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Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Miccoli Mariarosaria
Titolo: Amore oltre la morte
Genere Narrativa Sentimentale
Lettori 3532 77 96
Amore oltre la morte
Guardo fuori dalla finestra e tutto fuori mi sembra così bello, splendente. Oggi è una bella giornata, c'è un sole mozzafiato e molta gente è per strada. Odo da lontano le urla dei bambini che giocano a nascondino, le automobili che sfrecciano ed un rumore indecifrabile, forse un misto di rumori messi assieme. Questo paesaggio non è in sintonia con quello che sto provando in questo momento. Ho sempre saputo come si sentissero gli altri, con quale facilità descrivessero i propri sentimenti, ma non ho mai avuto il coraggio di guardare dentro me. Per molti anni non ho espresso quello che frullava nella mia testa, spesso nascondendo, mascherando o chiudendomi in me stessa. Alla domanda “come va?”, ho sempre risposto che andava tutto bene anche quando avrei voluto spaccare qualcosa. Ho sempre avuto il piacere di aiutare gli altri perché questo mi rendeva felice, ma non ho mai distrutto quel muro che mi separava da me stessa per permettermi di stare bene, almeno una volta nella vita. Queste sono le riflessioni che attraversano la mia mente mentre sono in un letto d'ospedale, lottando tra la vita e la morte. Gli amici che ho si possono contare sulle dita di una mano e quei poveretti che vengono a trovarmi, mi guardano sempre con aria di pena. Penso che non siano realmente preoccupati e che lo facciano perché “devono”. Mi dicono di non arrendermi, ma non mi servono parole di incoraggiamento, lo so già che non devo farlo. Ho bisogno di cose concrete, di sentirmi per una volta “concretamente” importante per qualcuno. Il tempo passato qui, tra una visita e l'altra, mi lascia sempre molto tempo per pensare ed il più delle volte non sono belli i pensieri che faccio. Penso a quante cose avrei voluto ancora fare, magari andare a New York sulla pista pattinaggio del Winter Village al Bryant Park che spesso si vede nei film natalizi oppure frequentare un corso di fotografia per catturare i momenti più belli. Avrei voluto, per esempio, lanciarmi da un paracadute per sentire il brivido del volo, avvertire un senso di libertà. Mi sarebbe piaciuto cavalcare un'onda con una tavola da surf oppure correre a perdifiato per non perdere un treno. Invece, non potrò più farlo. No, Kelly, non devi pensare a questo. Ce la farai, devi solo sperare. Ma sperare in cosa? Nessuno ancora sa darmi una risposta, non so ancora per quanto tempo starò qui ed intanto sono già passati sei mesi. - Buongiorno Kelly! - , una voce squillante interrompe il flusso dei miei pensieri. È la mia nuova amica Bea, fa parte di un gruppo di volontariato che si occupa delle persone che hanno bisogno di un sostegno emotivo e fisico. Bea ha un grande sorriso, ogni volta mi riempie la stanza di palloncini colorati, fiori profumati, abbracci calorosi. Non nutro dubbi su di lei come per i miei amici, perché lo si legge nei suoi occhi che tiene molto al benessere degli altri. Mi capisce al volo, sa come mi sento. Si avvicina, mi guarda negli occhi ed esplode:
- Kelly, non permetterti mai più di versare una singola lacrima in mia assenza! In questi momenti hai bisogno di condividere il tuo dolore con qualcuno, di sfogare la rabbia che hai dentro. Perché non mi hai scritto un messaggio? È vero, oggi avrei iniziato più tardi il mio turno, però per te sarei venuta anche a notte fonda! -
Cerca di gesticolare il meno possibile, ma non ci riesce. Lei è la tipica italiana che esprime tutto adottando sempre un gesto diverso e questi suoi movimenti mi fanno sorridere. È davvero buffa quando usa le mani per farsi capire e spesso quello che dice non è coerente con il gesto scelto.
- Ecco! Lo sapevo che saresti scoppiata a ridere. Cerco di aiutarti e mi prendi anche in giro! - , ci scherza su. - Buongiorno Bea... scusami se non ti ho chiamata, avevo bisogno di stare un po' tranquilla e soprattutto sola... ogni tanto mi fa bene. E comunque, non ti prendo in giro! Ma sai esattamente che quando gesticoli sei ridicola... - , irrompo.
- Ah sì? Bene, da oggi in poi il tuo amico fidato sarà Cole... voglio vedere se ridi poi... -
Cole è un altro volontario del gruppo Uniti per la Vita ed anche lui cerca di dare un senso alla restante vita degli ammalati. Ha gli occhi color miele ed è goffo, ma ha un cuore grande. Tutti gli vogliono bene per la sua semplicità e la grinta che trasmette. Bea mi ha minacciata in quel modo non perché volesse affidarmi ad un incompetente, ma perché Cole una volta ha combinato un disastro nella mia stanza. Stavamo svolgendo un laboratorio d'arte e c'erano colori a tempera ovunque. Ci diede il compito di dipingere il nostro fiore preferito perché un giorno saremmo sbocciati come lui. Io avevo deciso di dipingere un girasole perché oltre ad essere il mio fiore preferito, nasconde una bellissima leggenda d'amore. Mi raccontava mia nonna che nella mitologia greca esisteva “una ninfa di nome Clizia che si era innamorata del Dio del Sole, Apollo. Lui credeva di ricambiare, ma un giorno l'abbandonò. La ninfa pianse ininterrottamente per giorni, guardando sempre verso il sole, finché il suo corpo non assunse la forma di uno stelo e la sua chioma divenne 16 una corolla gialla, il colore del sole. Questo le permise di ammirare sempre il suo amato senza allontanarsi mai più dal campo”. È vero, questa è la storia di un amore impossibile, ma mi ha insegnato a guardare sempre il lato positivo delle cose, a credere nell'amore nonostante tutto. A Cole piacque tantissimo il mio disegno. Mentre ci passava i pennelli, versava un po' di tempera in un piattino di plastica e quando ormai non ne conteneva più molta, quel povero tubicino veniva strozzato per versarne il residuo. Volevo alzarmi dal letto, ormai era un istinto naturale fare quel movimento. Cole si accorse di questa mia improvvisa volontà e per salvarmi da una brutta caduta, posò il piede sui colori a tempera e fece scoppiare i tubicini. La stanza era diventata un quadro e noi i soggetti del quadro. Avevo il camice variopinto e le lenzuola in pendant con il resto della stanza. A nulla valse dire al direttore che era stata colpa mia. Ma mi aveva davvero salvata, solo che non mi fidavo dei suoi piedi così violenti! Non avevo potuto difendere quei tubicini e non sarei nemmeno potuta andare al funerale. In compenso, avevano però generato in me una sorta di identificazione con essi: immaginavo di essere un tubicino che da un momento all'altro sarebbe stato buttato via.
- Cole! Ehi Cole! Vieni qui... una persona vuole che oggi resti tu con lei... - , urla Bea, con un'aria di sfida. - Bea, non è il momento di scherzare questo. Oggi ho combinato un altro guaio... -
- Non ci posso credere, sei un disastro vivente! - , scherza Bea.
- Grazie per questo meraviglioso complimento! Non me lo aspettavo da te visto che stamattina hai preso in pieno il muretto dell'ospedale con la tua piccola Twingo rosa. Senti Hello Kitty, ho rotto il contenitore della flebo di una paziente, potresti coprirmi mentre corrompo un'infermiera e ne attacchiamo un'altra? -
- E tu davvero vuoi affidarmi a lui? - , dico io, ridacchiando. - Certo che ti copro idiota! Ma dopo dovrai occuparti di Kelly, visto che mi prende in giro... e in quanto a te, sì ti affiderò a lui... - - Davvero hai rotto l'auto? - , le chiedo dispiaciuta.
- Sì, ma è solo un catadiottro rotto e qualche graffietto. È un incapace, ma anche un povero ruffiano. - - Ahahahah dai smettila di insultarlo... - - Ah! Ora lo difendi pure traditrice!! - - Dai, vi voglio bene... siete la mia famiglia ora... -
- E tu sei la persona più dolce del mondo. A proposito, da quanto tempo non ricevi delle visite? -
- Non so, saranno settimane ormai - , abbasso lo sguardo e cerco di nascondere la mia tristezza. Ma troppo tardi.
- Ehi! Non volevo ferirti! Te l'ho chiesto perché la signora Smooth della reception mi ha detto che oggi riceverai una persona che non ti ha chiamata per tutto questo tempo e che vorrebbe conoscerti. -
Inizio a pensare ad una possibile conoscenza, anche lontana che mi potesse aiutare a capire, ma non mi viene nessuno in mente. Forse avrò rimosso tutto o davvero è qualcuno che non conosco. Chissà cosa vorrà da me.
- Bea, sicura che la signora Smooth non ti ha detto di chi si tratta? -
- No tesoro, non ha voluto dirmelo. - A parte questo piccolo inconveniente, le mie giornate in ospedale trascorrono tra una risata e una consolazione. Questo gruppo ormai fa parte di me.
CAPITOLO 2
Bea ha deciso di abbandonarmi per qualche minuto per andare a prendere un caffè e spero che non torni prima di mezz'ora perché sono stanca di fingere e voglio riposare. In 52 anni non ho mai ricevuto una sorpresa da una persona sconosciuta e la cosa più grave è che non riesco a capire chi sia. Le mie figlie ormai vivono lontano e mio marito è morto quindici anni fa. Sara, Belu e Kristen non vengono a trovarmi esattamente da quel momento perché a mio parere hanno sempre pensato che io fossi l'artefice della morte di mio marito. Soffrivo già di una malattia ematologica che riuscivo a tenere sotto controllo tirando il sangue in più che producevo. Mio marito Joan, eccessivamente preoccupato di questa mia condizione, si era lasciato andare avendo una crisi depressiva. Per prendermi cura di lui, ho trascurato la mia salute e la mia famiglia. Sfortunatamente, nel corso del tempo è mutata in qualcosa di più grave. Avevo scoperto da poco di avere una malattia degenerativa ematologica che colpisce gradualmente gli organi. Così, dopo vari controlli, il medico mi rivelò che avevo una malattia del sangue chiamata “mielofibrosi” e che avrebbe potuto uccidermi in poco tempo senza alcuna possibilità di salvezza certa. Anziché starmi vicino, ognuno ha saputo abbandonarmi in modo diverso, mio marito morendo e le mie figlie scappando via. A tutti spaventa la realtà, ma non è giusto metterla da parte. Quindi sono rimasta sola per così tanto tempo che ora non mi ricordo più come ci si sente ad essere amati. Sì, è vero... 19 prima ho parlato di Bea e Cole, ma è come se vivessero nella dimensione “ospedale” mentre per me la vita dovrebbe essere fuori. Il dottore entra nella stanza cercando di assumere un'espressione tranquilla per darmi una notizia che potrebbe cambiare per sempre il corso degli eventi.
- Signora Benstan, come si sente oggi? -
- Buongiorno Dottore, oggi va discretamente bene... -
- Ascolti devo dirle una cosa. Abbiamo analizzato gli ultimi referti e abbiamo sottoposto a ricerca i risultati. I tirocinanti hanno scoperto che la sua malattia potrebbe essere curata definitivamente attraverso un trapianto di cellule staminali. La notizia negativa, però, è che devono essere prelevate da un neonato. Lei conosce una neomamma? O qualcuno che possa aiutarla? -
Una scossa ha pervaso tutto il mio corpo, sono un misto di incredulità e sconfitta. Non posso credere che finalmente qualcuno mi stia dando un briciolo di speranza, ma sfortunatamente non conosco nessuno che possa aiutarmi. Decido di rispondere:
- Che bella notizia Dottore, non può immaginare cosa mi stia passando per la testa in questo momento. Solo che sfortunatamente non conosco nessuna neomamma che possa aiutarmi... sembrava troppo bello per essere vero. - - Be', in realtà ci sarebbe una possibilità. -
- Quale? - - Potrebbe richiedere una donazione o mettersi in lista per trovare un donatore. Nel mondo c'è sempre qualcuno che vuole fare del bene... -
- Dottore, ho paura... ma sì, voglio provarci. Tanto che cosa mi resta da fare? -
Il dottore è uscito dalla stanza ed è andato a richiedere il modulo da compilare per fare la richiesta. Chissà se ci sarà 20 qualcuno pronto a darmi una mano, darei a quella neomamma e a quel neonato una grande possibilità economica. Magari potrei dare in eredità tutti i miei soldi a quella famiglia e cercare di rendere felice quel bambino. Nel frattempo, il dottore mi passa il modulo, lo compilo e appongo la mia firma. Non esito un attimo perché so che se non sfrutto questo momento un giorno potrei pentirmene. Ho bisogno di dire tutto a Bea, sicuramente sarà felicissima. Il dottore va via e io ne approfitto per riposarmi, ma inizio a non sentirmi bene. Sento bussare alla porta, ma non riesco a capire se è un sogno o è soltanto il liquido della flebo che mi sta facendo venire le allucinazioni. Sulla soglia della porta, vedo una ragazzina bellissima, mai vista nella mia vita. Mi guarda un po' intimorita e non riesce ad entrare nella stanza. Io la sto guardando, ma non riesco a parlarle, mi sento bloccata. Vedo Bea passare lungo il corridoio con una fila di bambini che la seguono, staranno facendo qualche laboratorio. Si ferma sulla soglia della mia porta e guarda stranita quella ragazzina. Per fortuna, è lei a rompere il ghiaccio e provvede ad interrogarla da parte mia.
- Ciao, hai bisogno di qualcosa? -
- Ehm... ciao. Sì, sto cercando la signora Kelly Benstan. Sai dove posso trovarla? -
Io ascolto, ma non riesco a carpire la voce dolce di quella ragazzina. Sento un vocio, non so di cosa parlano esattamente, ma so che mi hanno nominata.
- Sì e sei capitata nella stanza giusta. Eccola lì. -
Bea mi indica e fa cenno di tirarmi su, ma io non sto capendo niente, sento la febbre addosso e una grande debolezza. Bea si avvicina e mi tocca la fronte. Leggo sul suo viso che le cose ancora una volta non vanno bene. Corre a prendermi un po' d'acqua mentre chiede alla ragazzina di tirare la cordicina qualora non dovessi dare segni di vita. Entro in una sorta di trance e la ragazzina si siede sul mio letto a fissarmi. Bea torna con un'infermiera che mi inietta qualcosa per farmi riprendere, non so bene cosa. L'infermiera le consiglia di farmi riposare e chiede a Bea di non lasciarmi sola. Dopo questa breve conversazione, la ragazzina inizia a parlare:
- Ehm... senti Bea se hai da fare, rimango io con la signora, non preoccuparti. -
- Davvero lo faresti? È che ho dei bambini di là tutti insieme e stiamo facendo riabilitazione musicale. -
- Sì certo, va' pure. Se dovesse succedere qualcosa, non tarderò a chiamare l'infermiera. -
- Grazie. -
Bea esce dalla stanza e cado in un sonno profondo. Sento una mano che stringe la mia, trema, ma è calda e piccolina. Non so per quale motivo, ma mi fa sentire al sicuro. Dopo due ore abbondanti, mi risveglio e mi sento rinvigorita. Per mia sorpresa la ragazzina è ancora vicino a me e ha una cartellina rosa tra le mani. Fissa me e poi torna a guardare una foto. È una bellissima ragazza, ha i capelli lunghissimi e lucenti. Sono marroni ed hanno delle sfumature rosse. Ha una piccola frangia che le copre un occhio e i suoi boccoli cadono a ciuffi sulla felpa. È magra e bassina. Mi ricorda un po' me da giovane, sempre in jeans e una maglietta che copriva sempre tutto e uno zainetto sulle spalle. Ma i suoi occhi, mi ricordano qualcuno. L'angolo dell'occhio è rivolto all'ingiù e le ciglia sono folte e lunghe. L'iride, invece, è blu con delle sfumature ghiaccio. Mi fissano forse impauriti o forse perché provano compassione per una come me. All'improvviso decide finalmente di rompere il silenzio.
- Ciao - , dice dolcemente, - ti senti meglio? -
Sembra realmente interessata a me, solo che voglio sapere di più.
- Ciao bambina, innanzitutto grazie per essere rimasta qui per tutto questo tempo. Mi sento molto meglio, anche se ancora molto debole. -
- Sono contenta che tu stia meglio. Ah scusami, non mi sono nemmeno presentata. Mi chiamo Fleur Wise! -
Fleur Wise? E chi sarebbe? E come mai ha cercato proprio me? Esito un attimo prima di risponderle perché ancora non capisco bene e lei non vuole parlare.
- Piacere mio Fleur. Io sono Kelly, ma già lo saprai sicuramente. -
- Sì, so perfettamente chi sei. Mi hanno parlato di te diverse persone. -
Oh mio Dio! Ma chi è questa sconosciuta? Mi sta mettendo paura. Sembro intrappolata in uno di quei film horror in cui c'è una bambola che prima o poi ti attaccherà. Vorrei scappare, ma la natura me lo impedisce. Non riesco a schiarire le idee, sono confusa.
- In che senso? Cioè chi ti ha parlato di me? -
- Mia madre. - - Chi è tua madre? - , chiedo.
- Si chiama Sara. -
Un fremito mi attraversa la testa, adesso sono più in palla di prima. Ha nominato Sara, mia figlia. Quindi significa che lei è mia nipote? Ma come è possibile? Perché Sara mi ha nascosto una cosa simile? E perché ora questa bambina è sola? Che cosa sarà successo? Starà male? Inizio davvero a preoccuparmi. La bambina si avvicina di più e cerca di riportarmi sulla giusta strada.
- Ehi, non correre troppo con quei pensieri. Sì, Sara Faith. -
- Ma è mia figlia! Quindi tu devi essere... -
- ... tua nipote. -
Ne avevo avuto il sospetto, ma ora ho completamente la conferma. Lei è mia nipote ed io cado dalle nubi. Quanti anni avrà? Quando mio marito è morto e sono andati tutti via, Sara era la più grande, ma non aveva mai avuto un fidanzato. Oppure, sarò stata assente a causa di tutte quelle preoccupazioni e non ho saputo vedere come stavano realmente le cose.
- Ma... come mai sei qui? Dov'è tua madre? E perché ti ha nascosta per tutto questo tempo? -
- Calmati, Kelly. Cercherò di spiegare piano piano. -
- Non posso stare calma sapendo che ho mia nipote davanti e di cui non conoscevo nemmeno l'esistenza! - - Hai ragione! Ma non è colpa della mia mamma se sono qui! -
- E allora perché sei qui? Perché vuoi conoscere la catapecchia che tutti si sono lasciati alle spalle? - - Perché ho sempre avuto il desiderio di avere una nonna... la mia non ha mai voluto passare del tempo con me e ho sempre sentito i miei coetanei parlare dei propri nonni. Mi hanno sempre chiesto se anche io li avessi ed ho sempre detto di sì, nascondendo la verità. -
- Guarda tesoro, io non ho problemi ad accoglierti, ma voglio sapere perché sei qui. Sto iniziando seriamente a preoccuparmi... -
- Siamo tornati qui circa un mese fa e alloggiamo momentaneamente in un albergo. Mia madre è una giornalista e spesso è fuori per lavoro. Io rimango sempre sola, mentre fino a qualche anno fa avevo papà con me. Lui è un militare ed un giorno è stato inviato a compiere una missione. Non so se sia vivo e dove sia ed io mi sentivo terribilmente sola. Non ho mai riposto le mie speranze nei ragazzi della mia età che pensano solo ai soldi e alla popolarità. Mi manca l'affetto di una persona di cui posso fidarmi e che mi ami per ciò che sono. -
Non posso credere a tutto quello che dice questa bambina. Mia figlia è qui a Londra e non ha avuto nemmeno il coraggio di chiamarmi. Vorrei poter capire di più, ma non posso chiederlo ad una ragazzina. Non parlo con mia figlia da molto tempo e non ne capisco ancora la motivazione. Lei era l'unica che in quel periodo era vicino a me, cercava sempre di spronarmi per andare avanti e molto spesso ho pianto tra le sue braccia. Quando è andata via, il mio cuore si è frantumato e non sono mai riuscita a rintracciarla. L'ho cercata ovunque ed adesso che è qui, non voglio che sparisca un'altra volta.
- Ehi tesoro, io ancora non ti conosco, ma posso assicurarti che non ti lascerei sola neanche se mi crollasse il mondo addosso. Solo che ora come ora, non posso prometterti grandi cose... ho affidato la mia vita a Dio! - - Sapevo che lo avresti detto. Io sono sicura che tu tornerai a vivere una vita normale, credo in questo. So che sei anche una persona forte e se sei riuscita a sopravvivere finora, vuol dire che vivrai ancora per molto... -
Che carina, è così dolce. Adoro il suo modo di parlare così volutamente bene delle persone. Non sarebbe in grado di fare del male nemmeno a una mosca. Traspare una certa fragilità, è indifesa. Chissà cosa ha dovuto affrontare, povero tesoro. Conosco bene l'assenza di qualcuno che non potrai mai più rivedere e lei sente palesemente la mancanza di qualcuno che non c'è più. Spero di non darle un ulteriore dispiacere, ora che finalmente ha potuto conoscermi. Ma in questo momento si sta agitando, all'improvviso sembra che tutta quella dolcezza che ha mostrato finora sia svanita in un attimo. Il suo viso si è fatto cupo e sembra bloccata da qualcosa. Socchiude la bocca, tira un forte respiro e poi inizia...
- Kelly, scusa ma ancora non riesco a chiamarti “nonna”. Devo dirti una cosa... -
- Fleur, tesoro, dimmi tutto quello che vuoi! - - Sai... in questi giorni io e la mamma siamo andate a casa tua perché mamma aveva bisogno di respirare ancora una volta l'aria di casa. -
- Oh, son contenta che sia tornata anche senza me... -
- No, ha parlato di te tutto il tempo e mentre lei trovava dei documenti, ho esplorato un po' la casa e sono arrivata in soffitta. -
- Ah, bellissima esplorazione. In quella soffitta ci sono solo dei relitti - , affermo un po' arrabbiata. - Anche se lo fossero, ho trovato delle cose... fotografie, lettere, oggetti, ciondoli. Perché hai riposto tutti quei vestiti in un baule? Guarda, ho scattato delle foto... -
- Quei vestiti! Ognuno di essi ha un ricordo diverso e la stessa cosa vale per gli oggetti... -
- Ti va di parlarne? Vorrei conoscerti meglio! - - Non so se la mia storia possa essere così bella - , dico tristemente.
- Non puoi giudicare, tu sei la narratrice ed io la spettatrice. Per quanto una storia non sia come noi desideriamo raccontarla, non è detto che non sia degna di essere raccontata. -
La guardo intensamente e decido che forse è arrivato il momento di distruggere quel muro e lasciarmi andare. Tanto la cosa peggiore che possa capitarmi è che altre persone sappiano quello che ero e che sono diventata. Forse, aspettavo questo momento da molto tempo. Speravo che qualcuno me lo chiedesse, che potesse dar voce a dei sentimenti che non penso di aver ancora metabolizzato.
- Forse hai ragione tu... solo che la mia storia è lunga. -
- Io posso stare qui tutto il giorno o tutti i giorni che vorrai per ascoltarla. -
Mi scende una lacrima, nessuno dopo tutto questo tempo è stato così dolce con me, tanto meno un membro della mia famiglia. Posando la sua mano sulla mia guancia, mi accarezza il viso ed io mi faccio coraggio.
- Da dove iniziamo? - , le chiedo.
- Iniziamo da qui. -
Mi mostra la foto di un tubino blu laminato ed io sono una statua di ghiaccio.
Miccoli Mariarosaria
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