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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Autore: Pier Tulip
Titolo: Il Codice di Marmo
Genere Romanzo Saggio
Lettori 3737 38 63
Il Codice di Marmo
Il centro storico di Napoli conserva ancora intatto lo schema di città romana con i decumani e i cardi e si dispone, nella tipica forma del castrum, in una zona in leggero declivio sia in direzione est che in direzione sud; in tal modo l'acqua piovana poteva defluire spontaneamente dilavando le strade e, allo stesso tempo, tutto il nucleo urbano era ben illuminato dal sole, dall'alba al tramonto.
Il decumano maggiore, via dei Tribunali, è oggi una stretta strada che attraversa tutto il centro storico, dal Castel Capuano ad Est, dove era situato il tribunale medioevale nei pressi di Porta Capuana, fino a Port'Alba ad Ovest, aperta dal Duca d'Alba nel 1600. Via Duomo, quale cardo principale, interseca perpendicolarmente il decumano maggiore lasciando verso Nord, a sinistra, il complesso dei Girolamini e a destra il Duomo stesso.
La Biblioteca dei Girolamini, la più antica biblioteca napoletana aperta al pubblico nel 1586, specializzata in Teologia del Cristianesimo, Filosofia e Storia generale dell'Europa, è situata di fronte al Duomo di San Gennaro in cui ogni anno, in genere tre volte l'anno, avviene la liquefazione del sangue del Santo contenuto in una ampolla di vetro. La biblioteca, con l'annessa quadreria, si sviluppa in quattro grandi sale con pareti completamente ricoperte di antiche librerie con scaffalature bipiano in noce e castagno, con grandi tavoli di quercia, sovrastate da numerosi lucernari. L'ambiente viene rallegrato da un pavimento in maioliche consunte dal tempo, da vasi greci posti su grandi piedistalli in legno e da affreschi intorno ai lucernari e coprenti il soffitto. La gestione della biblioteca era stata trascurata per anni principalmente perché sostituita a fine settecento dalla grande Biblioteca Nazionale di Palazzo Reale.

La trentaseienne bibliotecaria aggiunta Raffaella Depretis detta Lella, forse perché era la più giovane dello staff, era delegata a ricercare e controllare tutti i libri e i documenti che si erano accumulati in seguito ad una cattiva gestione della precedente dirigenza e non classificati. Dopo un paio d'anni di lavoro Lella era anche giunta alla conclusione che molti libri erano spariti e non era più possibile una loro catalogazione.
Ma non furono questi episodi di sparizione a creare scompiglio nella vita e nel lavoro di Lella: non sarebbe stato ciò che mancava, ma ciò che avrebbe ritrovato, a ribaltare completamente il monotono scorrere delle sue giornate lavorative.

Lella era alle prese con un armadio che non voleva aprirsi; molti avrebbero lasciato perdere, avrebbero avvertito la direzione e sarebbero passati al successivo, ma Lella no, e non perché amasse le sfide, ma solo perché era abituata a portare a termine ciò che iniziava... e poi la curiosità di sapere cosa custodisse un armadio non aperto da tanti anni era troppo forte.
Dopo aver provato per alcuni minuti a girare e rigirare la chiave quasi a trovare la giusta combinazione, finalmente le ante dell'armadio si aprirono facendo sollevare lo strato di polvere che si era accumulato. Con gesti ripetuti Lella allontanò la polvere nell'aria, tossì, arricciò il naso e allungò le mani ricoperte di guanti di stoffa per evitare di rovinare eventuali documenti importanti. Quella dei guanti era una premura che aveva adottato da sola... era nota tra i colleghi anche per questo, per l'eccessiva attenzione verso quelle che qualcuno definiva - carte da sistemare - ; per Lella invece erano testi di cui prendersi cura.
Per un attimo rimase smarrita: l'armadio era pieno di fogli sciolti e di cartelle, alcune delle quali contenevano documenti scritti a mano.
La storica biblioteca era stata frequentata in passato da tutte le personalità del mondo della cultura napoletano quali i filosofi Giambattista Vico e Antonio Genovesi, dal giurista Gaetano Filangieri al medico Domenico Cirillo, ai musicisti Alessandro Scarlatti, Pergolesi, Paisiello.
Una saletta fu intitolata proprio a Giambattista Vico che nella biblioteca era di casa e donò ad essa il sostanzioso fondo in suo possesso. Per questa sua munificenza il grande umanista napoletano ottenne di essere sepolto nella chiesa attigua, inclusa nel complesso dei Girolamini insieme ad una ricca pinacoteca.
Ad un certo punto, aperta una cartella, Lella si ritrovò ad osservare dei fogli scritti a mano che sembravano abbastanza antichi.
L'autore dei documenti, come si leggeva dalla prima riga di un foglio, era Raimondo di Sangro, che Lella conosceva solo come una nota personalità della Napoli del settecento; sapeva anche, però, che era stato un alchimista, che una volta i napoletani consideravano come uno stregone, ed aveva lasciato una bellissima cappella gentilizia, meta di visite da tutto il mondo.
Quel primo documento sembrava una specie di testamento autografo la cui intestazione aveva rivelato immediatamente a Lella chi ne fosse l'autore; il documento non era, però, controfirmato da un notaio.
Un altro si rivelava essere una lunga lettera e poi vi erano alcuni fogli con strani disegni e note di nomenclatura chimica. Dovendoli classificare Lella aveva bisogno di elementi per catalogarli per cui cominciò a leggerli.
Il primo si apriva e si chiudeva con la dicitura: Raimondo di Sangro Principe di Sansevero Napoli 30 Aprile 1770.
Io (un carattere non ben definito interpretabile come Don) Raimondo di Sangro Principe di Sansevero a' Trenta del Mese di Aprile Giorno di S. Severo V. dell'anno 1770, fedele alla Maestà Nostra fu Carlo III di Borbone, devoto ed intimo di S.S. Benedetto XIV o sia fu Cardinal Prospero Lambertini, stimato da Federico di Prussia e dalla di Lui Germana fu Margravia di Bareith, provvedo con questa mia dichiarazione scritta, chiusa, e suggellata, e occulta, a tramandare nel Nome del Misericordioso e Onnipotente mio Dio e Creatore, il Cammino della mia Esistenza; certo che il quale per Sorte troverà queste mie presenti Carte, sappia nviolabilmente usufruirne; come oppostamente Spero che se la Barbarie si rimanga a far sussistere pretentiose Navi senza Rotta, auguro che questi miei infrascritti ne resti polvere. Sempre che il tempo non avrà distrutto la mia prediletta Chiesa Gentilizia, accosto al mio Palazzo dove mi trovo ancora ad abitare qui in Napoli intitolata di S.ta Maria della Pietà dichiaro di aver proccurato di ridurla a quella magnificenza di Statue, che simboleggiano, virtù e la mia stessa vita, con spesa e cura e arte.
Non so se il destinato a leggere questi miei scritti sarà di appartenenza all'età dove la Lancetta del quadrante Celeste avrà toccata la Costellazione di Acquario.
Questo non so; voglio però se chicchessia trovasse questo mio Testamento di troppa propria Coscienza, destini la sua Mente alle mie confidenze e poi sia così Probo da divulgarle; gli Uomini che vegliano i quali vivono intenderanno. Sarà per essi l'Aleph.
Io nacqui a' 30 Gennaio 1710 a Torremaggiore; invero trascorsi il maggior spazio dell'età mia in grembo di questa Città di Napoli, Dominante eccelsa per fatalità di Spirito e d'Istoria. Colpito da Morbo incurabile pe' Professori, invero aequo se sieno noti gli argomenti della mia esistenza: praticai vita mia durante la Scientia delle Scientiae, il Sigillo di tutte le porte, La Chimica; seguii l'intento dell'Opera che Muta e pervenni al volo della Mente; ben inteso feci solenne e amplissima rinunzia di tutt'altro a benefizio di Essa, inverso la quale volsi la mia ossequiosa attenzione; Essa ha comandato che decorso questo anno, fra 'L termine del terzo mese (dopo seguito questo mio scritto) di quello avvenire seguirà il trapassamento del mio Corpo. Per ciò; prevedendo io che tra 'L termine di un mese i miei Estensori non obbediranno al Comando del Cervello; dichiaro che quanto dico è stato instituito da un Progetto della qual Chiave mi costa de causa scientiae molti hanno invano formulato con Superbia. Io investito dal Misericordioso Iddio, ho veduto compreso trovato e conceputo il Tesoro che a preferenza di qualunque siasi altro Gioiello va cercato; soscrivo e riscrivo ch'Esso è fonte di Gaudio e di periglio. Quando il trapassamento sarà maturato da decenni, gli uomini avranno acchetato la brama del non sapere? Avranno inteso l'Acqua che non pesa? Confidato nella benignità del destinato postero alla prima Lettura di questo mio scritto, mi preme compendiare che l'Uno procede nella Mistica Concentrazione del Contemplare il noto e l'ignoto; così che lo Spirito va dalla Conoscenza Relativa dell'uomo a quella Eroica.
Per dar poi un qualche argomento di questa mia Confidenza letta così Laddove alla mia morte futura in uno con gli altri fogli inseriti e inchiusi al presente dichiaro che ho umilemente appreso e con rettitudine secondo la Testimonianza di Paolo, Origene, Ilario, Giovanni... In ogni caso mi riconosco obbligato a confessare che tutte le strade, niuna eccettuatane, presi per insegnare vita mia durante; pochi invero intesero dal di dentro. Io, per la Dio Grazia, ho conosciuta la Pietra d'Amore Celeste e mi rimetto ciecamente al Signore Iddio.
Tu ch'hai cercato hai trovato; questa è la Legge; seguila.
E per maggiormente acchetartene; se l'invincibile possanza del tempo non avrà dato alcun discapito alla riferita Chiesa di S.ta Maria della Pietà; e se la mia unica, vera, diretta Discendenza siesi estinta o non siesi commendabile per Saviezza; a carico e scrupolo della tua coscienza, rimetto l'onere d'impedirne qualunque alterazione di Essa Chiesa.
Raimondo di Sangro Principe di SSevero ho disposto come sopra.
Napoli 30 aprile 1770

Lella rilesse più volte il documento, che si apriva e si chiudeva con la data 30 aprile 1770, perché di non immediata comprensione a causa dell'arcaicità del testo. Si rese conto che, per strana combinazione, quell'anno, il 2010, si era festeggiato il tricentenario della nascita dell'autore della lettera; aveva letto infatti di numerose manifestazioni che ne ricordavano la figura.
Aprì Wikipedia e cercò subito Raimondo di Sangro. L'aveva incuriosita la frase decorso questo anno, fra 'L termine del terzo mese (dopo seguito questo mio scritto) di quello avvenire seguirà il trapassamento del mio Corpo ... le sembrava una predizione di morte.
- Ecco! - lesse - Raimondo di Sangro (Torremaggiore, 30 gennaio 1710 - Napoli, 22 marzo 1771). La lettera è datata 30 aprile 1970, e Raimondo di Sangro scrive che morirà prima della fine di marzo (terzo mese) dell'anno avvenire, cioè il 1771. È possibile che abbia predetto la propria morte? -
- Ma no! - si rincuorò - Forse voleva dire che non sarebbe passato un anno! -
- E poi chissà cosa intendeva con l'altra frase: Non so se il destinato a leggere questi miei scritti sarà di appartenenza all'età dove la Lancetta del quadrante Celeste avrà toccata la Costellazione di Acquario -
Non era la prima volta che le capitava di avere tra le mani fogli e documenti all'apparenza antichi e di difficile interpretazione ma questa volta era diverso...non sapeva perché...ma qualcosa le diceva che questa volta avrebbe dovuto approfondire.
L'aveva incuriosita l'ultima parte in cui dichiarava di aver compreso trovato e conceputo il Tesoro che a preferenza di qualunque siasi altro Gioiello va cercato e di aver conosciuta la Pietra d'Amore Celeste.
- Cosa sarà mai l'Acqua che non pesa? Questa lettera è da leggere e da rileggere, ma non credo che capirò mai cosa vuol dire - disse fra sé.
Senza nemmeno pensarci troppo fece una fotocopia per sé della lettera. Era oramai tardi e la biblioteca doveva chiudere. L'indomani avrebbe analizzato gli altri documenti.

II

A casa, mentre si preparava da mangiare, Lella si ricordò della fotocopia. Ad una prima impressione il testo le era sembrato una specie di testamento di quel Raimondo di Sangro Principe di Sansevero.
Stringeva la copia in una mano, mentre continuava a cucinare, mentre mangiava, lesse e rilesse e si chiese cosa potesse essere la Pietra d'Amore Celeste e la Scientia delle Scientiae:
- La pietra filosofale? Ma certo, si tratta certamente di Alchimia, non di chimica! l'Opera che Muta -
- E poi, mentre parla d'Alchimia, cita Paolo, Origene, Ilario, Giovanni. Che relazione può esserci fra l'alchimia e la religione? -
- E come faceva a sapere quando sarebbe morto? -
Con e per questi pensieri, al termine della cena si dimenticò dell'appuntamento con Sofia e, quando questa la chiamò, per scusarsi disse di avere mal di testa. Non voleva parlare con lei della recente scoperta perché non avrebbe capito questo suo affannarsi a cercare una soluzione dell'arcano. Lei e Sofia avevano caratteri diversi; lei doveva avere tutto chiaro e sotto controllo, mentre l'amica era più superficiale e spensierata: se avesse visto le carte avrebbe detto - Si, che strana scrittura, chissà cosa c'è scritto - e gliele avrebbe ridate.
La sua curiosità, invece, era troppo grande e non poteva permettersi di perdere tempo.
Aprì il suo portatile e cercò di capire meglio, tramite ricerche sul Web, chi era questo Raimondo di Sangro: un esoterista, inventore, anatomista, militare, alchimista, massone, letterato e accademico italiano, diceva Wikipedia.
- Accidenti - pensò - nient'altro? -
Andò a dormire col desiderio di approfondire, ma era troppo tardi, l'avrebbe fatto l'indomani in biblioteca.

E l'indomani, appena giunta sulla sua postazione in biblioteca, si dedicò immediatamente all'altro documento formato da diverse pagine: sperava di poter avere, tramite questo, qualche aiuto per capire i punti non chiari del testamento.
Il lungo documento era in effetti una lettera. Come l'altro non era di facile lettura sia per il linguaggio arcaico sia perché nella seconda parte diventava veramente ermetico.
Una prima pagina riportava il destinatario:
Carissimo Amico Barone Theodor Tschudy,
poi iniziava con

Fed.mo e Nob.mo Amico e Fratello
Sommamente propjo dobbiamo innalzare i nostri cuori al Misericordioso e Onnipotente Nostro Artefice e Creatore, nella cui Comunione Egli ha voluto unirci.

- Sembrerebbe la lettera di un religioso - pensò Lella.

E siccome con troppo giusta ragione ci dee premere, e di fatto sopra ogni altra cosa di questo Mondo mi preme la vostra sicurtà nel restare ben celato costì a S. Gio: la Vigna, per la causa delle sfrenate condanne con le quali bastantemente, qui in Napoli, della perversa e malvagia gente ha fatto sì che s'attribuisse alla nostra Rispettabilissima Fratellanza Turbazione ed Empietà.

- L'amico a cui scrive sta nascosto, perché la loro Fratellanza aveva subito un'accusa di Turbazione e Empietà -
Lella, prima di continuare, cercò di inquadrare quelli che le sembravano i punti principali della lettera all'amico e fratello che si trovava in sicurtà, al sicuro? nascosto? a S. Giovanni la Vigna.
Da una breve ricerca su internet scoprì che si trattava di un palazzo di Torremaggiore, cioè della cittadina in cui risiedeva il Principe, ma non del suo palazzo, che era il castello di Torremaggiore.
Questo amico si nascondeva a causa di una condanna subita a Napoli, cioè vi fu un processo in cui la Fratellanza, quindi una setta massonica, era stata implicata. Infatti quasi tutta la lettera tendeva poi a dimostrare l'innocenza sua e di tutti gli adepti alla setta massonica e nel fare questo faceva i loro nomi citando addirittura il Papa Benedetto XIV.

In ogni caso, e ad ogni modo mi sono d'ottimo Animo risoluto d'inviarvi il seguente prescritto, avanti la vostra partenza a venire, siccome è d'uopo sperare di campare sopra la Turba degli Ignoranti.

- L'amico deve partire -

Viva però sempre quell'ottimo Dio, che agevola la strada a pro de' Giusti, quando la propria innocenza non appalesi nella Turba degli Ingiusti.
In rispetto al manoscritto apposto a codesta Lettera,

- C'è un allegato alla lettera -

il quale avea costì introdotto il Fr. Larnage, essendo io applicatomi alla traduzione senza eccettuarne l'agevolazione de' luoghi obscuri, della Scrittura sulla Libera Muratoria è mia ferma e costante volontà ch'esso da voi o da persona Nostra Famigliare sia trascritta per tante volte quante sono le Loggie note di codesta Dominante, avendo io in Animo d'innocentemente adombrarmi siccome da Voi, da Fratelli e da Sovrani eziandio fu consigliato, la talcosa tanto meglio al fatto Nostro si conviene;

- Mi sembra di capire che lui si tira indietro, si mette in ombra -

stanteché voi possiate inviarle per mano del Fed.mo Fratello D. Antonio Sarno, ai Reggenti delle soprammentovate Loggie. Di modo ch'abbiano a conoscere gl'Inimici Nostri i Nomi delle sopraccitate Loggie e di coloro ch'Esse accolgono, siccome Tutti Noi abbiamo tenuto per fermo codesta dirittura. E così pure voglio che, per dar poi un qualche argomento di Sinceratissima mia Abiura, la quale assolve l'intiera Confraternita, mi si faccia uno sfacciato pubblico torto.

- Personalmente rinuncia pubblicamente alla sua confessione e si assume ogni responsabilità. Ma si ritira da cosa? Di quale sfacciato pubblico torto deve essere accusato? Certamente sta parlando di Loggie massoniche -

Dopo avervi frettolosamente nella mia precedente lettera fatta parola sul Nostro Nuovo Tempio di Salomone che arriverà ad avere sempre più Gran Pregio, per i nuovi Ornamenti appostivi, nella dimora del cel.mo ed ill.mo Marchese N. Moscati, il quale ben conosce manifestamente l'innocenza e la dirittura delle nostre Proposizioni,

- Stavano costruendo un Tempio di Salomone? Cioè, forse, una loggia massonica - pensò Lella.

vengo ora in questa seconda lettera a dirvi, perché con troppa giusta ragione mi dee premere, e di fatto mi preme, la futura e più alta conservazione della Nostra Confraternita, la quale conta fra i suoi Membri, per Titolo d'Onore pur anche il Rev.mo Pier F. Peggi, Canonico di quel Beatissimo Capo visibile quaggiù dell'Invisibile ed Unico e Vero Figliuolo di Dio, Gesù Cristo, Signore del Genere umano, N.S. Benedetto XIV, il cel.mo Georg Knobelsdorff, valentissimo Architetto di S.M. Prussiana, il Reverendo Benedetto La Tilla, Confessore del nostro amatissimo Sovrano Carlo, Dio Guardi, il quale ebbe contezza di rendermi palesissime le di Lui intenzioni, in rispetto alla propria condotta per l'Editto concertato da se medesimo contra di Noi, parendogli agli Accusatori bastante a dimostrare insufficienti il loro sospetti, tenendo in buon conto lo scritto a Lui indirizzato del Nostro Fratello Rev. Giuseppe Orlando Celestino - .

- Da questo evento si evince che anche il Papa era Massone? Il Re Carlo, se non era massone, lo aiuta comunque in base alla lettera di questo Reverendo Celestino? Sembra che questa inchiesta abbia fatto un buco nell'acqua tranne per il confratello destinatario della lettera -

Quest'è, Fed.mo Amico Theodor, la fedele narrazione di que' fatti, da' quali la Nostra Rispettabilissima Società si trae dalle terribili proteste; in contra però sempre procede e s'accresce. E a fin d'assodar sempre più i nostri intendimenti per rispetto alla perfetta e sacrosanta conservazione della Nostra Pietra viva della quale i Templi di Mosè e Salomone significarono le figure, vedrete in mezzo alle mie espressioni la Nostra vera Idea.
Perciò, prevedendo io ora che essendo nel corrente mese di novembre, il principio della vostra partenza fuori dal Regno, vi farò brevemente, ma distesamente parola di quanto a buon'equità dee premervi.

Qui il compilatore della lettera inseriva strani caratteri

Sempre racchiudente in sé la Madre e ancora

ed è la Semenza del Sole ed è la Materia Concepente VITRIOL e 10,5,5,7 Moli.
Serbate sempre dentro di voi ch'Egli possiede: caput rubrum nigri oculi, albi pedes, imperciocché
ita Res est.

Lella si chiese cosa mai volesse dire e che tipo di codice aveva usato, ma poi si disse:
- Sarà complicato riuscire a capire qualcosa. L'unica speranza di decifrazione è che il codice, dovendo essere capito da un destinatario, forse è rintracciabile da qualche parte -
Poi continuò a leggere.

In rispetto alla proibizione della mia Lettera Apologetica, poi, pronunziata dalla Congregazione dell'Indice, che conoscete, come puranche del Conte di Gabalì, viva quell'Ottimo Papa Nostro che appartiene alla Nostra Milizia, al Quale umiliata ho una Supplica nella quale giudico d'aver a sufficienza aperta a N.S. la mia mente; tant'è che N.S. è Autore d'una Dissertazione sopra le sorprendenti Circostanze Miracolose e sopra le Forze dell'immaginativa dalle quali effetti stimati miracolosi produconsi, e dico De Servorum Dei Beatificatione et Beatorum Canonizatione.

- È stupefacente che il Papa fosse un aderente ad una setta massonica - pensò Lella.

Seguiva una riga cifrata


E quindi una canzone:

Stimo qui non faccia uopo alcuna stentata pruova rapportare certuni versi della Canzone il Precipizio del degnissimo Marchese Sartinelli, in guisa di ritratto pe'l dottissimo Abate Molinari = Pensier troppo infelice = Creder che giunga a le sognate sponde = Con fortunato volo = Superba prora, a cui l'ardir fa scena. = E' ver ch'Euro felice = Al mar di nostra vita ergendo l'onde, = A più beato suolo = Sovra amico sentier l'Alme sospinge. = Ma raffidato appena = Su l'incostante fé d'aura serena, = A nuove vie l'ardito Pin s'accinge, = Che ratto in seno al Porto = Ei si riman fra le sue spemi absorto = Musa ergi il canto e mostra a l'huo mortale = Che a cader và chi troppo in alto sale =.
Che dite? È degna strofetta dell'accuratissima attenzione e diligenza di sì valente Abate?

Da questo punto in poi sembrava cambiare argomento, abbandonando la vicenda massonica per parlare del Veritiero Tempio a cui aveva accennato prima.

Altra cosa avrei da aggiungere, e cioè che nel Veritiero Tempio (fermo il Dragone verde e 90 (segno di un compasso) ruota la lancetta SON) e (nascerà α → ω) Sepolcrale de' miei Antenati stanno ergendosi Opere scultoree mirabili; e tra queste è stata compita e lustrata quella dinotante Nostro Signore Gesù Cristo Morto involto in un velo trasparente (Mak-Benak); e rende celebre al Mondo l'Autore, il giovine scultore Napolitano G. Sammartino, nostro Fratello, ottimo Apprendente. Della Volta della riferita Chiesa già ne sapete: infatti mi osservaste di causa scientia il verde gioiello irraggiante i più sublimi colori.

Nel chiudere la lettera presentava una nuova breve raccolta di versi:

Or che altro mi rimane a dirvi? Che tutti i nostri Censori si son studiati, come si studiano, di combattere le Nostre Proposizioni, considerandole non conformi alla Religione Cattolica ed alla Sicurtà dello Stato? E perché mai è ciò? = Poiché bella virtù da reo livore = Perseguitata è sempre, e spesso avviene = Ch'abbiano degl'iniqui i saggi il fato = Voi giusta Dea, spiegate il nostro merto, = E fate omai giustizia all'opre nostre =.

seguita da un lungo inserto cifrato e dai saluti:



Possa l'uomo da esse guardarsi, siccome è d'uopo per il Cristiano, in nome della Santa Coppa!
Or basta, mio Fedelissimo Fratello.
Che Dio vi doni della Rugiada
del Cielo
e della Pinguedine
della Terra
ed abbastanza di Frumento e Mosto.
Conservatemi nel vostro buon affetto.
di Napoli 14 novembre 1753

La lettera finiva con l'immagine di una croce in cui si leggevano le seguenti parole-frasi


ROSADORDINEMAGNO,
GRANDIOMENSADORO,
ORASONDEGNODIRAM,
ARDOINSEGNODAMOR,
DOMANDOROSIREGNA.

e quattro strani simboli racchiusi in triangoli posti in una strana successione.

Fin qui il documento principale. Ma nella pagina successiva riprendeva di nuovo con l'argomento delle statue fatte erigere nella sua cappella di famiglia.


È d'uopo ch'io vi dica, ignorando il giorno che l'Onnipotente ci permetterà di riabbracciarci, il Magnifico modo in cui, come da noi si stabilì, saranno disposte le Maggiori Simboliche Statue e i Bassorilievi della mia dilettissima chiesa gentilizia. Ricorderete il Modello in picciolo de' Soprammenzionati; perciò stante che,

Questo è il Secreto del mio veritiero Tempio costruito ad Arte per arte, secondo i Secreti de' Regi. Cieco sarà chi vi cercherà la Luce, solo secondo i - regulamenta - . Questo è il Secreto del Tempio che offre a Dio la Coppa e dell'Orto che dà Gloria al Corallo, poi che Iddio creò l'uomo sposato all'Arte Regale.

In calce un sigillo in ceralacca con lo stemma dei Sansevero e la sigla SS.

Lella si mise le mani nei capelli pensando: - Quest'ultima parte è indecifrabile pur essendo in chiaro. Ma cosa diavolo ci sarà scritto nelle parti cifrate! - e si chiese - Cos'è questo Veritiero Tempio che contiene Simboliche Statue? -
Lella sapeva che il Museo Sansevero, che non era distante dalla biblioteca in quanto si trovava nel centro storico nei pressi della medievale chiesa di San Domenico Maggiore, era la cappella di famiglia di Raimondo di Sangro e conteneva numerose statue, alcune bellissime, per cui arrivava gente da tutto il mondo per visitarla. Sapeva anche che erano state fatte numerose ipotesi sul significato di quelle statue ma erano così varie e discordi che si parlava sempre di un Mistero della Cappella Sansevero.
L'ultima parte della lettera, sebbene cifrata, sembrava promettere una spiegazione di questo mistero.
Nella cartella c'erano ancora le pagine sciolte di alchimia.
La prima sembrava annunciare una scoperta sconvolgente:

La polvere violacea emana energia sconosciuta e veemente. Quante volte la tocco, tremito m'assale interiore. Sono in un altro stato di Coscienza. Un solo granello di senape di Saturno contiene Energia. Mutazione Totale.

Ma le pagine non erano numerate e non sapeva in quale ordine leggerle. La seconda cominciava con:

Questa mia Opera in cui è piaciuto al misericordioso Iddio di farla sussistere e principiare dall'anno 1737 ad oggi il 27 ?? 1768, colla maggiore a me possibile solennità, annoto per il Nuovo Stato di Coscienza, per la Dio grazia...

E insieme alle altre due sembravano una sequenza di operazioni da compiere o compiute. Due infatti riportavano delle date come se il Principe stesse ricapitolando le fasi della sua ricerca alchemica. La nota era stata redatta tre anni prima della sua morte.
A Lella appariva chiaro che l'autore in questi fogli sciolti stava sintetizzando la ricerca di una vita, ma non aveva alcuna intenzione di entrare in dettaglio perché sapeva che gli alchimisti usavano un linguaggio ermetico ed occorreva essere esperti della materia per capirci qualcosa.
Era però rimasta colpita dalle pagine crittografate e la sua natura di ricercatrice, di studiosa, ma anche la sua curiosità istintiva, facevano focalizzare la sua attenzione su di esse.

III

Passarono alcuni giorni in cui Lella cercò nel catalogo computerizzato della biblioteca un titolo che potesse contenere informazioni sul sistema usato dalla massoneria o dagli alchimisti per criptare le comunicazioni.
Ma la semplice ricerca nei titoli del catalogo non sembrava portare a nessun risultato; si trattava principalmente di opere letterarie, e storiche, senza avere la possibilità di un estratto o un compendio del contenuto.
Fortunatamente c'era il motore di ricerca di Google che memorizzava anche il contenuto dei libri, integralmente per quelli antichi e parzialmente per quelli coperti da copyright.
Ma anche la ricerca su Google non diede nessun risultato. Purtroppo non era possibile utilizzare pezzi degli scritti codificati come chiavi di ricerca.
Allora Lella cominciò a provare ricercando genericamente termini come: scrittura codificata con codice rosacroce, rosicrucian code, cifrario rosa-croce, cifrario della massoneria, alfabeto rosacroce e tutte le possibili combinazioni.
Senza nessun risultato.

Nei giorni seguenti Lella abbandonò in parte la ricerca della decodifica delle pagine cifrate per non trascurare il lavoro di catalogazione che era il suo compito principale, anche se nessuno le metteva fretta in quanto vista la bassa affluenza di pubblico nella biblioteca tutto si svolgeva senza alcuna pressione.
In uno di questi giorni una voce la distolse dal suo lavoro.
- Buongiorno alla più bella bibliotecaria di Napoli e del Regno delle Due Sicilie -
Lella riconobbe subito la voce del professore Pasquale Napolitano che periodicamente veniva a fare ricerche in biblioteca.
- Buongiorno professore. Non mi fate arrossire -
- Ancora arrossite dopo tanto tempo, cara Lella? -
- Sapete che arrossisco per voi! -
- Voi mi lusingate, potrei essere vostro padre -
- Ma sempre un uomo affascinate, colto, elegante e compìto -
- Vogliamo stabilire il giorno delle nozze? -
- Volentieri, ma devo parlare prima col mio fidanzato -
- Quale delusione! Ero già pronto a fissare la data -
- Prometto che nella prossima vita non mi lascerò scappare questa occasione -
- Pazienza, allora. Aspetterò -
- In verità, Lino - a Napoli tutti hanno un nomignolo o un diminutivo specialmente se un nome supera le due sillabe, come Mimì per Domenico o Totò per Antonio; da Pasquale derivava Pasqualino e da questo Lino - stavo aspettando proprio voi perché ho una domanda da porvi -
- Sono a tua disposizione, Lella - , da Raffaele Lello e da Raffaella Lella.
- Mi è capitata sotto mano una cartellina con documenti che sembrano originali del settecento, e vorrei farveli analizzare visto che siete uno studioso della storia napoletana -
Il professore acuì subito l'attenzione perché trovare ancora documenti originali inediti dopo due secoli era quasi impossibile.
- Pendo dalle tue labbra, dimmi tutto -
- Per quanto possa capire io, si tratta di documenti riguardanti o scritti da Raimondo di Sangro -
- Raimondo di Sangro? Il principe massone e alchimista? Proprio quest'anno si festeggia il tricentenario della nascita e c'è un gran dibattito sulla sua opera e sulla sua supposta appartenenza ad una prima loggia massonica italiana. Si dice che la cappella di famiglia, oggi Museo Sansevero, che contiene sculture bellissime, nasconda dei segreti -
- Allora penso che vi renderò contentissimo, perché i documenti trovati a me paiono originali -
- Vediamoli subito! - , il professore Napolitano si dimostrò molto interessato visto che era così raro trovare ancora degli apocrifi.
Lino cominciò ad analizzare con attenzione i fogli che Lella gli porse soffermandosi inizialmente solo sull'aspetto esteriore e accennando la lettura di qualche rigo.
- OK, a me sembrano originali. Però per studiarne il contenuto è meglio fare delle fotocopie e conservare questi -
- Secondo voi come sono arrivati qui? - chiese Lella mentre il professore continuava a scrutarli con un'espressione di stupore. Dopo qualche minuto in cui lo storico cercò di rendersi conto di cosa si trattava e sembrava sempre più interessato, disse:
- È probabile che sia stato lo stesso Raimondo a lasciare i documenti alla biblioteca perché era anche membro dell'ordine di San Gennaro, che si riuniva spesso nel Duomo qui di fronte. Infatti il Re Carlo di Borbone gli assegnò una delle prime nomine dopo la fondazione dell'Insigne e Reale Ordine di San Gennaro. Raimondo di Sangro aveva libero accesso a corte ed era amico del Re. Certamente fu un frequentatore di questa biblioteca, anche se preferiva comprare i libri e tenerli a portata di mano nel suo laboratorio. Si dice che avesse migliaia di libri, ma sono tutti scomparsi! Probabilmente una parte dei suoi libri è stata donata alla biblioteca e con essi sono arrivati anche questi documenti -
Lella copiò tutti i fogli in triplice copia, una per ciascuno e una di riserva, e conservò con cura gli originali in buste di plastica per poi classificarli. Raccolte le copie ne diede una al professore che cominciò a leggere la lettera e, dopo i primi righi, cominciò a sussultare:
- Quindi queste carte confermano che a Napoli c'era una delle prime e più grandi logge massoniche italiane! -
E dopo un po':
- Il Papa Benedetto XIV era massone! La prima parte mette in chiaro che Raimondo di Sangro era il Gran Maestro di una ampia loggia che univa le tre precedentemente e separatamente presenti a Napoli. Sono notizie molto importanti per la storia di Napoli. Qua ci esce un magnifico articolo! -
Intervenne Lella.
- Professore capisco che questo fatto vi entusiasma, ma a me ha colpito di più la parte cifrata. Che doveva nascondere? -
- Giusto, se il testo è cifrato deve contenere dei segreti importanti. Il Di Sangro fu allora veramente un Gran Maestro massone, ma fu anche un alchimista e questo ci viene confermato dai fogli sciolti in cui parla della sua ricerca alchemica. Dalla lettera occorre decifrare i due inserti codificati per capire quale segreto è più importante del fatto che il Papa fosse massone - poi Lino continuò - Lella hai cercato di individuare il cifrario? -
- Certo! ne ho trovati diversi ma nessuno somiglia a quello utilizzato. Vi faccio osservare che alla fine della lettera Raimondo scrive - Lella lesse dalla copia in suo possesso - questo è il Secreto del mio veritiero Tempio concepito ad Arte per Arte, secondo i Secreti de' Regi. Cieco sarà chi ivi cercherà la Luce, solo secondo i regulamenta. Questo è il Secreto del Tempio che offre a Dio la Coppa e dell'Orto che dà Gloria al Corallo, poi che Iddio creò l'uomo sposato all'Arte Regale. Se chiude la lettera in questo modo vuol dire che il segreto riguarda il Tempio, la Cappella, e si capisce che questo segreto è anche legato all'alchimia, l'Arte Regale -
- Hai perfettamente ragione! Decifrando i due messaggi forse scopriremo il segreto custodito nel tempietto della Pietatella! -
- Cos'è la Pietatella? - chiede Lella.
- Così viene chiamata la chiesetta funeraria della famiglia dei Sangro. Il nome deriva dal fatto che si venerava una Madonna della Pietà e viene usato il diminutivo perché la chiesa non è molto grande -
- Si, lo so, ora è il Museo Sansevero. E perché dovrebbe custodire un segreto? - chiese Lella che non poteva immaginare che una chiesa cattolica contenesse un segreto diverso dai sacri misteri.
- Vedi, la chiesa contiene numerose statue che non rientrano nei canoni propri del Cattolicesimo. Non l'hai mai visitata? -
- No, mai. Ma a questo punto ci devo andare al più presto -
- Si, ma troviamo prima il codice. Certamente contiene elementi di spiegazione della cappella, come dice nel passo che mi hai citato - poi Lino continuò - Nel frattempo possiamo cercare di organizzare i dati in una cronologia -
A Lella la storia non interessava molto. Non era attratta dal conoscere la cronologia della vita del principe massone, era più interessata a scoprire il messaggio che la lettera celava. Per lei erano più interessanti i quattro fogli sciolti e i testi cifrati che il testamento o la storia massonica.
- Facciamo così - disse - voi fate la ricostruzione storica e io cerco di trovare il cifrario e di dare un senso ai fogli alchemici -
- Va bene, da domani cerco di ricostruire la cronologia e gli eventi narrati nei vari fogli e di inquadrarli nella vita del Principe di San Severo. Ci vediamo appena ho qualcosa di organico o se tu trovi il codice usato nelle parti cifrate -
Le lasciò il numero di telefono di casa e del cellulare.

Lella dedicò il resto della giornata ai suoi compiti in biblioteca e, ritornata a casa alla fine della giornata, per prima cosa telefonò a Sofia per dirle che non sarebbe uscita nemmeno quella sera perché pensava di essersi raffreddata e forse era febbricitante.
Passò tutta la sera e parte della notte a cercare di intercettare sul web qualche carattere che somigliasse a quelli della lettera cifrata. I normali cifrari, come quello di Cesare che prevedeva la rotazione dell'alfabeto di un certo numero di posti oppure quello normalmente utilizzato in cui la sequenza alfabetica è sostituita da una sequenza arbitraria delle stesse lettere secondo una chiave, non potevano essere utilizzati nella decifratura dei documenti di Raimondo in quanto il principe aveva utilizzato dei simboli inesistenti: era, forse, un cifrario a semplice sostituzione, e bisognava conoscere la tabella di corrispondenza.
- Infatti - pensò - non usa il nostro alfabeto, come faccio a ricercare dei segni che non posso digitare sulla tastiera? -
Aveva scoperto che in genere la massoneria usava il cifrario pigpen basato su una disposizione grafica in tabella e ciascuna lettera veniva sostituita da un elemento grafico, per cui, in questo caso, l'aspetto di ogni lettera era generato da segmenti orizzontali, verticali o obliqui e dalle loro unioni, quindi i caratteri usati da Raimondo non corrispondevano a questo cifrario.
Lella decise che, non potendo fare una ricerca testuale, doveva utilizzare la ricerca per immagini. Usando la chiave - codice cifratura - immediatamente Google riempì la pagina del browser di immagini. Ce ne erano di tutti i tipi, anche una che a prima vista sembrava buona, ma poi, nel fare un confronto diretto, i simboli, per quanto simili, erano diversi. Scoprì che veniva chiamato - Codice di San Luca - e che era stato utilizzato da sette criminali, non massoniche.
Lella scartava ad occhio tutte le immagini che contenevano tabelle con il nostro alfabeto e si concentrava su quelle con strani simboli.
Provò a cambiare in - codice rosacroce - , - codice massoneria - , ma niente, nessuna tabella di trasposizione corrispondeva.
Qualsiasi ricerca faceva, i segni non corrispondevano. Andò quindi ad osservare meglio i simboli con cui veniva codificato il testo e si accorse che, a volte, vicino ad un segno c'era un puntino, e la posizione di questo puntino variava.
Le venne allora in mente che l'antico alfabeto ebraico non era vocalizzato e per conservarlo gli ebrei avevano cominciato ad usare dei puntini per codificare le vocali: a seconda della posizione del puntino rispetto alla consonante si aveva un suono diverso. Nel semplice sistema usato da Raimondo di Sangro si notava una rotazione di questo puntino per cui Lella suppose che posto in alto indicava la A, a destra in alto la E, a centro la I, in basso la O e sotto la U.
Lella trovò qualcosa di simile in una tavola di traslitterazione con simboli enochiani fatta dall'alchimista Crowley ma non erano gli stessi usati dal Di Sangro.
Restò al computer per diverse ore finché non le bruciarono gli occhi, per cui decise di rimandare la ricerca all'indomani.

IV

L'indomani in biblioteca il professore tardava a presentarsi e Lella era curiosa di conoscere come aveva interpretato le parti in chiaro, anche se, a pensarci bene, e rileggendo con attenzione, i passi erano auto-esplicativi, e, come gli aveva già detto, non le interessava lo svolgimento della storia; aveva dimenticato, però, che lo avrebbe dovuto chiamare lei se avesse scoperto il cifrario.
Mentre rileggeva la lettera le venne in mente un'idea:
- Raimondo dimostrava di conoscere dei massoni tedeschi, nella lettera apologetica cita il cel.mo Georg Knobeisdorff, valentissimo Architetto di S.M. Prussiana quindi è probabile che corrispondesse con loro e conoscesse il tedesco; forse era il caso di interrogare Google in tedesco -
Andò al computer e inserì la query: rosenkreutzer code. Ancora una volta decine e decine di immagini di alfabeti e codici vennero istantaneamente visualizzate, ma nessuna che contenesse i simboli della lettera.
Aveva gli occhi che le facevano male mentre cercava di scorgere qualche disegno compatibile con quelli della lettera.
Scannerizzò un pezzetto della lettera cifrata e fece una ricerca per immagini, ma ancora senza risultato.
Sembrava ormai una défaillance completa e Lella stava rassegnandosi a non decifrare i codici. Oramai era convinta che fosse un codice personale, usato solo da lui e dai suoi fratelli.
Il professore fece capolino dalla porta mentre lei era ancora al computer coi gomiti sul tavolo e il volto fra le mani.
- Chi dorme non piglia pesci! -
Lella si scosse e si giustificò:
- Non stavo dormendo, mi stavo disperando -
- E perché? Sursum corda, ho buone notizie. La lettera non può essere un falso -
- Si ma il codice non si trova. Sapevo già che non poteva essere falsa, è troppo complessa perché possa essere stata falsificata, e poi per quale ragione? A me interessa decifrare il codice -
- Hai provato in altre lingue? Raimondo di Sangro parlava anche francese e tedesco -
- Ho provato in tedesco, vedrò in francese -
- Ok, per parte mia posso dirti che tutti i personaggi citati da Raimondo nella lettera sono corretti. La lettera fu inviata al suo discepolo Henry Theodore Tschoudy che fu l'unico che doveva essere arrestato insieme al frate francescano Bonaventura di Bisognano, in seguito al grave errore di portare allo scoperto la setta massonica unificata di Napoli. Raimondo lo fece scappare a Torremaggiore nel palazzo di sua proprietà San Giovanni la Vigna. Tschoudy successivamente scappò in Francia dove fondò una nuova setta massonica chiamata Etoile Flamboyante. Allegato alla lettera c'è infatti il Catechismo del curioso dilettante scritto da un altro massone e che Raimondo gli girava. La data in cui è stata spedita deve essere subito dopo il processo, quindi nel 1751. Per stare qui, la lettera, o non è mai stata spedita o Tschoudy non l'ha mai ricevuta, però, in questo caso, qualcuno deve averla riportata a Napoli - fece una pausa - Questo è quanto. Ora per scrivere l'articolo ho bisogno dei passi cifrati. Solo dopo avremo un quadro preciso della situazione -
Lella mugugnò qualcosa, poi disse:
- E questo è il guaio. Il codice non è accessibile online -
- Se non troveremo il codice ho comunque sufficienti elementi per chiarire un episodio della storia di Napoli sotto il regno di Carlo di Borbone. Vuoi che ti racconti qualcosa sulla vita di Raimondo di Sangro? -
- Se serve a capire come e cosa pensava, certamente -
- No il suo vero pensiero forse è nascosto in quella lettera - cominciò il professore - Quello che ti posso raccontare è quanto sappiamo della sua vita. Nato nel 1710, come dice anche lui nel testamento, quest'anno si stanno ricordando i trecento anni dalla nascita con numerose manifestazioni sia a Napoli che in Puglia. La madre morì quando non aveva ancora un anno per cui fu cresciuto dalla nonna. Il padre di Raimondo, Antonio, aveva ricevuto in dono dal nonno Paolo le terre di San Severo, Torremaggiore, ed altri beni e possedimenti in Puglia. Il nonno si era riservato il titolo di Principe di San Severo e un vitalizio annuo. Era questo il modo di andare in pensione dei nobili: quando si sposava il primo figlio maschio il capofamiglia gli cedeva tutti i suoi beni riservandosi una rendita -
- Che fortuna essere nobile! - esclamò Lella.
- Era un diritto divino - rispose Lino - Continuo. Il padre di Raimondo, ricevuta la successione, si dimostrò subito superficiale e libertino, come dicono le cronache, e si invaghì, pur con un figlio appena nato e la moglie ammalata a letto, di una ragazza di San Severo. Nonostante l'opposizione della famiglia, fece rapire la ragazza e uccidere il padre. Antonio fu denunciato alla magistratura pugliese a Lucera e, per non essere arrestato, visto che a Napoli governano gli spagnoli, fuggì alla Corte di Vienna dove si fece apprezzare per le sue doti diplomatiche: era un uomo di lettere, buon oratore e conoscitore della diplomazia, e diventò amico dell'Imperatore. In questo modo si mise al riparo ma dovette rimanere all'estero e girare fra le corti di Francia, Germania, Russia e Portogallo -
- Però, questi nobili avevano l'intelligenza e la cultura, ma i soldi e il potere li facevano comportare comunque come animali! Chi lo avrebbe mai detto che un uomo così colto non avesse un briciolo di umanità! - disse Lella indignata.
- Così fu, almeno per il padre, ed anche per il nonno. Raimondo non aveva ancora compiuto un anno quando la giovane mamma Cecilia morì, a soli vent'anni, rimanendo praticamente orfano e venne allora cresciuto dai nonni paterni principalmente a Napoli. A soli dieci anni venne inviato a studiare a Roma presso la Scuola Gesuitica, la migliore scuola del centro-meridione, forse solo per allontanarlo dagli eventi che si stavano verificando -
- Beh, almeno il nonno fece una cosa buona! -
- Alla scuola di Roma crescendo cominciò ad eccellere in tutte le materie, sia umanistiche che scientifiche. Il padre, si dice, pentito dei suoi misfatti entrò in convento, ma probabilmente per salvarsi la pelle e sfuggire alla giustizia, visto che a Napoli governavano di nuovo gli Austriaci, e Raimondo assunse i titoli del feudo: Principe di San Severo e Duca di Torremaggiore. Ma, già da diversi anni prima aveva frequentato la casa dei nonni materni, Nicolò Gaetani dell'Aquila d'Aragona, Duca di Laurenzana e Principe di Piedimonte, e Aurora Sanseverino figlia del Principe di Bisignano. Il nonno materno Nicolò, che faceva parte della prima loggia massonica nata a Napoli, lo iniziò alla massoneria e Raimondo, alla sua morte nel 1741, se non subito, prese il suo posto come Gran Maestro. La loggia finì sotto inchiesta nel 1750 e nel ‘51 ci fu il processo di cui parla la lettera a Tschoudy. Raimondo di Sangro era un Cavaliere di corte, amico di Carlo Borbone, l'aveva conosciuto nel suo ingresso a Napoli nel 1734 e partecipò alla guerra del 1744 contro l'Austria. Mi fermo qui, ma questa vicenda mi ha fortemente interessato e, se riusciremo a decifrare la lettera, sono sicuro che avrò elementi sufficienti per scrivere un libro sulla vita e le opere di Raimondo di Sangro. C'è tantissimo da dire, ma ora dobbiamo decifrare la lettera -
- Ce la metto tutta a cercare il codice ma è veramente dura - rispose Lella - se trovo qualcosa vi avverto subito -
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