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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Sabino Napolitano
Titolo: Caccia all'uomo nero
Genere Thriller Giallo
Lettori 2858 8 12
Caccia all'uomo nero
Era una gelida sera di febbraio e il vecchio pendolo, appeso alla parete della cucina in un'abitazione di Bari vecchia, incominciò a battere i suoi rintocchi.
Onofrio Carullo, infastidito, girò la testa sollevandola dal giornale aperto sul tavolo alla pagina delle notizie sportive.
- C' scassac...! - bofonchiò, lanciando uno sguardo torvo verso quell'inopportuno disturbatore.
Anche se non ricordava di aver mai provato odio per nessuno, in quel momento gli sembrava di nutrire una buona dose di malanimo nei confronti di quel maledetto aggeggio che, per di più, era pure un regalo di nozze di una zia di sua moglie, che non gli era mai stata simpatica.
Ricordava ancora quando la zia Ninetta si era presentata con quel regalo, accompagnandolo con quel suo sorriso acido, aperto sulla leggera peluria del mento: - Appendetevelo in cucina, così, quando lo sentite, vi ricordate della zia Ninetta! - .
Un accenno di commozione aveva anche fatto capolino sul viso della cara zietta e lui e sua moglie Rachele avevano dovuto fare buon viso a cattivo gioco e mostrare grande soddisfazione per aver ricevuto quell'ingombrante quanto inutile regalo.
Le lancette dell'orologio intanto segnavano le otto di sera.
Onofrio si accinse a riprendere la lettura delle notizie sportive, che aveva appena interrotto con gran dispetto, ma prima, disse a voce alta: - Rachè, ma Marilù ancora non si è ritirata? - .
Rachele stava sfaccendando in camera da letto e teneva accesa la radio a tutto volume. Il festival di Sanremo era finito da qualche giorno e a lei quella canzone di Arisa, che aveva vinto, piaceva assai e a Radio Norba la stavano mandando in onda proprio in quel momento.
Rachele la stava canticchiando, come se stesse cantando insieme ad Arisa e la nota cantante l'aiutasse a sua volta nelle faccende domestiche: - lo sono qui per ascoltare un sogno, non parlerò se non ne avrai bisogno, ma ci sarò perché così mi sento, accanto a te, viaggiando controvento ... - .
Sentendo la voce del marito, senza capire quello che stava dicendo, Rachele lasciò che Arisa proseguisse da sola.
- Che hai detto? - chiese alzando la voce e abbassando un po' il volume della musica.
Onofrio scandì bene le parole.
- Marilù non si è ancora ritirata e sono le otto di sera. Quante volte ti ho detto che a quest'ora è meglio che si ritira e non sta in giro nei vicoli? Stasera fac' pure nu fridd! - .
- Oggi teneva il PON a scuola e poi si doveva fermare un po' a casa di Denise. Mo' arriva, non ti stare a preoccupare! - ribatté Rachele, alzando ancora il volume della radio e sbuffando con insofferenza.
Onofrio, per nulla soddisfatto della risposta della moglie, con una mossa repentina prese dal tavolo il suo cellulare e dalla rubrica selezionò il numero di Marilù.
Attese con impazienza, ma gli squilli si susseguivano senza risposta e si decise a chiudere la chiamata.
Benedetta ragazza! Quante volte le aveva detto che doveva rispondere alle chiamate dei genitori, ma niente, anche lei, come molti suoi coetanei, magari a scuola toglievano il sonoro e si dimenticavano di riattivarlo.
Di certo fra un po' si sarebbe accorta della chiamata persa.
Onofrio scosse la testa e riprese la lettura dell'articolo sulla Bari.
Era sempre stato uno sfegatato tifoso biancorosso e, oltre a frequentare la curva degli ‘ultras', non si perdeva mai nulla di tutto ciò che riguardava la sua squadra del cuore, dai servizi televisivi sulle TV locali agli articoli di giornale, senza contare le interminabili discussioni con amici e compagni di lavoro.
Continuò a leggere e, in modo meccanico, riprese qualche altra volta il cellulare e rilanciò la chiamata alla figlia.
Squilli...
Ancora nessuna risposta!
Spazientito, Onofrio chiuse la Gazzetta, proprio nel momento in cui il vecchio pendolo scandiva i rintocchi delle venti e trenta.
Rachele intanto aveva incominciato a preparare la cena.
- Rachè, ho chiamato al telefono Marilù più di una volta, ma non mi risponde. Dammi il numero di casa di Denise; se Marilù sta ancora lì, mo' mi sente - .
Stavolta Rachele non protestò e gli dettò il numero, che lui compose subito.
Appena la mamma di Denise rispose, Onofrio attaccò subito: - Signora, sono Onofrio Carullo, il papà di Marilù; per caso, mia figlia sta ancora lì da voi? - .
- Signor Carullo, noi ora ci stiamo mettendo a cenare, ma oggi Marilù non l'ho vista proprio. Un attimo, per sicurezza chiedo a mia figlia ... - .
- Denise mi ha detto che sono uscite insieme dalla scuola, ma Marilù se ne è andata per conto suo, perché teneva una cosa da fare. Perché, non si è ancora ritirata? - .
- No, niente... magari si è trattenuta un po' di più alla Comunità Migrantes... abbozzò Onofrio, con un certo disappunto per quelle ultime parole della mamma di Denise, che lui interpretò come una velata e gratuita illazione.
Ringraziò e chiuse il telefono, perplesso.
Si rivolse alla moglie: - E mo'? La mamma di Denise mi ha detto che Marilù oggi non è andata proprio da loro. Dice che, dopo la scuola, aveva da fare una cosa per conto suo - .
Rachele guardò il marito con un inizio di apprensione.
- Non è che è passata dalla comunità di don Nicola? Stasera non doveva fare il servizio alla mensa, ma può essere che è cambiato il turno e si è dimenticata di avvisarci - .
Il numero di don Nicola Onofrio ce l'aveva e lo compose subito con la mano che gli tremava un po'.
- Buonasera, don Nicola, sono il papà di Marilù. Per caso, mia figlia sta lì a fare il servizio mensa? - chiese tutto d'un fiato, appena quello rispose.
Rachele lo guardava con aria interrogativa e lo incalzò, chiedendogli sottovoce: - Beh, che dice don Nicola? - .
Onofrio, scuro in volto, scambiò ancora qualche parola con il sacerdote e poi chiuse la comunicazione.
- Ha detto che oggi non era turno suo alla mensa della Comunità Migrantes e non l'ha vista proprio... Senti, io mo' esco e vado a vedere se la trovo. Stu' fatt non mi sta piacendo proprio, stasera - .
Onofrio aveva sul volto un'espressione tra l'arrabbiato per il comportamento della figlia e il preoccupato che le fosse successo qualcosa.
Sapeva bene che Marilù era sempre stata una brava ragazza, non aveva mai mancato gli orari che le venivano raccomandati per il rientro serale e, comunque, aveva sempre avvisato nei rari casi in cui aveva dovuto tardare un po'.
Non era da lei che non avesse ancora dato sue notizie.
Marilù era ancora una ragazzina, aveva appena quindici anni, ma il fisico era già quello di una giovane donna in fiore.
Onofrio, già da un bel po', aveva incominciato a temere che quella bella ragazza bruna con gli occhi verdi che era sua figlia, potesse attirare l'attenzione di qualche malintenzionato.
Così indossò il giaccone e uscì.
Per le strade del centro storico non c'era nessuno a quell'ora e con quel freddo.
Sembrava anche che ci fosse nell'aria un'impercettibile pioviggine.
Onofrio era abituato a vivere e lavorare all'aperto con qualsiasi tempo, ma un brivido gli corse lungo la schiena.
Con il bavero del giaccone alzato e le mani affondate nelle tasche, si mise a girare per le strade di Bari vecchia.
Dapprima costeggiò i Giardini Isabella d'Aragona, che si affacciano sul lato Nord-Ovest del Castello Normanno-Svevo, piegò a sinistra nella zona retrostante la Cattedrale di San Sabino, s'infilò nel dedalo di strade nel cuore di Bari vecchia, fino alla Cattedrale di San Nicola e più in là, fino al Museo Archeologico di Santa Scolastica.
E continuò a girare ancora e ancora e ancora...
Si accorse che ormai procedeva senza un particolare metodo, passando più volte in strade che aveva già esplorato e, man mano che il tempo passava, la sua inquietudine cresceva e vagava per quei luoghi ben noti, senza capire più dove fosse.
Vide due amici di scuola di Marilù che stavano chiacchierando davanti a un locale con una bottiglia di birra in mano e chiese speranzoso: - Uagnu', per caso avete visto in giro mia figlia Marilù? - .
- No, signor Carullo. Quando siamo usciti da scuola ha detto che aveva da fare e se ne è andata per conto suo - rispose uno dei due.
- Avete visto alla Comunità Migrantes? - suggerì l'altro con l'aria di aver suggerito la cosa giusta da fare.
Onofrio fece un vago cenno di assenso, salutò i due ragazzi con un rapido movimento della mano e riprese le ricerche.
Ad un certo punto guardò l'ora: erano le ventidue.
Provò ancora una volta a chiamare la figlia al cellulare, ma ancora gli squilli si susseguivano senza alcuna risposta.
Telefonò a casa alla moglie; magari, mentre lui era fuori, Marilù era tornata e lui si stava preoccupando senza motivo.
- Onofrio, Marilù non è ancora tornata - .
La voce di Rachele era rotta dal pianto.
- Vado alla Polizia! - disse Onofrio con decisione, chiudendo la comunicazione.
Dopo alcuni minuti, entrò trafelato al commissariato di Polizia.
Faceva freddo e soffiava anche un gelido vento di tramontana, ma un leggero velo di sudore gli bagnava la fronte.
Le mani invece erano ghiacciate.
Al commissariato, il piantone lo fece accomodare dall'ispettore Chiariello, che era di servizio a quell'ora e avrebbe raccolto la denuncia di scomparsa della ragazza.
Onofrio si lasciò cadere sulla sedia e attese che l'ispettore terminasse quello che stava facendo al computer.
L'ispettore Chiariello era un giovane uomo, bruno di capelli e di carnagione, tanto da sembrare abbronzato, come se si fosse nel mezzo di una lunga stagione estiva e non già in pieno inverno.
Aveva un fisico atletico e slanciato, come di uno che faceva sport, si trovò a pensare Onofrio, mentre lo guardava in trepidante attesa.
- Generalità della ragazza? - chiese l'ispettore, con tono che ad Onofrio parve fin troppo distaccato e impersonale.
Onofrio, con la voce che gli tremava un po', rispose: - La ragazza si chiama Carullo Maria Luisa, ma tutti la chiamano Marilù, nata a Bari il sedici ottobre del novantotto. È andata a scuola nel pomeriggio e non si è ancora ritirata a casa. Ho provato parecchie volte a chiamarla al cellulare... il telefono squilla, ma lei... non risponde - .
Onofrio fornì tutti i dati anagrafici richiesti e si appoggiò esausto allo schienale della sedia, come se avesse fatto uno sforzo sovrumano.
Guardava l'ispettore che compilava il verbale di denuncia e ripensava alla sua vita che all'improvviso gli pareva giunta sul limitare di un baratro.
Era sempre stato un uomo semplice, abituato alla fatica.
Aveva incominciato presto a lavorare, subito dopo aver concluso la scuola dell'obbligo.
Era nato in una famiglia di pescatori; era pescatore suo padre e, prima di lui, lo era stato suo nonno, di cui portava con orgoglio il nome.
Sin da piccolo, anche lui aveva avuto una grande passione per tutto ciò che aveva a che fare con il mare.
Considerato il fatto che non si era mai sentito tanto portato per lo studio, appena aveva potuto, aveva colto al volo l'occasione di seguire la tradizione di famiglia.
All'inizio, aveva fatto il pescatore per alcuni anni insieme a suo padre.
La cosa più difficile era stata abituarsi agli orari imposti dalle esigenze del mestiere; del resto, si sa che ‘chi dorme, non piglia pesci' e per un pescatore la cosa era senz'altro da evitare.
Quando suo padre se n'era andato all'altro mondo, aveva preferito ripiegare sulla gestione di un banco per la vendita del pesce N'derr a la lanz, come è chiamata a Bari la zona del porto vecchio della città, corrispondente all'ansa formata dal molo San Nicola su cui si affacciano il teatro Margherita e il Circolo Canottieri Barion.
Lì trascorreva le sue giornate lavorative, tra clienti abituali e avventori occasionali, che accorrevano a comprare il pesce fresco, attirati dai richiami lanciati a gran voce dai venditori.
Qualche birra e qualche chiacchiera con gli amici dei banchi vicini completavano lo scenario della sua quotidianità.
Gli altri due punti fermi della sua vita erano la famiglia e la Bari, cose semplici che riempivano le giornate della sua vita tranquilla, senza scossoni.
Non aveva mai pensato di trovarsi di fronte alla situazione che stava vivendo quella sera.
Era come se una bomba gli fosse scoppiata tra le mani.
Marilù era la loro unica figlia e, per lui e sua moglie Rachele, era lo scopo della vita.
Marilù era per loro una specie di fiore all'occhiello, una rivincita sulla vita; era tutto ciò che loro non avevano potuto o saputo essere.
Anche Rachele, dopo la scuola dell'obbligo, aveva preferito lavorare, piuttosto che continuare a sgobbare sui libri di scuola, cosa di cui entrambi non riuscivano a capire l'utilità.
Rachele per alcuni anni aveva fatto la sarta in una piccola bottega, ma, da quando si erano sposati, si era dedicata alla casa, al marito e alla figlia, adeguandosi senza rimpianti alle tradizioni di famiglia.
Marilù invece era brava a scuola; aveva avuto sempre una grande passione per il disegno e ora frequentava l'istituto d'arte.
Aveva tantissimi interessi.
Le sue giornate prevedevano sempre, oltre allo studio, lettura, tanta musica e la pittura, cosa quest'ultima nella quale era molto apprezzata da amici e docenti.
E trovava anche il tempo per fare volontariato sociale, soprattutto frequentando la Comunità Migrantes, gestita da don Nicola, con il quale aveva anche un bel rapporto personale.
Marilù andava con regolarità alla comunità, impegnandosi soprattutto nel servizio mensa e facendosi promotrice di attività ricreative.
- Ha una foto recente della ragazza? - chiese l'ispettore Chiariello, interrompendo il corso dei pensieri di Onofrio.
Onofrio ci pensò su qualche secondo.
Si ricordò che nel portafogli aveva una foto abbastanza recente della figlia; gliel'aveva scattata circa tre mesi prima un suo amico, in occasione del compleanno, l'avevano fatta stampare e lui una copia se la portava sempre appresso.
L'ispettore Chiariello prese la foto che Onofrio gli aveva passato e commentò: - Bella ragazza! - .
- Eh! - borbottò Onofrio a voce bassa, indeciso su come interpretare l'esclamazione dell'ispettore.
Certo che lo sapeva che sua figlia era una bella ragazza!
L'ispettore intanto aveva composto un numero interno: - Petrone, telefona a tutti gli ospedali e vedi se per caso stasera hanno ricoverato una ragazza, tale Carullo Maria Luisa, detta Marilù, quindici anni, bruna con gli occhi verdi. Non è tornata a casa stasera e c'è qui il padre che è venuto a fare la denuncia. Fammi sapere subito, per favore - .
L'ispettore rivolse lo sguardo ad Onofrio: - E' possibile che la ragazza si sia allontanata volontariamente? Magari un dissidio in famiglia, qualche ragazzino, roba del genere, insomma? - .
- No, ispettore, assolutamente no. Marilù è una brava figlia; non tiene nessun ragazzino e non tiene nemmeno grilli per la testa. A casa sta benissimo e non ha nessun problema, né con me né con Rachele, mia moglie. A parte la scuola, dove pure è tra i migliori della classe, frequenta solo la parrocchia e quella comunità di accoglienza dei migranti che tiene don Nicola. Frequenta anche qualche amico, sa, sono ragazzi e soprattutto Denise, l'amica del cuore, diciamo così - .
Onofrio aggiunse qualche altro dettaglio sulle abitudini e le frequentazioni di Marilù a beneficio dell'ispettore, che intanto stava completando il verbale di denuncia per il commissario Sterlicchio, che l'avrebbe esaminato il giorno dopo.
Chiariello chiese ancora: - Avete per caso ricevuto qualche minaccia, che ne so, vi siete fatto qualche nemico, qualcuno che vi vuole male...? - .
Onofrio rispose subito: - Macché, ispettore! Io tengo un banco del pesce N'derr a la lanz. Chi mi deve minacciare a me? Mica sono uno che può pagare un riscatto! - .
Furono interrotti dall'agente Petrone, che aveva completato, senza risultati apprezzabili, il giro di telefonate negli ospedali cittadini.
L'ispettore Chiariello ne informò Onofrio: - Signor Carullo, purtroppo o per fortuna, negli ospedali cittadini non abbiamo trovato traccia della ragazza. Ora io diramo le necessarie segnalazioni per le ricerche - .
L'ispettore chiese anche se sapesse come era vestita Marilù e se avesse qualche segno particolare di riconoscimento.
Onofrio ci pensò su un attimo prima di rispondere.
- Segni particolari di riconoscimento... non saprei. Come indumenti, aveva un giubbino color rosa pallido... cipria, Rachele dice cipria, un paio di jeans blu scuro, una maglia a dolce vita celeste e le scarpe lilla, di quel tipo come le scarpe da ginnastica... - .
- Le ‘sneakers' - suggerì l'ispettore.
Onofrio assentì.
L'ispettore Chiariello chiuse il verbale.
- Ora abbiamo tutti gli elementi per organizzare le ricerche, sperando di avere quanto prima buone notizie. Magari mi lasci anche il suo numero di cellulare, in caso di comunicazioni urgenti - .
Onofrio si alzò a fatica dalla sedia, firmò la denuncia preparata dall'ispettore e si avviò trascinandosi.
Sentiva addosso una grande stanchezza, la testa pesante e le tempie che gli pulsavano come impazzite.
Arrivò a casa, privo di energia e trovò Rachele seduta al tavolo della cucina, pallida come uno straccio e con gli occhi rossi di pianto.
Era quasi mezzanotte!
Onofrio si lasciò cadere sulla sedia di fronte a lei e la mise al corrente di quello che aveva fatto.
Dopo qualche attimo di silenzio, Rachele gli confessò: - Onò, io tengo paura! Non è che qualcuno l'ha rapita? - .
Lui cercò di esorcizzare quelle parole: - Rachè, ancora non sappiamo niente. Mo' la Polizia la sta cercando e vediamo che succede. Perché la dovrebbero rapire? Mica teniamo i soldi noi, che ci possono chiedere un riscatto - .
Onofrio sapeva benissimo che non poteva essere solo quella la loro preoccupazione, ma cercava di tranquillizzare sé stesso, oltre alla moglie.
Nella sua mente però già si addensavano tanti cattivi pensieri, come nuvole nere minacciose di un violento nubifragio.
Aveva sentito varie volte in TV o letto sui giornali di clan criminali, spesso gestiti da stranieri, che rapivano giovani donne per avviarle alla prostituzione in altri paesi o, peggio ancora, di quelli che gestivano i traffici di organi.
Senza contare che c'era sempre in ballo l'ipotesi che qualche delinquente, magari in gruppo, avesse rapito Marilù per abusare di lei e scaricarla poi da qualche parte.
Era questa l'ipotesi alla quale Onofrio annetteva maggiori probabilità, anche perché era quella che aveva animato negli ultimi tempi le sue preoccupazioni di padre.
Ci furono alcuni interminabili minuti di silenzio.
Entrambi seguivano i loro cattivi pensieri, che ciascuno cercava di scacciare e aveva paura di rivelare all'altro.
In particolare, Rachele si chiedeva se fosse il caso di parlare o no al marito di una certa cosa, che era successa mentre lui era assente.
Era una cosa un po' strana e magari Onofrio, agitato com'era, ci si sarebbe pure potuto arrabbiare.
Decise di dirgliela.
- Onò, mentre tu stavi fuori, a cercare Marilù, ha chiamato la signora Favia, quella che abita vicino alla casa di Denise. Ha saputo della scomparsa di Marilù e ha detto di averla forse vista verso le sette e mezza dalle parti della comunità Migrantes... con un uomo... - .
Rachele pronunciò le ultime parole con qualche esitazione.
Onofrio sobbalzò.
La guardò fisso con gli occhi sbarrati.
- Come sarebbe che forse l'ha vista con un uomo? Si raccapezza la signora Favia? L'ha vista o non l'ha vista? - .
- Ecco, lo sapevo, si è arrabbiato! - pensò Rachele tra sé, intimorita dalla reazione del marito.
Con un filo di voce rispose: - Ha detto che non è sicurissima, ma ... sembrava lei. Era già buio e lei passava a una trentina di metri di distanza e quindi non ha potuto vedere bene. Quella tiene pure una certa età, ma... insomma, così ha detto - .
Onofrio sentiva già salirgli il sangue agli occhi e un improvviso calore gli faceva avvampare il viso.
Cercò di mantenere la calma, ma, quando parlò, si accorse di aver urlato.
- Rachè, ma l'uomo... chi era? - .
- Un... uomo nero, ha detto la signora Favia - rispose Rachele con un filo di voce, abbassando lo sguardo.

Una voce flebile, poco più di un sussurro: - Ecco... così... piano adesso - .
Silenzio.
Un leggero scalpiccio appena percettibile...
Un altro bisbiglio ansimante: - Ma non g' ste la luc' do? - .
- No, la luce è stata staccata tempo fa; qui ormai non viene più nessuno. Dobbiamo arrangiarci solo con la luce del cellulare - .
Silenzio.
- Certo, che fac nu fridd do! - .
- Dai! Ci siamo quasi... quindici, sedici, diciassette... ecco, ci siamo, attento - .
Una breve sosta, qualche sbuffo per riprendere fiato...
- Ora vai ancora indietro... sì, ... ecco... ancora un po' a sinistra... - .
E ancora: - Va bene così; piano adesso... - .
Un sussurro: - Ora possiamo andare - .
Silenzio.
- Oh, grazie! Senza di te... - .
Un gesto vago delle mani per schermirsi: - A voi non vi potevo dire di no... - .
Un cenno del capo per dire che è tutto finito.
Una porta si apre e si chiude con uno scricchiolio appena percettibile.
Su per le scale passi pesanti, stanchi ...
I gomiti appoggiati sul tavolo, la testa fra le mani ...
Fuori, la notte!
Sabino Napolitano
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