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Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Autore: Vittoria Ronchi
Titolo: Il vento del libero arbitrio
Genere Racconti Storie vere
Lettori 3992 155 86
Il vento del libero arbitrio
JOSÉ (Terzo racconto della raccolta, n.d.a)

Dedicato alle coste del Capo di Trafalgar, dove ogni primavera i riflessi argentati dei tonni selvaggi tornano a stagliarsi nitidi tra l'azzurro del cielo e la spuma del mare.

José aveva passato una nottataccia, senza un attimo di riposo.
All'una era balzato a sedere sul letto, con gli occhi sbarrati.
Poi, a intervalli di circa trenta minuti, ogni volta che era sul punto di riaddormentarsi, col fiato mozzato da un sogno troncato sul nascere, si era svegliato con la sensazione che il fragore di un tuono avesse appena scosso la sua casetta modesta, vicinissima al mare, facendo tremare i vetri delle finestre e i pochi mobili.
Ogni volta si era alzato agitato, tra le proteste di sua moglie, aspettandosi il diluvio universale, o che un lampo, da un momento all'altro, lo fulminasse spaccandolo a metà.
E ogni volta, infilandosi il giaccone sopra al pigiama, era andato ad affacciarsi sul patio, che dava direttamente sulla strada, per riuscire a capire cosa diavolo stesse succedendo.
Eppure, ogni volta, aveva constatato che quella notte del 26 ottobre 2015 era una notte serena, come tutte le altre, anzi più di tutte le altre, quasi primaverile.
Il suo sguardo rivolto al cielo aveva potuto seguire tutto il percorso della costellazione di Orione, che in quel periodo dell'anno spuntava da est all'imbrunire per andare lentamente ad appoggiarsi sulla pergola, sorretta dai tralci della vite già spoglia, senza che mai nemmeno una nube ne avesse intralciasse il cammino.
Figlio e nipote di pescatori, José sapeva a malapena leggere e scrivere, e solo perché suo padre lo aveva costretto a frequentare la scuola fino a che il suo corpo non era diventato abbastanza forte per affrontare il mare: da quel momento aveva cominciato a lavorare nella flotta peschiera del paese in cui era nato e cresciuto, e dove ora stava invecchiando.
Come suo nonno e suo padre aveva imparato a decifrare con precisione il linguaggio del vento, delle maree e delle stelle: questo gli bastava a esser certo che quella notte non annunciava tormenta e che dunque il frastuono che lo aveva svegliato di colpo, non era di tuoni.
La mattina seguente non aspettò nemmeno che le prime luci dell'alba illuminassero la parete per far riemergere dal buio le macchie di umidità, disegnando forme fantasmagoriche e verdastre.
Stirò il corpo più indolenzito del solito, si alzò, e in silenzio, senza accendere la luce per non svegliare sua moglie, prese i vestiti ripiegati la sera prima sulla sedia accanto al comò, andò in bagno, si vestì, si sciacquò il viso e uscì di casa, diretto al bar del porto.
La levataccia e la notte passata praticamente in bianco - che per il cielo, la temperatura e gli odori sembrava proprio una notte di maggio - lo riportarono alla gioventù, quando dalla fine della primavera e fino a metà estate, tutti i giorni, ancor prima dell'alba, era già lì pronto, al porto, ad aspettare la barca che avrebbe lasciato lui, i suoi colleghi, suo padre, i suoi numerosi cugini a quasi due miglia dalla costa.
Da lì, ciascuno avrebbe preso il proprio posto sulle diverse imbarcazioni di cui si compone la tradizionale flotta di almadraba, la cattura dei tonni selvaggi: testa, da cui hanno inizio tutte le manovre, tierra, quella più vicina alla terraferma, fuera, dalla parte opposta, e sacada, che è invece quella da cui il capitano dirige le diverse fasi di uno dei più antichi metodi di pesca. Così cominciava ogni dura giornata di lavoro in alto mare.
Fin dai tempi dei Fenici, ma forse da molto prima, come testimonierebbero le pitture rupestri di alcune della Sierra di Cadice, da cui ancora oggi si gode di una magnifica e nitida vista sull'Atlantico e sulle coste africane, ogni anno, nel mese di maggio, branchi di tonni adulti, che possono superare i duecento kg di peso, attraversano lo Stretto di Gibilterra e seguendo un misterioso istinto, tornano a deporre le uova nel luogo in cui sono nati, nelle tiepide acque del Mediterraneo, in quello che in gergo marinaresco viene definito il “viaggio d'amore”.
Ogni anno, fin da quei tempi remoti, nei pressi di Gilbiterra, poco prima di arrivare alla meta, una parte di essi viene catturata in un modo complesso e ingegnoso, che si sviluppa in diverse fasi e che è rimasto sostanzialmente invariato. La prima - detta calamento- è quella in cui le chilometriche reti, vengono calate in mare. Ci vogliono tra trecento e trecentocinquanta àncore per fissarle sul fondo, in maniera tale da formare un labirinto, suddiviso in vari settori. Una parte di esse viene disposta verticalmente, come si trattasse del collo di un imbuto, allo scopo di convogliare le enormi creature fino alla zona denominata copo, costituita da altre reti disposte in senso orizzontale. Questa prima fase richiede un paio di mesi di lavoro, se si considerano anche i tempi necessari alla preparazione di tutta l'attrezzatura.
Dopo questa prima fase ha inizio la pesca, durante la quale i sommozzatori della flotta controllano continuamente che non vi siano fughe o rotture, mentre spingono i tonni all'interno del complicato labirinto.
Ai tempi in cui José lavorava nell'almadraba la pesca si prolungava altri due mesi, poi le cose sono cambiate: oggi questa fase non dura più di quindici giorni, vuoi anche perché nel 2006 furono stabilite le cosidette quote massime di cattura, per evitare l'estinzione o l'impoverimento della specie. In quell'anno infatti le autorità spagnoler riscontrarono me denunciarono e denunciarono la cattura di oltre settantamila esemplari ancora immaturi. Ma questo José ed i suoi colleghi lo avevano capito molto prima, da quando cioè il numero di pesci catturati si era molto ridotto, così come il peso di ciascuno di essi, e di conseguenza la qualità: questo aveva provocato che gran parte del personale, già saltuario, venisse definitivamente licenziato.
La fase che più appassionava José, e durante la quale veniva arruolato, era la terza e ultima, la cosiddetta levantada, ovvero la mattanza, quella in cui interviene il maggior numero di lavoratori, e che consistea nella vera e propria cattura dei tonni, issati a bordo della sacada.
Quella mattina gli parve di sentire ancora sulla faccia, sui capelli e negli occhi, gli spruzzi d'acqua salata che il dibattersi degli animali riversava addosso a lui e i suoi compagni, di respirare l'odore del sangue, salsedine e sudore che impregnava i polmoni e i cuori agitati. Gli sembrò perfino di sentire il vocio tutto intorno, sovrastato dalle grida del capitano che impartiva istruzioni, il bruciore delle ferite causate dai ganci legati al polso, con cui lui e una dozzina di altri uomini issavano le prede a bordo del barcone. O di scorgere, nel riverbero del sole ormai alto, la figura di Manolo che, immerso nell'acqua salata del copo, spingeva una a una quelle creature possenti verso di loro: “Beccati questo José!” urlava vittorioso, “Antoniooo!!!!! Attento che questo tira, non mi cadere giù per la borda, che ci facciamo male”, scherzava soddisfatto.
Ricordò anche la notte in cui si era dichiarato a quella che adesso era sua moglie, il giorno della Virgen del Carmen, patrona di Barbate e protrettrice della gente di mare, alla quale, nel corso della spettacolare processione, viene offerto il tonno più grande della prima levantada.
Anche sua moglie si chiamava Carmen, e per l'occasione, come tutte le donne del paese, si era vestita da flamenca e aveva adornato i lunghi e foltissimi capelli neri con una rosa rossa. Ci aveva ballato per tutta la sera, perché a quell'età il desiderio di far suo, anche per un solo momento, quel giovane corpo di donna, vinceva la fatica del lavoro. Sull'arena del piazzale davanti al porto, addobbato a festa, le aveva promesso, se lei avesse voluto, che l'avrebbe sposata e le avrebbe dato dei figli, e amata e rispettata per tutta la vita.
Pochi anni più tardi José decise però di raggiungere, insieme a sua moglie, un cugino di secondo grado in Germania, e lasciò la sua terra: i soldi che guadagnava nei pochi mesi in cui veniva ingaggiato per la pesca non bastavano, se voleva mantenere la sua promessa e mettere su famiglia.
Con la Spagna in piena dittatura, senza il becco di un quattrino, la sua patria cominciava a stargli stretta. Fu coasì che imparò ad imbustare würstel, nella stessa fabbrica dove lavorava il suo parente e divenne operaio. Sopportò i rigidi inverni di Francoforte, e non senza sforzo riuscì a tirar su due figli, un maschio e una femmina, senza fargli mancare nulla.
Però, José un giorno si accorse che gli occhi e il carattere di Carmen inziavano a spegnersi lentamente, nel buio di interminabili giornate grigie e sempre uguali passate in solitudine, chiusa al secondo piano di un anonimo edificio di mattoni, aspettando che suo marito e i suoi figli, ormai grandi, rientrassero per cena e per andare a dormire.
E così, appena possibile, José e la sua famiglia decisero di tornare ad abitare la vecchia casa che i genitori di lui gli avevano lasciato in eredità, quella dove era nato e cresciuto, non lontana dal faro di Barbate che di lì a poco sarebbe diventato un hotel per ricchi, se quello che gli avevano riferito alcuni vicini, che sapevano sempre tutto, era vero.
Parecchie cose erano ormai cambiate: la strada sterrata sulla quale si affacciava il patio, sul lungomare, era stata coperta con uno strato di asfalto. Il mare era avanzato tanto da arrivare - in inverno, con le prime mareggiate - a lambire l'ingresso delle moderne costruzioni spuntate come funghi a partire dalla fine degli anni Sessanta, e che oggi ospitavano pizzerie, bar, supermercati e ristoranti che nei mesi estivi si riempivano di turisti e ladruncoli. La vecchia fabbrica dove si elaboravano i prodotti della pesca, fatta costruire dai Duchi di Medina Sidonia alla fine del diciottesimo secolo, era ridotta a un cumulo di macerie; sulle rovine delle poche pareti rimaste in piedi qualcuno aveva disegnato degli strani graffiti, di cui José non comprendeva il significato. Poco più in là, verso le spiagge di Conil e Vejer, campi di girasole si alternavano a discoteche allestite in antichi casali, restaurati allo scopo. Ma almeno, dopo tutti quegli anni, José era tornato vicino al mare, lì dove si sentiva al sicuro.
Con il gruzzolo che era riuscito a mettere da parte in Germania aveva acquistato, a metà con suo fratello, un pezzettino di terra a venti chilometri da casa, in piena campagna, verso l'interno, dove ancora non era arrivato nessuno. Con il passare degli anni e con l'aiuto di suo figlio, costruì un'accogliente casetta che ora usava come rifugio e come fonte di ricchezza: ci si sistemò dei maiali e delle capre che un vicino gli aveva regalato.
José stava invecchiando, ma era ancora abbastanza forte da poter continuare a guadagnarsi da vivere. Soprattutto pensava ai suoi figli. Nei pressi della casetta, dove pascolava il bestiame, c'erano dei sughereti: si offrì di ripulirli in cambio della legna che ne avrebbe ricavato, che cominciò a vendere alle pizzerie di Barbate.
In compagnia di tutti questi ricordi, con tutti questi pensieri, giunse finalmente al bar del porto.
Quando il riflesso verdastro del faro illuminò la linea dell'orizzonte ebbe l'impressione di vedere qualcosa di diverso da quello a cui era abituato.
Cercò allora le luci dei pescherecci, ma non trovò che buio. Senza quelle lucine, che brillavano sempre come astri una accanto all'altra, quello scenario gli parve spettrale.
A quell'ora i pescatori – ormai niente più che qualche vecchio collega e pochi giovani nuovi del mestiere - avrebbero dovuto essere già in acqua, per poi rientrare al porto nelle prime ore del mattino, dove lui li aspettava quasi tutte le mattine, per chiacchierare e ascoltare le novità che giungevano dal mare.
Tornavano con le reti sempre più vuote, i volti più segnati, gli animi più abbattuti. Parlavano di cose che lui non capiva, o forse non voleva capire.
Ce l'avevano con i politici di Bruxelles, che imponevano sempre nuove restrizioni sulla cattura di questa o quella specie: “ Ma c'è il mare a Bruxelles? Perché le questioni della pesca si decidevano proprio lì?” si chiedeva José parlando a sé stesso.
Maledicevano i Giapponesi e tutto il sushi che le catene dei supermercati vendevano a peso d'oro - in confezioni di plastica, col tonno rosso pescato dalle uniche quattro almadrabas della zona che ancora resistevano, e cioè quella di Barbate, Conil, Zahara e Tarifa, ma elaborato e confezionato in Giappone - e insultavano tutti quei figli della Gran Bretagna che avevano chiuso le acque di Gibilterra, dove anche i pesci parlavano andaluso, ai pescherecci spagnoli. Ma José non ci capiva niente di politica. E nemmeno delle leggi di mercato.
Sapeva solo che da diversi decenni a questa parte era confinato in terraferma perché per lui, in mare, non c'era più lavoro. A meno che non si fosse deciso, come tanti avevano fatto, a comprarsi una lancia e mettersi al servizio dei narcotrafficanti, sfidando le correnti dell'oceano e i potenti mezzi della Guardia Civil, avanti e indietro sullo stretto, che dista dal Marocco appena quattordici chilometri. Ma ormai era troppo vecchio. E poi lui ci teneva a rimanere una persona onesta.
Quando il faro tornò a illuminare l'orizzonte riuscì a distinguere almeno cinque enormi navi da guerra comodamente alla fonda. Proprio lì, dove il cielo si unisce al mare, dove il suo sguardo era abituato a perdersi e a cercare.
Sopra di lui aerei militari squarciavano l'aria, lasciandosi dietro brandelli di fumo bianco. Ecco cos'erano i boati che lo avevano tenuto sveglio. Ecco perché quella notte non era riuscito a dormire.
Sotto, l'oceano da solo, profondo, nero.
Finalmente cominciava a far giorno. La prima luce di quel mattino d'autunno bagnò d'argento la snella figura del corpo anziano, ma ancora asciutto ed agile di José, facendo brillare la sua folta barba bianca.
Le rughe del suo viso parlavano di sole e salsedine, di tempeste scampate, dei colleghi emigrati o inghiottiti dal mare e delle ore di duro lavoro che avevano divelto sul nascere sogni mai terminati.
Sulla strada del bar - dove un caffè corretto, come sempre, gli avrebbe aggiustato la bocca - si divertì a immaginare come sarebbe stato pescare i tonni dall'alto di quelle navi da guerra.
Altro che tempeste di vento, altro che maree. Non si sarebbero mosse nemmeno sotto la furia di Dio. Sarebbe stato come pescare dalla riva, accanto all'ombrellone, con un paio di birre in fresco. E anche se tutto fosse andato storto, come gli era capitato più di una volta, sarebbe stato sufficiente avvisare uno di quegli aerei. E ciao vento, ciao onde. Addio tragedie, nessun problema. Aspettateci lì cari tonni, ci vediamo un altro giorno.
Al bar c'erano già tutti. "Hai visto José? Oggi niente. Fino al 6 novembre non si esce. Sono cominciate le manovre del Trident Junker ".

“Che cosa è cominciato?”, chiese José incuriosito.
E così venne a sapere che il frastuono che la notte prima lo aveva strappato ai sogni era stato provocato dalle prime manovre di un'operazione diretta e organizzata dalla NATO.
La missione della Spagna, nel contesto di questa mega esercitazione, era difendere il confine sud occidentale dell'Europa da un'ipotetica guerra chimica da parte dei paesi arabi. e prevedeva, tra l'altro, la gestione e la distribuzione delle risorse energetiche e alimentari, compreso l'approvvigionamento di acqua per tutta la sua durata e per tutta l'estensione dei territori coinvolti. Il più imponente spiegamento militare dallo sbarco in Normandia.
José ascoltava attento: "Ma qui? A Barbate?!", chiese sornione.
"E certo. Qua ci sta tutto: il tonno rosso, il fumo buono, il cianquanta per cento di disoccupazione e i quattromila ettari del Campo di Addestramento Militare della Sierra del Retín, che le amministrazioni locali hanno ceduto alle Forze Armate in cambio degli incendi che provocano i soldati durante le esercitazioni ogni volta che tira un po' di vento!” rispose uno dei più anziani, indispettito.
José ripensò ai tempi della guerra civile. Anche il generale Franco aveva scelto il paese dov'era nato e cresciuto per cominciare l'avanzata dalle coste marocchine alla conquista di Madrid.
“E adesso sono arrivati pure questi!”, aggiunse uno dei più giovani, Juan, che faceva il pescatore e lavorava nell'almadraba per passione, ma che grazie al suo talento aveva incominciato ad affermarsi come cantante flamenco. Sembrava avergli letto nel pensiero.
"Qua abbiamo tutto sì, meno i soldi e il cervello, che quello ce lo beviamo al bar e alla feria!", osservò il vecchio José: la sua espressione si era rabbuiata. Forse per questo Juan cercò di farlo sorridere: “Guardati questo video José”, disse, mettendogli davanti agli occhi lo schermo del suo telefono.
José tirò fuori dalla tasca del giaccone un paio di occhiali con le lenti un po' unte che però gli stavano bene e gli davano un'aria da vecchio maestro di scuola, e - dopo aver lanciato un'occhiata interrogativa al giovane - si avvicinò il cellulare al viso e fissò lo sguardo sullo schermo, dove campeggiava l'immagine di una portaerei in mezzo al mare con una didascalia che recitava: “Guerra del Golfo Persico. Capo Finisterra, Galizia”.
Juan avviò il video e avvertì José: “Si sente male, ma ci sono i sottotitoli.”
Il gracchiare di un apparecchio radio disturbava l'audio:
“Qui A 853. Attenzione, deviate la rotta di 15 gradi a Sud per evitare la collisione. Vi state pericolosamente avvicinando verso di noi. Distanza: venticinque miglia nautiche”.
Al gracchiare della radio si aggiungeva il rumore del vento.
Una voce con forte accento inglese rispondeva:
“Per favore, vi suggeriamo di deviare la rotta di quindici gradi a Nord, per evitare la collisione”.
“Negativo, ripetiamo, deviate la rotta di quindici gradi a Sud per evitare la collisione”, ribatteva la voce che aveva aperto la conversazione.
José tornò a rivolgere un'occhiata interrogativa a Juan, ma quello lo esortò ad ascoltare ancora.
“Vi parla il Capitano di una nave da guerra della Marina degli Stati Uniti d'America: insistiamo, dovete deviare la rotta di quindici gradi a Nord per evitare la collisione.”
“Non lo riteniamo fattibile, né conveniente; vi suggeriamo di deviare immediatamente la vostra rotta di quindici gradi a Sud per evitare la collisione.”
José tornò a rivolgere un'occhiata interrogativa a Juan, ma quello lo esortò a continuare ad ascoltare.
“Vi parla il Capitano (incomprensibile) della portaerei (incomprensibile) della Marina degli Stati Uniti, la quarta più grande del mondo, siamo scortati da due corazzate, sei distruttori, cinque fragate, quattro sottomarini e altre imbarcazioni d'appoggio. Siamo diretti alle acque del Golfo Persico per effettuare manovre militari. Non vi suggerisco, ma vi ordino, di deviare immediatamente la vostra rotta o ci vedremo costretti a prendere le misure necessarie a garantire la sicurezza di questa nave e delle forze di questa coalizione. Il vostro Paese appartiene alla NATO e a questa coalizione, dunque obbedite immediatamente e scansatevi dalla nostra rotta”.
“Vi parla José Manuel (incomprensibile), siamo due persone. Ci scortano un cane, del cibo, due birre e un canarino che adesso sta dormendo, siamo appoggiati da una radio locale de La Coruña e dal canale 16 di emergenze marittime. Non siamo diretti da nessuna parte. Infatti vi stiamo parlando dalla terraferma. Siamo nel faro A853 Finisterra della Costa di Galizia. Non abbiamo la più pallida idea di che posto occupiamo nella classifica dei fari del mondo. Potete prendere le decisioni che vi pare per garantire la sicurezza della vostra nave che si sta per sfracellare sugli scogli. Pertanto insistiamo ancora: vi suggeriamo siete di deviare la vostra rotta di quindici gradi a Sud per evitare la collisione”.
“Bene. Ricevuto. Grazie.”
José restituì il cellulare a Juan, abbozzando un leggero sorriso di cortesia. Ripiegò gli occhiali, li infilò di nuovo in tasca, e decise di non raccontare di quella volta, poche estati prima, in cui una nave radar americana, di quelle a cui è affidato il controllo del traffico di persone e di droga sullo stretto per poco non sperona lui e la barchetta con la quale era uscito da solo a pescare. Si rivolse di nuovo ai presenti:
"Ma voi? Voi perché non siete usciti?", chiese severo, in tono di rimprovero.
"Per non disturbare Joselito. Ma dove vuoi che andiamo col casino che hanno messo su? Non lo sai che hanno mandato in ferie pure i tonni, e tutti gli altri pesci? Perché non siamo usciti, dice", scattò Manuel, risentito.
Ora gli occhi grigi di José fissavano il mare.
Lasciò i suoi amici al bar e andò a fumare una sigaretta sulla spiaggia della Hierbabuena, dall'altra parte del porto, che conservava ancora l'aspetto di tanti anni prima. Il verde dei pini e la macchia sulla scogliera, l'azzurro del cielo sereno di quella mattina, il fruscio delle onde e quell'odore di brezza vita selvaggia lo avrebbero aiutato a rilassarsi, dopo la notte insonne.
Sulla strada incontrò Antonio che in groppa al suo cavallo si dirigeva verso le pinete del parco naturale de La Breña. Probabilmente andava a dare un'occhiata al bestiame. E probabilmente neanche lui era riuscito a dormire la notte prima.
Rimase lì, in compagnia dell'oceano, quasi tutta la mattina, scaldandosi le ossa al sole e pensando che se l'armatore non avesse venduto la barca, e se lui fosse stato ancora giovane, come Juan, quella mattina avrebbe preso e sarebbe uscito lo stesso.
Così quei soldati, quegli aviatori e i marinai a bordo delle navi che se ne stavano comodamente alla fonda, avrebbero visto come si vince la guerra alla fame, al sale e all'impotenza. E pensò anche che sicuramente, quella stessa mattina, avrebbe fatto ritorno in porto con quanto gli bastava per non chiedere niente a nessuno, per non vedersi costretto a giocarsi la vita in cambio di niente, né ad inventare una guerra giusta e necessaria per giustificare un saccheggio.
Certo che sarebbe uscito, lui e le sue palle. Lui e la sua barca.
Verso le due del pomeriggio si incamminò verso casa, dove sua moglie Carmen aveva di certo preparato il pranzo. Poi sarebbe andato dai suoi maiali, dalle sue capre e dalle sue galline, che avevano ancora bisogno di lui, nella casetta di campagna che aveva costruito con le sue mani e che un giorno avrebbe lasciato ai suoi figli.
Note:
1. La Trident Juncture 2015 è stata la più importante esercitazione organizzata dall'Alleanza Atlantica nel corso del 2015 che ha avuto luogo in Italia, Portogallo, Spagna, Oceano Atlantico e mar Mediterraneo, e ha visto coinvolti 36.000 militari provenienti da più di 30 Paesi. Nel racconto il termine Juncture è stato volutamente sostituito con “ Junker”, così come l'autrice lo ha ascoltato per bocca della persona che ha ispirato questo racconto. In realtà questa parola non esiste in inglese. La parola contemplata dal dizionario è invece Junk, e curiosamente significa “aggeggio, accrocco.
Vittoria Ronchi
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