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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Manuale di pubblicazione Amazon KDP. Sempre più autori emergenti decidono di pubblicarse il proprio libro in Self su Amazon KDP, ma spesso vengono intimoriti dalle possibili complicazioni tecniche. Questo articolo offre una spiegazione semplice e dettagliata delle procedure da seguire e permette il download di alcun file di esempio, sia per il testo già formattato che per la copertina.
Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Giuseppe Fina
Titolo: Mettiti comodo... vengo a ucciderti!
Genere horror
Lettori 3480 34 60
Mettiti comodo... vengo a ucciderti!
Una tavola apparecchiata ti inviterà verso il suo menù, condito di odio, crimine, sesso, perversione.. sarai trasportato in una sorta di viaggio Cubo dimensionale, dal quale una volta dentro, seguendo un corridoio intriso di lacrime e terrore, ti condurrà al centro di un horror, che senza rendertene conto diverrà il tuo incubo peggiore. Difficilmente ne verrai fuori, “sei proprio sicuro di volerlo leggere?” Se così è, non mi resta che augurarti una buona lettura, ..anzi forse meglio dire: “buona fortuna”, visto che ne avrai “tanto” bisogno.
Introduzione
Benvenuto nel mio mondo, sfogliando questo libro, hai aperto “la porta” per un nuovo viaggio. Un viaggio che ti trasporterà oltre i confini dell'incontenibile pazzia che indisturbata, alberga nelle profondità della mia mente. Sfogliando, pagina dopo pagina, diverrai parte integrante della storia che vi racconterò. Il modo in cui è scritta ti farà scivolare leggero nella lettura, allargando così, gli orizzonti alla tua fantasia. Quello che ti sto offrendo, non è un freddo libro di carta, ma bensì la chiave d'ingresso per un nuovo mondo, un mondo parallelo; un viaggio tra il terrore e l'angoscia, dove non troverai né vincitori né eroi, ma solo ed esclusivamente “vittime”. Vittime martoriate da una cieca disciplina, condita di regole bigotte e da una cruda realtà giustizialista; che pur di innalzare la sua grassa bandiera, non si ferma di fronte a niente, gettando nel cesso, lacrime, diritti, e sentimenti, in una parola: l'umana coscienza. Una lunga scia di sangue segnerà il percorso per l'unica cosa concreta che sentirai avvolgersi a te: “la Morte!” Assaporerai la sua essenza, il suo profumo, il suo bacio, la sua carezza, “la sua lama”.
Respirerai solo terrore! Girare la copertina sarà come staccare il biglietto d'ingresso per questo Film, sarai tu stesso ad accompagnare i personaggi del racconto, nelle loro scene, nei loro fallimenti. Porta dopo porta entrerai nelle loro vite, ricevendo in questo modo, la possibilità di vivere l'avventura da protagonista. Se il brivido, il sangue, l'odio, il terrore, sono ciò che cerchi..? “credimi” sei caduto nel posto giusto! Una volta dentro, nascosto tra le righe di questo piccolo maxischermo, troverai tanto di quel sangue, che alla fine non riuscirai a distinguerlo dal tuo. Ti illustrerò il mio pensiero senza tanti giri di parole, queste pagine, lo dico contro il mio interesse, potrebbero rivelarsi fatali.
ti rapiranno.. chiedendo indietro un prezzo altissimo, “ spietate” si nutriranno della tua linfa vitale. No non mi fraintendere, non devi intendere le mie parole, dirette solo ad una persona debole di cuore, ma a chiunque abbia ancora qualcosa da perdere, sempre che per te, la Vita.. valga ancora qualcosa..!
Se pensi, di avere stomaco d'acciaio, e fegato da vendere, fatti avanti ti aspetto. Lascerò la porta socchiusa affinché tu possa entrare, sarai “sempre” il benvenuto; ma ricordati bene.. uomo avvisato è mezzo salvato; ed io.. “ti avevo” avvisato.

Capitolo 1°

L'Uomo di Ghiaccio.
E' notte; lentamente una mano sfiora le siepi, dimenticandole ramo dopo ramo alle sue spalle, gli occhi abituatisi, pian piano cominciano a visualizzare; alberi e siepi dappertutto. In lontananza, nella spettrale penombra, si intravedono delle luci, silenziosi e incuriositi ci avviciniamo, se non altro per capire dove ci troviamo e che cosa ci dobbiamo aspettare da questo fastidioso silenzio. Vogliamo delle risposte e per averle non c'è che una cosa da fare, dirigerci verso l'unica cosa concreta fino a questo momento: “la luce”.
Separata dalla boscaglia, un immenso parco
circonda una grande costruzione, controllato che non ci sia nessuno in giro, la strana ombra scivola via in direzione del gigantesco edificio, andando ad incollarsi dietro l'angolo più buio dello stabile. Furtivi seguiamo la figura fermarsi sotto una grande finestra; cercando di non farsi notare, fa capolino, sforzandosi di vedere cosa nasconde l'interno dei vetri appannati. Per quanto la penombra gli faccia da scudo, gli occhi brillanti di luce riflessa non passano inosservati; ma chi è? cosa sta cercando lo scuro individuo? ci avviciniamo per guardarlo meglio.. strano! mi sembra di conoscerlo.. ma certo, come si può sbagliare..? sei tu! si proprio tu! Già! perché starsene lì in disparte, quando grazie alle immagini, mobili e vive, come tende di seta rapite dal vento di una portafinestra spalancata, si è chiamati ad esser parte diretta del cast per questa nuova lettura? Brindisi di Adrenalina ti accompagneranno tra buoni e cattivi, eroi e vittime. Presenti ad ogni situazione in ogni stanza, potrete vedere e toccare con l'ausilio della fantasia gli oggetti, fino a sentirne gli odori, i suoni, il calore; capisci adesso perché continuo a chiamarlo il tuo film? Non indugiare vieni.. fai un respiro profondo e seguimi. Afferra la mia mano e oltrepassa la finestra chiusa, ultimo confine per questo nuovo mondo reale, “l'opposta dimensione”. Una volta dentro, la nostra prima attenzione è rivolta alle tre sfere sospese al soffitto, illuminanti il corridoio; ci guardiamo attorno, sono circa le ventidue, sulla destra malgrado l'ora, alcune stanze sono ancora illuminate, sbirciando in una di queste, contiamo dieci lettini, non ci si può sbagliare, ci troviamo nella clinica di un vecchio collegio. L'ala è formata da tre grandi stanze, la seconda è vuota, lo confermano le luci spente delle finestrelle sopra la porta; guidati da un sesto senso, entriamo nella terza sicuri di “qualcosa”. Nel lettino centrale a destra della camerata, il terzo dei cinque per la precisione, vi è un bambino, si copre fino al naso tirando a sé la coperta con una mano, è molto spaventatolo si capisce bene. Magicamente come richiamata dal fato, ecco arrivare la giovane infermiera, è molto bella; il bambino è visibilmente attratto dalla sua dolcezza. L'infermiera prende la scheda, si siede a fianco, e sorridente si avvicina accarezzandogli i morbidi capelli biondi: - oh.. ma guarda chi abbiamo qui..!? Il mio bellissimo “ometto..” hm..?? con un piccolo problema di tonsille!? Su, su.. (facendo un po' la ruffiana) non c'è motivo d'aver paura, non ti devi preoccupare, il dottore è bravissimo, non sentirai “niente”! Stasera un piccolo sonnellino.. e domani, quando ti sveglierai, sarà tutto finito. E adesso vuoi darmi un bel bacione prima che ti addormentino? - Il bambino non si fa pregare, alle coccole della sua crocerossina preferita, non rinuncerebbe per niente al mondo; balza fuori dal letto gettandogli le braccia al collo, gioca con lei spensierato, dimenticando perfino che a minuti dovrà sostenere lo spaventoso intervento; non importa, è felice, tanto felice, c'è lei che lo coccola.. conta solo questo adesso. E' bello, dolce, fra le labbra della giovane si individua il senso di una segreta domanda, come si può!? Com'è possibile abbandonare un angelo.. gettarlo nell'immondizia, con tutto l'amore che saprebbe dare, con che coraggio!? E' proprio vero, al mondo ci sono persone, che al posto del cuore, hanno un pezzo di pietra. Mezz'ora dopo la donna accompagna il bambino in fondo al corridoio, al centro del muro, insaziabile, un calendario divora “il presente” oggi è giovedì 27 marzo 1952.
Per evitare che il bambino si spaventi troppo, viene assegnato alla ragazza il duro compito di condurlo sopra lo strano seggiolone: - non aver paura, io resterò qui con te per tutto il tempo, non ti lascerò da solo, ti starò vicina, vicina, fino all'ultimo -. Il Professore date le ultime disposizioni, si infila i guanti, facendo cenno all'assistente di cominciare. Con una banale scusa, convincono il fanciullo ad inalare il gas soporifero, tre secondi ed il gioco è fatto, il rito ha inizio. Allontanata l'infermiera dallo sconsigliato spettacolo, il dottore con l'ausilio di uno strano arpioncino, comincia rovistando la gola del paziente, a guerreggiare con le tonsille; a mano tesa, senza mai perdere d'occhio l'area interessata, pressando deciso il ferro uncinato contro la parte malata, ribadisce l'assistente: - le forbici, passami le forbici - . Asportatane una, dichiara guerra con l'avambraccio alla goccia di sudore che scivolando giù gli fa bruciare gli occhi. Nella mente del chirurgo si fa strada il pensiero, su quanto grande sia stato il successo, ottenuto dalla Medicina, grazie all'ausilio dell'anestesia; senza il quale oggi, sarebbe praticamente impossibile operare. Ma è proprio l'essenza invisibile del dolore, atroce in ogni suo principio a scaricare sul chirurgo, tutto il panico che il bambino destato dal procurato sonno non riesce a gridare: - che cosa mi stai facendoooo..?! - Il tonfo sordo delle forbici che cadono dalle mano del chirurgo, assemblano tutti i puzzle al proprio posto; la disperazione si piega alla reazione, vedendo il giovane in uno scatto fulmineo liberarsi dalla sedia prigione, lanciandosi in volata sul corridoio in cerca di non so quale possibile aiuto. I dottori ripresisi dallo choc del primo istante, intenzionati a raggiungerlo gli si proiettano dietro mentre piegato dal dolore, continua a roteare e sbattere da una parte all'altra dei muri, manifestando la propria sofferenza a colpi di tosse ed eruttanti vomiti di sangue. Il dottore raggiunto il paziente lo scaraventa a terra bloccandolo col suo stesso peso; chiedendo l'intervento del collega, lo tiene come può afferrandolo per le spalle:
- cosa aspetti aiutami presto! -
- Lo addormentiamo? - grida l'altro bloccandolo a sua volta per le gambe, ma in una frazione di secondo il dottore, seduto sul busto sentenziò la diagnosi: avvolse come spire il braccio sulla gola del ragazzo, piegandolo forte a sé, ed introducendo rabbiosamente le pinzette nella cavità orale gridò: - non c'è tempo, “non c'è tempooo!” - ..Strappando fuori tutto qunto.
La trachea della vittima sembrò esplodere, ingoiare tutta la stanza, noi compresi, tanto si allargò che le pupille si spalancarono risucchiando ogni forma di energia e colore. Investiti dall'improvvisa metamorfosi di un ciclone, veniamo risucchiati al centro dell'occhio, laddove la falsa tregua, forgia silenziosa il suo dominio.
Finita la burrasca tutto si placa; come il fumo di una torcia che rincorre il vento, veniamo spinti verso una lontana luce fortuita, in fondo al cunicolo, unica strada verso la normalità. Non esiste più il suono squillante del dolore, non esiste più la violenza, c'è solo tepore, tepore e silenzio; adesso il bambino è di nuovo nel suo letto, ..riposa, tranquillo, come se si fosse trattato solo di un brutto sogno. Si risveglia con i raggi del sole, che capricciosi, infieriscono sulle giovani ciglia, a destra del suo letto i colori si immedesimano in una bambina, gioca con una strana palla di vetro e acqua, con all'interno una piccola casetta bianca alla mercé di una bufera di neve; è quest'ultima che lo richiama alla ragione: - oh.. finalmente ti sei svegliato, è tutto il giorno che dormi, ho sentito ciò che ti è successo, stamattina ne parlavano tutti; ..tu come ti chiami? oh scusa dimenticavo, con i “cerotti” non puoi parlare.. (continuando da sola la conversazione gli mostra la sfera di vetro) io Jenny, ..ti piace la mia palla con la neve? me l'ha regalata il mio papà, ...è magica sai? ha il potere di difendermi e farmi compagnia quando lui è lontano e non può venire a trovarmi. E tu.. non hai nessuno che possa venire a trovarti? Pure i tuoi abitano lontano? Perché a te non hanno portato niente? Sei stato cattivo forse? -
Il bambino nascosto tra i vuoti delle risposte evase, sembra non gradire la conversazione, non può rispondere e forse neppure lo farebbe. Scandagliando in direzione del corridoio, si eclissa nei muri ancora freschi della colorita mattanza, continuando a subire il solito, gelido, sogno.
In quel preciso istante: gratifica di una tregua a tutta quella penitenza, compare sulla porta l'infermiera, “la sua amica”. Nel vederla, il suo cuore riprende a pulsare, neppure una Madonna, poteva un miracolo più grande; “pensa”: ora si avvicinerà al mio lettino, mi abbraccerà forte, forte, e mi riempirà di coccole; “lei si” che mi vuole bene, mi aiuterà a superare questa brutta avventura -. Ma ecco dalla gola del corridoio sbucare il professore. L'infermiera nel vederlo vi si trattiene sulla porta a parlare: - devo farle i miei complimenti dottore, lei ha dato da vedere a tutti che cosa significhi mantenere il sangue freddo; in questi casi specialmente, una lezione di coraggio in piena regola per tutti gli operatori dell'ospedale -.
- Ho fatto solo il mio dovere (risponde il dottore non riuscendo a nascondendo la completa soddisfazione), chiunque avrebbe fatto lo stesso, mi creda! -
- Lei è troppo modesto (continua la ragazza), in molti anni di servizio, non mi è mai capitato di assistere, ad una tale prontezza, se solo avesse esitato un attimo, per il bambino non ci sarebbe stato scampo, non ho dubbi su questo; lei è un eroe se lo lasci dire! -
Riesumando il fattore medaglia e inchini, il dottore raddoppia, il classico caso in cui si esce dalla porta, rientrando dalla finestra: - non esageriamo adesso, l'eroismo non centra, (indicando il paziente) devo tutto alla mia buona preparazione.. in questo lavoro la professionalità è di vitale importanza, nel caso in questione poi, non vi erano altre soluzioni; com'è che si dice, a mali estremi, estremi rimedi!? -
La manfrina non è sfuggita al bimbo, che assembla tutto in un'unica verità: sono tutti d'accordo, tutti contro di me, perfino l'infermiera, è lei la prima che mi ha tradito. Gli rimbalzano ancora in testa le parole della giovane donna: - il dottore è bravissimo non ti accorgerai di niente, fidati! - E adesso è diventato pure un eroe! ma quale eroe..? Ha sbagliato tutto, non mi ha neppure saputo addormentare altro che intervento; mi ha trattato come un animale; ma sono loro i veri animali, anzi peggio. Non mi posso fidare, non mi devo fidare, è fin troppo chiaro: sono solo, in mezzo ai nemici -.
I due varcano la soglia della stanza seguiti da altri infermieri, scheda dopo scheda esprimono valutazioni sullo stato di salute dei giovani pazienti, mostrando interesse in special modo, verso il ragazzino.
Il professore ostentando un leggero sorriso, si avvicina al suo letto: - allora giovanotto, come andiamo oggi? (senza attendere risposta gli scruta gli occhi, controllando che la sutura applicata sia al proprio posto, infine è la volta del polso) uhm, troppo agitato non mi piace, “un calmante” gli farò un'iniezione; stai calmo giovanotto che rimediamo subito tu pensa solo a rilassarti -.
Preparata la siringa gli si siede a fianco, prende il braccio con una mano pronto per iniettare, quando...
Vedendo il dottore avvicinarsi con l'ago alla vena, il bambino, divincolandosi tenta di fuggire la presa; non si fida più, quell'uomo tutta premura e sorriso, gli ha saputo procurare solo dolore.
Il dottore deciso a proseguire usa la forza; per un attimo sembrano lottare tra loro, più è forte la pressione esercitata sul braccio verso il materasso, più è incisiva la reazione del bimbo nel tirare. Esausto, il medico reclama a viva voce l'intervento degli infermieri, che prontamente bloccano il bimbo in ogni suo movimento;
adesso l'ago può finalmente penetrare la delicata barriera di pelle, scaricando dentro al tunnel tutto il suo carico di veleno.
Rivivendo terrorizzato gli allucinanti momenti della notte scorsa, il ragazzo lascia intravedere una piccola scia di sangue scendere lentamente dalle labbra, segno evidente dello sforzo sostenuto, nel voler gridare una voce, che non trova sbocco: - mi vogliono ammazzare..! - Inventandosi un'ultima via di fuga, usa perfino i denti, ma i tre non cedono, lo sforzo sostenuto nel liberarsi dalla morsa, fa sì che il sangue sollecitato nelle vorticose arterie, si mescoli più velocemente al tranquillante, portando a termine il suo lavoro.
Fatalità nello scompiglio, il dottore estraendo l'ago, involontariamente incide la vena, benché in modo lieve, il bambino alla vista del lenzuolo insanguinato, ha come un sussulto, la fobia procurata finisce per tramutarsi da paura, in pazzia. Con gli occhi che non sanno più a che santo votarsi, si lancia in ogni dove, alla ricerca di chissà quale buon samaritano disposto ad aiutarlo. Qualcosa, posta sopra il comodino alla sua destra, attira la sua attenzione: è “lei” la sfera di vetro della bambina chiacchierona. Approfittando della distrazione degli infermieri, che intanto hanno allentato la presa, veloce allungandosi con una mano, l'agguanta, scagliandola senza tanti complimenti contro la testa del dottore, ancora piego su di lui intento a togliere il laccio emostatico.
Gli occhi allibiti dei presenti lo seguono scomparire al suolo privo di sensi, così come le energie del ragazzo che silenziose fanno le valige. Il sedativo ha completato il suo giro, adesso è un animale innocuo non può più ferire né sfuggire alle grinfie dei carnefici, gli è concesso solo respirare.
Aiutato dai colleghi a rialzarsi, è l'infermiera a fornire il primo soccorso al dottore tamponando come può il taglio sulla nuca. Traballante, cerca ancora equilibrio tra gli angoli del ring, tentando di mettere insieme i puzzle dei perché. La mano insanguinata col quale si tastava la testa, non ci mise molto a riportarlo alla luce dei fatti. I cocci di vetro mescolati al sangue pennellarono la vista di altri colori, plasmando gl'occhi della rossa sfumatura della vendetta. Dimentico dei presenti, e del ruolo a lui conferito, in un grido capace di far tremare i corridoi, si scaglia contro il bimbo: -adesso ti faccio vedere io, ..ti ammazzo bastardo! - Aprendosi un varco, investe il giovane corpo, con violenza inaudita, fracassandolo con pugni, calci, schiaffi.. la bava alla bocca lo rende inavvicinabile. Lo pesta e lo pesta ancora, ininterrottamente: - ti ammazzoooo!!! -
L'esplosione omicida, vede i collaboratori impreparati, tanto che nessuno dei presenti, trova la forza per opporsi all'assurda e inaspettata carneficina.
Improvvisamente le nostre impressioni in merito, vengono scardinate sul nascere da una forza invisibile; che risucchiatici dentro le sue spire magnetiche, ci scaraventano lontano, in un posto dove i colori non hanno corpo, dove la massa non ha ombra, dove le forze non coprono distanze. Lasciamo che le immagini fuggite facciano posto all'amaro sapore della “domanda”, della quale nessuno mai udirà partorirne il suono: perché ce né andiamo? perché proprio adesso? potevamo salvarlo, potevamo.. “dovevamo!” era solo un bambino impaurito. Ma le finestre.. quelle luci.. sono troppo lontane ormai, al riparo dalle nostre domande, dalla nostra coscienza. Superiamo il bosco, palazzi, case e già Greenfield è un puntino, il paesaggio solo un ricordo, ancora più veloci scorriamo valli, catene montuose, innevate, veniamo lanciati nel cielo, sopra le nuvole, ed ancora più in alto oltre il pianeta. La Terra è ormai un puntino, così come l'intero “Sistema Solare” che sospeso all'interno di uno strato ottico in un punto non definito del globo, si perde ad ogni riferimento. Ormai rassegnati a consegnare la vita all'animatore, uno stillo di luce ci richiama alla sua clemenza lanciandoci fuori dall'intercapedine astrale, indicandoci una via a noi ignota: la porta per le viscere della sconfinata arancia sul quale gravita l'intero esistente, la fessura per “angolo retto”, che nella sua semplicità svela le soluzioni all'inspiegabile quesito “spazio tempo”; le cui funzioni sono un po' come la corrente marina che una volta afferrato un corpo lo trascina per miglia per poi rigettarlo nuovamente a riva. Come la retta per le Indie di Cristoforo Colombo, “l'opposto” rese pubblico alle menti gli spicchi dell'enorme Sferosistema, sui quali punto per punto era possibile tessere miliardi di rotte e ponti, spostandosi semplicemente dall'interno; correre da un pianeta all'altro, da un Sistema Solare altro, da un Universo all'altro, sospinti esclusivamente dall'assenza di attrito dell'antimateria, alla “velocità del buio”, impiegando meno della stessa partenza visto che solo la materia è connubio di spazio/tempo.
Sputati fuori ad una velocità tale da intravedere perfino la nostra entrata, traversiamo le stratificate spire indicati per un lontano cumulo di corpi celesti, la luce adagiandovisi sopra come un mantello ce ne suggerisce l'aspetto.
Il risucchio per la traiettoria è così forte che rischiamo di perderci i pezzi per strada, riconosciamo il nostro sistema solare, siamo costretti a stringere forte i denti, evitando perfino di respirare per non vedere i nostri intestini espulsi fuori come coriandoli.
Attraversata la barriera luminescente ci vediamo schizzare via le nuvole sopra di noi, sotto il territorio si fa sempre più vicino, torniamo a distinguere le città, la città..?! Ma, mamà.. ma cosa..? ci stiamo “schiantandooo!!!”
...??... Cosa succede..? Come svegliati da un brutto incubo ci accorgiamo che la cara vecchia Madre Terra, non si è mai mossa di lì, così come la nostra Pelle. “Tutto è come prima” bè.. forse proprio tutto no, qualcosa di cambiato c'è; i palazzi, le auto, la gente, le tecnologie, non sembrano più essere le stesse. Non stiamo sognando, non siamo su un altro pianeta, siamo solo in un altro tempo, in un'altra città. Non hai bisogno di chiedere, la tua domanda, ti si legge stampata in fronte: perché.. perché questo inconsueto giro turistico? ..Bè se proprio non hai capito..!? Ciò che ti è stato servito fino a questo momento non è che il velenoso atrio di un dramma, che tossico, non risparmia chiunque ne verrà a contatto; perché il bimbo, “quel bambino”, oggi non è più un bambino.
Capitolo 2°
La stanza dei lampioni.
Chicago giovedì 27 marzo 1986
Malgrado il vento, la pioggia filmata dai lampioni esterni, non oltrepassa la barriera di vetro posta sotto la triste inferriata, all'interno della stanza, tre stanchi lampadari dal cappello nero scendono dal soffitto, illuminanti con luce fioca, alcuni lettini pesanti del loro carico umano.
In ognuno, il rigore di un cartellino rosa, pendente dal pollice del piede, dei corpi senza vita. Non sembrano esserci dubbi, la nostra avventura riparte da qui, seguendo la scia, del peggior giustiziere di tutti i tempi; “unico vero mandante” le cui apparizioni, precedono di pari passo, quelle del Becchino: “La Morte!”
Ci troviamo in un obitorio, il Tenente Fred Barton afferra il cartoncino, cercando di capire chi ha di fronte; un uomo sui quarantacinque, buona presenza, discreto peso forma, lo scopre quasi con naturalezza, nel suo lavoro è una tragica consuetudine, avrà ripetuto quel gesto, un milione di volte “purtroppo”. Lo “interroga” per quello che ancora può dare, cercando scrupolosamente tra le rotondità del viso un segnale una ruga, un neo, un motivo; qualcosa che porti a capire chi fosse, la vita che conduceva, perché proprio lui, perché lì? una spiegazione dovrà pur emergere a dare un senso logico al fattaccio, l'idea di una doppia vita appariva così improbabile. Il classico uomo da famiglia, uno con l'angelica bonarietà, stampata su di una faccia da marito e perché no? magari pieno di figli chissà...
E' consapevole, che non riuscirà a contrastare un altro omicidio, così come non potrà mai, riaccendere la vita, agli sfortunati che inermi, albergano la fredda stanza senza Amore.
Nella sala il pianto sofferente dell'anima esprime cordoglio alla sua impotenza, c'è sola una strada da percorrere: “Fermare il Mostro!” Continuare a credere nel suo lavoro, è questa per il momento, l'unica arma su cui investire.
Vorrebbe fare di più, ma non basteranno le notti bianche sebbene abbia trasformato quel lavoro in una missione, a cambiare le cose.
Per quanti sforzi faccia, alla fine a forza di battere la testa contro il muro, si ritrova inevitabilmente costretto ad accettare la realtà: è solo un Uomo, solo quello; ed è dura quando ti ritrovi il mondo sulle spalle pesante delle sue assurdità, fuggire il suo modesto richiamo.
- “pazzi, pazzi” (passandosi una mano sulla testa) siamo tutti dei pazzi, basta.. basta uccidere! -
Il tenente ricopre nuovamente il corpo dell'uomo, dirigendosi nella vicina sala, dove il Dottor Crowell, sta effettuando una nuova autopsia.
Spinte le porte oscillanti si avvicina verso lo scempio, vedendolo avvicinare il dottore non concede spazio a inutili domande; senza distogliersi dal macabro rituale, batte al cliente il conto del suo pane quotidiano: - le morti sono tutte di natura violenta, nessun colpo da dietro; questo ci fa presumere che le vittime conoscessero il loro assassino o che il nostro uomo in quel momento non avesse alcun timore di mostrare il viso. La cosa strana.. in nessuno dei casi è stato riscontrato l'uso di armi da fuoco o qualunque altro mezzo di offesa. Questo ci lascia intendere che il nostro uomo è una persona di corporatura robusta, un atleta; Vede... quando colpisce, non lo fa essenzialmente per uccidere, le stesse ecchimosi ce lo confermano, a dimostrazione che la mia tesi è esatta, la violenza con la quale sono andati a destinazione i colpi, quelli indirizzati ai centri vitali appaiono praticamente casuali. No! (scuotendo la testa) questo le sue vittime, neppure le conosceva. Posso solo provare ad immaginare quale sia stata la causa che ha fatto scattare la molla; il killer, o “Uomo di Ghiaccio” comunque lo vogliate chiamare, sta di fatto che in quel momento era fuori di se, una lite potrebbe essere la ragione -.
Vagando nella nebbia delle inaccettabili spalle al muro, il tenente passandosi le mani sui capelli, con aria di chi chiede briscola giocando a scopa, azzarda un'ultima domanda quella che ha sempre sperato di non dover mai fare: - devo temere.. voglio dire, se non ho capito male, lei pensa sia il caso di prepararci al peggio, che molto probabilmente alla fine di questa storia potremmo trovarci faccia a faccia con un pericoloso Serial killer!? -
La risposta gli giunge un po' scettica: - non le so dire, se sia giusto chiamarlo Serial killer, ma ho come il presentimento, sempre che la mia diagnosi sia esatta, che stavolta ci è capitata una bella gatta da pelare -. Riposti gli arnesi sul panno del carrellino, come un giocatore chiamato a rispondere con la briscola inferiore, si avvicina al Tenente; aprendo con una pacca sulla spalla le porte ad una preannunciata sentenza: - caro Tenente.. (storcendo la bocca) le è mai capitato di gustarsi del buon brodo di carne? ha presente quelle brutte giornate buie, fredde, che viene normale dire: si starebbe bene a casa!? ..quel brodo, quel bel brodo caldo..!? Uhm.. a pensarci verrebbe voglia di essere lì a gustarselo.. ebbene mio caro, questa volta nel piatto, è andato a finire solo l'osso! Si faccia coraggio tenente, le è capitato solo uno dei tanti casi estremi, abbiamo a che fare con un soggetto a parer mio, privo di ciò che distingue l'essere umano, da una macchina bellica; mi riferisco a quello che in termini scientifici chiamano: freni inibitori, (annuendo) ne sentiremo parlare ancora.. con quello in giro spero di sbagliarmi; ma ho la netta sensazione che questa volta, il letto, ce lo possiamo scordare, prevedo un mare di straordinari, (lanciandosi nell'ironia) chissà.. che sia la volta buona che ci becchiamo un premio produzione!? (tornando serio non avendo altro da aggiungere, licenzia il Tenente) è un cattivo cliente mi creda! -
Barton sconcertato si dirige fuori, non ha neppure il coraggio di tornarci sopra, accenna con la testa un saluto, lasciando al Dottor Crowell, il compito di rovistare tra le ossa, gli ultimi segreti.
Le domande rimbalzano ancora calde, nella mente del poliziotto: - Serial killer, psicopatico!? ma contro cosa sto combattendo? nessuna emozione, nessuna pietà, la totale assenza di paura, senza alcun freno inibitore!? non è un uomo è una tritacarne!!! -
Diretto verso la porta madre, accompagnato dal carico di dubbi, silenzioso scuote il capo: - ma si perché fasciarsi la testa? stiamo solo prendendo un abbaglio non c'è niente di certo in tutto questo -.
Tornato per un attimo nel mondo reale, ripensando al rispetto che deve alle vittime e alla divisa che indossa, comprende che il compito assegnatogli, non gli permette il lusso di fare sconti, sottovalutando ogni qualsiasi pista.
Infine allontanatosi dalla clinica, battuto dalla stanchezza sale in macchina, ad ogni giro di chiave gli viene quasi meccanico pensare, come anche gli oggetti certe volte possano avere un anima; “quella macchina..” quante volte gli ha fatto da casa, mensa, lavoro, letto.. quante da madre, quando per tirarlo fuori dai guai ha dovuto concedere il massimo lanciandosi in fuga, e quante altre ancora gli ha coperto le spalle, prendendosi i proiettili al suo posto, per non parlare della compagnia nelle notti di appostamenti, respirando il suo fumo, quando la voce suadente di una trasmissione radio, sigaretta dopo sigaretta, lo vedeva crollare, addormentandosi come un bambino sotto l'influsso della “ninna” della mamma. Neppure una volta si è azzardata a svegliarlo, neanche quando la sigaretta, scendendo giù dalle labbra, più di una volta ha finito per bruciarle i tappeti. No..! non è lamiera, non può essere solo ferraglia, adora la sua cara vecchia auto, si fida di lei; e come una compagna, “la rispetta”. Una leggera pacca al volante può bastare a rassicurare il congegno meccanico sui passi rivolti al futuro prossimo: - forza gioia.. (indirizzando al cielo un confidenziale sguardo, postino di una perduta preghiera, molla la frizione), vedrai.. prenderemo anche questo -.
Finalmente si allontana, in fondo alla corsa lo attende un buon materasso; sua moglie starà già dormendo, ha dovuto imparare suo malgrado a non aspettarlo più.
Buona notte Tenente Barton, riposati ne hai bisogno, appoggia pure il mondo sul comodino e spegni quella luce, ..vedrai; “domani avrai a disposizione un altro giorno per le tue cacce ”. All'alba un elicottero, accende la vita ai grigi vapori della città, svelando al mondo tutta la sua mediocrità, i grattacieli, i palazzi, i giardini, visti da lassù altri non sono che piccoli quadrilateri, prigionieri nella loro perimetria del traffico costante: il tumore che attanaglia l'intero mondo tecnologico. Le auto rincorrendosi attorno al mosaico di cemento, ricordano, il frenetico scorrere del sangue, nelle cavità arteriose.
Ai piedi delle montagne di vetro, siamo attratti casualmente dal lampeggiare sincronizzato di un'auto della polizia, la seguiamo scindersi dai canyon intasati, parcheggiando infine lungo il marciapiede in mezzo ad altre dello stesso modello e colore. Puntando gli occhi verso l'alto, dove una lingua di vento accarezza due bandiere a stelle e strisce, una scritta esposta al centro allarga le nostre menti, lasciando capitolare ogni dubbio sul versante che si appresta a prenderci le valige. Ci troviamo di fronte, agli uffici del distretto di Polizia di Chicago, nel cuore del caos cittadino, il Sole non si è ancora svegliato, che un via vai di agenti e impiegati, già salutano il mattino, pronti a prendere posizione, le macchinette del caffè sono praticamente in stato di assedio, non si comincia senza prima accarezzare le loro calde fiancate, è una tappa obbligatoria, ..un caffè due chiacchiere e si riparte. Li seguiamo correre sulle scale del palazzo, traversare da un ufficio a l'altro ricoprendo con i loro passi le postazioni vuote. Lungo il corridoio centrale del secondo piano, si arriva attraversando le decine di scrivanie, dritti nell'ufficio del tenente Fred Barton, in questo momento benché la porta sia socchiusa si trova come si può notare dalla vetrata nel bel mezzo di una riunione con i più stretti collaboratori. All'interno affisso alla parete, uno strano tabellone con sopra stampata la mappa della città, al centro allargate tra loro, decine di bandierine, simboleggianti ognuna con la loro sigla, il teatro di un crimine, protagonista il folle omicida.
Martellando casualmente con un righello le svariate venature della mappa, l'investigatore Barton, discute con i colleghi le varie ipotesi: - “no, no, noo” non può essere vi dico, non vi è stato riscontrato alcun legame tra le vittime, quello neppure le conosceva, ..almeno che di professione non facesse il prete, e non basterebbe lo stesso!
Quello ha fatto un vero e proprio calderone, ho seguito personalmente la storia di quei disgraziati, ho visto le loro facce, non si aspettavano niente di simile credetemi.. nel pastone di tutto, balordi, avanzi di galera, uomini donne, incensurati, alcuni mai una multa, nessuna coincidenza; niente di niente, non si conoscevano neppure, noo.. non si può parlare di Serial killer, “anzi..” non se ne deve parlare affatto! provocheremmo solo un inutile allarmismo nella popolazione, il che ci renderebbe le cose ancora più difficili di quello che già non sono. L'uomo che cerchiamo non è che “l'ultimo piantagrane di turno”, potrebbe essere chiunque, nessuna logica maniacale, nessun movente, lo stesso che aprire una porta senza possederne le chiavi, non abbiamo niente! -
Per quanto batta forte i pugni sulla scrivania, la soluzione sembra ancora molto lontana.
- ma Tenente (ribatte il collega), non può essere che forse abbiamo trascurato qualche particolare, le impronte almeno quelle, deve esserci qualcosa..! -
- Niente! nessuna pista, nessun precedente è incensurato, niente di niente; ci troviamo praticamente con le spalle al muro! (immediato chiude ogni accesso allo sconforto) ..Ma non possiamo arrenderci (facendoli forte del suo sostegno), non la deve passare liscia, avanti ragazzi “diamoci da fare”; chiunque abbia un'idea o pensi di avere anche una piccola traccia, la segua! meglio rischiare un figuraccia correndo dietro ad un “pugno di mosche” che starsene ad aspettare che si faccia vivo con un altro cadavere sulle spalle; sono stufo di affiggere bandierine al suo conto, neanche fossero “trofei!” (lanciandoli al galoppo) su, su, diamoci da fare, vedrete che qualche santo ci aiuterà! - In cuor suo sa che fermo restando le cose, solo un miracolo potrà aiutarlo a portare a termine l'incarico, senza per questo pagarne il conto con un'ulteriore tributo di sangue.
Demotivato, osserva i colleghi dirigersi alle proprie mansioni; attento a non essere udito, passando le mani tra la bocca e il mento scarica la tensione sfarfallando alcune parole: - è logorante questa attesa, “molto!” -
Capitolo 3°
I marciapiedi
In un punto non definito della città, le spalle di un uomo si fanno largo appropriandosi dei marciapiedi sporchi e disastrati del lungo serpentone, i tonfi delle scarpe ad ogni passo rintronano i vetri delle finestre poste ai lati, ravvisando l'incuria e la miseria di ciò che gli sta attorno.
Nel vicolo un povero barbone rovistando semi capovolto in un grosso cassone dell'immondizia, si danna alla ricerca di qualcosa da mangiare, un compagno di sventura facendogli da garzone lo aiuta tenendolo per i piedi, il garzone ravvisando l'avvicinarsi del forestiero, non ci pensa due volte a mollare le gambe del socio, che sollevandosi vertiginosamente lo vedono catapultato all'interno -uè, uèh, ma che cavolo fai, te ne vai? “Torna subito qui!” -
Ma il compare non è poi così fesso come sembra, e quando gli ricapita più l'occasione di beccarsi qualche dollaro, senza per questo dividerlo con qualcuno? già perché il capo in questo momento è un po' “preso..” il ragazzo non fa in tempo a raggiungere il viandante che già porgendo il berretto, gli chiude la strada: - ehi amico, (mostrando la fase iniziale di una polmonite persa tra le pericolose correnti d'aria del suo sorriso) non avresti mica.. è, che ne dici..? - Consolida la richiesta dondolando con accattivante sguardo il lercio copricapo, purtroppo l'unica cosa che ne scaturisce, è un semplice: - Se pensi che io mi infili quel covone di pulci in testa, hai proprio sbagliato indirizzo, trovati qualcun'altro per allargare l'allevamento -. Capita l'antifona non insistette più di tanto (salirà sul prossimo), non gli resta che retrocedere, al proprio posto di battaglia, lì è sicuro che qualcosa da mettere sotto i denti la troverà. Afferrate nuovamente le gambe del socio: - ma dove diavolo ti eri cacciato, per poco non ci finivo dentro, ..avanti tienimi forte che ho visto qualcosa, “tienimi.. tienimi..” l'ho quasi raggiunto, ecco siii.. ci siamo... -
- Avanti.. e quanto ci vuole? (spazientì il socio) -
- ..Ancora un poco.. “fatto!!! ti ho preso finalmente” adesso non mi scappi più! (ed ecco rigurgitante dal suo pugno, apparire un grosso gatto) questa sera “carne finalmente..!” aiutami a scendere tu -. Mostrando all'azzurra cupola il sudato trofeo, il povero diavolo, scaglia roteante al cielo il dito medio in faccia ai santi: - tiè prendete questo (sputando per terra) ..figli di.. (addossando loro tutti i meriti riguardo il “binari morto” su cui poggia la propria condizione sociale) fanculo!! -
Fracassandogli la testa contro l'angolo del cassone ammazzano il gatto; rilevando con gli echi delle oscene risa, la netta ignoranza abbandonata in quell'ombra di mondo sazia della sorda indifferenza.
Intanto il nostro uomo, ripresa la sua marcia apparentemente senza meta; ci risucchia nella scia, lo seguiamo, fino a vederlo sparire dentro ad un negozio di barberia, dall'altra parte della strada. Da questo lato la distanza, non ci consente di vedere né di udire, aspettiamo, non sappiamo cosa, ma aspettiamo. I minuti che ci dividono dalla sua entrata, sembrano non passare mai, è un lungo silenzio quello che ci viene proposto, viene naturale chiederci che senso abbia tutto questo, ma chi ha deciso questo non sembra intenzionato a cambiare la sua offerta, ..magari non è per lui che siamo qui. Digiuni di risposte, ci rendiamo conto di non essere neppure padroni del nostro tempo, prigionieri della nostra incapacità di sapere ad esempio: che ora si è fatta, quanto siamo stati li “assoggettati” alla logorante attesa, capire il perché!?
Ma ecco qualcosa, rimuovere i veli ai silenzi del locale, da prima un leggero accrescere di parole, poi quasi dal niente, un boato improvviso vide la vetrina di cristallo infrangersi in mille pezzi, violentando in un solo istante ciò che da decenni era per i clienti della “barberia” una tappa fissa, una seconda casa, il bar, un confessionale.
Improvvisamente all'interno nascosto tra le tendine, tornò a far la voce grossa il Silenzio. Pochi secondi e la porta si apre alla luce naturale, l'uomo è fuori, nessuno sembra essersi accorto di niente, malgrado i cocci tutto tranquillo!
Si sofferma sui gradini antistante il negozio, arrampicando lo sguardo, contro le pareti dei monumentali alveari, dove uomini in giacca e cravatta ogni santo giorno, inchinandosi a sua maestà “il cemento”, animano il gigantesco acquario umano. Distratto da un leggero bruciore, porta la mano verso la basetta, silenzioso abbassa lo sguardo osservando tra le dita una lieve strisciata di sangue, lentamente l'avvicina, contemplando nel vivo liquido, l'essenza e colore; infine portando alle labbra le ruvide rotondità dei polpastrelli ne succhia gustandone ancora calda, l'inquisita entità.
Ancora assorto nei suoi vuoti, in un'altalena di circonferenze ellittiche stiracchia i muscoli del collo, insabbiando con una fragile naturalezza, l'ipotetico gesto di un'azione sconsiderata maturatasi all'interno dell'esercizio. Ma si, forse ha ragione lui, non ha niente da rimproverarsi, nessun peso da scaricare, è stato solo un incidente, non ha rotto lui la vetrina a riprova, nessuno che gli corra dietro, nessuno che ostacoli il graffiante stridio dei vetri che masticanti il marciapiede si sgretolano all'ombra delle pesanti suole, indicanti gli oscuri fiumi della città. Mezzora dopo lanciati come formiche sul pane, la polizia ha già transennato la zona, intasando accuratamente ogni spiraglio, non nascondono il loro bel da fare, salvaguardando il luogo del crimine da un maldestro inquinamento di prove causa incursioni di curiosi e giornalisti. Dopo l'ennesima valutazione ai detective non resta che stringere le briglie su l'unica ipotesi accreditata, quella dello squilibrato; inevitabile visto il disinteresse provato contro gli ammazzati, nessuno della serie risulta essere stato derubato.
Il tenente che fino a quel momento se ne era rimasto in disparte per non danneggiare gli indizi, invitato dal Dottor Crowel varca la soglia, seguendo mani in tasca lo scrupoloso lavoro della scientifica. Avvicinatosi alla vittima, il dottore facendo da Cicerone, sfila il lenzuolo da sopra il corpo senza vita, ancora accasciato sulla sedia rotante, impossibile non notare, il simbolico “sono passato di qui..!”
Le forbici, il suo lavoro, il pane quotidiano al quale avrà dedicato con passione buona parte della sua vita, conficcate con rigore dritte nel cranio a dimostrazione del fatale errore.
-Attilesco, non trova!? Viene quasi da pensare.. metti che un bel giorno quando uno meno se l'aspetta, (quasi sorridendo per la demenzialità che sta enunciando) un mio cliente insoddisfatto dell'autopsia, venga a bussarmi alla porta, ripagandomi del servizio reso, con quattro belle coltellate tra capo e collo!? - Ma Fred non ha alcuna voglia di sorridere, non dice niente; neppure quando con sua sorpresa, si avvede che nella poltrona accanto, c'è un altro cliente: “vivo, illeso” un testimone. Lo portano via tremante ancora in stato di shock, lo sguardo perso nel vuoto, come se la ruggine fosse penetrata tra gli ingranaggi del tempo, rimarcando “l'orrido” in un fotogramma infinito. D'istinto Il tenente muove i passi verso il tizio, ma viene trattenuto dal dottore che affossando nella evidente deformazione professionale con un cenno della testa lo invita a lasciar perdere: - ci abbiamo già provato, non siamo riusciti a cavare un ragno dal buco è già tanto se è ancora vivo, ho dovuto imbottirlo di tranquillanti per impedirgli di farsi scoppiare il cuore, tanto era agitato. Fatti un favore, lascia che lo carichino sull'ambulanza, prima che le pressanti immagini di morte ancora vive sulla retina lo uccidano -.
E' l'ora dei conti, i colleghi della scientifica descrivono la scena in maniera meticolosa, tanto che il tenente alla perfetta regia presentata in quel angolo d'inferno, sente suo malgrado “la carezza della morte” serpeggiare con i suoi brividi lungo la schiena.
- Macchie di sangue sulla lama del rasoio, sicuramente dell'omicida, deve essere stata questa la causa scatenante, che lo ha portato ad infierire sul povero cristo -.
- In fondo lo capisco (irrompe ironizzando un collega mentre masticando chewingum, continua a raschiare prove), è lo stesso servizio che farei volentieri anche al mio barbiere.. -
Il commentatore infastidito, lo squadra, per largo e per diritto, convincendosi che la risposta più indicata alla cretineria non può che essere la voragine del silenzio. Ignorandolo prosegue il suo racconto: - prima lo ha sbatacchiato dappertutto, come una bambola di pezza, poi lo ha scaraventato contro la poltrona ricambiando la cortesia, scoppiandogli in due il cervello. (il tenente chiude la partita esentando il professionista dal continuare la tortura) e chiudo.. usando come possiamo vedere, “i ferri del mestiere” sono andato bene con la tesi, o c'è dell'altro? -
- No! fino qui niente da obiettare si può dire che mi hai tolto le parole di bocca, c'è una cosa però, di cui non mi raccapezzo, come ha potuto commettere un errore così stupido; lasciare in vita un testimone, una plateale imprecisione; proprio non capisco..? -
Barton non se ne fece una malattia, la risposta stava sul naso, evidente come la mosca di Giotto; nessuno la vedeva perché la cercavano al di fuori della semplicità. L'esperienza gli aveva insegnato che per combattere un criminale, bisogna prima di tutto, entrare nella sua testa, capire come ragiona, come pensa, solo in questo modo è possibile anticiparne le mosse e giungere ad una tempestiva cattura, senza però dimenticare che certe volte la verità sta più a galla di quanto non sembri; l'assassino non ha ucciso il secondo uomo, per un semplicissimo motivo: non ce l'aveva con lui! al soggetto lo spettatore non aveva fatto niente, non si era intromesso, non era un suo problema, le conseguenze non lo preoccupavano minimamente tutto era ridotto a un'assurda punizione: il barbiere ha sbagliato ed il torto è stato ripagato con la stessa moneta. Una mente confusa ecco cosa aveva di fronte, nient'altro che questo, solo una mente malata può considerare legittimo questo modo di fare giustizia.
Capitolo 4°
Il minimarket
L'incubo non si arresta, è passata poco più di una settimana dall'ultimo capolavoro che l'uomo di cui ancora i Media ignorano le generalità, si avvia verso un nuovo progetto.
Girando nella giungla di scaffali all'interno delle corsie di un minimarket, si sofferma davanti alle innumerevoli etichette di alcolici, alla ricerca di una buona bottiglia di Whisky, tra le marche sceglie un invecchiato di provenienza scozzese, soddisfatto della scelta, così come è venuto, silenzioso ritorna alla cassa. La cassiera, una signora sulla cinquantina, con tutta calma, visto che in quel momento è l'unico cliente, sorridente batte il conto: - fanno diciassette dollari e cinquanta -.
L'uomo porge venti dollari e cercando incuriosito gli occhi della donna nascosti dietro le spesse lenti degli occhiali, attende il suo resto.
Come di consuetudine, la commessa riposto il denaro nel vassoio, in contemporanea afferra due verdoni da un dollaro ciascuno, ma purtroppo per quanto cerchi, non riesce a trovare nessuna monetina per il resto.
- Mi dispiace.. non ho monete per farle il resto (con una punta di imbarazzo) momentaneamente ne sono sprovvista, se vuole...!? - Gentilmente invita il ragazzo a pareggiarsi con caramelle e cioccolato.
Sospettoso il giovanotto, cerca di intuire nello sguardo della donna se il tutto non sia solo frutto di un metodico espediente atto a valorizzare i profitti. Trinceratosi in una tenue linea difensiva, tenta di sottrarsi al probabile raggiro: - ma io.. non amo i dolciumi..!? -
- Va bene.. (rilancia la cassiera) abbiamo pure dei salatini se vuole..? -
Cercando il nome sul camice: - forse non ha capito, signora Rosy o.. signorina!? Sono venuto per il whisky, “solo per il whisky..!” -
- ..D'accordo (ribatte la commessa) vediamo, non ha mica cinquanta centesimi le do un..? - Infastidito dalla nuova richiesta immediato alza le barricate: - non capisco le ho già dato venti biglietti e ne bastavano diciassette e cinquanta, adesso invece del resto mi chiede altri soldi, ma per chi mi avete preso? non me ne andrò da qui senza prima aver ricevuto ciò che mi spetta; e sia chiaro, “in moneta” le altre porcherie potete tenervele -.
- No! (insiste la donna dimenticando definitivamente le buone maniere) lei non vuol proprio capire, al momento non dispongo di monete quindi... -
- Quindi un bel niente, tenetevi pure il vostro schifosissimo whisky, troverò certamente un altro negozio che tenga seriamente alla sua clientela, e non la prenda in giro con questi stupidi giochetti; avanti restituitemi i soldi non voglio restare un minuto di più qui dentro -.
- Mi spiace, ma non posso proprio accontentarla, ormai le ho battuto lo scontrino la bottiglia volente o nolente la deve pagare per forza -.
In preda all'ira di fronte all'ennesimo rifiuto, non sta più a guardare le forme: - senta signorina.. sa dove se lo deve mettere il suo scontrino? -
- Non le permetto..! (irrompe il direttore a difesa della propria operatrice, richiamato dal fuorviato battibecco) non le sembra di esagerare un po' giovanotto? -
Tenta in tutti i modi di raffreddare gli animi, ma le porte del buon senso purtroppo, restano sbarrate. Perfino la proposta di una soluzione amichevole offerta dal responsabile non raggiunge l'effetto sperato. Ormai alterato, il ragazzo non si lascia piegare a ragioni di sorta: - avanti fuori i soldi!, o vi rompo la testa!! -
Al direttore vista l'impossibilità di riportare la calma, non resta che prendere di petto il ragazzo, contestandogli la maleducazione esibita in special modo nei riguardi di una signora, intimando altresì l'intervento della polizia.
Capitolo 5°
‘A tutte le auto..
La richiesta di una pattuglia, viene recepita dalla centralinista con un tono di urgenza, immediata la Centrale, rimbalza via radio la richiesta alle volanti: - a tutte le auto, “codice rosso”, probabile rissa con feriti al Minimarket Pink tra la seconda e la quarta strada direzione Green Mountain; si richiede intervento immediato -.
Tra gli agenti in strada c'è pure il Tenente, in quel momento in giro di pattuglia per altre grane, al quale non sfugge la richiesta d'aiuto; facendo appello al suo acume professionale: -Chooleman..!? ma il Pink..!? sbaglio.. o si trova giusto all'interno di tutti gli ultimi casini? -
- No..! non ti sbagli affatto, la zona minata e proprio quella, (guardandolo con la stessa simpatia di chi ti aumenta lo stipendio) e credo proprio tu stia pensando alla stessa cosa che penso io -.
- Ci sbaglieremo pure.. ma per il momento non ci conviene.. no..! abbassare la guardia su quel diametro sarebbe un grosso errore, se l'uomo di ghiaccio è di casa in quella zona, è nostro dovere, circoscrivere quanto più possibile il rischio di affiggere altre spille nel tabellone dei cadaveri. Raccogli tutte le auto disponibili, nell'eventualità di trovarselo davanti meglio non farci sorprendere impreparati -.
Il sergente non batte ciglio: - Capo pattuglia Chooleman, il sospetto potrebbe essere l'uomo che cerchiamo da tempo, chiedo massima collaborazione, ripeto: a tutte le pattuglie, questa è un'emergenza, convergere in stato di allerta nel punto convenuto, si ipotizza la presenza del pluriricercato uomo di ghiaccio, vista la pericolosità si raccomanda la massima attenzione, “evitate di fare gli eroi” aspettate i rinforzi, chiudo! -
Al sopraggiungere delle sirene, il tenente si aggiusta il parasole puntando lo specchietto a contare le volanti al seguito, richiude guardando altre auto rispondere all'invito affiancandosi dalle parallele; annuendo lancia un'occhiata di consenso al compagno: - stavolta lo prendiamo, quel figlio di puttana, garantito! -
Malgrado le disposizioni accettassero la messa in conto di brutte figure, il sergente guardando il mastodontico spiegamento di forze, contro un semplice sospetto, risponde con una stortura di naso: - speriamo..! ..sempre ammesso che c'entri qualcosa.. -
- ..Ecco ci siamo, buttati sulla destra, (assistendo alla risposta dei colleghi) “questo” si chiama cooperazione!! -
L'intera area è già in mano alla Polizia quando il Tenente fa il suo ingresso nel piazzale, lo stabile è praticamente sotto assedio, gli uomini tutti ben riparati dietro al cofano delle loro auto, armati fino ai denti e pronti a far fuoco.
Chooleman seguito dalla cavalleria fa prima un giro di ricognizione intorno all'edificio in modo da valutare eventuali vie di fuga, dopodiché dirige l'auto dritta al centro dell'ingresso principale lasciando chiudere le volanti a ferro di cavallo sull'intero stabile.
Il tempo di uscire dall'auto, e subito un agente gli si avvicina facendogli il punto della situazione: - per quanto ne sappiamo è ancora dentro, di qua non può essere passato lo avremmo visto, ci saranno senz'altro degli ostaggi all'interno, ma ad' ora non si è visto muovere foglia; nessuno, nessuno correre fuori a chiedere aiuto -.
- Uhm okay agente si metta al riparo adesso, ora è compito mio stanarlo. Sergente “il megafono” si dia il via alle danze! - Nel campo di battaglia, la voce amplificata, traccia un solco nel convulso etere, penetrando indenne, dritta nello stomaco del attività commerciale: - sono il Tenente Fred Barton, sappiamo che sei li! Sei circondato non hai via di scampo, ti conviene arrenderti, non peggiorare la tua situazione; esci con le mani bene in vista il giudice ne terrà conto -.
Per un attimo il megafono, dando tempo a chicchessia di rispondere, va a masticarsi un piatto di pausa; tutto si condensa nel mutismo, ma per quanto aspettino nessuno sembra voler controbattere. - non vuoi dialogare? D'accordo, vorrà dire che faremo a modo mio; apri bene le orecchie chiunque tu sia, perché non voglio ripetermi più, hai trenta secondi per far uscire gli ostaggi, eviterai un inutile spargimento di sangue, se ti consegni adesso tutto si sistemerà te la caverai con poco, magari con una semplice cauzione, (riferendosi sottovoce al collega) sempre che tu non sia chi penso io.. (i trenta secondi passano vuoti come il suono della morte) ..andiamo, non fare lo stupido cerca di ragionare, col tuo silenzio non fai che peggiorare la situazione, sto solo cercando di aiutarti, non vorrai mica che qualcuno si faccia male? sai bene che non ne vale la pena. (suo malgrado dal Minimarket, continuano inspiegabilmente a vomitare solo silenzi) Chooleman avvicinati! (alla ricerca di un parere, punta il mento in direzione della grande vetrata); tu..!? cosa ne pensi? hai macinato tante di quelle suole sul marciapiede, che se c'è uno in grado di leggere cosa passa dalla mente di un criminale in questi casi, quello sei tu! -
Chooleman si mostra poco ottimista, scuotendo la testa, lo riveste delle sue perplessità: - uhm.. non lo so, senti Fred.. la dentro ci dovrebbero essere almeno tre persone e non si sente volare una mosca, come mai? il terzo incomodo non si fa vivo.. non una richiesta; eppure potrebbe azzardare, sa che può farlo.. a meno che, (storcendo la bocca, in segno di ripudio per ciò che sta per dire) non abbia più “niente” da contrattare -.
- Siamo arrivati nuovamente in ritardo dici? un'altra volta a ripulire le sue pisciate? (traduce Barton respingendo l'idea) No! un'altra stanza degli orrori..? non ci voglio nemmeno.. “sarebbe assurdo!” (non vorrebbe ma visibilmente sfiduciato va a rovistare il peggio nel peggio) e magari il signorino in questo momento è da qualche parte a farsi una birra alla faccia nostra..! -
Intuiti gli umori, il sergente corre subito ai ripari, riportando la temperatura al primo stadio: - hmm.. fuggito dite? ..no, non può averne avuto il tempo, la zona è stata circondata a tempo record. Nessuno è stato visto uscire da qui, in auto o a piedi non sarebbe passato inosservato; e se proprio deve essere come dite voi, un passionista della birra, quello se la sta bevendo dentro ne può stare certo. Per quanto riguarda gli ostaggi.. per una volta dobbiamo solo sperare di esserci sbagliati, che non sia lui l'uomo che stiamo cercando; c'è un particolare a nostro favore che ci deve far sperare, nessuno finora ha sentito spari provenire dall'interno, il che lascia ipotizzare “una cosa buona“, il nostro uomo non è in possesso di armi. (velocissimo prima di venire interrotto, chiude la parentesi usando la chiave dei sui pensieri) “Una cosa buona ho detto“, quella cattiva.. troppo silenzio, non è buon segno -. - D'accordo.. (chiude la discussione il tenente) basta esitazioni, è inutile negoziare con un fantasma, preparami una buona copertura, e che il signore ce la mandi buona. Guarda se tra i ragazzi trovi qualche buon tiratore, mentre voi ci coprite, io col mio gruppo sferreremo l'attacco-.
Certe volte le situazioni sono veramente strane quanto più la strada si colora di terrore tanto più la folla accorre curiosa, sembra la festa del paese, tutti col naso in su in attesa che comincino i fuochi.
Come la calma che precede la tempesta, in un silenzio tombale, dove solo il fiato sospeso ha la chiave di casa, scatta l'azione. Sfondano in forze, ancora ignari di ciò che li aspetta all'interno, e chi!
Pochi attimi e da fuori giungono chiari i tafferugli, la vetrata si infrange con i poliziotti che vengono lanciati fuori uno ad uno come sacchi di patate. Non è facile aver ragione del gigante, ma essendo ormai palese l'assenza di armi da fuoco, Chooleman non esita oltre: - “Avantiiii..” - irrompe nel market con tutta “la cavalleria” al seguito; dando modo ai colleghi di respirare, cadono come mosche, offesi dai colpi sferrati dalla ciclopica mole, che comunque alla lunga non si dimostra immune alla continuità degli agenti, terminando quindi come era logico che finisse, in un'incondizionata capitolazione.
Ripercorrendo a mezzi passi il campo di battaglia, il Tenente facendo suoi tutti i particolari calpesta con aria sentenziosa gli ortaggi disseminati ovunque, scricchiolanti dei frammenti di vetro sparsi sulla pavimentazione. Dopo una veloce riordinata ai capelli si porta verso le calde ceneri del focolaio, dove un cumulo di uomini ancora addossati sul gigante, strappano la fragile maschera del mistero all'umana presenza, dissipandone col loro peso le ultime energie rimaste. Una volta annientato, com'è ormai tradizione, per tutti quelli che usufruiscono di un viaggio premio nelle patrie galere, la cavalleria non si esime dal fargli dono, delle tradizionali manette di benvenuto.
La polizia scorta l'uomo verso l'uscita, paratosi di fronte Fred, intima con una mano agli agenti di fermarsi, la tempesta è finita può guardarlo in faccia; naso a naso finalmente.
Gli sguardi entrano in simbiosi in automatico, un fiume di mute parole sembrano connettersi tra loro, è il tenente a fare la prima mossa, lo afferra per il mento rispondendo con un silenzioso ma non meno affilato sguardo di sfida: - hai finito di stendere lapidi, è giunto il momento che tu ne paghi le cambiali -.
La risposta al guanto di sfida sembra ricambiata in un semplice: - se hai voglia di piangere, non farlo qui, gira le chiappe e vatti a soffiare il naso sulla sottana di tua madre, se speri che ti dia il mio fazzoletto, te lo puoi scordare!!! -
- “Le manette!” ..mettete altre manette. (unica soddisfazione da far passar per grassa, in potere al Tenente Barton) Portatelo fuori, via via, non lo voglio più tra i piedi, “fuori!” -
Lo trascinano via come si fa per la spazzatura, lasciando al Tenente la rifinitura dei particolari. Nascondendo tra le mani ciò che gl'occhi non avrebbero mai dovuto vedere: - “mio Dio!” (esclamò) -; il telefono in fondo al corridoio, gli scaffali ammassati sul pavimento, la cassa abbandonata a se stessa. Troveranno la cassiera poco distante, gettata tra i banchi rovesciati della verdura.
Malgrado il buon addestramento, lo spettacolo si dimostrò insostenibile perfino per gli agenti, quando diretti a soccorrere gli ostaggi, “l'acido sorriso della Morte”, li saziò del suo sconforto costringendoli alla ritirata.
La mandibola della cassiera, divelta dalla discussa bottiglia di whisky, conficcata nella bocca dello stomaco; il direttore, anche lui steso a terra in una pozza di sangue, delineante i contorni del corpo devitalizzato. Testimone della sinistra esecuzione, il colorito violaceo della tumefazione attorno alle orecchie spiaccicate, senza dubbio dal peso della robusta cassa dei soldi.
Fred rimane senza parole, gesticolando con la mano, richiama i ragazzi, affinché intervengano solleciti, a coprire con un lenzuolo le vittime, concedendo loro il rispetto che meritano.
Al contrario fuori, i giornalisti mangiata la foglia, hanno già preso possesso degli spazi comuni, assetati di scoop si gettano su tutto ciò che può diventare immagine. L'arresto dell'uomo di ghiaccio non è cosa da poco lo sanno bene, ne tentano di tutte pur di guadagnarsi da vivere non si fanno scrupolo neppure di distogliere i poliziotti dal loro compito con improvvise ed inopportune interviste, le quali costringono i distintivi ad un azione di forza che vedono allontanare a malo modo i parassiti dalla scena madre. Tutte quelle divise, pistole, fucili, roba da film, un occasione unica, vale bene l'impiego di elicotteri e della diretta; ..si! vale la spesa, ma non basta.. devono penetrare all'interno, vogliono il sangue. Hanno capito che lì ce né in abbondanza, ne sentono l'odore; come lupi mannari si gettano con richiami e urla contro la barriera sfidando la polizia ad una snervante gara di resistenza.
Il Tenente viste le carte dell'avversario non si perde in chiacchiere: - chiamate subito la scientifica presto! ..prima che qualche sciacallo riesca ad inquinare le prove, (abbassando il tono) “..che vengano pure loro a divertirsi”. Tra poco sarà un inferno con quelli fuori, non so per quanto riusciremo trattenerli; quello che so.. è che ne verranno ancora, ed ancora, in agguato, come iene! (scrutandoli dalla vetrata) guardali.. pronti a succhiare ninfa dalle tragedie altrui, “venditori di fumo senza scrupoli”. (mostrando disgusto per tanta indifferenza) Venderebbero sua nonna pur di scattare una foto. (divorando come una spugna la loro sputata insensibilità) ..Ormai li conosco bene quelli, sono guidati dalla stessa ambizione, tappezzare quanto più possibile il nome in quelle pagine di giornali da quattro soldi, stampati unicamente per ficcanaso e pervertiti; bassa specie assetata di sangue e brivido come loro. No..! non sarò certo io a sfamarli, offrendogli la morte su di un vassoio d'argento, questo non è un Luna Park, “fateli sloggiare!” (affilando la sua ira) “a calci nel culo se occorre!!!” - Uscendo allo scoperto, saluta il bagno di folla interpretando una magistrale ingenuità, fingendo di non capire che tutta quella gente è lì penna alla mano penzolante dalle sue labbra, sosta al centro degli odori zittendo il teatro con un determinante sguardo castigatore. Dondolando su se stesso li osserva, e li osserva ancora, sviolinandoli da un lato all'altro severamente, mentre con la mano lentamente fruga l'arrugginito impermeabile, tirando su un paio di occhiali scuri; volge un ultimo espressivo sorriso al cielo a catturare l'inquinante roteare degl'insetti metallici, fermentando nel pubblico l'idea che il tenente stia per rilasciare l'ambita dichiarazione. Non si scatta, niente più domande solo microfoni e camere, è il suo turno, unico padrone della scena tocca a lui parlare e lo fa! Come si suol dire.. “togliamoci questo dente”: - ma non doveva piovere..? ‘e quando ci prendono mai questi del meteo!? ..quanto fa meglio un indiano..! -
I giornalisti sono ancora li aspettano, non hanno ben compreso se faceva sul serio o se deve ancora cominciare. Continua masticando gli ultimi silenzi, aggiustandosi gli occhiali; non li mette mai li trova perfino fastidiosi, ma pur di non guardarli in faccia.. male che vada pensa: “gli rovinerò le foto!” Si allontana timbrando il cartellino con una scrollata di spalle che parla da sola: “andate al Diavolo tutti quanti!”
Capitolo 6°
Il Processo
E' giunto il giorno del processo, saranno passati sei mesi dal suo arresto, l'aula è gremita di gente, aspettano solo di vederlo condannato, ci sono proprio tutti: giuria, avvocati, giornalisti, parenti delle vittime, perfino i classici testimoni “che prima non c'erano”.
In disparte un'ombra, silenziosa si scopre alla luce, è lui il tenente Fred Barton, ‘o meglio: “Capitano” visto che dopo la cattura del terribile assassino gli è stata riconosciuta la meritata promozione. Già proprio lui, ha seguito questa storia passo, passo, sin dall'inizio, non poteva proprio mancare, non adesso; adesso che si stava delineando la fine di questo disgustoso capitolo.
I giochi sono fatti, non c'è più tempo per niente, la porta laterale a fianco della giuria si apre, il giudice fa la sua entrata, salutato dall'intera aula alzatasi in piedi in segno di rispetto verso “la corte” ; il processo ha inizio. Tutti i fari sono puntati contro l'omicida “Josef Kerry”, presentatosi per l'occasione con un vestito gessato sul grigio ed una camicia chiara con cravatta lucida spezzata sul grigio nero.
E' una sentenza annunciata, i Media hanno tatticamente risvegliato l'interesse del pubblico martellando da settimane l'intero Stato. Valutate le prove a carico dell'indiziato, i giurati si presentano già cotti e mangiati; non si preoccupano neppure di nascondere l'evidente intenzione di raggiungere in tempi stretti il verdetto e tornarsene ognuno a casa propria “tanto sono schiaccianti”. In aula il banchetto degli indizi è stato allestito delle migliori pietanze, niente è lasciato al caso, impronte, testimonianze, registrazioni, hanno portato “di tutto”; mancano solo i cadaveri, impossibilitati a presenziare per ovvi motivi!
Non c'è più niente che possa fermare la scure impugnata contro di lui, inutile perfino invocare santi e madonne sempre che ci creda...
In aula parenti e amici delle vittime sono stretti in un'unica richiesta: “Giustizia!”, benché pesanti di disperazione le lacrime, non riescono a sotterrare il dolore, che al contrario sradicatosi dall'anima spacca il cuore gridando vendetta.
Anche a Josef Kerry la giustizia per quanto non valga la pena, deve una difesa. Gli viene assegnato un giovane avvocato d'ufficio il classico agnello sacrificale alle prime armi: l'avvocato Terry Hetman, l'ultimo nome dell'ultima lista, dell'ultima pagina, dell'ultima riga; in una parola l'ultimo arrivato, ”lo scarto”. Pure per le matricole non è facile, un dazio obbligato se si sceglie di far parte di questo mondo. Per essere precisi a Hetman la cosa non faceva poi così dispiacere, non che fosse pazzo di Kerry, ..anzi dell'Uomo di ghiaccio non glie ne poteva fregar di meno, il suo unico obbiettivo era mettersi in luce, marchiare i titoli di giornale affinché il suo nome potesse risuonare in lungo e in largo. Mostrare ai media e ai colleghi, con che finezza avrebbe risolto una fra le battaglie più impossibili. Malgrado la sua giovane età, non era uno stupido, nelle sue arterie si confondono malizia e ambizione, è cresciuto sulla strada, ha conosciuto la lotta, la supremazia, la fame.. in particolare proprio quest'ultima da buona maestra gli ha insegnato “a stare al mondo”.
Non dimenticherà mai quanto gli è costato restarci, convincendo se stesso che il Mondo non è diviso in razze, ma per “Carta Moneta”. I soldi! l'unica motrice, capace di sentenziare amori, guerre, morte, distruzione. La stessa carta che lavorando come una bestia non gli bastò neppure per l'Università, portandolo ad assaporare l'amaro calice dell'umiliazione quando finiti gli studi, dovette pagare baciando le mani di chi gli contò i soldi. I conti hanno un solo statuto, ed è “uguale per tutti!”: più salgono le cifre, più veloci scendono gli scrupoli.
Per quanto i soldi gli spuntino dalle orecchie, i potenti sono così attaccati al loro tenore di vita che l'idea un giorno di vedersi togliere ciò che hanno realizzato, è l'unica tortura capace di non farli addormentare. Sarebbero disposti a pagare qualsiasi cifra, purché quest'idea non si avvicini mai al loro campanello, non mancano di reclutare professionisti fidati pur di riuscirci, uomini pronti al primo accenno a calpestare di tutto: “onore e leggi”, realizzando senza batter ciglio ogni loro deviazione, fosse pure una porcata. Il tutto dietro diretto controllo di una vasta schiera di ottimi avvocati “pagati profumatamente”.
Hetman riguardo il processo ha altre visioni, le sue valutazioni vanno fuori dall'ordinario: una giuria visto le accuse, praticamente improvvisata, un anziano giudice annoiato che non vede l'ora di chiudere la pratica e incamminarsi per i sentieri della pensione, una “Pubblica accusa” messa insieme “dal giorno alla notte” non si è neppure interessata di studiare a fondo il caso disarmata dalla convinzione di aver già in tasca il verdetto; certi che chiunque avesse avuto lo sgradito compito di difenderlo, in cuor suo non avrebbe mai ostacolato il lavoro del boia. A Hetman piace guardare anche l'altra faccia della medaglia, la vita ha molte sfaccettature come quando ti muore uno parente, si piange il primo giorno e si esulta al secondo quando arriva l'invito del notaio.
Far risultare innocente un dichiarato assassino, un sanguinario odiato da tutti, la cosa stuzzicava, quale migliore opportunità per un avvocato, se giocava bene le sue carte, la giuria se la sarebbe piegata e messa dritta nel taschino, divenendo in un balletto l'avvocato più pagato d'America. Inizia il Processo, gli avvocati si affrontano in una battaglia senza pari, indirizzata per la maggiore a smontare lo stato psicologico del proprio rivale: - è l'ora di farla finita con questa pagliacciata, lo sappiamo tutti che sei tu l'Uomo di ghiaccio... -
Hetman dando prova di non essere uno sprovveduto, immediato interrompe l'attaccante: - mi oppongo vostro onore, la Pubblica Accusa sta tentando di intimorire il mio assistito, formula altresì giudizi prematuri atti ad influenzare la decisione della giuria; non mi sembra sia stato ancora formulato un verdetto che io sappia, e fino ad allora “pretendo” che il mio cliente abbia la giusta garanzia che gli compete; di un equilibrato processo -.
La pubblica Accusa non ci sta ad ingoiare la lezione e irrompe sulla corte anticipando la cautelativa decisione del giudice: - non vedo cosa abbia da recriminare la difesa? sto solo chiedendo il massimo della pena, credo sia un mio dovere farlo.. e scusate il gioco di parole ma “mi sembra il minimo”. Il popolo esige “Giustizia” ed ha il sacrosanto diritto di vedersela ottenere, togliere dai piedi il “signore” è un dovere al quale non ci possiamo esimere. (accattivandosi la giuria la trasporta a deridere il collega) Ehi avvocato delle cause perse..!? senti una cosa.. visto che ti fa tanta compassione, perché non te lo porti a casa tua? e già che ci sei, presentalo pure a tua moglie, vedrai che risate, ..già vi ammazzerete dal ridere..! -
Dopo l'ennesima risata del pubblico, seguita da una nuova obiezione, il Pubblico Ministero è costretto a metterci una pezza: - “signori, signori” (seguito da due battiti di martello) per favore..! Ehi voi due.. (richiamandoli a sé)“dite un po'..” non credete sia arrivata l'ora di darci un taglio, e dedicarsi a cose più serie, che so.. al processo ad esempio!? Veniamo al sodo “volete!?” Vi ricordo che siamo in un aula di tribunale, (avvolti nel silenzio i due abbassano lo sguardo, confermando la loro adesione) ooohhh.. così va meglio, torniamo ai fatti, la parola alla difesa, “mi raccomando, ai fatti!”
Nell'aria l'avvocato difensore, avvertì subito che non si trattava più di una passeggiata, le facce dei giurati parlavano da sole, i pollici puntano espliciti verso il basso. Non c'era più tempo per i giochetti a Terry non resta che giocarsi “il carico” l'ultima speranza vincente: - Signori della corte, signori della giuria, da quando è cominciato questo processo, vi risulta forse che io abbia mai detto una sola volta, magari per sbaglio: il mio cliente è innocente? Credo proprio di no! Non mi passa neppure per l'anticamera del cervello, di affermare un idiozia simile, in quanto il mio assistito, il qui presente signor Josef Kerry che tutti vedete seduto al mio fianco: “non è affatto innocente”, anzi è colpevole e questo “senza ombra di dubbio”; sono il primo io ad affermarlo pur essendo il suo avvocato, lui stesso non l'ha mai negato, quindi come avrete capito, non è la sua innocenza che sto cercando di dimostrare alla corte; i crimini li ha commessi “eccome...” non bisogna però dimenticare signori che i processi, non vengono affrontati unicamente per condannare o per assolvere, ma bensì cosa non meno importante, per farci riflettere, per farci capire.
La domanda che ci dobbiamo porre è: “Perché!?” Come si può scendere tanto in basso da comportarsi peggio delle bestie? Cos'è che ha spinto quest'uomo a diventare l'animale che oggi conosciamo? Ebbene.. Signori della Corte.. Signori della Giuria, malgrado l'imputato si sia mostrato reticente perfino col proprio avvocato, grazie alla vocazione, alla professionalità ed al rispetto verso la giustizia di cui sono paladino ogni qual volta ne indosso le vesti: finalmente “so!” non è stato facile arrivarci, ho dovuto scavare tra le scartoffie vecchie di anni, con le mani impastate di ragnatele e scarafaggi... non è stato affatto divertente credetemi, ho saltato di archivio in archivio di scaffale in scaffale, e qualche volta ho perfino saltato i pasti. Mi sono dovuto sorbire trent'anni di storia, ma alla fine quelle scatole umide e piene di muffa, hanno cominciato a parlare; vomitando tanta di quella robaccia, che adesso mi ritrovo a sapere più cose di lui, che di me stesso. Dimenticata sotto una coltre di polvere ho trovato finalmente la chiave mancante, affinché questo processo abbia per lo meno un senso. Adesso posso presentarvi la vera vittima di questa storia, l'avete proprio di fronte, eccolo!! (puntando il dito verso l'imputato) è proprio lui, Josef Kerry -.
Lo scompiglio pervade l'aula, e come era inevitabile insorge a tali affermazioni, imprecando verbi poco ripetibili contro il difensore, naturalmente la pubblica accusa ci va a nozze, ma si trattiene dal prendere le distanze quanto basta perché anche il pubblico lo favorisca dicendo la sua: - Mi oppongo vostro onore questo è un insulto vero e proprio ai danni delle famiglie qui presenti che mai si sarebbero immaginate... (fingendo indignazione più di quanto se ne possa scavare..) Ma.. ma come si permette!? Questi signori, hanno ancora calda la mano, “della pala” che ha sotterrato i loro cari, “ma si vergogni avvocato!!!” -
- “Silenzio!!! silenzio ho detto” o faccio sgombrare l'aula... “si calmi”! si calmi pubblico ministero la sua opposizione è accolta. E lei.. “Signor Hetman..” non capisco proprio dove intende arrivare con certe affermazioni, né ho idea di quanto la mia pazienza avrà forza per seguirla ancora; le chiedo solo di stare attento a come parla, soppesi bene le parole, fino ad adesso l'ho ascoltata volentieri, ma d'ora in avanti la prego vivamente di non esagerare, questa è un aula di tribunale veda di non trasformarla in un Circo Equestre.. (con aria seccata) “avanti..” riformuli la sua affermazione e prosegua! -
- Chiedo scusa alla Corte non era mia intenzione offendere nessuno, forse mi sono spiegato male, il mio intento da buon difensore era solo mettere a conoscenza la giuria delle possibili attenuanti. Vi racconterò come il qui presente, diventò quello che tutti conoscono come l'uomo di ghiaccio: Josef Kerry nasceva meno di quarant'anni fa, in un paesino del Missouri. Fu vittima di una società perbenista e bigotta che esaltata dalla bramosia di decidere il bene degli altri a tutti i costi, non si fece scrupolo alcuno a strapparlo ancora bambino, degli affetti e l'amore della propria madre. Lo esclusero da tutto e da tutti, confinandolo segretamente in un lugubre orfanotrofio laddove calpestare dignità e sentimenti era all'ordine del giorno -.
Per quanto la discussione lo riguardi personalmente, l'imputato continua insensibile a sfoderare i suoi affilati silenzi, estraniandosi milioni di anni luce dal racconto. Sente le voci accarezzarlo, ma inesorabile come il vento che tramuta le montagne in deserto, nulla sembra intaccare la sua durezza.
Il difensore seguita raccontando ciò che è riuscito a salvare dai quarant'anni di polvere e buio: - non credo ci voglia molto per capire, (continua l'avvocato indicando il cliente nascosto sotto spighe di capelli ingelatinati) basta guardarlo; l'imputato ha bisogno di cure, ci sono tutti gli estremi perché ne venga richiesta una visita psichiatrica, ed è quello che intendo fare, “perché di malattia si tratta”; solo un malato mentale, “un pazzo” se vogliamo, poteva fare ciò che è stato fatto, ribadisco la seminfermità mentale! -
Pazzo.. “quella parola” poche lettere, ma sufficienti a destare il gigante dalla nebbia mediatica. Poco soddisfatto della tesi diagnostica, Josef si alza affacciandoglisi contro: - “io non sono pazzo!” - Ma pieno di se l'avvocato, occupato ad accaparrarsi la giuria, a scapito del cliente, neppure lo ascolta; al contrario, spedito come un treno, direzione il proprio tornaconto, senza distogliere lo sguardo dalla corte, spingendolo, sottovoce, lo ammonisce: - seduto stronzo! Vuoi forse marcire in galera? -
Incurante riprende il discorso con la corte, senza avvedersi della reazione che ha scatenato nel suo assistito. Quelle parole, fanno salire un prurito alla guancia, così vicine e pungenti come un bacio, e quei modi.. così somiglianti alla violenza di un adulto, quando uccidendoti dentro, strappa via in un attimo la tua pubertà. Rigido come una pietra, dettato dalla rabbia per essere stato trattato “da pezza da piedi” con quel “pazzo, stronzo” gli si avventa contro guidato a sua insaputa da un insolito schizzo di saliva che fuggendo l'odissea va ad offuscare il nuovo “arcano”.
Collassati in un pesante impasto di carni a loro volta sono raggiunti dalle guardie che lanciatesi sopra, in una girandola di gemiti e pasta di colori si coalizzano sulla scrivania, masticandosi in un unico corpo. Il giudice tenta in tutti i modi di riportare la calma, batte più volte energicamente il martello, ma.. troppo tardi. Un grido di terrore si eleva sterminato lungo le aderenze della grande aula. le guardie riuscite a liberare l'avvocato dalle grinfie di Kerry, in un attimo assaporano al rallentatore tutta la verità; non appena alzatosi in piedi barcollante come un birillo, Hetman con le mani protese verso il vuoto nella speranza di trovare aiuto, lanciò gli occhi alla giuria. Nessuno dei presenti all'istante capì ciò che gli stava succedendo, benché lo sguardo ovviamente non prometteva niente di buono; le spiegazioni non si fecero attendere, semi cianotico, con le mani strette alla gola, lo videro azzerato di ogni resistenza fisica, inginocchiarsi nuovamente a terra, denudando in un energico colpo di tosse, i veli alla celata domanda. Un caldo scroscio purpureo vomitò dalle labbra, offuscando la marmorea pavimentazione, l'aula si inquinò delle grida di sgomento, purtroppo inefficaci contro il timido defluire. Il sangue marcando i perimetri del suo contenitore, silenzioso come una serpe si ritirò, andando a nascondersi “sonnambulo” tra le fibre spugnose dei vestiti firmati. Tremolante l'uomo, puntò il dito dritto davanti a se in direzione del gigante, pochi istanti, ma il gesto benché nudo, rese grazia a ciò che la voce non musicò: - che cosa mi hai fattooo....?! -
Lo sguardo nei confronti dell'avvocato è percepito dai presenti come un rimprovero, seguito da un tedesco monito: - chi hai detto che era lo stronzo? -
Con tutto il disprezzo che una carogna può contenere, Kerry replica, lanciando la lingua del disgraziato stracciata a metà, sulla scrivania. Alla vista di tale crudeltà, in aula scoppia l'Inferno, perfino i giurati non riescono a trattenere il vomito. Alcuni svengono, altri terrorizzati si danno alla fuga. Il giudice tenta in tutti i modi di salvare il salvabile, forte della sua autorità, racchiudendo il suo risentimento in un grido di rimprovero, pestò sul piattino con una tale violenza da vedersi schizzar via il martello. - portatelo via, “fuoriii!!” Prendetelo a calci in culo, ammazzatelo, fatene ciò che volete, “ma levatemelo dalle palleeeee...” -
Alle grida, si ammutolirono, perfino i presenti nell'atrio del Tribunale, fino dove le urla riuscirono a penetrare. Dal suo angolo, lo sguardo freddato del Capitano, sentì addosso rispolverarsi quella sensazione d'impotenza che pensava ormai dimenticata. Osserva gli agenti accompagnare fuori il gigante, dovrebbe percepirlo come una vittoria, gustare quella mattinata come un giorno di festa, “malgrado l'incidente dell'avvocato”. Ma le impronte di Kerry, sono ancora troppo presenti sulle sue spalle per cantare vittoria. Col tempo forse, col tempo, quando anche l'ultima sigla sparirà nei flussi delle fognature, forse allora potrà immaginare di togliersi il peso di quella croce; ma per intanto.. quattro sbarre di latta non basteranno, a placare la ferocia che si annida all'interno della sua corteccia.
Capitolo 7°
Il carro bestiame
I detenuti sono allineati davanti alle celle, le guardie prima di far passare la catena tra gli anelli posti ai bracciali delle loro caviglie, li perquisiscono scrupolosamente; dopodiché in fila indiana li conducono fuori dove un cordone di poliziotti ben armati e privi di scrupoli li attendono. Gli ordini impartiti dal superiore non lasciano alito a fraintendimenti: - nel caso vi doveste scontrare con qualche testa calda, non fatevi problemi, “fatelo secco”, vi troverete di fronte gente, che nella migliore delle ipotesi, non metterà più il naso fuori, una vostra esitazione potrebbe essere intesa come un'occasione d'oro; e per quanto ne so, (indicando il mezzo alle loro spalle) non ci penserebbero due volte a scannarvi pur di non salire nel carro -.
Uno per uno vengono avviati dentro un autobus blindato, un incrocio tra la ruggine ed il giallo canarino in uso esclusivamente per quel servizio. Ogni carcerato appena dentro viene nuovamente fissato per la catena da lucchetti antievasione collocati al pavimento. Per ogni posto vi è stata assegnata una chiave diversa, le quali a sua volta verranno trasportate direttamente al carcere da una scorta, unita al bus tramite contatto radio; un ulteriore misura di sicurezza, ideata dal capo delle guardie in concomitanza col direttore del Penitenziario, in modo da allontanare anche l'ultima idea di evasione. La guardia designata ad effettuare questa operazione sa bene che nel praticare la manovra è a rischio della vita, in quella posizione piegato al pavimento, ai piedi del criminale di turno ci vorrebbe poco per vedersi avvinghiare la catena al collo e farsi ammazzare, non ci sarebbe modo di salvarsi visto che all'interno non sono ammesse armi. Malgrado questo la paura è nemica e va saputa controllare, in fondo gli ospiti sanno bene che i fucili a pompa non aspettano che una scusa per suonare a morto. Il messaggio lanciato dal direttore, arriva chiaro come l'acqua: - questo è solo l'assaggio; il resto sarà pure peggio -.
Il capo delle guardie sospeso sul portellone, un po' per il gusto di farlo, un po' per carità cristiana, prima di chiudere improvvisa un sermone: - ..e pensare che fino a ieri avevate una visione della vita, alla stregua di una pisciata, capaci di puntarla ai dadi per uno schifoso bicchiere di whisky. Come vedete arriva sempre quella volta che si perde, adesso è giunto quel momento, il momento di pagare il conto; e non vi nascondo che è sarà salato, molto salato -.
Un messaggio quello del carceriere, che li accompagnerà fino al prossimo portone, termine del viaggio, e nuova residenza, che in verità sanno essere solo il corridoio per il vero viaggio.
Una volta dentro, dovranno spogliarsi della propria arroganza, fare a meno della dignità, e di quel poco di umano che ancora li contraddistingue dalla “Bestia”.
Né usciranno, sempre che riusciranno a farlo con i propri piedi, vecchi e decrepiti.
Nel tunnel blindato gli echi del niente si fanno pressanti, maturando nel gemellare balbettio il tremore della paura, spezzato solo dal frastuono delle menti alle sgradite condanne. D'ora in poi nessuno più si scomoderà a parlare in loro difesa, e forse non ne parleranno affatto; ignorati come pagine di un quotidiano, gettato a imputridire nel fetore di una discarica.
Le voci fino ad allora gradite ospiti del silenzio, si aprono alla rappresaglia , scaricando come cavalli spronati alla carica, tutto il loro veleno. Un conto in sospeso con la coscienza, è questa adesso la loro sanzione, e non avrà certo la mano leggera, “o meglio” non userà la cortesia di tenere affreno la lingua, anzi; ruoterà il dito sulla piaga infierendo: - ci dovevi pensare prima, è tardi per piangersi addosso, quante volte ti ho supplicato, non farlo.. lascia perdere, ti metterai nei guai, non vale la pena sporcarsi le mani, ..non volevi ascoltare; “e adesso?” che dovremo passare tutta la vita in galera, “cosa ne hai avuto? ..idiota che non sei altro!!!” -
Una volta giunti a destinazione saranno loro le vittime, la carne da macello, non hanno scampo e chiedere aiuto non li favorirebbe affatto, mostrarsi deboli intensificherebbe solo la sofferenza, rischiando di diventare il cesso dove tutti possono “pisciare” a loro piacimento.
Comincia la traversata, i carcerieri danno biada al bestione affinché muova i suoi passi per l'altra sponda; un po' come “Caronte” quando conduce i dannati nella riva dei sofferenti. Non sembra essere la stessa cosa per l'uomo di ghiaccio, il rimorso, la paura, cose irreali, non sembrano limarlo; non ha niente da perdere né da rimpiangere, non saranno certo quattro metri di catena ad intimorirlo: “dentro o fuori, è sempre la stessa merda!!!”
Non gli è possibile rimpiangere il defluire di ciò che non ha mai amato, di ciò che gli è stato impedito di conoscere.
Prigioniero del suo niente, continua a fissare il compagno di sventura seduto di fronte, in realtà senza guardarlo veramente, non ricorda neppure ciò che andava cercando, ma sa che si trova ancora là, alle sue spalle, sepolto dalla profondità del tempo, nel posto esatto da dove tutto è cominciato, là dove il sorriso di un “boia” diede fine al suo amore. Non lascia finestre aperte alle sue emozioni, nessuno deve entrare nella sua vita, niente occhi indiscreti, nessuna domanda, solamente un respiro, profondo, e sempre più accentuato; certe ferite purtroppo non rimarginano tanto facilmente, neppure con un fisico forte come il suo.
Il ciottolìo delle catene prende il sopravvento sul frastuono metallico delle paratie grigliate del pullman, ricalcando le gesta indegne di una nave negriera pronta a traghettare il suo carico di bestie umane, dritte anch'esse al loro nuovo padrone, “Il Direttore del carcere”.
Dopo ore e ore di viaggio, il pullman così come doveva essere, conclude la sua corsa di fronte al Penitenziario di Stato. Le porte si spalancano inesorabili, invitando l'enorme sigaro ad accomodarsi al centro della mediocre struttura architettonica, dove un corteo di uomini incolonnati è pronto a riceverli. Subito circondano il mezzo, mostrando agli ospiti il benvenuto offerto dalla casa casa, indicando come loro piatto forte i compagni piazzati sulle mura perimetrali con i grassi fucili a pompa puntati sulle loro teste. Una nuova realtà investe gli occhi dei visitatori non appena alle loro spalle, un cigolio avverte la chiusura dei cancelli, il tonfo finale saziato dagli scatti delle mandate parla da solo, sembra dire: “Lasciate ogni speranza o voi che entrate“, esattamente come l'anticamera dell'Inferno. All'evento ci sono proprio tutti buoni e cattivi, una festa che nessuno si vuol perdere, neppure il direttore che continua ad osservare in silenzio da dietro la vetrata del suo ufficio. Stanchi del viaggio, i detenuti vengono fatti scendere ed allineare uno ad uno davanti alla fiancata del pullman, L'interno si presenta in una vasta area deserta, circondata da un alto muro di cemento, contornato a metà da rotoli di filo spinato e taglienti lamine in acciaio. Sui lati alti un piccolo corridoio delimita tutto il perimetro, sottomesso in ogni suo angolo da piccole torri di sorveglianza, dove armi in pugno altre sentinelle, sono pronte ad infierire sopra il macinato fresco. La visiera abbassata sugli occhi non consente fuoriuscite di pietà, i loro sguardi restano ben nascosti in maniera che a nessuno sia di facile lettura un'inopportuna debolezza. Il patrono del penitenziario appoggiato su un angolo della scrivania, fogli alla mano con l'aiuto del capo delle guardie, prende le misure ai nuovi vacanzieri cercando d'intuire le teste calde di turno da mettere sotto spirito. Le valutazioni sul grado di pericolosità dei soggetti a lui assegnati, non fanno una piega: - hm.. ci sarà da lavorare su questi elementi -. E' sua consuetudine salutarne l'arrivo, un appuntamento al quale guarda sempre di non mancare. Rivolgendosi al capitano: - datemi la diretta, non voglio che si facciano venire la strana idea che qui si possa circolare liberi e indisturbati, mica siamo ai grandi magazzini; cosa ne dice di una bella rispolverata alle orecchie? “Microfono..” anche i sordi devono sentire ciò che la casa famiglia offre, vale anche per gli smemorati -. Premendo un pulsante sulla scrivania, il Capitano Davidson mettendosi in contatto con l'ufficio adiacente, chiede all'assistente che gli colleghi il microfono all'acustica esterna, l'avvenuto collegamento è è avvisato da un leggero clic. Rispolverare le parole del direttore, sarebbe come onorare la mamma dei cretini. Certe persone dovrebbero capirlo da sole quando conviene tacere. Non hanno ascoltato la mamma quando dovevano, ne Suor Coscienza quando le circostanze lo richiedevano, aspettarsi che lo facciano adesso, perché a qualcuno con l'aspirazione di fare il Papa, viene voglia di affacciarsi a fare i sermoni.. Eppure gli archivi che come confessionali, espiano gli innumerevoli ricoveri, isolamenti, e autopsie, non dovrebbero essere un segreto per il Capoufficio. Non lo ascolterà nessuno neppure le guardie. Aggiungere altro a questo spreco di consonanti e vocaboli, servirebbe solo a rovinarsi l'appetito. Normale a questo punto votare per alzata di mani, su un'unica soluzione: “tempo perso! Finita la manfrina, è Gave Davidson a prendere la palla, dando disposizione ai suoi di accompagnare i novizi a fare il solito shopping di routine. Devono percorrere una ventina di metri prima di raggiungere il corridoio centrale che dà al magazzino approvvigionamenti, esausti ed appesantiti dalle catene, percorrono il tratto con fare lento, trascinando le gambe. Intanto tutto intorno è un gran fierone di vecchi clienti, che accalcati dietro le inferriate godono eccitati, l'avvicinarsi dei nuovi vacanzieri lanciandocomepietre, apprezzamenti gratuiti alla volta della nuova mandria: - “finalmente carne fresca” (grida qualcuno dando inizio alle danze) su ragazzi cos'è quella faccia? non abbiate timore, su con la vita, siete tra amici, vi terremo compagnia noi non dubitate -. (un'altra voce..) - già vi staremo vicini “molto” praticamente attaccati alle chiappe, hahahahaha specialmente di notte!!! -
Le voci fendono l'aria forti del loro sarcasmo: - da questa parte ragazze, fatevi belle che stasera ci divertiamo -, segue il passo una bocca con più gengive che denti: - ehi tu biondina ti va di ballare? fatti mettere in cella con me che ti insegno come ci si muove.. - C'è anche chi con meno sensibilità, spiega meglio il concetto: - comincia col lavarti le natiche, mentre piazziamo gli strumenti.. Sai che musica..! hahaha, hahaha (sgomitando, apre le finestre del sorriso a un compare) shhhh... che resti tra noi, a me le ragazze dai capelli chiari me lo fanno attizzare hihihi... - Le risa da schiaffi sono ormai stampate su tutte le guance, in fondo quell'esperienza è stata il battesimo di ogni detenuto, inutile fingere sconcerto, e poi male che vada, tutto si riduce ad una sana risata. Da una piccola feritoia del piano terra, a sinistra della comitiva, il Turco fa una battuta nei riguardi del detenuto Josef Kerry: - ehi guardate un po' quello che ghigna, sembra uscito fresco, fresco, da una caverna, hahaha-. - Può darsi.. (risponde Frankie, meglio conosciuto da tutti come spazzola, perché talmente vecchio del posto, che a forza di camminarci né ha finito i pavimenti) non avrà l'aria del cronista o l'aspetto di un conduttore di telegiornale fin qui non ci piove, ma in futuro, certi apprezzamenti eviterei di farli sentire in pubblico, ha ricoperto fosse per molto meno, e non sto scherzando! - - Fuori forse! (interviene Texas stizzito), questa è una prigione amico mio, non lo dimenticare, “non è la stessa cosa” e qui al signorino conviene abbassare la cresta, e rigare dritto, se ci tiene alla pelle -. Vista l'inutilità di proseguire un colloquio indirizzato sull'unica strada chiusa, Spazzola si vede costretto a cambiare atteggiamento, lascia quindi la teoria, per provare ad insegnargli “la pratica”. Afferrato Texas per il collo lo spinge col viso tra le parti vuote delle sbarre, assicurandosi che tenga gl'occhi bene a dritta: - guarda pezzo d'Orso,( pressando con la mano) guardalo bene..! l'hai visto? Ha forse l'aria di un novellino tremante di paura? “mette i brividi” solo a guardarlo dà l'impressione di uno che si è portato il lavoro a casa; (mollando la presa) non appena comincerai a sospettare che lui e il diavolo sono la stessa persona,” è allora” che scoprirai, magari a tue spese, che quello il diavolo, se lo è divorato crudo. (lo liquida con una pacca sulla spalla) Dammi retta non è il caso, lascialo perdere, se non ti vuoi trovare col bavero sporco di sangue; il tuo naturalmente! (circoscrive il tutto, svelando l'aneddoto che influenza le sue conclusioni) Venite qua.. vi va di sapere come ho fatto a campare così tanto in questa specie di fossa comune, senza mai scontrarmi con una sana e gratuita coltellata, vi interessa? ..Ebbene voglio svelarvi questo mio piccolo segreto. Vedete.. io facevo il professore prima di ammazz.. (ignorando ciò che stava per dire) ..ho sempre avuto grande passione per la letteratura, un giorno mi trovavo a fare il mio solito giro di pulizie, quando casualmente, nell'ufficio del direttore vuotando il cestino, ho notato un quotidiano, voi sapete che a noi carcerati è vietato leggere giornali di cronaca, e troppo pericoloso provarci, viste le ripetute ispezioni di cui sono spesso oggetto le nostre celle; già, le celle, ma chi si sognerebbe mai di perlustrare l'ufficio del direttore? Quindi con la scusa del pavimento bagnato, chiudo a chiave la porta, apro il giornale, e do libero sfogo alla mia ardente curiosità, addentrandomi nel profondo della notizia. Una in particolare, raccontava di una vecchia conoscenza, sotto la sua foto c'era vita, morte e miracoli si fa per dire.. del tizio; ..quel giorno imparai, quanto fosse utile, “sapere sempre” chi viene a cena. A me è servito “sono vivo”, e questo ne è la prova! riguardo l'uomo delle caverne, come lo chiamate voi, ho avuto occasione di leggere pure le sue referenze e dovete credermi se vi dico che non fanno una grinza, nessuno più di lui si merita il “Centro vacanze”; ..solo una piccola precisazione.. si è aperta a parer mio una piccolissima falla nella valutazione dell'agenzia che ce lo ha inviato, un neo, un microscopico inconveniente: la “Ti sbatto al fresco viaggi” nel prenotargli la stanza, avrebbero fatto meglio prima, ad adoperarsi per evacuare il carcere, perché se a quello una mattina la testa gli dice di alzarsi con la luna in traverso.. che ci crediate o no, ci sarà da pisciarsi addosso, e non è di risate che sto parlando -. Finito di manifestare i suoi dubbi, Spazzola continua guardando fuori, a studiare i lineamenti della bestia le sue mosse, rovistando nello spaccato della sua psiche allo scopo di carpirne gli stati d'animo le intenzioni; ma oltrepassare quella sorda campana di pietra non si dimostrerà cosa da poco. I tentacoli della torbida fantasia invadono la mente, liberando nelle rughe scolpite di un viso dalla pelle decrepita il sudore, dando vita complice il bruciore degli occhi, ad un'evanescente danza d'immagini. Una folata di vento improvvisa, solleva nel piazzale una densa nuvola di polvere, velando per un attimo le figure remissive dei condannati. Una strana figura si materializza ingurgitando verso di se le attenzioni, sembra.. no no, non può essere; non ci sono animali nel carcere o almeno non così grossi. Seguito dalla coltre di polvere sollevata dal passo dei novizi si avvicina, ad ogni passo la sua omogeneità sembra subire violentissimi cambiamenti strutturali; percorso da enciclopediche somiglianze ad altri esseri, non si riesce a descrivere cosa sia veramente, adesso le mani sembrano quelle di un drago la coda tutt'uno col corpo, la pelle di uno squamoso grigioverde come quella di una serpe, ma cambia ancora, e ancora. Malgrado la folla continui ad inveire contro i nuovi cugini, gli occhi di Spazzola non si staccano dal “presunto”. L'essere multiforme non sembra disprezzare affatto l'accoglienza mostrata, anzi si lascia andare ad esibizioni da star stringendo al cielo in un unico pugno quelle che dovevano essere mani, cangianti adesso in un avvolgersi di viscidi tentacoli rami forme. Ringraziando tutto il circondario come fanno dopo vinta una gara i campioni ai loro sostenitori, l'anteposto si svela: - calma, calma agnellini cari, sto arrivando, anch'io non vedo l'ora di stringervi forte a me. Solo il tempo necessario e giuro che vi “cambierò la vita” uno alla volta vi toglierò “quel peso dallo stomaco”; in fondo non è questo che stiamo cercando tutti, un modo andarcene da qui!? Perché desistere allora? lasciatevi andare, concedetevi a me, io sono l'unico qui che vi apprezzi sul serio, tirerò fuori “tutto il buono” che c'è in voi potete scommetterci, (mescolando alla vanità un accento di sfrontatezza) e poi, diciamocelo apertamente; stare al fresco, non è mai piaciuto neppure a me -. Il detenuto cercando di capire se il suo tormento è solo causa di un sogno, ne ha però ben chiaro il concetto; l'ipotetico balordo( partorito dalla sua mente?) quando diceva: “vi toglierò un peso, sapeva bene a cosa mirava, di certo non a cose terrene, visto che è goloso di anime, come un bambino delle sue caramelle. Texas avvertita la paura nei pensieri del compagno lo scuote destandolo dai timori: - ehi Spazzola, che ti succede? Riprenditi; sembra quasi che tu abbia visto un fantasma -. Spazzola afferra così, che nessun altro oltre a lui, ha assistito alla visione; perplesso per l'inverosimile, si gira un' ultima volta verso Josef Kerry, annuendo: - peggio, molto peggio.. “possiamo andare adesso?” ho visto fin troppo per oggi -.
Giuseppe Fina
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