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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Andrea Ferraro
Titolo: Confessioni
Genere Erotico
Lettori 6994 161 1486
Confessioni
Sono Carmela Luongo, lavoro in un'impresa di pulizie e sono sposata con un carabiniere.
Ho un solo figlio, Marco. Ha ventiquattro anni, fa lo stesso mestiere del padre, ma non è sposato. Presta servizio al nord ma quando può torna a Torre sul Campo.
Un paesone del meridione d'Italia che, nella percezione della ragazzina che sono stata, di giorno profumava “a verde”, di notte mi inquietava.
Ho superato da poco i cinquanta e voglio raccontarvi una parte della mia vita, la più recente. Meno ordinaria e tranquilla della precedente.
Due anni fa ho preso servizio nella farmacia Zanotti, da quel momento i giorni che si susseguivano mi hanno portato con loro su una ruota panoramica.
Una giostra che non concede mezze misure: o ti spaventa o ti ammalia. Non dipende da te, ma dalla tua paura dell'altitudine. Una fobia che non mi riguarda.
Nel mio caso, però, mi trovai in parco dei divertimenti dove tutto girava più veloce. Per fortuna non ho paura nemmeno di correre, adoro il vento che ti alza i capelli.
Quando conobbi il dottor Pierpaolo Zanotti, per tutti Piero, rimasi colpita dalla sua simpatia e dal suo sguardo.
Un bell'uomo, giovanile, a dispetto dei molti capelli bianchi, occhi castani, non era un adone ma se ti sorrideva ti causava una tempesta ormonale. Almeno a me, ovvio. Alle altre non so, anche perché non era, non è, sposato.
Mi ha deliziato con il suo sguardo per quasi un anno, dal lunedì al venerdì dalle otto alle nove del mattino. L'orario previsto per le pulizie dei locali nella sua farmacia.
Ogni mattina mi accoglieva con un sorriso e un complimento, sempre casto e gentile, era passato quasi un mese e un freddo giorno di gennaio mi salutò così:
- Buongiorno signora Carmela. -
- Buongiorno dottore, avete visto che giornata cupa? -
- No, signora. Non l'ho notato proprio, anche perché voi portate il sole qui - .
- Ma che bel complimento, grazieeeee - .
Scappai via per non dargli il tempo di notare il mio rossore, che era conseguenza di due tipi di piacere, molto poco simili tra loro.
Io sono stata sempre molto timida, ho avuto un solo fidanzato che, come se non bastasse, accettai di sposare.
Non rimpiango la scelta, Riccardo De Rogatis è stato un ottimo compagno di vita e di letto.
Abbiamo condiviso tante belle cose e ci siamo divertiti, amavamo il sesso e lui mi gratificava, regalandomi complimenti e desiderio.
Mi ha pure insegnato tante cose, se aveva voglia e io avevo le mestruazioni mi proponeva alternative: o un rapporto anale oppure orale.
Ho sempre accettato di buon grado anche perché sceglievo io e la cosa mi riscaldava, adoravo farlo godere, che accadesse nella mia bocca o nel culo era uguale, per entrambi.
Non mi ha mai chiesto di fargli una sega, non gli ho mai chiesto il motivo.
So bene che poco prima ho usato il verbo al passato parlando di lui quando ho detto che è stato un ottimo compagno di vita e di letto, ma questa è la triste realtà, un bruttissimo giorno di quattro anni fa gli fu diagnosticato un tumore ai polmoni.
Ho trascorso mesi a sopportare le solite, banali stupidaggini dei nostri parenti.
Ha un brutto male, pensare che non ha mai fumato, una frase detta per confortarmi ma che mi sembrava più angosciante della mia, imminente, vedovanza.
Che rabbia sentire suo fratello proferire tale sciocchezza. Come se esistesse anche un bel male...
Comunque sia la malattia seguì il suo corso, ignorò chemio e radio e lo uccise in pochi mesi.
Per superare il dolore ci volle più tempo, alla sua assenza non mi abituerò mai. Così come non accadrà con i complimenti del dottor Piero.
Ogni giorno un'accoglienza diversa, sempre dolce, mai la stessa.
- Buongiorno, signora Carmela - .
- Buongiorno, dottore -
- Quando mi salutate con questa vostra deliziosa vocina, sento la primavera - .
Una mattina mi vestii in maniera un pochino diversa, indossai, sotto la polo della divisa da lavoro, una camicetta coi merletti, lasciai fuori in modo che cadesse sui jeans, non da coprire troppo le forme, però.
Come entrai nel mio luogo di lavoro sentii la sua voce:
- Buongiorno, signora chic. La camicetta che scende non fa parte della divisa da lavoro, è una vostra idea presumo. -
- Buongiorno, dottore, è naturale. Figuriamoci. I miei capi non hanno tanta sensibilità - .
E scappai via, come sempre. Non so se lo infastidisse ma non gli potevo mica confessare che avrei continuato ad ascoltarlo per un'ora, anche a costo di doverla recuperare. Non potevo e non dovevo. Ma volevo.
Un giorno stavo spazzando dietro al banco farmaci quando sentii Silvana, una giovane tirocinante che chiedeva soccorso tecnico
- Piero, il programma, si è bloccato, non mi fa inserire i medicinali - .
Il dottore diede un occhiata al monitor poi guardò per terra, dietro all'unità centrale e le disse:
- Silvana, c'è un cavo staccato, dove lo prendi internet così? -
Mi venne naturale intervenire:
- Infatti, dove lo prende Silvana? -
- Lei da nessuna parte, lei - .
Zanotti aveva pronunciato quella frase fissandomi, per la prima volta, senza sorridere. Fu un attimo, poi sogghignò malizioso e tornò al suo lavoro.
Mi aveva appena detto:
- Tu sì, tu lo prendi, eccome - .
Gli piacevo, ne ebbi la conferma dopo una settimana, quando entrò in farmacia un ex dipendente, che, da buon pensionato, si era trasformato in cliente, giusto per non sentire troppo la nostalgia di un luogo che lo aveva ospitato per trent'anni e passa.
Quando Giuseppe entrò mi salutò con affetto, lo conoscevo da ancor prima di cominciare a lavorare nella farmacia:
- Carmelina, che piacere tutto bene? -
- Sì, Peppino. Tu? Che mi racconti di bello? -
- Tutto bene, grazie. Se si esclude che sto percorrendo veloce la strada verso la calvizie non mi posso lamentare - .
- Meglio perdere i capelli che altro, non ti pare? -
Sentimmo il dottore in lontananza:
- Non ti preoccupare, Peppì, funziona così, prima cadono i capelli, poi il resto, ma sei fortunato, nel secondo caso esiste il rimedio, parola di farmacista - .
- Piero, fammi fare i debiti scongiuri - .
Ci aveva ascoltato, dunque. Aveva colto il doppio senso e mi aveva risposto usandone un altro.
Iniziai a dipingere fumetti con la mente, da diplomata al liceo artistico ero in grado di farlo anche su foglio, preferivo la mente alla matita, però.
Meglio non lasciare tracce, la raffigurazione che stavo ammirando era solo mia. Tra l'altro nei disegni più che abbracciata ero avvinghiata.
Lo desideravo, inutile negarlo a me stessa. Ma la cosa peggiore, per me, era che fantasticavo troppo.
Anni fa mio marito aveva comprato un dvd hard, lo avevamo visto insieme e io nel seguire le scene avevo provato invidia per quelle ragazze che tutti definiscono sfacciate o peggio.
Io sono convinta che chi fa la porno star ha un coraggio che io non ho.
L'unica cosa che mi divide da loro è che io non lo farei mai per soldi, solo per piacere.
Ecco, stavo immaginando di fare l'attrice, ma solo per il dottor Pierpaolo Zanotti, per gli amici, Piero.
Avevo la certezza granitica che fosse solo un sogno. Mi sbagliavo, due volte. Non solo Piero mi avrebbe portata sul suo personale set, la realtà avrebbe superato ogni immaginazione per quanto spiccata fosse.
Tutto ebbe inizio una mattina giunta su Torre sul Campo con la stessa discrezione di quelle che l'avevano preceduta negli anni, ma con una sorpresa in serbo.
Mi presentai al lavoro e scambiammo i soliti convenevoli, dopo i saluti gli feci una richiesta, era la prima volta che accadeva:
- Dottore, vi devo chiedere un favore. C'è una mia vicina che ha bisogno di uno scatolo di antibiotici, me li potete dare anche se la ricetta ve la porto domani mattina? -
- Signora Carmela, come potrei non accontentarvi? Ditemi la marca che ve li incarto - .
- Non vi preoccupate, prima di andarmene ve lo ricorderò - .
Così feci, alle nove precise mi avvicinai al bancone gli dissi il nome del medicinale e aspettai che mi consegnasse il pacchettino.
Mentre lo incartava gli dissi:
- Dottore, non so come ringraziarvi. -
- Per così poco signora? - poi aggiunse a voce bassissima - Magari un pompino... - .
Restai a bocca aperta, sentii una vampata di calore, le guance mi pizzicavano.
Prima che il rossore raggiungesse le orecchie scappai come una ladra.
L'effetto si protrasse per tutta la giornata, ma non ci pensai, nel senso che non passai il tempo a decidere se accettare la sua proposta o a friggere nell'attesa che si facesse giorno di nuovo.
Nella mente avevo un pensiero fisso: domani mattina salirò sulla ruota.
Lo feci senza ansie eccessive:
- Buongiorno, signora Carmela - .
- Buongiorno, signor Piero - .
- Anche oggi portate il luccichio della vostra bellezza in questi locali tenebrosi - .
- Dottore, mi confondete - .
- Lungi da me, tra l'altro è difficile far perdere il controllo a una donna come voi, con tanti anni di matrimonio alle spalle - .
- Bella riflessione, un pochettino indiscreta, però. Vado a prendere il secchio e lo straccio - .
- Ieri mattina sono stato molto meno riservato - .
- A cosa vi riferite? -
- Non vi preoccupate, andate a prendere gli attrezzi - .
Quando sentì che avevo cominciato a pulire nel bagno mi raggiunse, facendo rumore per farmi sentire.
Stavo passando lo straccetto nel lavandino, mi stava ammirando il culo, sicuro.
Si avvicinò:
- Mi fate andare il sangue alla testa tanto siete bella - .
Guardavamo lo specchio, entrambi vedevamo il rosso del mio viso. Mi mise una mano sul fianco destro e strinse forte.
Ebbi un sussulto, da bassina che ero superai il suo metro e ottanta quasi.
- Non qui dottore, vi prego - .
Mi lasciò lavorare senza dire niente. Fino al termine del turno, terminato il quale lo salutai:
- A domani, dottore - .
- A domani signora Carmela, vi auguro una splendida giornata - .
Mi conficcò gli occhi nei miei e aggiunse, con voce impercettibile:
- Come voi. -
Ero perplessa ma fiduciosa, cosa aveva in mente quel demonio?
Di avvalersi delle mie doti lavorative anche a casa sua. Il giorno dopo mi accolse così:
- Buongiorno, signora Carmela, oggi siete più bella del solito, siete angelica - .
- Dottore, voi dovevate fare il poeta non il farmacista - .
- Diciamo che alla penna ho preferito le supposte... -
Mi provocò una vampata talmente invasiva da farmi temere che mi uscisse il fumo dalle gote.
- Signora, vi andrebbe di prendere l'appalto anche del mio appartamento? Però il contratto ve lo faccio io, senza passare per la ditta. Diciamo dal lunedì al venerdì, dalle nove alle undici. -
- Dottore, certo che mi va. Quando devo cominciare? -
- Oggi stesso, appena terminate qui saliamo sopra, state serena. Le supposte le lascio negli scaffali - .
Libidinoso, pur continuando nel giochino di darmi del voi, forse lo era ancora di più proprio per quello.
Alle nove, terminato l'orario di lavoro, mi accompagnò al primo piano.
Passammo per il parcheggio antistante alla farmacia e salimmo una rampa di scale, al termine delle quali un bel appartamento, senza abitazioni confinanti.
- Signora Carmela, vi piace l'ambiente? -
- Sarei indelicata se dicessi di no - .
Lo abbracciai e lo baciai, a lungo. Aspettavo da troppo tempo.
Mi prese per mano, entrammo nella stanza da letto, immaginavo cosa stesse per accadere, mi sbagliavo di grosso, avevo previsto una scopata memorabile, troppo banale per lui, come avrei scoperto in seguito.
- Piero, dormi nel lettone, a quanto vedo - .
- Per me è più comodo, adoro dormire di traverso - .
Mi distese sul piumino e mi accarezzò la guancia:
- Carmela, ho da leggerti una storia. Fai conto che io sia la voce narrante di un audio libro. Il romanzo si intitola Piero per caso. Ascolta, poi mi dirai cosa ne pensi - .
Mi tolse la polo, mi chiese di fare lo stesso con i blue jeans e mi scrutò.
Prese un malloppo di fogli spillati e disse:
- Sei pronta per entrare nel mio mondo. Buon viaggio, Carmela - .



La sua voce calda iniziò a leggere, io, a volare.

Sono Pierpaolo Zanotti, per tutti Piero.
Figlio unico di due farmacisti di Torre sul Campo.
Ho avuto un'infanzia serena se si esclude la mia difficoltà nell'accettare di essere (ricchione?) attratto dai maschi.
In realtà ero allettato dal cazzo, degli altri, ovvio.
Scoprii questa mia inclinazione un tiepido pomeriggio d'estate quando, a letto con la febbre, mi misi a giocare con una biglia di vetro.
Ero solo in casa, come sempre, i miei lavoravano dalla mattina alla sera, mi abbassai gli slip e cominciai ad accarezzarmi il sederino con la biglia tra le dita. Poi la cominciai a sfregare sul buchetto e, mi piacque. Tantissimo. Mi ero eccitato, ma non ne avevo la consapevolezza. A dieci anni, o poco più, non è possibile comprendere certe pulsioni. Non ancora, almeno.
In ogni caso quella sensazione mi accompagnò a lungo, insieme alla certezza di essere refrattario al sesso femminile.
Qualche anno dopo, nel buio di una sala, ebbi la conferma di quanto mi piacessero i maschietti.
Andai a cinema con tutta la mia comitiva. Prima di fare i biglietti avevo adocchiato un ragazzo che indossava pantaloni bianchi attillati, ci conoscevamo poco, non avevamo mai avuto modo di parlare, mi attraeva, però.
Lui scelse la prima poltroncina, mi precipitai a sedermi in quella accanto.
Appena si spensero le luci mi appoggiò una mano sulla gamba e la strinse.
- Mi hanno detto che il film parla della fine del mondo - disse per giustificare la strizzata. Ma che vuoi scusarti, pensai, mi hai proprio convinto.
Dopo poco allungai la mia mano sinistra e gliela poggiai in mezzo alle gambe. Lui subito abbassò la cerniera, ma non lo tirò fuori, era troppo rischioso, qualcuno poteva vedere, allora misi la mano sotto gli slip e la chiusi, avvinghiando anche le palle.
Sentendo la sua erezione capii che era eccitato, io non stavo nella pelle e il suo cazzo non stava nelle mutandine, allora lo orientai verso destra, per accarezzarlo meglio. Ma lui mi tolse la mano, aveva notato che una persona dietro di noi era attratta da quella scena molto più della pellicola, sentii:
- Ma come lo guardi 'sto film? -
Finì così. Ricordo che tremavo. Mi sarebbe capitato pochissime altre volte.
In ogni caso non ci fu un seguito. Non vidi più Pompeo. Non so perché, io non lo cercai, ero troppo pigro per farlo. Lui fece altrettanto? Non saprei. Quello che so, o credo di sapere, è che il ragazzo che stava dietro di noi avrà raccontato la cosa in giro e che il fatto sia giunto all'orecchio del mio compagno di banco del liceo.
Maurizio Di Lorenzo, un ragazzo molto virile e ben dotato.
Una mattina del quarto anno avevamo appena concluso l'ora di educazione fisica, ci trattenemmo in palestra per fumarci una sigaretta. Solo noi due.
Stavamo seduti sul parquet con le gambe allungate quando udii:
- Guarda qua. -
Aveva appoggiato il cazzo al centro di un libro aperto e lo accarezzava.
Credo che mi abbia messo alla prova. Voleva capire che effetto mi avrebbe fatto osservare il suo membro eretto. Io guardavo. Ero incapace di distogliere lo sguardo. Poi vidi che le pagine si imbiancavano, non sapevo cosa diavolo fosse quel liquido schiumoso.
Avevo solo una mezza idea: era venuto. Ma ancora non avevo idea di cosa significasse con precisione.
Non ci pensai. Considerai l'evento come una sbruffoneria. O come una dimostrazione di virilità e coraggio allo stesso tempo.
Però non potevo evitare di ricordare, ci tornavo di continuo con la mente. In realtà stavo scoprendo qualcosa che già sapevo, ma che, forse mi rifiutavo di ammettere. Ero attratto dal cazzo.
Avevo viva quella visione dentro di me. La mazza, con quella pelle talmente scura ma attraente. La cappella, con quella forma a cupola e un colore sgargiante che doveva cozzare con il resto, ma che mi aveva ingolosito.
Certo, il mio cazzo era uguale a quello di Maurizio, a parte le dimensioni, il suo era un po' più grande, ma il fatto era che il mio serviva solo per fare la pipì. Il suo lo avrei voluto nel culo. Se lo sfregare una biglia sul buchetto mi aveva eccitato figuriamoci quella cappella turgida e rossa che si insinuava nel mio bel sedere.
Ecco il punto, io adoravo il mio culo quando ero solo a casa, cioè quasi sempre, mi mettevo di fronte allo specchio e me lo ammiravo. Avevo, ho, un fondoschiena pronunciato. Molto più femminile di tantissime donne.
Me lo accarezzavo e speravo che qualcuno, prima o poi, ci affondasse dentro.
Ci ero andato vicino un pomeriggio qualsiasi quando ero in compagnia di un amico d'infanzia. Carmelo, un bel ragazzo biondo e con gli occhi chiari.
Stava per piovere quindi decidemmo di andare a casa per ascoltare un po' di musica. Io avevo un favoloso impianto stereo nella mia camera e a lui piaceva il rock quanto me.
Ascoltammo, a basso volume, un disco dei Pink Floyd, io steso sul letto e lui seduto. Alla fine del primo lato del vinile mi propose:
- Facciamo un gioco, mettiti a pancia sotto. -
Eseguii senza esitare, un po' perché non ha mai saputo dire di no, e anche perché ero intrigato dalla situazione.
Si mise sopra di me e cominciò a muoversi. Sfregava il suo bacino sul mio sedere. Per vedere se ci stavo.
Quando comprese che poteva andare oltre, iniziò ad abbassarmi i pantaloni. Quel giorno troppo attillati, era la moda del tempo. Riuscì a scoprire solo il taglio iniziale poi i jeans si bloccarono.
Carmelo, emozionato o eccitato, o tutte e due le cose, non parlava. Io, uguale.
Il rumore della cerniera che si abbassava mi sembrò forte come un tuono.
Sentii la punta del suo cazzo sul quel poco di pelle che era riuscito a scoprire, voleva infilare la punta nel taglio delle natiche, ma non ci riusciva.
Allora si alzò e andò a chiudere la porta. Ci mise un secolo, per darmi il tempo di sbottonarmi i pantaloni, suppongo.
Io non mi mossi, per fargli capire che lo stavo aspettando e che poteva continuare, bastava che mi sbottonasse i jeans e avrebbe potuto collocare il suo cazzo nel posto adeguato.
Non so chi dei due fu più stupido, ma non successe nulla.
Iniziammo a parlare di altro fino all'ora di cena, quando mi disse che doveva tornare a casa.
Mi rimproverai, mi dissi che avrei dovuto sbottonarmi, che certe occasioni vanno prese al volo, che avevo messo la testa sotto la sabbia.
In effetti era vero, abbassarmi i pantaloni da solo sarebbe stato un gesto indecoroso, ma perché farselo mettere nel culo se te li abbassa l'altro è più onorevole?
Questi furono i miei pensieri per tutta la sera e nei giorni a venire.
Ardevo dal desiderio di offrire il mio culo a un maschio ben attrezzato e quel giorno sembrava non arrivasse mai.
Una cosa però mi fu chiara, in certi momenti particolari ragionavo da donna, motivo per il quale toccava a lui spogliare me.
Con l'esperienza di oggi so che se il maschio ha difficoltà a slacciare il reggiseno, la donna provvede da sola senza esitare, giusto per non far spegnere la fiamma del desiderio.
Ma all'epoca mi sentivo una femmina sì, ma ero una verginella. Inesperta e timida, per giunta.
Per non parlare della paura che si spargesse ancora di più la voce in giro a proposito della mia tendenza.
Sono sicuro che qualche chiacchiericcio c'era stato ai tempi del cinema. Poi ci pensai bene, Carmelo avrebbe potuto comunque raccontare il fatto, a prescindere dall'epilogo, magari modificato a suo piacimento. Quindi?
Quindi ero stato un idiota a non usare due dita per liberare un cazzo di bottone di ferro con la W.
Se proprio dovevo essere oggetto di conversazione tanto valeva che almeno ci avessi provato gusto.
Alla fine del tortuoso ragionamento sapevo che ero timido, insicuro e che non facevo altro che attendere un evento favorevole, ma non mi impegnavo per niente a far sì che si verificasse. Ero pigro, passivo.
Oddio, definirmi passivo io stesso mi piacque, andai allo specchio e abbassai i pantaloni poi mi girai, inquadrai il mio stupendo sedere e sussurrai:
- Carmelo, guarda che ti sei perso. -
Me lo accarezzai a lungo, fantasticavo: prima o poi qualcuno mi prenderà, ne sono certo.
Avevo ragione, perché avevo una sensualità fortissima che attraeva sia i maschi arrapati e libidinosi che le ragazze.
Ma questo l'ho capito in seguito.
C'è una cosa che scoprii molto prima. Carmelo aveva fatto quello che è normale per tutti o quasi. Aveva raccontato la storia al suo amico del cuore, Gaetano, il figlio del barista di fronte casa mia.
Immagino il tenore del dialogo.
- Gaetano ti devo dire una cosa, promettimi di non dirlo in giro, ma sai, la settimana scorsa ero a casa di Piero Zanotti e abbiamo iniziato a scherzare sul letto, il gioco però è diventato serio e... insomma, me lo sono fatto. -
Credo che sia andata così perché dopo sei o sette mesi da quel pomeriggio Gaetano è venuto a casa mia per consegnare il fitto dei locali dove c'è il bar del padre. Che sono di proprietà dei miei.
Quando ha bussato alla porta ero appena uscito dalla doccia, indossavo ancora l'accappatoio.
- Ciao, Gaetano, entra - .
Non mi sembrava carino prendere la busta coi soldi e chiudere la porta. Pensavo che avrebbe rifiutato l'invito. Accettò.
Posò la busta sul tavolino d'ingresso e mi prese la mano.
- Sei solo? -
- Sì - .
- Vieni con me - ordinò con tono secco, ma non prepotente.
Mi portò nel salone, la stanza più vicina all'ingresso, mi distese sul pavimento mi alzò l'accappatoio e mi appoggiò il suo enorme cazzo tra le gambe.
Non dissi niente, come al solito mi facevo fare tutto da chiunque lo desiderasse, però pensai che fosse la volta buona.
Non mi penetrò, lambiva il buco con la parte centrale dell'asta, la faceva oscillare e sbattere tra le mie gambe, come fosse un batacchio. Sembrava d'acciaio.
Poi appoggiò la cappella tra le natiche, molto al di sopra del foro d'entrata, e cominciò a spingere:
- Ma dove ce l'hai il buco? -
Altra occasione che sprecai. Potevo rispondere più giù, dovevo portarlo io con la mano verso il posto che desideravo raggiungesse, ma non lo feci.
Gli dovette sembrare un freno perché lui lo sapeva bene dov'era il buco. Ci andò da solo, ma non mi penetrò, mi fece solo sentire quando era turgida la sua cappella.
Avvertii la stessa eccitazione che mi aveva provocato la biglia, ma moltiplicata all'infinito. Era la seconda opportunità che mi dava.
Bastava dire mettimelo dentro ed era fatta. Rimasi in silenzio. Che idiota. Gaetano andò all'indietro e sborrò sul pavimento, mi prese di nuovo la mano aiutandomi ad alzarmi e mi chiese della carta.
- Non ti preoccupare, pulisco io - .
Mi salutò e se ne andò lasciandomi alle prese con uno straccio per lavare il pavimento e la delusione per il mio ennesimo fallimento.
Altra occasione sprecata, altro segnale preciso che ai maschi piacevo, però.
Gaetano era venuto in fretta e aveva lasciato un bel po' di sperma a terra, quindi gli ero piaciuto, mi consolai pensando a questo e al fatto che avevo fatto un passo avanti.
Lui era il primo che aveva ammirato il mio culo in tutta la sua sporgenza. Mi promisi che avrei fatto qualcosa per far sì che presto accadesse un'altra volta e mi imposi di essere più deciso quando sarebbe accaduto.
Ma non successe più nulla per anni. Gaetano non aveva detto niente a nessuno, ovvio. La sua famiglia rispettava troppo la mia. Lui mi salutava e si comportava in modo naturale, come se non fosse accaduto niente, in effetti così era. Tra noi due non era successo nulla di ciò che avrei voluto.
Mentre mi cullavo nei miei rimpianti avevo raggiunto il traguardo dei diciotto anni con poche certezze: non avevo mai avuto il desiderio di farmi una sega, mi piacevano i maschi e desideravo il loro cazzo, quanto più grande e duro possibile. Conclusione? Ero un ricchione, mi facevo rabbia da solo, ma se mi guardavo allo specchio, di spalle, vedevo una bonazza dal sederino brasiliano e il nervosismo sfumava.
Frequentavamo l'ultimo anno delle superiori quando il mio compagno di banco mi chiese se fossi libero nel pomeriggio.
- Sì, non ho impegni Mauro, Perché? -
- Ti andrebbe di andare alla festa del borgo? -
- Certo - .
- Ci vediamo alle sette davanti al bar. -
- Va bene Mauro. -
Fu una bella serata, andammo sulle giostre e mangiammo un panino comprato in una delle mille bancarelle che c'erano.
Il borgo era medievale, la festa era scintillante. Stavo bene, anche se i veri festeggiamenti me li aveva preparati Maurizio. Sarei stato ancora meglio dopo. O no?
Era mezzanotte, la sagra era nel vivo, ma io avevo sonno.
- Ti accompagno a casa - disse Mauro - conosco una scorciatoia. -
Mentre camminavamo sul selciato della strada di campagna, la scorciatoia, Maurizio si bloccò, mi venne alle spalle e mi spinse a terra sull'erba che costeggiava la strada. Disteso, a pancia in giù, sentii che mi sbottonava i pantaloni, li abbassava e, mentre faceva lo stesso con i suoi, mi tirò giù le mutandine lasciandomi il culo al fresco dell'aria e alla luce della luna.
Non protestai, non parlai. Mi limitai ad aspettare l'inevitabile sviluppo degli eventi.
Ho sempre agito così in vita mia. Faccio fatica a negarmi, ma in quel caso ero felice per quello che stava accadendo.
Quando appoggiò la cappella sul buco del culo sembrò quasi che il calore del glande sciogliesse il freddo che aveva avvinghiato il mio posteriore.
Aspettò qualche secondo, non so perché, poi me lo mise dentro.
Quando iniziò a muoversi pensai che mi sarebbe dovuto piacere.
Ora non avevo una biglia che mi tappava il culo, ma un cazzo vero.
Che andava avanti e dietro. Dovevo essere soddisfatto. Non lo ero.
Lui continuò, senza parlare, mantenendo un ritmo costante. Avanti e indietro, avanti e indietro. Qualche volta spingeva a fondo, sentivo i testicoli sul taglio delle natiche, poi ricominciava con la cadenza regolare.
Quando ormai la strada era spianata si muoveva dentro di me con facilità. Il cazzo era durissimo ma non provavo dolore, anzi cominciava a piacermi.
Pensai “Sono ricettivo, sono una checca”.
Dopo qualche minuto, sentii il suo respiro aumentare di intensità, mi diede un paio di colpi in sequenza, poi lo spinse fino in fondo. A quel punto provai piacere, sentii che il mio cazzo stava crescendo.
Pensai di dirgli continua così, spingi più che puoi, ma rimasi in silenzio. Lui intensificò gli affondi come se mi avesse letto nel pensiero, ce l'avevo talmente dentro che ricordai la sua cappella quella mattina, nella palestra della scuola. Il mio cazzo si indurì del tutto, anche il suo.
Diede un'ultima, fortissima, spinta e si fermò. Stava venendo.
Sentivo gli spruzzi nel culo, fu bello. Per come ero eccitato mi sembrò poco, ne avrei voluto di più.
Quando il cazzo cominciò ad afflosciarsi lo tirò fuori. Non fece commenti. Io nemmeno, mi ricomposi e me ne andai senza salutare.
Durante il tragitto mi sentii in colpa. Mi vergognavo per ciò che era accaduto anche se, forse, era ineluttabile. Più che altro mi vergognavo perché mi era piaciuto.
In realtà mi ero aspettato apprezzamenti, ma confidavo che ci sarebbero stati in seguito. Ecco le mie insicurezze che venivano a galla.
Ero adulto solo per l'età anagrafica, dentro ero un ragazzo poco esperto e per niente scaltro.
Scacciai i pensieri sgradevoli consolandomi col fatto che quella sensazione di umidità che sentivo nel culo era gradevole.
Cominciai a sculettare e quando tornai a casa non mi feci il bidè, anche se servì a poco, il buchetto aveva ritrovato la sua secchezza naturale.
La mattina dopo mi svegliai di buonumore, come sempre. Non mi turbava l'idea che mi sarei seduto al fianco del ragazzo che mi aveva (inculato) scopato la sera prima. Anzi, ero incuriosito. Mi avrebbe salutato in modo diverso? Mi avrebbe osservato con occhi diversi?
Niente di tutto ciò, si comportò come se non fosse successo niente.
Avrei preferito che facesse qualche riferimento, ma capii che il sesso lo praticava con piacere non amava parlarne, però.
Come nel mio stile decisi di aspettare. Toccava a lui stabilire il prosieguo. Per me era uguale, speravo solo in un'eventuale ripetizione più soddisfacente, meno asettica.
Rimasi deluso, ovvio. Le repliche ci furono, ma tutte uguali alla puntata principale. Repliche, appunto.
Lui iniziò a frequentare casa mia, la mattina si limitava ad avvertirmi che sarebbe passato nel pomeriggio. Lo faceva almeno una volta a settimana.
Entrava e mi portava sul letto dei miei genitori. Mi stendeva, mi abbassava i pantaloni e gli slip mi penetrava e dopo pochi minuti sborrava nel culo.
Durante l'amplesso era silenzioso, si concentrava come se stesse sostenendo un'interrogazione.
Ma quello che mi deludeva di più era che non mi accarezzava mai, agognavo sentire le sue mani sfiorarmi. Niente.
Dopo andavamo nel salone e parlavamo. Non ho mai avuto il coraggio di dirgli nulla di quello che pensavo.
Mi muovevo sul divano per fargli capire che lo sentivo ancora dentro, che mi piaceva quella sensazione di umido che avevo tra le natiche, nel culo, nelle viscere.
Forse lo capiva, ma se ne fregava, non credo avesse stima di me. Avevo ragione. Però mi piaceva essere sbattuto da lui. Mettiamola così: era divertente per entrambi e andava bene così.
Solo una volta mi feci forza e presi l'iniziativa. Stavamo nel ballatoio del suo condominio, c'era uno sgabuzzino poco confortevole, ma al riparo da occhi indiscreti.
Lui amava incularmi nei posti più disparati. Soprattutto se ero disteso a faccia in giù sull'erba o sul pavimento. Ma questo l'ho capito dopo.
L'ambiente era strettissimo e per la prima volta lo sentii appiccicato sopra di me. Le gambe che premevano sulle mie, il bacino attaccato ai glutei, mi eccitai e dissi sottovoce:
- Mi vieni fuori? -
Non rispose, credo che annuì, però. Anche se mi sembrava una cazzata, come potevo vedere il suo gesto se ero voltato di spalle?
Ma forse aveva grugnito. Mi accontentò per la prima e ultima volta.
Prima di sborrare uscì e mi appoggiò la cappella sulla natica destra.
Quando venne sentii lo sperma che si spandeva sul gluteo.
Appena terminò subito mi alzai gli slip, volevo conservare quel liquido umido il più a lungo possibile. Si seccò subito, però.
Altra piccola delusione, ma non fu colpa sua.
Quello che rimase immutato fu che io continuavo a non avere desideri sessuali, non mi ero mai masturbato e non intendevo farlo, mentre lui continuava a sfruttare qualsiasi occasione.
Se eravamo soli e in luoghi isolati non perdeva l'occasione per trastullarsi col mio culo.
Io ero entrato nell'ordine di idee che ero il suo strumento di piacere e non potevo negarmi, né chiedere di più. Mi scopriva il culo me lo metteva dentro e dopo pochi minuti di avanti e indietro mi riempiva di sborra. Mai una parola né un gesto affettuoso. Prendere o lasciare.
E io continuavo a prendere, anzi a prenderlo.
La cosa peggiore accadde quando lo rifacemmo nello sgabuzzino del suo condominio. Sarà perché si ricordava che in quell'ambiente gli avevo chiesto qualcosa un'unica volta o perché era cattivo, ma mi prese in maniera diversa. All'inizio seguì il solito schema e dopo avermelo messo nel culo si mosse come al solito, poi cominciò a dare colpi sempre più forti. Alla terza o quarta staffilata gli dissi che mi stava facendo male. Non sentivo dolore, al contrario, stavo godendo da pazzi, ma credevo di inorgoglirlo. Forse mi avrebbe parlato questa volta, mi avrebbe detto qualcosa di carino o di osceno. Per me era indifferente, purché parlasse.
Ma lui niente, anzi tornava indietro lento e poi un'altra spinta tremenda. Il mio culo dovette sopportare una decina di colpi violenti tutti in sequenza prima di essere lenito dalla sua sborra.
Meno male che sono anche masochista, pensai. In realtà ho solo un'altissima sopportazione al dolore. La natura però segue il suo corso, quando tornai a casa le mutandine erano piene di sangue.
Mi aveva sverginato, poco male, prima o poi doveva accadere.
Era stronzo, ma non immaginavo quanto, fino a una sera quando accadde qualcosa di inimmaginabile anche per una persona piena di fantasia qual ero.
Andammo a fumare nel piazzale della scuola elementare. C'era una siepe piena di arbusti che coprivano la visuale. Quindi anche se qualcuno si fosse intrufolato, come noi, non ci poteva vedere.
Ma di sera chi entra da una porticina laterale della palestra di una scuola? A parte i ragazzacci che vanno ad assaporare il gusto del proibito. E noi due anche se diciottenne io, un anno in più lui, sembravamo ancora due ragazzi. Io di più, con i pochi peli che avevo sul volto sembravo un adolescente. Uno dei tanti vantaggi dell'essere poco virile.
Naturale che prima della cicca Maurizio avesse una voglia più pressante. Lo sapevo bene e non mi meravigliò quando iniziò il solito rituale. Non era la prima volta che assaporavo il profumo di quell'erba mista a terriccio.

Piero interruppe il racconto.
- Che te ne pare? -
- Piero, ma stai scrivendo un racconto erotico e desideri il mio parere? -
- Carmela, non è un'opera di fantasia. È vita vissuta. Ti sei eccitata? -
- Troppo, pur non essendo interessata ai rapporti tra maschi...sarà stata la tua voce...e tu? Sei eccitato? -
Si sbottonò i pantaloni e mi offrì la visione del suo cazzo duro. Mi chiese di verificare. Allungai la mano e lo afferrai per la base.
Iniziai a girare la mano da destra verso sinistra, poi all'incontrario.
Poi diedi uno strattone, lo avvicinai a me tenendolo per il cazzo.
- Mmm, Carmela, Carmela. Mi hai provocato - .
Fu veloce, mi tolse le mutandine e iniziò a baciarmi sulla pancia. Poi si distese al mio fianco, ma con la testa verso il basso.
Mentre col cazzo mi strusciava la parte esterna del seno percorse con le labbra tutto il ventre, si trattene sul pube e infilò la testa tra le gambe.
Mi stava leccando, non riuscivo a comprendere dove tanto era veloce. Passava dal clitoride al buco del culo in un istante, leccava ovunque.
Mi uscivano degli oh di piacere misti a stupore, poi venni. Pensavo si fermasse, non lo conoscevo ancora.
Si alzò e si posizionò di fronte a me:
- Quando hai usato il mio cazzo come maniglia mi hai sfidato - .
Mise la testa tra le mie gambe e infilò la lingua nella fica. Fu una vera penetrazione per quanto entrò, poi iniziò a muoverla.
Persi il controllo.
Gli oh si moltiplicarono. Nella mia mente c'era solo un'immagine:
Una scopa volante, io seduta sul manico che cingevo il ventre di Piero e il vento che faceva svolazzare i miei capelli.
La stanza girava forte, come la sua lingua nella mia fica.
Urlai, di piacere, soddisfazione, gioia, libidine.
Avevo provato un orgasmo che mi aveva stremata.
Quando mi ripresi avevo voglia di scherzare, lo baciai e dissi:
- Se quando ti provoco mi punisci così... -
- Carmelina, è che io mi eccito solo se riesco a fantasticare, odio il sesso meccanico -
Mi aveva raccontato la sua gioventù, se erano fatti accaduti davvero molto intimi, però mi aveva eccitata, questo non lo potevo negare.
Interruppe i miei pensieri con una domanda:

- Carmela, tuo marito ti è mai venuto nel culo? -
Mi stava facendo arrapare di nuovo, ma risposi:
- Sì, molte volte - .
- Che differenza hai notato tra il sentire la sborra nella fica o nel culo? -
- Pierooo, guarda che se continui così ti violento. Vabbè, dietro l'ho sentito di più. Ora dimmi tu, vuoi scoparmi? -
- Vorrei, ma non oggi, te lo metterò nella fica quando Piero capisce di essere anche attivo e si fa la prima donna della sua vita - .
- Allora continua il racconto, sono tutta orecchi - .
Riprese da dove si era interrotto.

- Mauro era venuto, una volta uscito sentii la sua mano che mi premeva la schiena, poi me lo rimise dentro.
Non l'aveva mai fatto, la cosa era sorprendente. Tra l'altro mi penetrò con scioltezza, il buco era lubrificato per l'amplesso appena concluso, più facile da infilare, dunque.
Il problema era un altro, però. Il cazzo era diverso. Era più grande. Mi riempiva di più. Quando sentii una mano sfiorarmi il fianco e due labbra avvicinarsi al collo capii.
Fu scioccante. Non era Maurizio. Avrei voluto scappare. Sottrarmi da quell'umiliazione. Non lo feci. Chiaro. Non sapevo e non so negarmi.
Ma quella volta non commisi un errore, al contrario.
Quell'uomo, a me sconosciuto, scopava meglio di quello stronzo di Maurizio. Mentre mi inculava mi accarezzava i fianchi, la cosa mi eccitò a dismisura. Poi si fermò. Uscì per un istante e mi accarezzò il culo.
Mi fece venire la pelle d'oca. Poi me lo rimise dentro, iniziò a dare colpi fortissimi, mi piaceva.
Si avvicinò al lobo e disse a voce normale: - Sei una bella ragazza e ti piace il cazzo. -
Poi mi sollevò cingendomi la pancia, mi penetrò a fondo e mi riempì il culo di sborra.
Ebbi un'erezione completa e appagante.
Ma siccome ogni bella cosa ha un termine non persi tempo, mi rivestii e scappai. Mi voltai solo per vederlo in volto, anche solo per un attimo. Non capii nulla, ebbi solo il tempo di notare che aveva i baffi. Cosa che detestavo.
Ogni volta che avevo un rapporto con Maurizio mi sentivo in colpa, quella sera fu peggio. Tornai a casa triste e pensieroso. Volevo riflettere sotto le coperte. Non cenai nemmeno. Corsi a coricarmi e iniziai a pensare.
Piero, mentre quello stronzo di Maurizio ti scopava c'era un altro che si godeva la scena. Si sarà arrapato talmente che lo ha tirato fuori come a dire all'amico fai presto che non ce la faccio più.
Quando quel verme ha fatto i cazzi suoi si è tolto ma, per sicurezza, ti ha messo la mano sulla schiena affinché rimanessi disteso.
Allora l'uomo senza volto e senza nome ha preso il posto dello stronzo e, in pochi secondi, un cazzo usciva e uno entrava.
Peccato che il culo fosse il tuo. Ma il peggio è che si erano accordati prima. Immagina quante volte hanno parlato di te. Maurizio gli avrà raccontato nei dettagli quanto tu sia docile, ricettivo, accondiscendente. Magari gli ha pure raccontato di quando gli hai chiesto di spalmarti lo sperma sulle chiappe.
Incredibile. Mi fidavo di quel cesso. Che pezzo di merda.
Ma perché più ci penso e più ricordo con piacere la seconda chiavata?
Perché se rivivo quei momenti sento uno strano prurito sulla cappella? Anzi dentro.
Non sapevo se fosse stata quella frase, le carezze o cosa. Di sicuro più pensavo al baffuto che mi possedeva e più mi eccitavo. Fu inevitabile mettere una mano nelle mutande e tirare fuori il mio cazzo.
Lo accarezzavo e pensavo a come mi fossi sentito pieno quella sera.
Lo stringevo e sentivo le carezze sui fianchi, il pizzicotto sulle natiche, la pancia sollevata e io che inarcandomi favorivo una penetrazione totale...
Venni.
Feci un disastro, avevo le gambe piene di sborra e avevo sporcato tutte le lenzuola.
Non potevo rimediare. Nonostante il timore di essere rimproverato da mia madre mi addormentai sereno e appagato.
Per colpa di uno stronzo ero stato sodomizzato, ma era altrettanto vero che grazie a lui avevo avuto un orgasmo.
Forse non ero una checca? Forse mi piaceva anche un ruolo attivo nel sesso? Il tempo mi avrebbe dato le risposte, intanto mi godevo il momento. E poi? Non lo avevi fantasticato spesso di fronte allo specchio?
Solo una cosa mi era chiara, Maurizio aveva chiuso con me.
Quella notte sognai. Per meglio dire, al risveglio ricordavo il sogno. Mi trovavo in un salone enorme ed ero seduto su un divano troppo grande per una sola persona. Di fronte a me una donna bella e prosperosa. Somigliava a un'attrice. La signora si sfilò le mutandine e ci avvolse un cornetto dentro.
Me lo aveva offerto con un sorriso lascivo. Riuscivo a vedere le sue cosce e mi si indurì. Non sapevo che fare, ovvio.
Entrò nella stanza un uomo coi baffi. Le si avvicinò sorridendo e le sollevò la gonna scoprendola. Potevo osservare la sua fica e i peli che la contornavano.
Mentre le accarezzava le ginocchia si voltò verso di me:
- Perdi tempo, lui è goloso di qualcosa che tu non hai. -
Tirò fuori il cazzo e la obbligò a fargli un pompino a cosce spalancate.
Mentre osservavo la scena, come spettatore di un film a luci rosse, ebbi una sorta di orgasmo. Una polluzione notturna. Tra il sonno e la veglia pensai di aver combinato un altro guaio. La mattina dopo mia madre sarebbe rimasta scioccata nel vedere quello scempio.
Non fu così, per lo meno non ne fece menzione. Meglio.
Nei giorni a seguire cercai di non pensare troppo alla mia condizione. Ero perplesso, tormentato dall'incapacità di capire se fossi attratto anche dalle donne o meno Mi distraevo coltivando le mie due passioni: la musica e la lettura di romanzi gialli.
Oddio, il pensiero andava spesso a quella compagna di scuola che mi rivolgeva sorrisi invitanti, lo scacciavo imponendomi di ricordare l'uomo con i baffi.
Ovvio che più del suo aspetto fisico ricordavo altro. Ripercorrevo i momenti della penetrazione e mi eccitavo. Avrei voluto riviverla.
Stava emergendo la mia vera natura, nel sesso amavo le situazioni al limite della depravazione.
Era passato quasi un mese dalla sera nel prato delle elementari e l'unica cosa sicura consisteva nel fatto che mi fossi liberato di Maurizio.
Uscivo poco, preferivo stare in casa a riflettere, ma un pomeriggio decisi di fare una passeggiata, era una bella giornata di sole e ne approfittai per andare in edicola a comprare una rivista musicale.
Al ritorno verso casa ebbi l'impressione di essere seguito. Che sciocchezza, pensai. Leggi troppi gialli. In realtà avevo una macchina dietro di me che procedeva a passo d'uomo.
Si fermò all'altezza del marciapiede che stavo percorrendo e dall'interno sentii una voce:
- Ciao, Piero. -
Era lui, non sapevo che dire. Ero imbarazzato.
- Sali. Ti do un passaggio. -
Avrei voluto rispondere che non ce n'era bisogno. Che la mia destinazione non era poi così lontana. Non lo feci, mi limitai ad accettare l'invito e salii.
- Piero, io sono Roberto, l'altra volta non ci siamo presentati. -
- Infatti. -
Non aggiunsi altro, sarebbe stato banale fargli notare la difficoltà nell'essere educati in certe situazioni.
Io ero imbarazzato, lui no. Chiaro, pensai. Io sono pieno di vergogna, lui invece...
- Ti va di fare un giro o vuoi che ti accompagni a casa? -
- Quella sera non sei stato così accomodante, non mi hai chiesto se volessi o meno. -
- Hai ragione Piero. Però se mi ascolti, posso spiegare. -
- Va bene Roberto, andiamo. -
In realtà non volevo spiegazioni. Da quando ero salito in macchina avevo avvertito un'atmosfera particolare. Mi sentivo a mio agio. Vivevo con piacere la condizione di stare seduto al fianco di un ragazzo maturo e con i baffi, che un mese prima mi aveva non dico violentato, ma quasi. La cosa mi riscaldava. Lui guidava e io pensavo. Un mese fa me lo ha messo nel culo e adesso mi sta portando a spasso. Che intenzioni avrà? Si fermerà in un posto appartato e mi dirà senza troppi fronzoli abbassati i pantaloni che devo incularti di nuovo?
O vorrà un pompino? Come nel sogno.
Mentre pensavo gli osservavo i baffi.
- Non ti piacciono? -
- Al contrario. Solo che ti fanno sembrare più vecchio. -
Fermò l'auto. Eravamo in una strada di campagna. Non c'era nessuno.
- Pensavo che mi avresti portato allo stadio - mi scappò, non era da me. Al campo sportivo ci andavano le coppiette per fare l'amore, quindi era come se gli avessi rivolto un invito.
Non disse nulla. Si limitò ad avvicinarsi e mi baciò. Era un bacio vero. Sentivo la sua lingua contro la mia. Non so quanto fu lungo, ma sentii una sensazione nuova. Mi era piaciuto.
- Piero, diciamo che abbiamo iniziato dalla fine. Il rapporto completo non può essere l'inizio, ma c'è una spiegazione. Maurizio, mio cugino, mi aveva raccontato di te. Quella sera sono venuto per pura curiosità, sapevo che eravate lì, me lo aveva detto lui. Non volevo fare niente, solo assistere. Ma vedere il tuo culo liscio, candido, tondo... mi è venuto duro. Non ce l'ho fatta a resistere. Quando te l'ho messo dentro è stato bellissimo. Sei sensuale. Più ti chiavavo e più mi si ingrossava. A me è piaciuto e a te? -
- Roberto, quando ho capito che non era Mauro non mi ha fatto piacere. Sai, se me lo aveste chiesto avrei anche accettato, io non so dire di no - .
- Ma dopo? -
- Non lo so, diciamo che scopi bene. Stringermi i fianchi, accarezzarmi il culo, l'ho gradito - .
Si stava creando un'atmosfera che ci coinvolgeva. Era piacevole discutere di erotismo.
- Piero, me lo stai facendo indurire di nuovo - disse Roberto mentre si sbottonava. Liberò il cazzo e me lo mostrò in tutta la sua erezione. Mi prese la mano destra e, con voce roca:
- Senti quanto è duro. Stringilo. -
Ubbidii. Come al solito. Ricordando la prima volta che avevo avuto la mano attorno a un cazzo duro pensai: “questa volta non ci sono guardoni.”
- Che devo fare? -
- Niente, Piero, volevo solo farti sentire quanto sono arrapato. -
- Pensavo volessi una sega - dissi un po' deluso.
- Ogni cosa a suo tempo - replicò - adesso ti accompagno a casa - .
Durante il breve tragitto non parlammo. Quando giungemmo davanti al cancello della mia villetta scesi e lo salutai.
- Ciao Robe', io abito qua, puoi venire quando vuoi. Sono sempre solo in casa - .
- Va bene - rispose - ci vediamo presto, Piera. -
Mi aveva appellato al femminile. Normale. Mi ha pure baciato.
Entrai in casa e mi spogliai. Ero nudo, mi avvicinai sculettando allo specchio della stanza da letto dei miei. Mi girai e cominciai a osservare il mio culo.
Mentre lo accarezzavo iniziai a parlare.
- Piera, che culo sodo che hai. Liscio, tondo e pronto a ricevere un bel cazzo duro. Quello di Roberto. Che bello quando glielo hai preso in mano! -
Preso dall'entusiasmo infilai un dito nel taglio delle natiche. Poi avvicinai il pollice al buco e... sentii che il cazzo cresceva.
Mi fermai. Non volevo venire. Non da solo. Desideravo un orgasmo. Ma dovevo essere in compagnia.
Ritornai a essere Piero e mi misi a guardare la tele. Poi mi venne in mente che avrei dovuto studiare, ma accantonai l'idea per due buoni motivi. Il primo era che non mi sarei concentrato abbastanza perché distratto da Roberto, il secondo consisteva nel fatto che me ne fregavo, tanto sarei stato promosso comunque data l'importanza dei miei genitori. Tra l'altro, anche se non mi fossi laureato, la loro farmacia l'avrei comunque ereditata io.
Ma il mio problema era un altro. Rifiutavo la socialità. La mia timidezza, le mie insicurezze, facevano sì che evitassi di frequentare le persone. Eppure conoscevo tanti ragazzi (e ragazze) che mi dimostravano simpatia. Forse rifiutavo il confronto, non mi sentivo all'altezza e per questo mi rifugiavo nella tranquillità della mia casa? O nei disegni della mia fantasia? Soprattutto quelli a sfondo sessuale.
Tant'è, ritenevo inutile rifletterci sopra. La mia esistenza era piena di domande senza risposte. Anche perché mi ostinavo a non comprendere l'inutilità di rivolgersi all'interlocutore sbagliato.
Non ero io che potevo darmi delle dritte. Lo avrei compreso con l'esperienza.
Per il momento attendevo gli eventi. In particolare a cosa mi riservasse Roberto. Volevo rivederlo, non me ne rendevo conto, ma pensavo sempre a lui.
Mi ero innamorato? Altra domanda senza risposta. Solo un fatto mi era chiaro, avevamo parlato solo di sesso e non mi era apparso sgradevole, né volgare.
Insomma, secondo il senso comune dire a un maschio, sia pure di tendenza omosessuale, più ti chiavavo e più mi si ingrossava... sei sensuale, potrebbe risultare poco opportuno, soprattutto se il rapporto non è stato consenziente. Eppure al solo pensiero mi sentivo irradiato da un calore interno che mi arrivava nelle viscere.
Molto simile a quello che avevo provato quando Roberto mi aveva baciato (baciata?).
Lasciai passare il tempo senza troppa apprensione, sapevo che molto presto avrei ricevuto una sua visita.
L'attesa terminò dopo due settimane. Alle quattro del pomeriggio di un mercoledì noioso squillò il citofono, mi venne il batticuore. Era lui, i quindici giorni svanirono.
- Roberto, che piacere vederti - esordii felice.
- Il piacere è tutto mio, come sempre Piero. E sai cosa intendo dire. -
- No, caro, non ci arrivo. -
- Mmmh, lo sai bene, non fingere, sai a quale piacere mi riferisco. -
Si avvicinò e mi baciò. Poi mi portò sul divano, si sedette al mio fianco e mi abbracciò. Mi baciò di nuovo, con più vigore. I baffi mi irritavano la pelle, ma non me ne fregava.
- Piera, ti vuoi fidanzare con me? -
Rimasi stupito e risposi d'impulso:
- Non lo siamo già? -
- Non ancora, ricorda, stiamo seguendo il percorso inverso. Oggi mi sono dichiarato. Allora, vuoi metterti con me? -
- Sì, Roberto. Lo sai bene. -
- Parlami un po' di te Piero, com'è il rapporto coi tuoi? -
Gli raccontai che il dottor Filippo Zanotti e la dottoressa Emanuela Santucci erano due brave persone, troppo dedite al loro lavoro di farmacisti e poco presenti nella vita del loro unico pargolo. Gli dissi che avevo uno zio prete, fratello di mio nonno materno, don Angelo Santucci, che era stato molto più incisivo di mia madre nella mia formazione, di fatto ero cresciuto nella sua casa di Valle, dove aveva la parrocchia, nella quale viveva anche la perpetua, Lina.
Dopo mezz'ora di racconto mi chiese all'improvviso: - Quando hai capito di preferire il cazzo alla fica? -
- Abbastanza presto, ero poco più di un bambino. -
Gli descrissi il mio giocare con la biglia di vetro.
- Ma non era la piccola, giusto? -
- No, era la grande. -
- Lo fai ancora Piera? Giochi ancora con il tuo culo? -
- No. -
Era una mezza bugia, lo feci perché volevo che il discorso prendesse un'altra strada. Desideravo che mi portasse a dire che preferivo un altro tipo di contatto, il vetro andava bene da ragazzo, oggi preferivo qualcosa di vivo. Che lui aveva in mezzo alle gambe.
Non accadde:
- Adesso devo andare, ci vediamo domani alle sei, ti vengo a prendere e ci facciamo una passeggiata in macchina. -
Rimasi deluso, mi aspettavo altro da lui, ma non dissi nulla. Come mia abitudine accettavo sempre le decisioni altrui, però a differenza delle altre volte tentai una piccola reazione.
- Sono sincero, credevo che mi avresti chiesto qualcosa. -
- Tipo? -
- Non so, non ti è venuto duro? Non hai voglia di me? -
- Sì Piera, voglio fare l'amore con te, ma non qui. Non mi sentirei a mio agio, qualcuno potrebbe rientrare. -
- Non ci avevo pensato. Hai ragione. -
- Però c'è una novità, ti sei fatto avanti, hai preso l'iniziativa - mi fece notare - fatto importante, soprattutto per Piero - .
- Non capisco. -
- Comprenderai a tempo debito. -
Si alzò e andò verso la porta d'ingresso.
- Ci vediamo domani sera, ciao Piero - .
- A domani, Roberto - .
Il mattino seguente si presentò puntuale, poi lasciò spazio al pomeriggio, come era giusto che fosse.
Alle sei aspettavo sul marciapiede che costeggia la mia casa, dopo pochi minuti vidi la macchina di Roberto che spuntava all'orizzonte.
Salii a bordo e, senza nemmeno salutare, esclamai:
- Dove mi porti? -
- Allo stadio, ovvio. Dove le coppiette vanno a scopare. -
- Mmmh. -
- Sei eccitata? -
- Sì, molto. -
- Allora prendimelo in bocca mentre guido. -
- Dici sul serio? -
- Non scherzo mai in certi frangenti. -
- Roberto, potrei non essere pronto. -
- Non ti preoccupare, siamo quasi arrivati. -
Quando arrivammo allo stadio Roberto parcheggiò nell'ampio piazzale e spense il motore. Si avvicinò e mi passò l'indice all'incontrario sullo zigomo, dal basso in alto, poi mi baciò a lungo.
Mi distese con grazia e cominciò ad accarezzarmi sui fianchi. Sollevò la maglietta e mi mordicchiò un capezzolo. Poi salì verso il collo e lo sfiorò con le labbra.
Quando mi disse di togliermi i jeans sentii una scossa elettrica, il tono mi apparve meraviglioso.
Lo feci e lui mi tolse le mutandine. Ero nudo, pronto e disponibile per soddisfare le sue voglie, che erano anche le mie.
Roberto continuava a percorrere con le labbra tutto il mio corpo, quando mi sfiorava la pancia sussultavo.
Quando ebbi un fremito capì che era giunto il momento.
Slacciò la cinta, liberò il primo bottone e abbassò i pantaloni.
Mi girò ed entrò con delicatezza, iniziò a muoversi con ritmo regolare.
Il suo cazzo andava avanti e indietro nel mio culo e, io gemevo. Dopo qualche minuto mi fece salire con il sedere più in alto.
Non era uscito, si era fermato un attimo e mi aveva fatto cambiare posizione per penetrarmi ancora più a fondo. Aumentò la forza delle spinte, lo sentii tutto dentro e provai un godimento maggiore. Anche perché sentivo il suo ventre sulla schiena.
- Mi sta venendo duro - dissi.
Si fermò e lo sfilò. Mi inculò di nuovo, lo fece entrare tutto e cominciò a colpire con forza.
- Mi piace - ansimai - Così mi piace - .
- Anche a me, Piera - .
Poi si placò, mi accarezzò il culo con entrambe le mani e, senza fermarsi, chiese:
- Dove vuoi la sborra? -
Si avvicinò al mio orecchio sinistro e, intensificando il movimento, bisbigliò:
- Vuoi essere spruzzata sulle chiappe? O qui? -
E mi morse il lobo.
Palpitando di piacere smisi di esitare.
- Riempimi il culo. -
Mi accontentò.
Lo guardai ricomporsi e abbassare il vetro del suo sportello.
- Dopo tendo a sudare. Ho bisogno d'aria fresca. -
- Tranquillo. Ho una curiosità, ma tu vieni a comando? -
- Sì, Piera. -
- Ti è piaciuto Robe'? -
- Credo che tu lo sappia bene, perché questa domanda? -
- Perché non ho capito bene cosa volessi dirmi ieri quando hai detto che la mia intraprendenza poteva essere utile a Piero. -
- Intendevo che oggi sei la mia amante, ma domani potresti voler provare a essere il partner di una donna. Per poterlo fare devi essere sicuro di te. Questo volevo dire. -
- Credi che io sia portato per questo ruolo? -
- Piero non è questione di credere, sei tu che devi capire se ti piacciono “anche” le donne. Io ti posso accompagnare nel percorso, ma tocca a te stabilire se provi o no interesse per il gentil sesso. -
- E come faccio a capirlo? -
- Semplice, se ti si rizza quando vedi una tetta o un culo femminile o, soprattutto, i peli della fica, allora ti piacciono. -
- Vedremo, per il momento mi accontento di te. -
Mentre parlavo non potevo evitare di distogliere lo sguardo dalle sue gambe pelose. Se ne accorse.
- Stai cercando di capire se sono pronto per un'altra cavalcata? -
Il Piero timido avrebbe taciuto, quello attuale, più intraprendente, mi invogliò a rispondere:
- Non mi dispiacerebbe essere riempito un'altra volta. -
- Allora girati e abbassa le mutandine, portale all'altezza delle ginocchia e lasciale così. -
- Perché? -
- Vederle in quella posizione mi provoca, se ti devo inchiappettare di nuovo deve essere duro. -
Eseguii l'ordine, mi divertiva.
- Bene, Piera. Molto bene, adesso sporgi le natiche indietro. -
Lo feci.
- Brava, docile e servizievole. Una perfetta troia. -
Mi baciò su un gluteo e continuò a parlare.
- Golosa di cazzo, ma non al punto giusto. Prima o poi te lo metterò in bocca. -
- Adesso cara Piera ti accontento e te lo metto nel culo, sei pronta? -
- Vaiiiii. -
Mi inculò con violenza e dopo tre spinte si fermò.
- Ti posso pisciare nel culo? -
Annuii.
Mi inondò e mentre orinava mi spiegò.
- La sborra non sarebbe stata sufficiente. Per come eri fremente ti potevo soddisfare solo allagandoti. È come un clistere. Calda vero? -
Annuii ancora.
- Ha un effetto lassativo, ma ce la farai a tornare a casa. -
Finì la minzione e lo tirò fuori. Ce l'aveva talmente duro che mi fece male. Di norma dovrebbe essere il contrario.
Mi accompagnò a casa.
Prima di addormentarmi pensai a lungo a ciò che era accaduto. Conclusi che dovevo cercare di capire cosa fare da grande in relazione al sesso, ma che per il momento, il mio attaccamento verso Roberto era in aumento costante. Mi piaceva il suo atteggiamento, ammiravo la sua fantasia e adoravo il suo modo di fare l'amore, anche se mi faceva la pipì nel culo. Avrei accettato qualsiasi sua richiesta.
La mia vita si trascinava monotona, senza grossi scossoni direi, tra scuola e casa. Il tempo passava e io aspettavo solo il giorno in cui Roberto si rifacesse vivo. Non sapevo dove abitava, che lavoro facesse e dove mi avrebbe portato la nostra relazione.
Ero insicuro e temevo che potesse sparire all'improvviso dalla mia vita.
Non andò come prevedevo perché un altro noioso mercoledì pomeriggio di qualche settimana dopo lui tornò a bussare alla porta di casa Zanotti.
Lo accolsi con la mia solita gioia.
- Roberto, che bello vederti. -
Lo abbracciai, dopo aver chiuso il portone d'ingresso e lo baciai.
Quando staccai le labbra dalle sue mi rispose.
- Ciao Piero, grazie per l'accoglienza. Tutto bene? -
- Ovvio. -
- Mettiamoci comodi e facciamo due chiacchiere, ti va? -
- Roberto, a me va sempre bene quello che desideri tu. -
Sapevo che avremmo parlato di sesso e, in particolare, del nostro ultimo incontro e fu quello che accadde per un'ora buona.
Man mano che ripercorrevamo la serata allo stadio mi rendevo conto che la temperatura saliva. Allora mi avventurai in un'impresa per me ardua.
- Roberto, quante donne e quanti maschi hai avuto? -
- Piera, Piera. La curiosità uccise il gatto. Comunque sei il primo, con le donne tante avventure, ma niente di serio. Cosa vuoi sapere in particolare? -
- Vorrei sapere quale scopata ti ricordi con più piacere. -
“Mi raccontò che aveva conosciuto una ragazza molto presuntuosa e prepotente, Teresa (ma credo abbia usato un nome di fantasia), che aveva conquistato con pazienza al fine di punire la sua arroganza.
Era bella da togliere il fiato e lei ne era consapevole. Tutti le sbavavano dietro, tranne lui.
Prima la affascinò con il suo modo di fare e poi la catturò dopo il loro primo amplesso quando la sorprese con la sua capacità di venire quando voleva.
Una volta che Teresa pendeva dalle sue labbra e, soprattutto, dal suo cazzo le dimostrò che l'essere presuntosi non paga.
Lei, al massimo dell'eccitazione, lo aspettava con le gambe spalancate. Le disse di prenderlo in mano e metterselo dentro. Teresa esitava, le fece capire che se non lo avesse fatto lui avrebbe rinunciato, allora la ragazza si arrese e gli afferrò il cazzo con un misto di rabbia e libidine e lo avvicinò alla fica, aspettando che lui la penetrasse.
Le chiarì la differenza tra metterselo dentro e avvicinarlo al buco, vinse la sua resistenza.
La ricompensò ma non smise di stuzzicarla, la fece godere per poi domandarle, ogni volta, quanto le fosse piaciuto metterselo nella fica da sola.
Le risposte furono sempre no accompagnati da sospiri di piacere. Il no secco lei lo pronunciò solo all'ultimo orgasmo, quando dopo un convinto hai un cazzo che mi fa impazzire sentì la replica: pure quando lo prendi in mano?
- Perché ti sei comportato così, Rò? -
- Lei, consapevole della sua bellezza, era abituata ad avere tutti ai suoi piedi e si comportava in maniera sbagliata. Come quelle persone dotate di forza fisica la usano per commettere soprusi. Le ho dato una lezione che non so quanto le sia servita. Temo poco o nulla, ma non mi interessa. -
- Roberto, mi hai fatto venire voglia. -
- Di cosa? -
- Di te. -
- Non qui, lo sai. Se vuoi andiamo al campo sportivo. -
- Ve bene. Dammi solo un secondo. -
Corsi nella camera da letto dei miei e cambiai le mutandine. Indossai quelle di mia madre. Molto eleganti e raffinate. Uscii dalla stanza con i pantaloni appoggiati sull'avambraccio e ritornai nel salone.
- Ro', mi aiuti a infilare i jeans? -
Lessi la sorpresa nei suoi occhi, non si aspettava di vedermi con le mutandine da donna.
Gli misi una mano in mezzo alle gambe.
Mi infilò una mano sotto l'elastico e iniziò ad accarezzarmi il culo.
Lo presi per mano con l'intenzione di portarlo nella stanza da letto principale, ma lui volle andare nella mia, molto più lontana dall'ingresso.
Io andavo avanti e sculettavo, avevo anche le mutandine abbassate a metà, erano una taglia in più della mia quindi tendevano a scendere.
Suppongo che la vista dovette piacergli.
Quando entrammo nella stanza gli misi le mani sui fianchi, poi cominciai ad abbassare la zip dei suoi pantaloni.
Infilai la mano sotto i boxer e tirai fuori il suo cazzo già pronto per l'uso.
Mi lasciò fare, glielo presi in bocca e lo sentii aumentare tra le mie labbra. Non avendo mai fatto un pompino mi fermai a metà e aspettai che mi dicesse cosa fare.
Mi prese la testa con entrambe le mani e mi distese sul lettino.
Mi tolse le mutandine, ma non mi mise a pancia sotto.
- Adesso ti prenderò come si fa con una donna, allarga le gambe Piera. -
Iniziò a baciarmi con una forza mai usata prima, poi si mise a giocare col buchetto sfiorandolo con l'indice, mi appoggiò il cazzo sulla pancia e mentre mi baciava con un'intensità sempre più forte mi infilò il dito nel culo.
- Te lo sto lubrificando, così ti inculerò meglio. -
Dopo quell'operazione ritrasse il dito e mi prese per i fianchi, mi sollevò un poco e mi penetrò, proprio come si fa con una donna.
Mi fissava negli occhi e si muoveva dentro di me con la solita dolcezza. Poi andò all'indietro fino a uscire quasi, solo la punta era dentro, mi mise le mani sotto la schiena e mi sollevò. Spinse di nuovo in avanti, ma affondò il colpo al punto da farmi mancare il respiro. Dopo un paio di spinte vigorose uscì e, col cazzo in bella vista, mi disse:
- Adesso ti vengo sulla pancia. -
Lo appoggiò sul bacino e il primo spruzzo raggiunse il petto, la maggior parte si depositò sull'ombelico. Il poco che gli era rimasto sulla cappella lo asciugò sui miei peli pubici.
Poi prese le mutandine di raso di mia madre e le usò come uno straccetto, mi ripulì ma poi me le passò sulle labbra e sul naso, premendo forte con la parte più bagnata.
Non me l'aspettavo, fu un gesto sprezzante, ma non protestai. Da lui avrei accettato qualsiasi cosa, per quanto perversa o lasciva.
Dopo l'amplesso andammo nel salone, ci accendemmo una sigaretta e, dopo la prima boccata, gli chiesi:
- Perché mi hai passato la mutandina piena di sborra sulla bocca? In quel modo poi. -
- Per punirti, Piera. Mi hai provocato, ho reagito - .
- Non ti piace proprio farlo in casa mia, vero? -
- No, ma non perché abbia timore di essere scoperto dai tuoi, mi preoccupo per te, piuttosto - .
- Ok, ho compreso il messaggio, scusa. Però ti è piaciuto, credo - .
- A te? Piera preferisce essere presa a pancia sotto o come una donna vera? -
- In tutta onestà non ho preferenze, se sei tu a scoparmi, ovvio. Ma se devo scegliere preferisco a pancia sotto. Mi stuzzica l'idea avere il culo in mostra. Lo sai qual è la fantasia più frequente che ho? -
- Dimmela Piera - .
- Io che vengo chiuso in rettangolo vetrato, bendato e legato ma con le natiche scoperte. Poi mi mettono nel corridoio di un centro commerciale dove chiunque passi mi può inculare, se solo lo vuole - .
- Accidenti, adesso capisco perché tu non abbia detto niente quando hai capito di avere nel culo un cazzo inaspettato e diverso dal solito. -
- Infatti, era la mia fantasia che prendeva forma, però tu non sei rimasto sconosciuto, caro il mio Roberto - .
- Meglio così, a proposito, ti ha fatto schifo sentire lo sperma nella bocca e nel naso? - .
- No, anche perché era qualcosa di tuo - .
- Che maialina viziosa sei - .
Poi si alzò e se ne andò, lasciandomi col solito dubbio. Mi vuole bene? Prima o poi si stancherà di me?
Ma la cosa più grave consisteva nel fatto che lo conoscessi poco o nulla. Sapevo tanto di lui ma solo a livello sessuale. La cosa non mi dispiaceva troppo, però.
Mi divertiva che mi chiamasse Piera solo in certi frangenti, mi appagava quando mi scopava, avevo sempre la percezione fisica del suo cazzo che faceva avanti e dietro nel mio bel culetto, mi mancava solo l'orgasmo. Non sapevo come fare. Glielo dovevo chiedere prima o poi.
Il dottor Zanotti si concesse un'altra pausa.
- Piero non ci credo, non può essere un racconto reale - .
- Perché? Cosa ci vedi di inventato? -
- Nulla, tranne te, come è possibile che tu poi sia diventato il Piero che ho conosciuto io? -
- Se hai pazienza capirai, non manca molto alla fine. Ti va di mangiare insieme? Qui? -
- Certo, dimmi solo una cosa: dove mi vuoi portare con questo racconto? -
- Carmela, la domanda più consona sarebbe dove tu porterai me. Dobbiamo aspettare, vivere gli sviluppi della nostra storia appena iniziata. Le risposte le avremo, non dubitare - .
Piero riprese a raccontare, io ad ascoltare rapita. Catturata dalla sua voce profonda e dall'atmosfera che si era venuta a creare.
Mi piaceva ascoltarlo ed eccitarmi a sentire quelle descrizioni sul sesso.
Mi sembrava di stare seguendo un film hard. Perché le scene le vedevo.

Per distrarmi accesi il televisore, il caso volle che stavano trasmettendo un film di guerra ma io beccai l'unica scena spinta.
Un soldato va a trovare la fidanzata, lei, sola in casa, si stende sul letto e si solleva la gonna scoprendo il pube.
Non indossava intimo, vidi quel triangolo nero che tanto attrae. Non solo i maschi. La visione delle cosce in carne fece il resto, mi venne duro. Tolsi i pantaloni e gli slip. Strinsi il mio cazzo alla base e notai una notevole tonicità, molto simile a quella di Roberto.
La mia fantasia mi venne in aiuto. Andai in cucina e presi una banana, la osservai con voluttà, tagliai la buccia solo alla punta.
L'avevo resa simile a un cazzo giallo con la cappella bianca.
Mi avvicinai allo specchio e mi voltai per osservarmi il culo. Mi venne ancora più duro. Avvicinai la punta della banana al buco ed esercitai una leggera pressione dal basso, poi roteai finché il frutto non si sciogliesse.
Pensavo a Roberto quando mi infilai nel culo quel cazzo senza cappella. Con la sinistra mi penetravo e con la destra mi masturbavo.
- Sì, Rò. Mettimelo tutto dentro - urlai a me stesso.
Ci misi poco, quando capii che stavo per venire lo alzai e spruzzai tutti gli anni di attesa sopra al vetro, imbiancandolo.
Quando tornai in me mi adoperai per ripulire tutto per bene. Lo feci fischiettando felice. Avevo provato il primo orgasmo vero della mia vita. Dovevo solo cercare di capire se ero in grado di farmi una donna, o almeno di provarci.
In questo avrei chiesto consiglio al mio ragazzo, quando si sarebbe ricordato di avere voglia di chiavarmi.
Credevo di dover aspettare qualche settimana ma mi sorprese perché si presentò il giorno dopo. Non entrò in casa, però, al citofono mi disse di scendere e raggiungerlo in strada.
Volai fuori e mi fiondai nella sua auto.
- Che bella sorpresa Robè - .
- Avevo voglia di vederti, ieri non sono rimasto soddisfatto. Ti desidero - .
- Non credo alle mie orecchie, Piera è lusingata - .
Gli misi una mano in mezzo alle gambe e abbassai la cerniera dei pantaloni.
L'intenzione era di prenderlo in bocca ma mi fermò.
- Lascia stare, un bel pompino me lo farai quando e dove deciderò io - .
- Promesso? -
- Ti ho mai mentita? -
- Mmm, direi di no - .
- Ti ho mai presa per il culo? -
- MMMMMMM, dico proprio di sì - .
- Con tuo grande piacere - .
- Porco - .
- Maiala, ma dolce e carina - .
- Hai qualche altra fantasia da raccontarmi mentre guido in direzione zona per arrapati? -
- Non so, mi piacerebbe essere legato a un albero e avere una fila di taglialegna in attesa, almeno quattro diciamo. Giusto per vedere che differenza c'è tra loro, non dimenticare che io ho provato solo un cazzo oltre al tuo - .
- Il mio come ti è sembrato? -
- Tu scopi molto meglio di Mauro, non è questione solo di grandezza, perché il tuo mi riempie di più soprattutto per come lo usi. Apprezzo le tue carezze, inoltre - .
- Mio cugino non ti accarezzava mai? -
- Mai. Te lo assicuro Rò. Questo mi dava fastidio, era come se si stesse facendo una bambola di plastica. Ma di te quello che apprezzo di più è come ti muovi dentro di me - .
- Ossia? -
- Mantieni il ritmo e vai in fondo al momento giusto, sembra quasi che tu sappia quando voglio essere preso con dolcezza e quando preferisco i colpi più decisi - .
- C'è dell'altro che Piera desidera? -
- Sì, un'offesa ogni tanto non mi dispiacerebbe - .
- Fisica o verbale? -
- Come preferisci, tesoro mio - .
- Mi sto riscaldando troppo, meno male che siamo arrivati - proruppe Roberto mentre parcheggiava.
Il tempo di spegnere l'auto e mi ordinò perentorio:
- Abbassa lo schienale. -
Lo feci con un fare eccitato e servizievole.
- Girati - .
Ubbidii mugolando.
- Scopriti il culo - .
Mi calai i pantaloni.
- Ahhh, non hai messo gli slip - e mentre aggiungeva un - Ninfomane! -
Colpì le natiche con uno schiaffo fortissimo.
- Adesso sporgi il culo all'indietro più che puoi, che io libero il mio cazooka. -
Al rumore della cerniera che si abbassava mi voltai, vidi il suo cazzo che spuntava fuori come una molla liberata dal fermo.
Mi diede un altro schiaffo, sul gluteo.
- Non stai qua per guardare - .
Poi avvicinò il cazzo alle natiche lisce e bianche che lo aspettavano.
Entrò in me con facilità, mi sentii talmente pieno da pensare che non lo avesse mai avuto tanto grosso.
Roberto si muoveva con ritmo cadenzato, poi si posò su di me e cominciò a massaggiarmi il culo con tutte e due le mani, aumentava, all'unisono, la forza della frizione e il ritmo della penetrazione, mandandomi alle soglie dell'estasi sessuale.
Quando cominciò a sfiorarmi il collo con le labbra si fermò un istante, portò il ventre all'indietro e ricominciò ad andare avanti e dietro. Rinvigorì le spinte e io cacciai un gridolino di piacere.
- Hai un cazzo che sembra un tizzone ardente. Mi stai marchiando a fuoco - .
Lui mi accarezzò i fianchi, mi baciò la schiena e continuò a possedermi senza frenesia.
- Mi piace scoparti -
Mi sussurrò fermandosi, uscì da me per concedersi una breve pausa.
Appoggiò il cazzo, di lungo, sul taglio del sedere. Mentre la punta sfiorava la schiena iniziò a sfregare i testicoli sulle curve delle natiche.
- Adesso ti incula il secondo taglialegna, il primo ha finito - .
- Ma non sono legato a un albero - .
Rò non disse nulla, con un grugnito me lo rimise dentro e cominciò a spingere dal basso verso l'alto. Il secondo boscaiolo colpiva forte ed era rozzo.
- Sei uno schifosissimo ricchione. Io più di te, forse. Ma quello che lo prende nel culo sei tu -
- Robè, non ce la faccio più, voglio venire - .
- Sì, capisco. Ma ci dobbiamo prendere un rischio - .
- Cioè? -
- Dobbiamo scendere dalla macchina - .
Aprii lo sportello con la mano sinistra, lui mi liberò dal cazzo e io scesi senza preoccuparmi nemmeno di guardarmi intorno, non capivo nulla. Desideravo godere.
Roberto girò intorno all'auto con i pantaloni tirati su, vide che non c'era nessuno nei paraggi e mi fece mettere le mani sul tettuccio dell'auto. La portiera aperta copriva il lato destro, l'altro era scoperto ma non me ne importava nulla.
Mi prese la mano destra e l'accompagnò verso il mio cazzo.
Quando lo tenevo in mano ben stretto mi penetrò.
A ogni spinta muoveva la mia mano avvinghiata al membro da sopra a sotto, mi fece capire che dovevo andare all'unisono con lui.
Lasciò la mia mano e iniziò a colpire veloce. Dal basso verso l'alto.
Lui spingeva e io muovevo la mano, il mio cazzo si indurì al punto giusto finché sborrai. A terra. Non volevo sporcargli il sediolino.
Rientrammo veloci in macchina.
- Sei soddisfatto, Piero? -
- Molto, moltissimo - .
- Adesso tocca a me, non ti pare? -
- Quello che è giusto è giusto, Rò. Fai quello che vuoi - .
Mi girai e sollevai le anche. Credevo che volesse vedere il sedere sporgere, ma lui esercitò una lieve pressione sulla schiena e mi appiattì sul sedile.
Me lo mise dentro con dolcezza e iniziò a parlare.
- Ho avuto un'idea. Metteremo in pratica il tuo sogno nascosto - .
Più parlava, più ansimava.
- Ti legherò a un palo e metterò in fila tre o quattro maschioni arrapati. Li preferisci giovani o vecchi? -
- Più anziani possibile - risposi pensando a un gioco.
- Tu avrai una benda e loro una maschera, chi quella di Zorro, chi Batman, un altro, quello più cattivo e attizzato, quella di Michael Myers di Halloween - .
- Mmmmm, hai una fantasia più grande del tuo lanciasborra - .
Mentre veniva urlò:
- Riprenderò tutto!!! Faremo un fiiiiilmmmm - .
- Siiiiiiiiiii -
Con la mano destra afferrai il suo cazzo e lo tirai fuori prima che uscisse lui.
Cominciai a fare la stessa cosa che avevo fatto col mio.
Mi girai e mi posizionai a pancia in su. Mentre gli facevo la sega parlai io:
- Ce l'hai di nuovo duro. Che ne dici se ti faccio un pompino? -
Non disse nulla. Chi tace acconsente. Accostai le labbra alla cappella e la sfiorai. Poi aprii la bocca e la chiusi attorno alla punta, desideravo “osservarlo” ingrossarsi. Andai con la testa all'indietro e lo fissavo mentre aumentava di spessore
Sembrava un fiore che stava sbocciando, ma a velocità supersonica. Lo accarezzai con la guancia, sentii quanto fosse duro ed eretto e decisi di riempirmi la bocca. Ebbi l'impressione che non ci fosse lo spazio sufficiente. La spalancai il più possibile e incollai le labbra attorno al monumento del sesso.
Roberto mi prese il capo con delicatezza, mi liberò accarezzandomi il nasino e mi baciò. A lungo.
- Adesso ti verrò in bocca. -
Mi avvicinò le labbra alla punta del cazzo e disse:
- Improvvisa - .
Lo ripresi in bocca e incominciai ad andare su e giù. Quando arrivavo a metà ritornavo sopra. Lo facevo con la lentezza di chi non ha esperienza e teme di sbagliare, ma anche con piacere.
- Quando vuoi aumenta il ritmo -
Sorrisi, strinsi le labbra e accelerai.
Mi venne in bocca, sgranai gli occhi e feci un salto all'indietro. Non persi nemmeno una goccia di sperma, però. Poi deglutii, ma dalla reazione di Roberto avrò avuto qualcosa di strano nello sguardo.
- Che hai? -
- Non lo so bene. Sapevo che saresti venuto ma sono rimasto sconcertato. Troppe sensazioni insieme, ho sentito la bocca riempirsi a dismisura e all'improvviso, come se avessi subito il getto di un idrante. Il liquido non era caldo, né freddo. Manco tiepido. Avevo timore di ingoiare, pensavo fosse troppo. Poi l'ho buttato giù in un sorso e mi è sembrato qualche goccia. Insomma, non ho capito un cazzo. -
- Ma non è stato sgradevole - concluse lui.
- No, anzi - .
- Serata soddisfacente, Piero ha avuto un orgasmo, Piera ha fatto il primo di una lunga serie di pompini - commentò Roberto, aggiungendo: - Soddisfazione uguale? -
- Sì, senz'altro. Ti devo chiedere due cose, però - .
- Sono tutto orecchi, come tu sei tutta culo...e bocca, aggiungerei - .
- Stronzo. Senti un po', l'altro giorno ho visto una scena spinta alla tele e, insomma, il triangolo di peli di una ragazza me lo ha fatto venire duro. -
- Benissimo, quindi? -
- Robè, vorrei provare a farmi una donna ma da dove comincio? -
- Piero, se non hai nessuna per le mani non ci resta che andare a prostitute - .
- No. Non ce la farei, io una che mi ha sempre attirato ce l'avrei. Lina, la perpetua di mio zio prete - .
- Ah sì, me ne hai parlato. A casa dello zio sacerdote ci sei praticamente cresciuto, ma lei secondo te è troia abbastanza? -
- Credo di sì, ha sempre fatto gli occhi dolci a mio padre e, quasi di certo, mio zio se la spupazzava - .
- Perché parli al passato? Non se la fa più? -
- Lui è vecchio ormai - .
- Lei? Quanti anni ha? -
- Quasi sessanta - .
- Magnifico. Piero, la prima volta che avrai l'occasione mettile una mano sul culo. Nella peggiore delle ipotesi ti molla uno schiaffo, ma se acconsente...hai fatto tredici. Avrai vinto un'insegnante di scopatoria tutta per te. Qual era la seconda domanda? -
- La storia del film era una fantasia tua? -
- Naturale, ma diventerà realtà - .
- Ma sei pazzo Rò? -
- Al contrario, ho molto tempo a disposizione e ti sorprenderò. Ho già in mente lo scenario. Una grande autorimessa, il guardiano è un vecchio rimbambito ma la carne giovane gli piace ancora - .
- Ma lo sai che l'idea mi stuzzica? -
- Non avevo dubbi. Vedremo cosa accadrà, per il momento lasciami approfittare della bella Piera. Prima di andarcene ti voglio salutare a modo mio - .
Aprì entrambi gli sportelli e mi mise di lungo, mi disse di appoggiare i piedi sull'asfalto e di guardare di fronte a me. Vedevo un'auto con i vetri appannati. Dentro c'era di sicuro una coppietta che limonava. Dall'altro lato non saprei, ma credo che la situazione fosse identica. Il parcheggio era pieno di macchine, tutte lì per lo stesso motivo.
Mi abbassò i pantaloni e mi lasciò a culo scoperto per un po'. Aprì lo sportello posteriore e si mise a frugare sul sedile,
- Dove cazzo l'ho messo il preservativo? -
Lo disse a voce alta. Per farsi sentire, ma non da me.
Dopo un'attesa interminabile simulò il gesto di infilare il cappuccio e, sempre ad alta voce, mi disse:
- Ma se sei un maschio perché mi chiedi di infilarmi sto' coso? -
Poi si decise a coprire la vista del mio culo sostituendola col suo.
Me lo mise dentro e mi bisbigliò nell'orecchio:
- Da dietro ci stanno guardando di sicuro, di fronte? -
Risposi ad alta voce.
- Mi fai male, ma mi piace - .
- Lo so Piero, lo so - .
Sborrò con un grugnito che si sentì per tutto il piazzale.
Rientrammo in auto.
- Robè, tu sei un depravato, ma io sono peggio - .
- Chi ha detto che sia sbagliato? Ci divertiamo e, stasera, abbiamo deliziato anche qualcun altro. Pensa alle coppiette che ci guardavano, hanno assistito gratis e staranno scopando con molto più gusto adesso. Se avevano finito, hanno di che parlare. Andiamo dai, ti riporto a casa - .
Durante il viaggio di ritorno non fece che ricordarmi di tentare l'approccio con Lina e parlarmi del filmino da girare nel garage.
Non c'era nulla da fare, o scopavamo o parlavamo di sesso.
L'unica domanda che gli feci riguardava lo spettacolo improvvisato.
- Ma se qualcuno ci avesse riconosciuti? -
- Il problema te lo dovevi porre prima, Piera. Ti ricordo, tra l'altro, che anche quando siamo andati all'aperto prima c'era lo stesso rischio e non mi pare che tu ti sia preoccupato più di tanto - .
Non risposi. Aveva ragione. Quando scesi dalla vettura per tornare a casa mi salutò con brio:
- Ciao Piero. Ficcatelo in testa, maneggiare con cura Lina - .
Lo feci. Mi ci vollero due anni ma lo feci. Io andavo spesso a casa di mio zio ed ebbi più di un'opportunità, ma avevo paura. Ritenevo di non essere pronto. Credevo di essere solo passivo. Ma un giorno che eravamo soli agii d'istinto. Lei mi stava preparando un caffè ed era voltata di schiena, indossava sempre vestiti lunghi che mettevano in risalto le sue forme. Oddio io da piccolo avevo sempre dormito nel lettino con lei, quindi sapevo che era ben messa, ma gli occhi di un bambino vedono cose diverse.
Ciò che mi fece agire fu la consapevolezza che a quasi vent'anni ancora vergine...o lei o morte.
Mi alzai di scatto e mi avvicinai da dietro. Le appiccicai la mano destra sul culo e aspettai la reazione.
Ruotò la testa all'indietro rossa in volto e mi disse:
- Che vuoi? -
Che cazzo di domanda era? Non sapevo cosa dire e quindi, tacqui.
Con la sinistra le massaggiai il fianco e con la destra iniziai a maneggiare con cura.
- Che vuoi da me, Piero? -
Infilai la mano sotto la gonna e le toccai la coscia prima, il sedere poi. Ne avevo bisogno per poterle rispondere.
- Lina, non ho mai fatto l'amore - .
Mi prese per la mano e mi portò nella sua stanza.
Abbassò le tende, creò nella stanza un'oscurità che somigliava alla liquirizia. A questo pensavo mentre lei si stendeva sul letto e si sollevava la gonna sulla pancia. Aveva le calze color carne e le giarrettiere. Si tolse le mutandine.
- Forza Piero, tiralo fuori che don Angelo tra poco torna - .
Cacciai fuori il mio arnese e mi fiondai sopra di lei.
- Adesso Lina? -
- Shhhhh - .
Me lo prese in mano e lo fece indurire al punto giusto. Quando capì che ero pronto lo avvicinò alla fica e disse:
- Spingi. -
Feci quello che Roberto e tanti altri avevano fatto con me. La penetrai e cominciai il movimento classico. Avanti e dietro, su e giù.
- Piero, puoi sburrà dentro, sto in menopausa - .
Lo sapeva che non sarei durato a lungo ma quella frase ebbe un effetto ritardante su di me, se ne accorse e risolse il problema.
Mentre la pompavo mise due dita alla base del mio cazzo, strinse forte quel poco spazio che non stava dentro e mi fece venire all'istante.
Fu una gioia immensa, era durato pochi minuti ma gli effetti sarebbero stati duraturi.
Lina si alzò e andò nel bagno. Prese la carta igienica e si pulì, in piedi.
Quando si accorse che la stavo guardando mi disse:
- Che guardi? Mi vergogno - .
Pensai, ma come? Ti ho visto semi nuda, te l'ho messo nella fica e ti vergogni se guardo mentre la pulisci?
Non lo dissi e feci bene. Dopo anni ho capito tutto. Lei era la serva in quella casa, era abituata a ubbidire. Così come aveva servito mio zio, in tutti i sensi, allo stesso modo aveva accettato di togliere la verginità al nipote del principale.
Lo aveva fatto per dovere, non per piacere. Prova ne è che non mi diede ripetizioni.
In ogni caso avevo fatto un passo in avanti, infatti mi fidanzai con la ragazza che mi faceva gli occhi dolci da anni. La compagna di classe delle superiori, Ines Delli Veneri. Non era bellissima, ma era di una dolcezza impressionante. Castana, occhi scuri e sguardo profondo. Sembrava casta, in realtà, come scoprii molto tempo dopo, era molto calda. Ma lei entrò a far parte della mia vita dopo che ebbi concluso la mia avventurosa storia gay, il cui apice fu raggiunto in un'autorimessa, utilizzata come location di una scena di sesso estremo.
Roberto, che, come ho appreso al termine della nostra relazione, oltre a essere un amante squilibrato faceva il poliziotto, quindi conosceva, aveva organizzato tutto, curando ogni dettaglio.
Mi prospettò la cosa senza troppi preamboli, mi disse che aveva parlato col guardiano, il vecchio porcellone e con un paio di amici che facevano film porno. Lui mi avrebbe incappucciato e legato a un pilastro, dopo avrebbe diretto le operazioni, sceneggiatore e regista, dunque.
- Il resto lo scoprirai se accetti - concluse.
- Robbi, ne abbiamo fatte di follie. Questa mi sembra la migliore, però. Organizza pure, sorprendimi - .
Il giorno fatidico fu una mattina di aprile, Roberto mi venne a prendere davanti alla scuola alle otto precise. Salii in macchina e mi disse che l'autorimessa non stava a Torre, durante la mezzora di viaggio mi spiegò che il garage di giorno era chiuso per cui non avremmo avuto problemi a girare la scena. Avrebbe poi riversato il tutto su una videocassetta che avremmo visto in seguito.
- Sei emozionato Piero? -
- Abbastanza - .
- Impaurito? -
- No - .
- Bene, siamo arrivati. Questo è l'ingresso. Mettiti il cappuccio - .
- Adesso? -
- Sì, non devi vedere l'ambiente. Tanto quando guarderemo il filmino non ti perderai niente - .
Mentre ubbidivo lui azionò la video camera.
Non vedevo nulla ma ascoltavo le voci.
Andrea Ferraro
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