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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Autore: Maria Cristina Bellini
Titolo: I miracoli dei gatti alla riscossa
Genere Racconti
Lettori 3037 11 19
I miracoli dei gatti alla riscossa
Gigetto.
Il cucciolo bianco e grigio dormiva tenendo la testa ciondoloni fuori dalla cesta, abbracciato alla femmina dal pelo rosa, che mostrava un pezzetto di lingua. Erano talmente stanchi d'aver giocato fino allo sfinimento, da restare addormentati all'arrivo di Giovanna, che era andata da Paola a prendere un gattino, e se ne ritrovava due.
- Oh, che teneri! Guarda quanto sono belli! Come si fa a separarli? Si vede che sono molto affezionati. Li prendiamo su entrambi, posto ce n'è anche nella gabbietta. Mi si spezzerebbe il cuore, a lasciarne uno - - disse rivolta al marito, che assentiva. La veterinaria considerò che facevano proprio una bella coppia, perché la complicità fra di loro era evidente e pure l'abbigliamento era simile, entrambi vestivano in maniera sportiva, indossando capi degli stessi colori. Ed erano della stessa opinione a proposito dei cuccioli, senza bisogno di consultarsi.
Mario aprì il trasportino, con molta delicatezza prese i piccoli, li ripose sulla coperta, e quelli si risistemarono abbracciati, continuando a tenere gli occhi chiusi. - Guarda che amori! La femmina certamente è Rosina, al maschietto che nome diamo? - - chiese Giovanna. - Gigetto! Mi ricorda quel mio amico che si chiama così - - rispose lui. - Aggiudicato! - . La coppia ringraziò la padrona di casa che scrisse i nomi sui libretti sanitari, glieli consegnò, e li accompagnò alla porta, restando a guardarli mentre se n'andavano. Era contenta, di sicuro quei due mici sarebbero stati trattati bene.
Non ce la faceva più, era davvero allo stremo. Se Mario continuava a mangiare in tali quantità, e quei cibi. La moglie aveva scelto di dedicarsi alla famiglia e alla casa, che aveva arredato con gusto e teneva tirata a specchio. La cucina era il suo regno assoluto ogni giorno, perciò, poco importava che fosse festa, per preparare piatti deliziosi. Lasagne, cappelletti, piadina farcita di salumi e formaggi, cotechini, spezzatini ridondanti di sughi, purè, cacciagione profumata di alloro e chiodi di garofano. Il tutto, annaffiato da vini generosi e pigiato da zuppe inglesi, mascarponi, sbrisolone, tiramisù, e coronati, infine, da caffè, e pure ammazzacaffè. Vabbè la tradizione della cucina romagnola, ma quando è troppo, è troppo!
Soprattutto, dal momento in cui Mario aveva smesso di uscire dal luminoso appartamento quasi tutti i giorni a orari fissi, e il micio aveva sentito spesso una parola nuova, pensione. Da allora, Gigetto rischiava di farsi schiacciare sul divano coperto da una bella fodera arancione davanti alla tivù, divano di cui aveva definitivamente perso l'esclusiva. Rosina era incapace d'aiutarlo, in quanto si era fatta carico dei piedi piatti di Sofia, la convivente piccola, il che a volte la costringeva, con grande disappunto, ad avere un'andatura ben poco felina. E doveva anche sentirsi dare della gatta ballerina che teneva i piedini in quinta posizione!
Mai aveva avuto un incarico tanto gravoso, nelle vite precedenti. Ospite di famiglie aristocratiche dal Rinascimento in poi, era sempre riuscito a equilibrarsi e depurarsi grazie a equiseto e tarassaco. Nella vita trascorsa in Toscana, riusciva a digerire tranquillamente perfino i cibi più pesanti, grazie alla varietà di rimedi reperibili nella campagna, dove poteva fare lunghe corse e passeggiate, affilarsi le unghie sugli alberi, gustarsi il calore del sole e il panorama delle verdi colline sinuose. Nel giardino condominiale, in cui poteva uscire, trovava giusto l'erba dalle foglie appiccicose che lo aiutava a sbarazzarsi del pelo ingerito, anziché quelle depurative adatte al suo caso.
A causa dei disturbi, Gigetto aveva subìto due operazioni, e ogni volta era stato meglio, però, soltanto qualche mese. Stavolta, sul serio faticava di brutto a reggere quel ritmo. Avevano un bel daffare a cambiargli la dieta, sperimentando nuove varietà di mangime, ma era inutile, finché continuavano a mangiare in quel modo! Almeno, Sofia era stata dal fisioterapista e aveva cominciato a usare i plantari, il che, dava un po' di sollievo a Rosina. Il micio continuava a mandare messaggi del suo malessere, mostrando chiari segnali, dal pelo arruffato agli occhi verdi un pochino spenti, e le tante ore passate nella sua cesta preferita in salotto, fra il divano e la cassapanca, senza risultato.
Un pomeriggio di primavera, Mario esordì: - Giovanna, il gatto mi sembra strano. Secondo me, sta di nuovo poco bene, poverino, guarda com'è mogio. Per favore prendilo tu, che io faccio fatica a chinarmi. Lo portiamo dal veterinario, meglio controllare - . La moglie smise di spolverare e rispose: - Mi par proprio di vedere che sia in buona compagnia a essere fuori forma, chi vuol capire... - .
- Dai, che vuoi che sia? - ribatté il marito - Sei una cuoca troppo brava, come faccio a resistere ai tuoi manicaretti? - . Lei sospirò: - E così, la colpa è mia? Perlomeno, fintanto che andavi a lavorare ti muovevi, e quella pancia lì mica c'era, adesso stai in casa di continuo! E poi, te lo dico, mi sei anche fra i piedi mentre faccio le pulizie, e questo è un ottimo motivo che dovrebbe invogliarti a uscire. Su, prendi la gabbietta che andiamo. Ricordati che il discorso non finisce qui! - . Il micio si lasciò adagiare di peso e restò zitto tutto il tragitto.
Filippo continuava a stupirsi delle sue condizioni, nonostante mangiasse cibo specifico e, dopo averlo nuovamente visitato, disse: - Conosco la sua storia, operarlo di nuovo sarebbe rischioso, perciò, aspettiamo e proviamo prima altre strade. Che strano, mangiando quel tipo di croccantini dovrebbe essere meno appesantito. Gli date i vostri avanzi? - . Ma quali avanzi, Mario faceva perfino la scarpetta, lui, i piatti sembravano già usciti dalla lavastoviglie, tanto erano lucidi, a fine pasti! In effetti, da quando era andato in pensione, era ingrassato parecchio, si sentiva molto affaticato, aveva spesso il fiato corto e gli capitava, talvolta, di sentire qualche fitta. Leggermente preoccupato e sollecitato dalla moglie, andò dal medico che, finita la visita, chiese: - Va in palestra, ha un'attività fisica regolare? - . - No, mai fatta - - rispose. - Allora, eviti di sforzarsi, e cominci facendo poco moto, purché regolarmente. Prenda le scale, invece dell'ascensore, faccia almeno una camminata quotidiana, e, pian piano, sempre più lunga. Mi raccomando, si muova tutti i giorni - il medico prese il ricettario e cominciò a scrivere - Le segno le analisi del sangue, appena avrà i risultati ci rivediamo e decideremo il da farsi - .
E così, rendendo felice la moglie che se l'era tolto dai piedi, cominciò a dedicarsi alle sue passeggiate, e il gatto l'accompagnava volentieri. Gli piaceva uscire dall'appartamento e stare nel parco davanti a casa, fra i grandi alberi dalle verdi chiome fluenti, sentire gli uccellini cantare, sgraffignare l'aria in cerca di farfalle, ricevere coccole dagli umani, che si stupivano di quella strana coppia. Lo infastidiva sentire qualcuno che lo paragonava a un cagnolino, come potevano dirlo, non conoscevano i gatti. Di lì a poco, la situazione sembrò migliorare, il micio cominciava a sentirsi più leggero e a stare meglio, finché, Mario scoprì la nuova pasticceria! Allora, il parco veniva attraversato a passo spedito, e poi dritto, verso deliziosi pasticcini grondanti glassa verde pistacchio o giallo crema, cannoli, croccanti salatini e pizzette! Si sedeva lì fuori sul marciapiede, si dedicava alla pulizia, accettava qualche carezza, guardava il passeggio aspettando il suo convivente, e rincasavano insieme.
Gigetto tracollò con i babà al rum farciti alla crema, e rinunciò del tutto a uscire, restando nella sua cesta tante, tante ore. Si alzava giusto per andare nella cassetta e piluccare qualche croccantino. Vedendolo tanto debilitato, chiamarono a domicilio il veterinario, che consigliò pappette e punture. Se le lasciava fare rassegnato, anche se, purtroppo, erano inefficaci. Rosina gli leccava la testa e il muso, poi, sconsolata, sospirava e si accoccolava vicino. Era proprio alla fine, l'aveva messa persa.
Una mattina, cominciò a notare un gran trambusto, vide ripiegare pigiami e biancheria, sentì spesso la parola ospedale, e, dal davanzale della finestra che dava sulla strada, Rosina scorse la coppia uscire portando una valigia e una cartella piena di fogli sottobraccio. La moglie rincasò la sera da sola: - L'hanno ricoverato - disse sospirando alle figlie che mostravano d'essere in ansia pure loro – Domattina gli rifanno le analisi, se daranno gli stessi risultati delle precedenti, dovrà essere operato. L'hanno messo a pollo lesso, minestrina e acqua. Ha provato a protestare, ma niente da fare, mi hanno severamente vietato di portargli cibo da casa. Potete immaginarvi come sta! - .
Via via che passavano i giorni, Gigetto si sentì meglio, ricominciò piano piano a mangiare di gusto e a giocare con Rosina. Dopo un paio di settimane arrivò la notizia, avevano fissato la data dell'intervento, visto che era risultato ormai necessario. Seppure fosse normale routine, chiaramente la famiglia era preoccupata, e pure Mario, che si prese un bello spavento, perché non credeva di essere arrivato a quel punto. Tutti considerarono che, tuttavia, avrebbe finalmente risolto. Giovanna rientrò una sera visibilmente sorridente e sollevata. - È andato tutto bene. Il babbo ha una gran fame, è digiuno – esclamò – Comunque, adesso comincia la convalescenza, e quindi starà ancora a dieta stretta un bel po' di tempo. Anzi, i medici sono stati chiari e hanno detto che dovrà proprio cambiare stile di vita, se vuole evitare di ritrovarsi in quei panni. Mi organizzo con il mangiare, esco subito a fare la spesa! - . E così fece, rientrò portando grandi sporte piene di frutta fresca, verdura, yogurt e pasta secca, tutte novità in quella cucina. Sospirando, tolse la carne dal freezer, la scongelò nel lavello, la bollì e tagliò fine fine, poi la mise nella ciotola dei mici insieme ai croccantini: - D'ora in avanti, poca alla volta, questa la mangiate voi! - - e ricongelò il resto.
Volendo dare il buon esempio e adattarsi alle nuove abitudini, pure lei aveva adottato un diverso tipo di alimentazione, e aveva perso peso in fretta, effetto che la gratificava parecchio. Soprattutto si sentiva sgonfia e in forma, facendo meno fatica a muoversi, tanto da smettere d'avere il fiatone salendo le scale. Fino a quel momento le sarebbe piaciuto sì, ottenere quei risultati, ma aveva deciso di continuare a preparare piatti che il marito mostrava d'apprezzare. La figlia maggiore, invece, da un pezzo le chiedeva di cucinare in maniera diversa, altrimenti rischiava di diventare una botte, diceva. Giovanna considerò che in fondo, davvero non tutto il male vien per nuocere.
La famiglia si stupiva molto di come il micio si stesse riprendendo, avesse di nuovo l'occhio vispo, il pelo lucido, e la voglia di uscire nel giardino condominiale, dove si sdraiava al sole nell'erba a pancia all'aria. Si meravigliarono di quante capriole, fusa e strusciamenti facesse, quando Mario ritornò a casa, ristabilito e visibilmente dimagrito.
- Ma guarda un po', ora che sono guarito io, sta meglio anche Gigetto! Sono proprio contento! - .


E adesso?
Vittoria appoggiò un gomito sul cuscino, sbigottita. In quell'attimo, un fuoco d'artificio esplose, colorando il cielo notturno che s'intravvedeva dalla finestra. Lui sorrise: - La sincronicità mi sembra di buon auspicio. Allora, che ne dici? - . Lei era disorientata, e si riscosse rabbrividendo. Filippo l'abbracciò, coprendola poi con il piumone azzurro. - Insomma, mi hai colta di sorpresa, ma sì, sì, che voglio sposarti! - esclamò - Spero soltanto che tu voglia andare senza fretta, perché, secondo me, c'è un sacco di cose che dobbiamo decidere e sistemare. Ad esempio, conoscere tutta la tua famiglia... - - e cominciò a singhiozzare nascondendo il viso sul petto.
Le alzò il mento: - Oh, che hai? Se l'idea t'infastidisce, stai tranquilla, va bene lo stesso. Immagino tu abbia parecchi motivi di volerci pensare su, e in fondo è la prima volta che ne parliamo - . Si asciugò le lacrime col dorso della mano e scosse la testa: - Scusami, piango di felicità e anche di liberazione, in un certo senso – sospirò – La mia vita è talmente cambiata in così poco tempo! In meglio, e parecchio, solo che ero talmente abituata a vedere tutto nero, ad avere situazioni negative, che al momento stento a credere che sia vero. Ti ricordi che Capodanno, l'anno scorso, l'abbiamo passato alla festa di Paola e ci eravamo praticamente appena conosciuti? E invece stavolta, dopo tanti anni, ho finalmente messo in pratica il mio sogno di trascorrerlo a letto insieme al mio uomo e... - - interruppe la frase scoppiando di nuovo in un pianto dirotto. La strinse più forte: - Beh, se è questo l'effetto che ti fanno i miei inviti, vedrò di trattenermi! - - disse in tono dolce e ironico accarezzandole i capelli. Finse di volergli dare uno schiaffo: - Guai a te se anche solo per un istante ci pensi sul serio! Insisti, invece! Perché mi sembra di toccare il cielo con un dito, e mai sono stata tanto felice in vita mia - . Lo baciò con passione e ricominciarono a fare l'amore.
S'addormentarono abbracciati al chiarore dell'alba, e lei si svegliò sentendo armeggiare in cucina. Mise la vestaglia rosa salmone, andò in bagnò e si affacciò sulla porta, vedendolo vestito che apparecchiava la tavola: - Buongiorno! Sono andato a prenderti ciambella e cappuccino al tuo bar preferito, ecco qua - a quelle parole si commosse di nuovo, e le corse incontro – Non è certo la prima volta che li porto. Se continui a reagire così, dovrò ritirare la mia proposta, altrimenti mi toccherà rimanere fermo immobile e zitto! - . - Te l'ho detto, piango di gioia – rispose in tono dolce stringendosi fra le sue braccia – Devo solo abituarmi, e pure lasciarmi andare. E prendere in considerazione sul serio quello che mi hai chiesto - . Lui le sfregò la schiena: - Adesso fai colazione, so bene che la mattina sei veramente in te soltanto dopo che hai mangiato, e poi, praticamente è ora di pranzo. Siediti, mi preparo il caffè - .
Julie e Minou intanto erano arrivati a salutare, ricevere le coccole e già che c'erano fare uno spuntino. Il micio puntò il dolce sul tavolo, e la gatta si dedicò ai croccantini, anziché stare a perdere tempo a elemosinarne un pezzetto. Mentre addentava con gusto la ciambella si sentì osservata, e difatti Minou le aveva piantato gli occhi addosso ipnotizzato. Vittoria puntò l'indice con decisione verso le loro ciotole, e il gatto andò a strusciarsi sulle gambe del veterinario: - Risparmiati le moine, lo sai che non c'è trippa per gatti - . Finalmente si arrese, e se ne andò a testa dritta.
- Chiamo Paola, è una bella giornata di sole e potremmo fare una passeggiata al mare. Dovremo pranzare fra poco, così da poter andare via presto - - disse lei dopo aver gustato l'ultimo cucchiaino di schiuma di latte. La conosceva, e quindi sapeva come quel discorso stesse a significare che l'altro argomento, l'altro, quello importante, era da lasciare in disparte fino a quando l'avesse tirato in ballo di sua spontanea iniziativa. Amava pure questo suo lato, cioè, l'amava, punto. Era stato innamorato, e parecchio, anche prima. Piuttosto che amori della vita, oppure più o meno grandi, considerò che esistessero relazioni adatte al momento. Credeva nel matrimonio, tanto da volerlo vivere di nuovo e proporlo. Quella era la donna giusta con cui condividere molti, molti anni ancora, lui ce l'avrebbe messa tutta affinché funzionasse, e una voce in cuor suo gli diceva che sarebbe stato contraccambiato. Perciò, aveva soltanto da aspettare la risposta: - Ottima idea. Allora tu vai pure a vestirti, nel frattempo io preparo giusto qualcosa di caldo, tipo un primo piatto leggero - . Cos'aveva finalmente fatto per attrarre nella sua vita un uomo del genere? Mica che fosse speciale o chissà cosa. Beh, veramente, ai suoi occhi lo era. Perché sembrava fatto su misura.
Si alzò e s'impose di distogliere il pensiero dalla proposta ricevuta, sospendendo il giudizio. Che impresa, facile solo a dirsi! Già le erano partiti i loop con il film di vestito, cerimonia e tutto il resto. Sospirò mentre si cambiava e voleva comunque lasciar decantare la faccenda. Decise che all'amica l'avrebbe detto in separata sede, appena se ne fosse presentata l'occasione.
La chiamò e, dopo essersi scambiati gli auguri, si accordarono. Passarono a prenderli e durante il tragitto chiacchierarono della serata precedente, dato che i coniugi avevano organizzato il rituale cenone. Un po' di affettuoso taglia e cuci sugli ospiti ci stava, visto che quella volta la padrona di casa scelse di mettere musica e fare qualche ballo. Il risultato era stato divertente per partecipanti e spettatori, che poterono gustare qualche numero fuori programma, magari poco edificante, ma che in serate del genere era concesso.
- Lucia portava un vestito rosso che aveva un drago dorato ricamato sulla schiena, te la ricordi dalla festa dell'anno scorso? Sta ancora insieme a Gabriele, che si era lanciato in una serie di twist sfrenati, avreste dovuto vedere quant'era sudato quando s'è fermato! Ho dovuto insistere che si asciugasse i capelli con il phon. Volevo evitare che gli venisse un colpo una volta uscito, siamo andati sottozero, stanotte! - - raccontò Paola. - Invece, noi due abbiamo fatto un figurone nel cha cha cha, ricevendo un sacco d'applausi! Tutto merito della mia ballerina, ovviamente - - aggiunse Enrico. La moglie ribatté: - Del tuo impegno e delle lezioni, pure! E finalmente ho potuto rinnovare la mia gonna nera con le piume - si sporse verso il sedile anteriore, mise la mano sulla spalla del guidatore e aggiunse – Facciamo a meno di chiedere della vostra, di serata. Lo sguardo esprime chiaramente come sia andata. Eccoci arrivati - . Parcheggiarono vicino al molo grande e s'incamminarono lungo la palizzata, respirando il profumo del mare calmo e terso.
Vittoria si sentì prendere sottobraccio: - Tu vuoi darmela a bere, ti conosco bene e vedo che qualcosa ti turba. Inutile tergiversare, lo sai. Prima sputi il rospo, e prima starai meglio - - le sussurrò l'amica. - Hai ragione – prese un bel respiro – Filippo mi ha chiesto di sposarlo - - mormorò. L'altra rimase impietrita con gli occhi sgranati.
I due uomini si fermarono di colpo dietro di loro, e la veterinaria riacquistò in un attimo il suo sangue freddo, riprendendo a muoversi. A voce alta disse, rivolta al gruppetto: - Capisco che potrebbe sembrare un tantino presto, però, già che ci siamo, quale stabilimento balneare scegliamo quest'estate? Andiamo ancora nel solito? La spiaggia è bella, pulita e dalla prima fila di ombrelloni il panorama è stupendo, si mangia molto bene, ma purtroppo le cabine sono tutte occupate, sembra che vengano affittate da un anno all'altro! Quella è una vera scocciatura, perché mi piace passeggiare lungo la riva, mi serve un posto in cui poter lasciare le mie cose e cambiarmi il costume da bagno! Allora, cosa dite? - . Le era grata d'aver coinvolto tutti, divagando sulla questione e sviando il discorso dall'argomento che, al momento, voleva evitare di tirare in ballo. A causa delle modalità.
E di tutto quello che comportavano nella sua memoria.

Beccaria
La sua storia era come tante altre, una gattina presa da una signora avanti d'età. Invece, lei era proprio particolare, perché nel corpo era color tartaruga e aveva il musino da una parte nero con l'occhio verde mentre l'altra metà era rossa e con l'occhio azzurro. La linea di demarcazione era talmente precisa, da sembrare fatta col righello. Più unica che rara, quella micia. Abitava nella stessa strada e Vittoria la vedeva gironzolare nel suo giardino. Era sempre affettuosa, le andava incontro a strusciarsi, e farsi coccolare. Dato che, pur se ancora in gamba, la convivente aveva smesso di guidare, lei volentieri faceva la spesa per entrambe, e ogni volta in cui gliela portava, riceveva un sacchetto di deliziosi biscotti alla vaniglia fatti in casa, e apprezzati pure da Julie.
Ci rimase di sasso, quando seppe che la signora Maria se ne era andata così, di colpo, niente l'avrebbe fatto pensare. Una mattina, semplicemente, non si era svegliata. Il nipote e la moglie arrivarono il giorno seguente e, pur se parecchio dispiaciuti, dichiararono di non poter tenere la gatta e le chiesero di occuparsene. Loro sarebbero ripartiti subito, sapevano dell'aiuto che dava alla nonna, e lasciarono un migliaio di euro a copertura delle spese, perciò, prese il corredo e la portò via.
Mise il trasportino davanti al sedile anteriore della macchina e andò in ambulatorio, dove sapeva che quel pomeriggio era presente anche Paola, che si dispiacque molto della dipartita. Visitò Beccaria che aveva sterilizzato un paio di mesi prima, la trovò in buona salute e controllò il libretto sanitario: - Dovrebbe fare il vaccino fra una settimana, può aspettare ancora un mese dopo la scadenza. Magari, nel frattempo trova una sistemazione e vogliono portarla da un altro - - disse. L'amica rispose che i parenti avevano lasciato parecchi soldi, glieli consegnò, poi appoggiò il trasportino nella sala operatoria, approfittandone per salutare Filippo con un bacio e raccontargli l'accaduto.
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