capacità d'analisi era così alta che veniva chiamata anche in altri Stati, quando i casi erano particolarmente complicati. E Cally cercava sempre di seguirne le indagini.
Si voltò leggermente per vederne il profilo delicato e si accorse che era pallida e aveva le labbra strette in una smorfia, gli parve persino che piangesse. Milly era un po' strana, fuori dagli schemi, ma gli piaceva e anche Jack era diventato suo amico.
- Cazzo! - pensò. Il medico legale più in gamba dello Stato e la consulente più preparata del pianeta erano suoi amici.
Quando sua moglie era morta gli erano stati vicino e non lo avevano lasciato un momento per intere settimane.
Milly aveva intuito che per lui la vita aveva perso di importanza e di significato e che aspettava solo l'occasione per spararsi un colpo in testa e lo aveva costretto a dormire a casa loro, coinvolgendolo pian piano, di nuovo, nel lavoro.
Ad un tratto, non sapeva come, Cally aveva smesso di svegliarsi di notte con gli incubi di avere accanto il corpo freddo e emaciato di Caroline e di non poter far nulla per salvarla o anche solo per alleviare il suo dolore.
I giorni erano passati, rotolando uno dietro l'altro per forza d'inerzia, senza che partecipasse realmente alla vita, fino a quando, un mattino, apparentemente uguale a tutti gli altri, si era alzato e si era accorto di respirare liberamente senza più l'oppressione e la sensazione di vivere dentro un tunnel senza sbocco.
Il dolore c'era ancora, ma era sopportabile, anzi gli pareva che Caroline stessa fosse accanto a lui per rassicurarlo.
L'amicizia di Jack e di Milly era stata il balsamo per la sua ferita.
La guardò di nuovo con gratitudine e lei gli sorrise.
- Cally, per caso hai visto il film ieri sera? Quello ambientato in una comunità religiosa molto rigida... Hai capito quale vero? Mi sono addormentata e volevo sapere come era finito. -
Il poliziotto scosse la testa: - No, non mi piacciono i thriller, mi mettono ansia. Ho visto un gioco a premi. Siamo arrivati, mi offri da bere qualcosa di forte? Mi ci vorrebbe... -
Milly si oscurò in volto e lo guardò di brutto facendolo pentire di averle chiesto alcolici. Si era fissata che la morte di Caroline lo potesse portare all'alcolismo.
- Ti preparo una sostanziosa colazione. Dolce o salata? - gli domandò aprendo la porta.
- Dolce! - rispose lui rassegnato e la seguì.
Lei riempì una brocca di caffè e scaldò brioches ripiene di crema: era generosa del suo tempo e della sua dispensa. La osservò muoversi leggera, solare, ma assorta nei suoi pensieri e di nuovo invidiò la fortuna del medico legale. Si erano sposati tre anni prima e da allora erano inseparabili. Facevano coppia fissa nelle indagini come nella vita. Se Caroline, sua moglie, non fosse morta forse anche fra loro ci sarebbe stata quell'intesa, quel comprendersi con uno sguardo, quel sentirsi persi quando non si era accanto uno all'altra. Scrollò le spalle, cercando di cambiare il corso dei suo pensieri. Il rimpianto per quello che non sarebbe più stato era un veleno per l'esistenza. Una specie di peso che lo avrebbe fatto ripiombare nel baratro dell'inedia.
Su una mensola c'era un foto scattata nel giardino davanti al cottage, probabilmente una delle ultime in cui compariva anche sua moglie. La prese e osservò con tenerezza il volto delicato già segnato dalla malattia. Le palpebre socchiuse per difendersi dal sole nascondevano gli occhi. Caroline sorrideva. Il corpo, ancora rotondo e morbido, era appoggiato al suo, abbandonato fiduciosamente fra le sue braccia. Avrebbe dovuto proteggerla dal male, condurla lontano dalla landa del dolore, invece non aveva potuto far altro che starle vicino mentre lei moriva. Suo malgrado un singhiozzo gli uscì dalle labbra serrate. Milly gli posò una mano sulla spalla e lo guidò verso il tavolo apparecchiato dicendo: - Vieni a mangiare, dobbiamo essere in forze, lucidi al massimo. -
Cally assentì: - Mi sento stanco eppure so che non riuscirei a dormire. La crudeltà... -
Milly lo interruppe: - Più ci penso e più mi sembra una violenza programmata, studiata nei minimi particolari a tavolino. È un delitto particolare, anche se non riesco a definire ancora bene certe sensazioni. -
Bevve una tazza di caffè e andò verso la finestra oltre la quale il giorno ridava luce e colore al paesaggio.
Cally non le fece domande. Lei gli metteva sempre un po' di soggezione quando entrava nei panni della profiling. Alle pareti erano appesi i suoi diplomi e si soffermò a leggerli una volta di più. Domitilla Jaspers era - dottore in biologia con master in biologia marina - e - dottore in scienze naturali con master in fauna migratoria - . Dove si inserisse la sua passione per la criminologia, non riusciva a capirlo, ma in fondo non era importante. Cominciò a mangiare accorgendosi di aver ritrovato l'appetito, senza curarsi di cercare Milly, che era sparita nella sua camera. Terminata la brioches si appisolò sul divano, vinto dalla stanchezza e dall'inedia.
Jack arrivò verso mezzogiorno con una delle grosse macchine della medicina legale e, prima di entrare, si fermò nel garage per farsi una doccia. Era un'abitudine presa quando era ancora studente e i camici monouso gli venivano lesinati. Adesso, ovviamente non era più così, ma gli piaceva stare sotto l'acqua e rivestirsi di abiti puliti prima di entrare in casa: per questo aveva allestito un piccolo bagno di servizio. Gli pareva necessario togliersi di dosso l'odore di morte che inevitabilmente aveva respirato e che aveva impregnato i tessuti. Milly comunque si accorgeva sempre se aveva fatto un'autopsia per la polizia criminale o a qualcuno morto in ospedale. Aveva una specie di sesto senso, anche se poi si giustificava spiegandogli che gli si leggeva in faccia.
- Quando sei a contatto coi crimini cambi espressione, ti incupisci. -
Trovò Cally che russava beatamente sul divano, come aveva immaginato vedendo il suo pick-up parcheggiato davanti all'ingresso. Sua moglie era al computer, così assorta a scrivere forsennatamente che non lo sentì entrare. Le andò dietro e la baciò delicatamente sul collo, lei per tutta risposta gli porse le labbra per un contatto frettoloso, poi gli mostrò il bricco vuoto e brontolò: - Avrei bisogno di un po' di caffè! -
Doveva essere come minimo il terzo in quella piccola parte della giornata. Jack obbedì, vincendo la stanchezza che lo obbligava a trascinare i piedi. L'autopsia era stata quanto di peggio aveva mai vissuto, ma era certo che sua moglie avrebbe voluto conoscerne ogni più piccolo particolare e quindi preparò caffè in abbondanza, badando a non svegliare Cally.
Quando tornò nella stanza Milly aveva lasciato la sua postazione e si era seduta nella comoda poltrona a quadri scozzesi, detta il pensatoio, perché era rivolta verso la vetrata che inquadrava uno scorcio di palude. Era da lì che aveva visto la coppia di aironi azzurri e sperava di scorgerli di nuovo.
- Come avevi detto tu a Terence, il nostro assassino ha agito con meticolosità estrema. Ha fatto di tutto per renderci complessa l'identificazione. Vuoi che ti descriva la sequenza delle torture? O preferisci leggerti il rapporto con calma dopo? - domandò Jack sedendole accanto.
La moglie accavallò le gambe e tamburellò su un pacchetto di fogli, poi rispose: - Dopo, a mente fresca. Sono stanchissima. Ho passato ore a fare ricerche... mi sono messa in contatto con le polizie di tutti gli Stati confinanti. Sono convinta che sia un killer seriale e che questo omicidio sia solo uno dei molti commessi. Ero disperata perché non riuscivo a trovare alcun riscontro, poi mi ha risposto King, il tuo collega di Orlando. Mi aveva dato il suo contatto al convegno di medicina legale. - Suo marito corrugò la fronte, ma non disse nulla. Il dottor Gand aveva mostrato un interesse molto forte per sua moglie e lui si era ingelosito, ma Milly pareva non essersene neppure accorta, infatti continuò a parlare tranquillamente: - Si ricordava di un'autopsia fatta lo scorso anno. Una cosa terribile. Un giovane maschio bianco che è stato prima torturato e poi accoltellato. Post-mortem gli avevano rimosso chirurgicamente i genitali. È stato identificato a fatica. Ci manderà il referto. Per avere la copia delle indagini dovremo far intervenire il capitano. -
Tacque e Jack soppesò quanto aveva appreso.
- Quindi viaggia da uno stato all'altro... forse dovremmo chiedere anche ad altri colleghi, magari salta fuori qualcos'altro. Terence era piuttosto scosso... -
Milly corrugò la fronte. - Lo è sempre... - Fece una pausa e mosse la mano come per cacciare un pensiero fastidioso, poi riprese: - Se lo facciamo dobbiamo coinvolgere le polizie di mezza nazione e alla fine si rimpalleranno le responsabilità e le competenze. Sai bene come finisce, perderemmo tempo prezioso e il nostro amico potrebbe squagliarsela nel frattempo. -
Jack scosse la testa. - È possibile che sia già lontano, fuori dal confine dello Stato, pronto ad ammazzare ancora. -
Sua moglie sorseggiò il caffè ponderando il problema. - Il rischio c'è, ma non è alto. È un esibizionista, si crede un artista del delitto e mette in mostra le sue opere firmandole in qualche modo. Adesso sta godendosi lo spettacolo: vuole leggere sui giornali quanto è stato bravo a non farsi prendere, riuscendo a cancellare tutte le sue tracce. Io credo che starà qui fino a quando la sua smania di fama non sarà appagata. Possiamo agire in due modi. Mettere a tacere tutto e fingere che non sia successo nulla: così si incazza e magari si rimette in caccia, ma questo è pericoloso, perché sappiamo troppo poco di lui e prima di prenderlo magari ammazza qualcun altro! Oppure gli allestiamo il palcoscenico e lo applaudiamo? Chissà che non esca allo scoperto! -
Cally tossì e si voltarono verso di lui. Era fermo sulla porta e li guardava imbarazzato. "Scusate ragazzi, mi ero appisolato. Mi sono perso qualcosa? -
- No, tranquillo. Stavamo cercando di mettere insieme i pezzi. Avverti Terence che nel pomeriggio gli manderò il rapporto dell'autopsia. Ora mi riposo anch'io un'oretta... - gli disse Jack accompagnandolo all'uscita.
Milly invece rimase al computer a cercare nei data base delle polizie la risposta a due interrogativi che l'assillavano. Se la scomparsa del giovane morto era stata segnalata e se l'assassino aveva ammazzato altre volte.
Alle sei, quando già la bruma serotina cominciava a salire dall'acquitrino che si stendeva a vista d'occhio oltre la loro terrazza, Jack si affacciò stiracchiandosi e brontolando qualcosa circa un pezzo di pizza e delle patatine fritte, ma sua moglie non raccolse l'invito. Era entrata in una sorta di loop dal quale sarebbe uscita solo quando avesse individuato le tracce che cercava.
Elide Ceragioli
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