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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Giovanni Guidaccione
Titolo: Il mondo del passato
Genere Thriller Fantascienza
Lettori 2904 8 13
Il mondo del passato
Roma, Areoporto di Fiumicino.

L'Airbus S-200 della ItaloAir si innalza, solcando senza difficoltà l'ammasso di nuvole che avvolge il cielo pomeridiano. I raggi del sole si rifrangono sulla superficie di un pannello alare, accecando per un attimo Mario De Angelis, l'uomo appoggiato con la testa al finestrino, che osserva pensieroso le nuvole sottostanti.
Mario De Angelis è un rinomato programmatore di software, con un prestigioso passato di collaborazioni con le grandi aziende informatiche nel mondo. Il suo vecchio amico, Marco Rossi, conosciuto durante gli anni universitari, l'ha contattato qualche giorno fa, implorandolo di raggiungerlo a Milano per dare un ultimo contributo a un grande e innovativo progetto.
- Aspetta, non dirmi che si tratta di quel progetto? - gli aveva chiesto Mario stringendo nervosamente la cornetta del telefono.
- Sì, finalmente è diventato realtà. Il tuo software sembra rispondere bene, ma dobbiamo fare gli ultimi test. Non mi va di parlarne qui al telefono. E se la concorrenza ci ascoltasse? -
- La concorrenza? Dai, smettila con queste stronzate! -
La forte risata di Marco aveva costretto Mario ad allontanare l'orecchio dalla cornetta.
- Allora vieni o no? - aveva poi chiesto Marco.
- Sarei un pazzo a rifiutare, lo sai. Però, appena ci vediamo, dovrai mettermi al corrente di tutto. -
- Certo, assolutamente. Tutto bene in famiglia? -
- Sì, anche se Daniele è appena entrato nella fase adolescenziale, senza smettere di assillarmi con le sue richieste... -
- Sai che ti dico, Mario? Non ti invidio proprio. Sono appena uscito da un divorzio doloroso. Ho sempre messo al primo posto la mia carriera alla necessità di mettere su famiglia. Non fa assolutamente per me. -
- Già, e io invidio te che non hai una peste e una moglie tra i piedi che non ti danno pace - aveva detto Mario sorridendo verso sua moglie, che dalla porta lo stava osservando con una smorfia divertita sul viso.
Poi dalla cornetta Mario aveva sentito delle voci.
- Mario, allora ti aspetto. Appena prendi l'aereo mandami un messaggio che ti faccio trovare un autista all'aeroporto. -
- Ehm, sì, ok - aveva borbottato Mario avvertendo un brivido di eccitazione.
- Scusami, ma ora devo andare. Ti aspetto a Milano. Ah, porta anche tua moglie Carla. -
- Carla? Lei ha... - , Mario non aveva finito di terminare la frase, che la linea si era interrotta.
- Tesoro, tutto bene? - , la voce di sua moglie, Carla Benedetti, seduta accanto a lui, lo riporta al presente.
Mario distoglie lo sguardo dal finestrino e risponde: - Ehm, sì, certo. -
- È da quando siamo partiti che hai addosso quest'aria preoccupata. Eri così contento all'idea di partire. Ora vedrai il tuo vecchio amico, e io potrò finalmente fare un po' di shopping per come si deve. -
- Non è questo... -
- Allora cos'è? Sei preoccupato per Daniele? Ora è abbastanza grande per stare da solo, tutto preso dal suo mondo. Da quando gli abbiamo comprato quel cellulare non fa altro che starsene tutto il giorno a mandare messaggi. Sono convinta che abbia una fidanzata e che si vergogna a dircelo. -
Mario la osserva inarcando le sopracciglia. - Una fidanzata? Beh, almeno per un po' non ci romperà le scatole - dice, facendo un lieve cenno di sorriso.
L'aereo si muove bruscamente verso il basso.
Carla osserva divertita suo marito, che ha la faccia bianca come un lenzuolo. - Ah, allora ho capito. Ti sei dimenticato di prendere la pillola. -
Mario ha sempre sofferto mal d'aereo, e siccome il suo lavoro lo costringe spesso a fare lunghi viaggi, in qualche modo si è abituato. Ma non può negare che, ogni volta che prende un aereo, avverta un forte malessere che può tenere sotto controllo solo grazie alle pillole.
- Controlla nella borsa se hai qualcuna di quelle pillole - chiede Mario con tono nervoso.
- Certo - dice Carla alzandosi per prendere la borsa nel ripostiglio sopra ai sedili. Una volta afferrata la borsa, fruga all'interno fino a trovare uno scatolino. Mario, senza cerimonie, l'afferra e preleva una pillola dall'interno, ingoiandola rapidamente.
Dopo cinque minuti, una hostess si avvicina verso di loro facendo un piacevole sorriso ai passeggeri.
Mario alza la mano attirando la sua attenzione.
- Come posso aiutarla, signore? - dice la hostess con tono gentile.
- Quanto manca all'atterraggio? -
La hostess fa un sorriso gentile. - Ci troviamo sopra la Toscana. Se troveremo i venti a nostro favore, raggiungeremo Milano entro mezz'ora. Vedo che lei soffre mal d'aereo. Se vuole, abbiamo qualcosa che fa proprio al caso suo... -
- La ringrazio, ma ho già provveduto. Se magari potesse indicarmi dove si trova la toilette...? -
- Certo. Si diriga verso la coda, sulla sinistra c'è una porta grigia. -
- Grazie - dice Mario alzandosi.
- Tesoro, tutto bene? - chiede Carla.
- Tranquilla cara, lo sai che ultimamente vado spesso in bagno. -
Carla sorride, poi si appoggia allo schienale e chiude gli occhi, cercando di recuperare un po' di sonno.
Mario cammina lungo il corridoio dell'aereo con passo lento, come se stesse camminando su una fune sospesa nel vuoto. Mentre si muove, si guarda attorno per osservare i passeggeri.
Una giovane mamma accarezza la testa di sua figlia addormentata accanto a lei. Quando i loro sguardi si incontrano, la donna gli fa un sorriso timido. Mario le sorride in risposta, facendo un lieve cenno con la testa a mo' di saluto.
Tutto sembra normale.
Nel sedile dietro la donna e sua figlia, c'è un ragazzo con la testa appoggiata allo schienale e con gli occhi chiusi. Indossa due grosse cuffie e si muove a ritmo di una canzone hip-pop ad alto volume, che Mario riconosce da una recente hit che aveva sentito in radio.
Prima, Mario ha mentito a sua moglie riguardo alla sua ansia per i voli in aereo. Non perché non ne avesse, ma ciò che l'ha inquietato maggiormente è stato l'ingresso sull'aereo di un uomo dall'aria misteriosa. Quando aveva osservato i suoi lineamenti, aveva dedotto che l'uomo fosse mediorientale. Inizialmente aveva pensato che potesse essere un terrorista, ma aveva subito scartato l'idea. È consapevole che i media occidentali spesso rappresentano i mediorientali come persone pericolose e pronte a farsi saltare in aria a causa del loro fanatismo religioso, ma sa per esperienza diretta che questa rappresentazione non è del tutto esatta. Infatti, in passato aveva collaborato con arabi, iraniani e afgani, e tutti gli hanno dato l'impressione di essere persone rispettose e sensibili, dimostrando anche una grande professionalità. Naturalmente ci sono delle eccezioni, ma queste sono solo una minoranza.
Si tratta solo un uomo in cerca di un'opportunità. Resisti e un altro po' metterai finalmente i piedi a terra, pensa mentre la sua mano trema leggermente, afferrando con decisione la maniglia della porta della toilette.
Una volta uscito dalla toilette, Mario avverte subito qualcosa di strano. Il brusio delle voci che aveva sentito poco fa è scomparso.
Si guarda intorno e si accorge che tutti i passeggeri sono seduti immobili sui loro sedili, con uno sguardo terrorizzato.
Una donna lo osserva con terrore e Mario nota una lacrima scorrere lungo la sua guancia, coperta da uno spesso strato di trucco.
Attraversando lentamente il corridoio, Mario si rende conto che tutti i passeggeri lo stanno osservando con paura, come se potesse far loro del male da un momento all'altro. Scuote la testa e si appresta a raggiungere sua moglie. È troppo preso dai suoi pensieri per notare un uomo poco lontano da lui. Ma appena i suoi occhi lo notano, emette un urlo che rimane strozzato dalla paura.
L'uomo davanti a lui è il mediorientale che aveva notato prima, mentre si imbarcava sull'aereo. Ha uno sguardo teso e in mano impugna un piccolo detonatore con un pulsante rosso in cima, collegato con un filo a una cintura esplosiva che indossa intorno alla vita.
Mario cerca di non farsi prendere dal panico, e si spreme le meningi per farsi venire in mente qualcosa che possa far ragionare quel pazzo. - Ehi, ascolta, qui nessuno vuole farti del male... - dice con voce tremula.
L'uomo lo osserva concentrato, senza dire nulla.
Mario dà una rapida occhiata intorno, alla ricerca di qualcuno che possa aiutarlo a risolvere la situazione, ma tutti i passeggeri sono terrorizzati e immobili sui loro sedili.
- Mario De Angelis! Finalmente! - dice improvvisamente l'uomo.
Mario avverte un brivido lungo la schiena.
Chi diavolo è quest'uomo? Come fa a sapere il mio nome?
- Ora, signor De Angelis, risponda alla mia domanda, altrimenti salteremo tutti in aria! -
Mario si rende conto che se non fa un tentativo per fermarlo moriranno tutti. In qualche modo deve assolutamente disarmare l'uomo davanti a lui, strappando il cavo che collega il detonatore alla cintura esplosiva. Ci deve provare, ma prima deve assecondarlo affinché abbassi un po' la guardia, avendo così l'occasione di fare la sua mossa.
Mario fa un lungo sospiro e, avvicinandosi lentamente all'uomo, dice: - Va bene, ma la prego... -
L'uomo fa un leggero passo indietro, senza perderlo di vista. - La stavo cercando da un bel po', signor De Angelis. -
- La prego, posi... -
- Mi dica dove si trova la TM-120! -
Mario avverte un brivido. - Io non so di cosa... -
- Non dica bugie! Lei sa di cosa sto parlando! Mi dica dov'è?! -
L'uomo, intanto, avvicina minacciosamente il pollice al tasto del detonatore.
Intorno a loro si diffondono urla di panico.
Mario deve fare qualcosa per fermare quel pazzo. Si trova a un metro esatto da lui. Per quanto avesse negato di conoscere la posizione del dispositivo, quell'uomo non gli avrebbe mai creduto, rischiando così di far precipitare la situazione.
- Io sono un programmatore informatico... Se vuole, posso aiutarla... - dice Mario tenendo le mani leggermente alzate, senza perdere di vista il detonatore.
- Ora conto fino a tre. Se non mi dice dove si trova, farò saltare questo aereo. Uno... -
- Parliamone con calma. Magari posso... -
- Due... -
Il pollice dell'uomo si avvicina al tasto...
Come se una forte mano invisibile gli avesse dato una spinta, Mario si lancia con una mossa disperata addosso all'uomo, allungando entrambe le braccia verso il detonatore, cercando di strapparglielo di mano.
L'uomo, colto di sorpresa, viene sbilanciato dal peso di Mario ed entrambi finiscono a terra. Cadendo a terra, l'uomo va a sbattere con la spalla sullo scalino di metallo, posto tra il sediolino e il corridoio.
L'uomo urla dal dolore e lascia andare il detonatore.
Mario lo afferra e, usando tutta la sua forza, cerca di strappare via il filo, senza riuscirci, essendo ben saldato all'ordigno.
Ora Mario avrebbe dato qualsiasi cosa per avere un paio di forbici, invece deve usare tutta la sua forza per strappare il filo. Concentrato sul suo compito, non si accorge del pugno che lo colpisce dritto al naso, facendolo sanguinare.
Subito dopo, un uomo atletico raggiunge Mario per aiutarlo a immobilizzare l'uomo, ma l'aereo si inclina improvvisamente verso il basso, provocando urla di panico tra i passeggeri.
- Qualcuno mi dia qualcosa per immobilizzarlo! - , urla l'uomo atletico aggrappato allo schienale di un sediolino, girando disperatamente lo sguardo intorno a sé.
Un ragazzo accanto a lui, con mano tremante gli porge un lungo cavo per cellulare. L'uomo atletico lo ringrazia con un cenno del capo e lega entrambe le mani dell'uomo a terra. Poi si dirige verso la porta in fondo al corridoio e, picchiando i pugni sopra, urla: - Ehi, aprite questa dannata porta! -
- Signore, lei non può entrare lì dentro - dice una hostess con tono spaventato correndo nella sua direzione.
L'uomo atletico si gira verso l'uomo a terra, lo afferra per la maglia. - Pezzo di merda! Cosa diavolo... - , il suo sguardo poi si dirige verso il giubbotto esplosivo e sgrana gli occhi. - Ma questo non è... -
- Che succede? - chiede Mario con tono preoccupato.
- Questo giubbotto è finto! Sono un artificiere e conosco bene questi esplosivi. -
L'uomo li osserva con sguardo di sfida.
- Che cazzo significa questa storia!? - urla l'uomo atletico scuotendolo violentemente.
L'uomo lo fissa e si limita a sorridere.
- Cazzo! - esclama l'uomo atletico. - L'aereo sta precipitando! Dobbiamo assolutamente fare qualcosa! -
Le urla di panico diventano più intense.
La hostess, nel frattempo, con mani tremanti cerca di aprire la porta della cabina di pilotaggio. - Dannazione, è bloccata! - esclama.
- Si sposti di lì - dice l'uomo atletico camminando all'indietro.
La hostess lo osserva confusa.
- Si sposti ho detto! -
La hostess, spaventata, si allontana dalla porta.
L'uomo atletico prende la rincorsa e dà un forte calcio alla porta danneggiandone la serratura. Una volta aperta l'uomo atletico la attraversa, subito seguito da Mario e la hostess.
All'interno ci sono i due piloti: sono entrambi accasciati sul sedile, con la gola tagliata.
- Gesù Cristo... - esclama Mario mettendo entrambe le mani sulla testa.
- C'è qualcuno che sappia pilotare questo aereo?! Stiamo precipitando! - urla l'uomo atletico.
Oltre il finestrino appaiono i contorni di una grossa montagna, che a ogni secondo si fa sempre più vicina.
- Posso provarci io - dice Mario dirigendosi verso la postazione, cercando di non guardare i due cadaveri vicino a lui.
Nonostante non abbia mai pilotato un aereo in vita sua, cerca disperatamente di ricordare ogni dettaglio di quella volta in cui un suo vecchio amico lo aveva costretto a salire sul suo aereo da turismo e gli aveva spiegato nel dettaglio come pilotarlo.
Ora Mario avrebbe dato qualsiasi cosa per ricordarsi di quella lezione. Abbassa lo sguardo sui comandi, afferra la cloche con entrambe le mani e la tira verso di sé, ma l'aereo non risponde ai comandi, continuando a precipitare.
Ti prego alzati!
Degli allarmi incomprensibili suonano attorno a lui.
L'aereo è ormai a poche centinaia di metri dalla grossa parete rocciosa. Anche se fosse riuscito a far alzare l'aereo, la sua elevata velocità e il poco spazio di manovra non gli avrebbero consentito di evitare la montagna.
Mario chiude gli occhi pensando a suo figlio Daniele, che non avrebbe più rivisto.
Mi dispiace.
Poi chiude gli occhi e attende lo schianto.

Roma, Trastevere

Il suono della sveglia spazza via il piacevole canto degli uccelli proveniente dalla finestra.
Daniele De Angelis alza la coperta sopra la testa, come se il gesto possa far tacere il fastidioso suono della sveglia che risuona sul comodino, accanto al suo letto. Con un braccio teso alla cieca, cerca la sveglia sul comodino. Una volta disattivata, con una smorfia si alza dal letto e si stiracchia, dirigendosi poi verso la cucina per prepararsi la colazione.
Sua madre, poco prima di partire insieme a suo padre per Milano, gli aveva fatto giurare di far trovare la casa in ordine al loro arrivo. Osservando i cartoni della pizza e le bottiglie di birra vuote sparse per la cucina, Daniele emette un grugnito. La sera prima aveva invitato i suoi amici per vedere la partita della Roma.
Ogni adolescente sogna di avere la casa libera tutta per sé, e Daniele aveva colto l'occasione, invitando i suoi amici e facendo baldoria fino a tarda notte, incosciente del fatto che il giorno dopo deve andare a scuola.
Mentre si dirige verso la cucina, urta una bottiglia di birra che va a schiantarsi sulla parete di fronte. Il rumore di vetri infranti sembra quello di uno sparo, nell'assordante silenzio della casa.
- Porca miseria! - esclama prendendo una paletta da un mobiletto accanto alla cucina. Raccoglie i vetri e raggiunge il bidone fuori la porta. Appena esce fuori, una leggera brezza lo fa rabbrividire. I raggi di un timido sole faticano a penetrare nello spesso strato di nuvole, che sembrano promettere una brutta giornata. Infatti, delle goccioline di pioggia finiscono sulla sua testa, e Daniele imprecando chiude la porta.
- Ora anche la pioggia ci mancava! -
Mentre mangia un toast con sopra della Nutella, suona il suo cellulare. Sale di corsa le scale fino a raggiungere la sua camera da letto. La suoneria della sua serie preferita, X-Files, rimbomba tra le pareti facendo agitare Luis: il pappagallo all'interno della gabbia situata vicino alla finestra.
Daniele corre per raggiungere il suo cellulare, sperando che sia sua madre per dirgli che sarebbero rincasati qualche giorno in ritardo, ma, osservando il display, si rende conto che non è lei, ma Sara Riccardi: l'amore della sua vita.
Daniele sorride e preme il tasto di risposta. - Buongiorno tesoro... -
- Ehi, non dirmi che sei ancora a letto? Oggi abbiamo il compito di algebra e devi aiutarmi... -
Daniele sorride: - Ok, ti aiuterò, ma sappi che voglio qualcosa in cambio... -
- Scemo, cosa vuoi dire? Io non sono come le altre ragazze che... -
- Ma cosa hai capito? È che stavolta vorrei trascorrere un po' di tempo insieme a te. Sai, come fanno tutte le coppie, e senza quei due svitati tra i piedi. -
I due svitati sono Matteo Storti e Fabrizio Ferrari: i migliori amici di Daniele. Si sono conosciuti nella vecchia sala giochi che amavano frequentare da ragazzini, diventando per lungo tempo inseparabili. Inoltre, gli altri ragazzi del quartiere amavano chiamarli "Il Trio" a causa della loro stretta amicizia e del fatto che erano sempre insieme. Questo soprannome è stato gradito ai tre amici, che lo hanno adottato come proprio.
Matteo, il più grande del trio, ha mantenuto la loro amicizia a lungo, nonostante la relazione di Daniele con Sara rischiasse di compromettere il loro rapporto.
Inizialmente, Sara ha avuto difficoltà ad accettare i due amici di Daniele, trovandoli un po' invadenti, ma nonostante ciò loro continuavano a frequentarsi, facendo sentire in colpa Daniele quando cercava di prendere le distanze da loro per stare un po' da solo con Sara.
- Ho prenotato a quel ristorante, il Bam, che ti piace tanto, per questa sera alle otto - dice Daniele.
- Oddio! Sì, non vedo l'ora di andarci! Lo sai che lì stasera si esibirà la cover band degli 883, che adoro? -
- La tua felicità è il mio primo pensiero, amore. -
- Che tesoro che sei! Ok amore, a stasera. Ti amo. -
- Ti amo anch'io. -
- TI AMO, TI AMO, TI AMO - dice Luis saltellando nella gabbia.
- Ehi, pennuto, smettila! Altrimenti ti do in pasto al gatto del vicino - dice Daniele sorridendo, mentre si veste.

Sara, con in mano un bicchiere mezzo pieno di vino rosso, osserva Daniele con un sorriso luminoso.
Daniele non può fare a meno di ammirare quel sorriso che l'ha fatto innamorare di lei: un sorriso che, in mezzo alle luci soffuse del Bam, sembra illuminato di luce propria.
L'arredamento del locale è raffinato, con tavoli in legno massiccio e sedie imbottite come sorta d'invito a sedersi e a gustare i piatti del menu. Dalle finestre si può ammirare una vista sulla città, con le luci che creano un'atmosfera suggestiva, e la musica di sottofondo è morbida e rilassante, creando un'atmosfera intima e romantica nella sala.
- Daniele, grazie per avermi aiutata col compito. L'algebra non è mai stata il mio forte - dice Sara dopo aver bevuto un sorso di vino.
Daniele la osserva storcendo leggermente la bocca: - Questa volta ti ho aiutata, ma la prossima volta non mi fregherai col tuo bel sorriso. Dovrai studiare sul serio, e se vuoi ti darò una mano a farlo. -
Sara scoppia a ridere. - Dimmi la verità: vuoi darmi delle lezioni private in modo da cogliere l'occasione per stare solo con me? -
Daniele allunga il braccio e le afferra la mano. - Tu lo sai che ti amo? -
Sara lo osserva per un attimo confusa. - Certo, anche io ti amo... -
Poi Daniele la osserva con sguardo serio. - Il giorno del diploma si avvicina, e voglio che tu dia il massimo. Dopotutto, sei la fidanzata del secchione della classe, e questo comporta grandi responsabilità - le dice facendole l'occhiolino.
Si avvicina il cameriere per prendere gli ordini. Dopo aver ordinato, Sara fa un sospiro. - Sai, a volte ho l'impressione che mi sia fidanzata con un professore. -
Daniele scoppia a ridere. - Cosa vuoi che faccia? Purtroppo sono fatto così. -
- Ed è proprio questo che mi ha fatto innamorare di te: la tua intelligenza. -
Daniele abbassa per un attimo lo sguardo, facendole cenno con la mano di smetterla. - A volte mi chiedo cosa ci faccia tu con uno come me. Avrò anche un cervello pensante, ma non sono bello e popolare... Tu, invece, sei bellissima e intelligente. Prima di metterti con me, eri circondata da ragazzi molto più interessanti e attraenti di me, che ti facevano continuamente la corte... -
Sara scuote leggermente la testa: - Loro, a differenza tua, erano scontati e superficiali, e non facevano altro che parlare dei loro successi. Tu, invece, sei diverso. -
Arriva il cameriere con gli ordini.
Una volta che il cameriere è andato via, Daniele sorride e le stringe la mano. - Qualche giorno fa mi ha contattato un ingegnere informatico che lavora alla Product-Tech: un vecchio amico di mio padre. Mi ha fatto una proposta: che mi avrebbe offerto un posto nella sua azienda se in futuro avessi seguito le orme di mio padre. -
- Daniele, ma è meraviglioso! - esclama Sara.
- Sì, è meraviglioso. Ma andrò a studiare informatica a Milano, e questo ci terrà distanti... -
Sara sfodera un altro dei suoi sorrisi disarmanti e risponde: - Verrò a trovarti spesso, tranquillo, e poi... - , prende dalla borsa un cellulare di ultima generazione, - potremo vederci qui, su uno schermo, grazie a questa novità tecnologica! -
Daniele sorride, poi taglia un pezzettino di carne e se lo mette in bocca, lanciandole una tenera occhiata: - Certo che sei sempre sul pezzo. Oggi non fanno altro che sponsorizzare la tecnologia della videochiamata, come se fosse una novità assoluta. -
- Perché, non lo è? -
Daniele divertito scuote la testa. - Questa che tu chiami novità tecnologica in realtà esiste già da decenni. -
- Daniele, non capisco - dice Sara con la bocca piena, lanciandogli un'occhiata piena di curiosità.
- La prima videochiamata della storia venne effettuata il 20 aprile del 1964, dalla World Fair di Flushing Meadow, a New York, con il Mod 1 Picturephone. -
- Tu non smetti mai di stupirmi. Sei un pozzo di conoscenze! -
- Sono semplicemente una persona curiosa, nient'altro. Un giorno me ne parlò mio padre mentre pubblicizzavano alla tv il cellulare che hai preso poco fa dalla borsa - dice Daniele facendole un sorriso.
- Non ci credo, tu mi stai prendendo in giro! -
- Invece è assolutamente vero! -
- A proposito, hai più sentito i tuoi genitori? -
Daniele fa un'espressione pensierosa. - Ho cercato di rintracciarli, ma non ci sono riuscito. Non è la prima volta che mi capita. Ormai sono abituato. Loro non amano molto i cellulari, e questo rende impossibile rintracciarli a volte. -
- Se non erro, mi hai detto che tuo padre è stato convocato per un lavoro a Milano. -
- Esatto, dalla Product-Tech, anche se non mi ha accennato di cosa si trattasse. Però, poco prima che partisse, ho notato che era molto nervoso e agitato. -
- Non capita a tutti di essere convocati da una delle più grandi aziende informatiche europee. -
- Mio padre ha sempre viaggiato per il mondo, collaborando con grandi aziende allo sviluppo di software, ma questa volta ho visto qualcosa di diverso in lui... Come se andasse incontro a qualcosa di unico... Non so... -
Nella pista da ballo, il cantante della band dà il benvenuto ai presenti, poi il tastierista suona alcuni accordi, e dopo qualche secondo il cantante inizia a cantare Una canzone d'amore degli 883.
Sara spalanca gli occhi. - Dai, andiamo a ballare. Questa è la nostra canzone! -
- Esatto. La canzone che misero alla festa della scuola, dove ebbi il coraggio di invitarti a ballare. -
- Vedo che ricordi bene! Dai, su, non essere timido! - dice Sara afferrandolo per un braccio e trascinandolo con una certa fatica verso la pista da ballo.
Daniele, imbarazzato, dopo aver posto una certa resistenza, si lascia condurre in pista.
Una volta lì, Sara gli avvolge il collo con le braccia, e insieme si muovono lentamente, lasciandosi cullare dalla musica.
- Lo sai che sono sempre stato un pessimo ballerino - le sussurra Daniele in un orecchio.
- Non puoi avere tutto dalla vita, mio caro. Ma non te la stai cavando male. -
- Smettila di prendermi in giro. -
- Dico sul serio. -
Restano a ballare, sorridendo e fissandosi intensamente negli occhi. Poi la canzone termina e tutti applaudono entusiasti, tranne Daniele. Sembra essersi congelato lì sulla pista. Il suo sguardo è concentrato su uno schermo, situato poco sopra il bancone del bar.
Lo schermo mostra le immagini di un aereo ripreso da vicino che va a schiantarsi a tutta velocità su una montagna.
L'inquadratura nel filmato traballa, essendo stato molto probabilmente registrato da un escursionista che si trovava poco lontano dal luogo dello schianto. Il video poi termina con la forte esplosione dell'aereo che fa traballare l'inquadratura.
Daniele, con passi rapidi, si avvicina allo schermo e chiede al ragazzo vicino al bancone di alzare la voce.
- ...un aereo della ItaloAir, diretto a Milano, ieri pomeriggio si è schiantato sul monte toscano Pania della Croce. I soccorsi sono giunti rapidamente sul luogo dell'incidente, ma purtroppo non è stato trovato alcun superstite... -
Viene mostrato un'altra volta il filmato dello schianto. Ma ora che è vicino allo schermo Daniele può osservare meglio l'aereo, e subito dopo spalanca gli occhi incredulo.
Non può essere...
Prima di imbarcarsi, suo padre gli aveva mandato una foto di lui e sua madre felici accanto all'aereo. Grazie alla televisione ad alta definizione e alla sua memoria fotografica, Daniele riconosce il codice di registrazione dell'aereo sulla fusoliera che aveva visto nella foto.
- Tutto bene? - chiede preoccupato il ragazzo vicino al bancone. Daniele lo ignora e si piega, con una mano sul bancone, cercando di trattenere il forte senso di nausea. Corre alla toilette e vomita violentemente nel water. Si appoggia alla parete e, con le ginocchia contro il petto, scoppia in un lungo pianto.

Berlino

Non gli capita spesso di tornare a “casa”.
Di case, ovvero ville, ne ha in ogni parte del mondo, una più lussuosa dell'altra, ma questa può essere aggiudicata come la sua preferita, a parte quella che ha a Napoli, affacciata al mare, dove si rilassa ogni volta che va in vacanza, concedendosi dei lunghi riposi pomeridiani che qui sono una rarità, oppure suonare Beethoven al pianoforte.
Questa dove si trova ora, invece, non la considera proprio una casa, ma un quartiere generale che utilizza mentre è impegnato nei suoi affari.
Da quando è diventato un personaggio influente nell'industria bellica, la sua vita sembra essere finita nelle montagne russe più sfrenate, facendogli desiderare sempre di più lo stile di vita tranquillo di cui godeva una volta.
Alfred Müller, un uomo di settant'anni, allunga il braccio per prendere una bottiglia di whisky pregiato sulla sua scrivania. Ne versa due dita in un bicchiere di cristallo e se lo porta alle labbra, chiudendo gli occhi estasiato mentre il liquido scorre nella sua gola.
Posa il bicchiere e i suoi occhi finiscono sui numerosi articoli di giornale sparsi sulla sua scrivania. Le foto accanto mostrano ciò che rimane dell'aereo che si è da poco schiantato su un monte italiano.
Dopo l'incidente, ha inviato sul luogo un suo uomo, incaricato di raccogliere informazioni sul caso, travestito da giornalista locale in cerca di scoop. Durante l'indagine, il finto giornalista ha cercato di usare il suo fascino per sedurre un'agente che collaborava alle indagini, ma non è riuscito ad ottenere informazioni significative attraverso questa tattica.
Alfred sa molto bene che quello non è stato un semplice incidente. Infatti, giorni prima era venuto a sapere, grazie a una sua fonte, dell'esistenza di un dispositivo chiamato TM-120 che, se solo la sua esistenza fosse stata resa pubblica, avrebbe cambiato per sempre il destino dell'umanità.
Alfred è estasiato alla sola idea di impossessarsene e, grazie alle sue spie, ha scoperto che un noto programmatore informatico della Product-Tech, si sta occupando della parte relativa al software. Così aveva contattato e dato l'incarico a un mercenario mediorientale, affinché lo seguisse, lo catturasse e lo interrogasse. Ma qualcosa è andato storto.
Alfred lo aveva pagato fior di quattrini, ma aveva commesso un grosso errore coinvolgendolo. Quell'uomo aveva causato un grosso disastro, e se non avesse esagerato, Alfred avrebbe avuto tra le mani la scoperta del secolo: un dispositivo che gli avrebbe consentito di viaggiare nel tempo.
Alfred, sin da bambino, aveva sognato di viaggiare indietro nel tempo, per incontrare i grandi della storia e osservare le loro scoperte e imprese. Aveva visto tutti i film e divorato tutti i romanzi che parlavano di viaggi temporali. Ma ora, l'uomo che avrebbe potuto aiutarlo ad esaudire il suo desiderio è morto.
Alfred stringe i pugni dalla rabbia. Non si sarebbe arreso nell'impresa, e con le risorse che ha a disposizione, se solo avesse voluto, avrebbe ottenuto tutto ciò che desidera. Deve solo avere pazienza e attendere. Qualcuno prima o poi avrebbe parlato.
Ora non deve far altro che piazzare attentamente le sue pedine nei posti giusti, fino ad ottenere lo scacco matto, come un paziente giocatore di scacchi.
Alfred si alza dalla sua scrivania e raggiunge una piccola stanza, che considera il suo sancta sanctorum.
Dopo aver sbloccato la porta della stanza, attraverso il lettore ottico, entra all'interno. La stanza contiene un piccolo divano, circondato da librerie piene di vecchi libri, e un grosso quadro sulla parete in fondo alla stanza.
Il quadro contiene una grande foto di Adolf Hitler. È stata scattata su un grosso prato dove Hitler, con la sua uniforme, fissa fieramente l'obiettivo davanti a sé.
Osservando quella foto, gli occhi di Alfred si riempiono di lacrime di commozione. Con passo lento si avvicina al quadro e con la mano accarezza il volto di un uomo le cui storie a riguardo lo hanno accompagnato per buona parte della sua infanzia.
Sua madre amava raccontargli numerose storie sul Führer e su tutto ciò che aveva fatto per la Germania. Lei era molto fiera di lui, avendolo servito con dovere e onore durante il Reich, dove aveva conosciuto suo padre, un membro delle SS che aveva subito sposato. Poi, dopo la guerra, con le speranze che avevano coltivato ormai distrutte, entrambi sono riusciti a fuggire dalla Germania per andare a vivere a Buenos Aires, dove è nato Alfred.
Alfred, piangendo di commozione, accarezza il volto dell'uomo nella foto.
- Un giorno ci conosceremo, zio - dice in tedesco.
Giovanni Guidaccione
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