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Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Writer Officina
Autore: Martina Tognon
Titolo: Un Nuovo Noi
Genere Romance MM
Lettori 1287 3 1
Un Nuovo Noi
Il pilota aveva annunciato l'inizio della discesa. An non era riuscito a chiudere occhio per tutta la durata del volo. Cosa strana per lui, se non fosse stato per le circostanze.
Intanto la permanenza a bordo: troppo tempo.
Nonostante la scelta di viaggiare in prima classe, passare così tante ore seduto non era una situazione ideale per una persona attiva e sempre in movimento.
Inoltre erano dieci anni che non rimetteva piede a casa. Meglio dire nel paese di origine perché sotto lo stesso tetto della famiglia di sicuro non voleva passare nemmeno una manciata di minuti.
Prima della partenza ci avrebbe scommesso su quanto sarebbe stato ansioso per l'incontro, meglio dire scontro, con il padre. Ora era certo di aver sottostimato la propria reazione.
Di molto.

L'aereo sobbalzò appena e lo spinse a dare un'occhiata fuori dal finestrino. Sotto di loro non c'era più il mare, chiara indicazione che mancava oramai davvero poco.
I ricordi di un'altra vita iniziarono ad affiorare, contro la sua volontà, inarrestabili.

Due cose si era sempre imposto: la precisione, in ogni cosa, e la consapevolezza che non si può mentire a sé stessi.
Mai. Per nessuna ragione.
Anche nel richiamare alla memoria il proprio passato, anzi soprattutto. La sincerità sarebbe diventata un buon metodo per evitare di ripetere gli stessi errori, vita dopo vita.

Con un sospiro ripercorse i dieci anni trascorsi dalla sua fuga.

Non si era limitato ad abbandonare la finta sicurezza delle mura domestiche, ma si era lasciato alle spalle anche il proprio paese, gli amici e l'unico modo di vivere che gli era noto.
Aveva a lungo cercato di far passare la scelta come consapevole e ponderata: balle.
A poco più di diciotto anni non aveva davvero idea di cosa lo aspettasse al di fuori dei confini del luogo dove era nato e cresciuto, come quasi nessuno a quell'età. Da giovanissimi quando si naviga nel mare delle nuove esperienze lo si fa sempre sotto la cappa protettiva della famiglia.
Ancora più vero per chi, come lui, non aveva mai messo piede neppure al di fuori dalla città di residenza.
Pro e contro di vivere in un posto dove si può trovare tutto, tranne forse la calma e la pace. Per uno spirito inquieto la cosa poteva rivelarsi deleteria.
Nei primi anni da solo aveva visitato l'Asia.
Si era detto che in fondo bastava essere lontano dal padre per stare bene. Anche quella era una menzogna, l'ennesima. In realtà gli serviva tempo. Ci voleva tempo per trovare il coraggio necessario al grande salto verso un mondo molto diverso, quasi alieno ai suoi occhi diventati pigri e ciechi alle novità.
Aveva sempre immaginato i paesi dell'occidente troppo distanti dalla realtà che conosceva e ne era spaventato. Un'idea costruita su basi erano incerte, come la vita che lo aspettava. Il futuro si snodava davanti a lui, ma era nascosto sotto coltri di paure e timori.
La sua più che un'opinione era una deduzione derivata da anni di osservazione dei turisti. Frotte di persone che sciamavano, spesso nei periodi meno opportuni dell'anno, in cerca di qualcosa di esotico. Un profumo nuovo nel quale immergersi, intossicante e vivo in modi nuovi, che pensavano di trovare in Thailandia.
Quando si era sentito pronto aveva preso il primo volo possibile ed era partito, diretto al paese meno simile a casa sulla Terra. Almeno era quello che aveva pensato al tempo.

La Norvegia era stata la prima tappa occidentale del proprio allontanamento.

Dei primi giorni ricordava soprattutto il freddo intenso, mai provato niente del genere perché aveva sempre evitato le zone di alta montagna. Si era reso conto in fretta di amare troppo il mare e il caldo per poter restare là per sempre.

Eppure, se rottura doveva essere, bisognava farla per bene.

Da quel momento in poi le cose erano andate meglio. Aveva girato un po' tutta l'Europa. Poi si era spostato in Nord America prima e Sud America poi.

Con lo sguardo perso sulle nuvole soffici sotto l'aereo ripensò a cinque mesi prima e a quella telefonata che gli aveva rivoluzionato l'esistenza.


* * *


La chiamata lo aveva raggiunto mentre vagava in Canada, in un momento di pausa tra un lavoro e il successivo.
Approcciava la vita così da quando dipendeva solo da sé stesso. Lavorava per un po', una pausa più o meno breve e poi si spostava in un altro posto. Una persona in perenne ricerca di qualcosa che non sapeva definire, ma di sicuro non aveva ancora trovato.
Soldi ne aveva a sufficienza per permettersi quelle pause. Non spendeva molto, non aveva vizi dispendiosi e quindi riusciva ad accantonare parecchio.
Lo squillo del telefono lo aveva colto di sorpresa, meno però del nome apparso sullo schermo.
La sorella era l'unica con cui aveva mantenuto i contatti. Telefonate sporadiche, per lo più messaggi. Non si amavano, ma era pratico avere qualcuno che gli rivolgesse la parola per le emergenze.
Rispose in fretta, quasi certo che un enorme problema stesse per distruggere la quiete della sua esistenza. Non si sarebbe mai immaginato la portata.

“Che succede?”

La voce della ragazza lo sommerse, euforica era la definizione più azzeccata. Troppo e per questo falsa.

“An! Tra sei mesi mi sposo! Devi assolutamente esserci, non puoi mancare. Lo so che ti chiedo tantissimo, ma sei il mio fratellone. Papà ha già pronti i soldi per il biglietto, così non ti devi preoccupare di nulla. Non che sia felicissimo di vederti, ma mi ha promesso che farà il bravo e non dirà niente perché sarà il mio giorno. Ho già pensato a tutto, proprio per te, in modo da poterti avere qui. Il mio futuro marito, anzi la sua famiglia, ha spazio per ospitarti. Un appartamento piccolo ma funzionale, sono sicura che per te sarà abbastanza. Il vantaggio è che non sarai costretto a vivere in albergo per evitare di stare a casa, sarà più facile e non dovrai vedere nessuno fino al giorno del matrimonio. Al massimo una cena di presentazione qualche giorno prima, niente oltre questo. Ti giuro che papà si terrà alla larga, gliel'ho chiesto come regalo. Non puoi dirmi di no. An! Devi venire‼!”

Il fiume di parole si interruppe così come era iniziato.

“Posso parlare?”
“Ovvio che puoi! Ti ho chiamato per questo!”
“Non credo sia il caso che io venga al matrimonio.”
“An‼!”
“Smettila con questa pantomima. Avevi undici anni quando me ne sono andato di casa. Non ho la minima idea di come tu abbia fatto a rintracciarmi e ottenere il mio numero, ma da quel momento ti ho risposto sempre, non so nemmeno io perché lo faccio. Non siamo così legati, anzi non lo siamo per nulla. Da bambini poco, ancora meno ora. Quindi dimmi in modo chiaro perché dovrei venire?”

La voce di Dang , abbreviazione di Dangkam come le piaceva farsi chiamare di recente, cambiò tono.

“Non posso nemmeno cercare di essere gentile, con te è del tutto inutile.”
“Anche se non ci vediamo da dieci anni, ho ben capito che genere di persona sei diventata, puoi evitare di mentire in modo così spudorato. Lasciamo da parte i finti convenevoli, non c'è bisogno di questi giochini tra noi. Dimmi il vero motivo che ti ha spinto a invitarmi. Perché accidenti mi vuoi al tuo matrimonio?”

Una risata poco piacevole attraversò i continenti per arrivare fino a lui. Per un breve istante si domandò quando la sorella fosse passata dall'essere una bambina allegra, un po' viziata ma nulla di più, a un demone sempre arrabbiato con il mondo.
Scosse le spalle e attese.

“La famiglia del mio fidanzato è molto tradizionalista. Come puoi immaginare nostro padre ha organizzato per me un matrimonio con persone accettabili. A ogni modo, loro sanno che esisti e domandano da tempo di vederti. Ho inventato una serie di scuse degne del peggior bugiardo di tutto l'universo. Arrivati a questo punto non posso più farlo. Per il matrimonio non ci sono possibili frottole da usare.”

An sospirò cupo.

“Accettabili? Posso solo immaginare cosa possa voler dire, visto come nostro padre gestisce il proprio piccolo universo personale. Mi stai dicendo che devo venire a reggere questo teatrino della famiglia perfetta solo per farti un favore?”
“Lo sapevo che qualche tratto di famiglia dovevi averlo ereditato. Non si fa niente per niente. Cosa vuoi in cambio? Ne ho parlato a lungo con papà, puoi chiedere quasi tutto. Sta a me accettare o meno.”

An si portò una mano al viso.
Dang era diventata in tutto e per tutto una degna erede della casata. Gli avrebbe creduto di fronte alla richiesta che stava per fare? Forse sì. Con una buona dose di dubbi, che avrebbe seppellito sotto una corposa montagna di commiserazione all'inizio, per poi concedergli quanto richiesto dopo essersi tutelata al meglio.
La semplice verità di quello che desiderava di più nella vita non era comprensibile per quelli della loro specie.

“Sarò presente al matrimonio. Arriverò una settimana prima della data fissata, pronto a fare la mia parte. In cambio ho una sola richiesta. Nel momento stesso in cui metterò piede fuori di casa non dovrete più cercarmi in alcun modo. Mi cancellerete dalle vostre esistenze. Non come io fossi morto, ma come non fossi mai esistito.”
“Solo questo?”
“Che cosa ti aspettavi da me?”
“Soldi. Una parte di eredità... Magari la casa in campagna. Tutto quello che ti sei lasciato alle spalle.”
“Non mi serve denaro: ne ho abbastanza per vivere senza patemi d'animo. Non voglio niente che mi ricordi da dove vengo: tantomeno quella specie di maniero deprimente che nostro padre chiama casa di campagna e al sottoscritto pare un rudere che si aggrappa a un'esistenza già finita. Per quanto riguarda le cose che ho lasciato quando sono partito: sono rimaste lì perché non le volevo. A tutt'oggi non è cambiato niente per me, la penso ancora nello stesso modo.”

Un silenzio teso seguì le sue parole. Non aveva voglia di proseguire in quel colloquio assurdo e sollecitò la sorella a rispondergli.

“Allora?”

Dopo qualche ulteriore istante di silenzio Dang si decise.

“Niente in contrario, ma me lo devi mettere nero su bianco che rinunci a tutto. Non credo questa sia una presa in giro, ma meglio andare sul sicuro. Però arriverai un mese prima, non un giorno di meno, o l'accordo salta. Se la cosa è di tuo gradimento domani ti faccio avere i documenti. Fai validare la tua firma da qualcuno, ovunque tu sia esisteranno di certo degli ufficiali preposti, e rimandami tutto entro una settimana.”

“Sarà fatto, sorellina.”

Il nomignolo, solo all'apparenza affettuoso, spinse la ragazza a serrare con violenza i denti, fin quasi a digrignare come un animale in pieno attacco di rabbia. Odiava essere trattata in modo condiscendente, come appena fatto da quella persona che il karma le aveva appioppato come fratello.

“Ricorda che fino a che sarai qui dovrai comportarti come un rispettabile membro della famiglia. Se ci riuscirà nostro padre, non vedo perché tu non possa.”
“Quanto alla sistemazione. L'appartamento esiste davvero o era uno specchietto per allodole?”
“Tutto molto vero, voglio che questo matrimonio fili per il verso giusto. Il posto dove vivrai è luminoso e bello nonostante sia minuscolo, dotato di tutti i comfort. Ho spiegato ai miei suoceri che ti serve essere vicino al centro di riabilitazione.”

Un attimo di stupore colpì An. Quindi la sorella sapeva che genere di mestiere si era trovato a fare negli anni.

“Quanta attenzione nei miei confronti. Quasi non ci credo. A cosa è dovuta?”
“Semplice. Devo tenerti il più lontano possibile da papà, ma soprattutto fare in modo che i tuoi incontri con la famiglia di Kho siano ridotti al minimo indispensabile. Quale metodo migliore di tenerti occupato?”
“Per un solo istante ho pensato ti interessasse davvero cosa faccio nella vita di tutti i giorni.”

Qualunque commento sarebbe stato superfluo, perfino Dang evitò di confermare l'ovvio disinteresse nei confronti di qualcuno per cui non provava nulla.

An si chiese quanto benestante dovesse essere la famiglia con la quale la sorella stava per legarsi, visto che il padre pareva essersi adattato bene al fatto che fossero più thailandesi di loro.
Almeno così sembrava.
La scelta di usare un soprannome fatta dal loro figlio e l'improvvisa decisione della sorella di adottarne lei stessa uno thai al posto del proprio nome, che mai aveva disdegnato di usare fino a quel momento, gli apparivano come segnali abbastanza chiari.
Anche quella era una semplice curiosità, non una domanda a cui servivano risposte. Una volta superato il mese di purgatorio non avrebbe più avuto nulla a che spartire con loro.

“Mandami tutto quello che devo firmare, nonché l'indirizzo di dove sarò alloggiato. Ci vedremo tra cinque mesi. Non mi servono promemoria. Contattami solo se ci sono stravolgimenti davvero importanti da comunicarmi.”

Con quelle parole chiuse la telefonata senza attendere oltre e iniziò a sentire l'ansia crescergli dentro.
Martina Tognon
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