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Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Self Publishing. In passato è stato il sogno nascosto di ogni autore che, allo stesso tempo, lo considerava un ripiego. Se da un lato poteva essere finalmente la soluzione ai propri sogni artistici, dall'altro aveva il retrogusto di un accomodamento fatto in casa, un piacere derivante da una sorta di onanismo disperato, atto a certificare la proprie capacità senza la necessità di un partner, identificato nella figura di un Editore.
Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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Writer Officina
Autore: Raffaele Formisano
Titolo: Progresso
Genere Fantascienza
Lettori 3435 29 55
Progresso
Stanley chiese e ottenne accesso ai segmenti di siti che doveva combinare per creare il listato giusto atto alla formazione del portale oscuro. Lo schermo tridimensionale olografico rifulgeva alternatamente, mostrando in screensaver immagini spettrali.
Al giovane diede la vaga impressione che respirasse. Ciò lo turbava ancora di più, al sol pensiero che quello strano essere gli avrebbe trangugiato, di lì a poco, l'anima. Inghiottì un bel po'di saliva prima di attraversare il tendone nero.
Ancora una volta in postazione, lettura delle impronte digitali ed ecco apparire il cono energetico formato da anelli concentrici che gli cinsero l'intero corpo inizialmente, poi gli succhiarono pian piano l'attività pensante trasferendola al sistema.
Cominciò a riavvertire, per la seconda volta, quel senso di timore e di scioltezza in contemporanea, sentendosi sempre più libero, svestitosi della gravità di un corpo materiale.
Senza sapere né il come, né il quando si ritrovò nuovamente digitalizzato e riconvertito in un essere olografico; il punteruolo energetico, sparatogli dietro la nuca e conficcatosi in essa, provvedeva a mantenere in vita il suo organismo.
Occorreva soltanto attraversare il maxischermo olografico, che appariva in forma di un fulgido cancello energetico.
La voce guida lo esortava a darsi una mossa.
Attraversata la soglia fu trasferito direttamente nella stanza principale in casa di Arianne. L'ambiente si presentava leggermente diverso, forse la pianta della camera differiva per forma (sembrava essere pentagonale in quella seconda occasione), mentre si accorgeva di nuove chincaglierie ornamentali in spesso acciaio e appuntite, pendenti da robuste corde collegate a ganci sotto il soffitto, nonché di graziosi mobili stile moderno. La tappezzeria tutta in giro risaltava di un rosa vivo, interrotto ogni tanto da vari oggetti rossi, principalmente lampade.
A mezzo di un avanzato CAD tridimensionale era possibile la composizione strutturale di un arredamento in continua evoluzione: lo stesso Charlie ne disegnava, a mano a mano, sempre nuovi pezzi, come aveva lasciato intendere la volta precedente; la cosa curiosa che colpì Stanley fu tuttavia che, essendo il fratello lontano, la mobilia doveva essere stata creata dalla stessa Arianne, non vi era altra spiegazione.
Identico discorso, evidentemente, per il suo vestiario.
Da un impiantino stereo, poggiato su di un tavolo basso, proveniva una rilassante musica soft.
McGee iniziò ad avvertire, in parallelo, un fastidioso suono elettronico intermittente, avente fonte da un timer virtuale in sospensione aerea sotto il soffitto, al centro.
Segnava circa sedici minuti, tempo che gli restava per lasciare il luogo.
Senza più soffermarsi sui particolari, il ragazzo si mosse direttamente verso il pannello di controllo, richiedendo il riconoscimento.
Il fascio luminoso a lui ormai noto scansionò la sua forma, ricavandone i parametri personali, quindi confrontandoli con quelli memorizzati durante la prima visita. Sulla consolle apparve un'icona verde di autorizzazione. L'intero quadro comandi venne proiettato fuori dalla parete, in un angolo della camera più in ombra rispetto agli altri.
Stanley lo raggiunse, allargando le braccia per attirare a sé due inquietanti aste virtuali, dotate entrambe di maniglia, da ruotare in contemporanea. Gli parve, d'un tratto, che le stesse, venute fuori di scatto dal pannello tridimensionale, volessero deliberatamente trafiggerlo. Ragion per cui si scansò prima verso destra, quindi verso sinistra, per evitarne una alla volta.
Arrestate che si furono, rimasero in sospensione, nell'attesa di essere manipolate. Il ragazzo si fece coraggio a impugnarle.
A ogni duplice giro un contatore elettronico digitale a cifre rosse segnò un punto acquisito, fino a che non comparve in verde il numero quarantotto, che avrebbe garantito la massima autonomia di due ulteriori giorni al sistema.
Lasciate che ebbe ambo le corde, queste furono richiamate nel pannello da una forza di natura simile a quella elastica.
La proiezione della consolle fu, infine, annichilita, tornando la stessa a far parte della parete opposta.
Stanley non riusciva più a udire il rapido scorrere delle cifre del timer a soffitto, visto che il sottofondo musicale, un pezzo sinfonico di un noto pianista francese, di cui gli sfuggiva il nome, era cresciuto di intensità. Lanciata una rapida occhiata all'ordigno elettronico, scoprì che restavano dodici minuti.
“Meglio svignarsela” pensò.
Prima di muovere un passo verso il cancello energetico, tuttavia, fu attratto da una parete un po' più avulsa, che non aveva bene inquadrato dapprincipio, tutta tappezzata di gif olografiche in formati diversi. Avanzò verso il muro, mettendone gradualmente a fuoco i contenuti. La quasi totalità delle immagini ritraeva momenti di sesso fra due inconfondibili Charlie e Arianne. Alcune erano catalogate in funzione della specifica posizione e del numero di volte in cui era stata applicata.
Le unioni che Charlie programmava per Arianne avevano evidentemente effetti di infinito benessere per sé stessa e i suoi partner. Lei doveva essere, in tal senso, come un normale essere umano: in pieno possesso delle facoltà di sentire, avvertire, godere.
Stanley restò allibito, avendo conferma di ciò che aveva intuito sin dall'inizio e del motivo di tanto tergiversare di suo fratello con Rose.
- Maledizione, Charlie, che cazzo ti passa per la testa? - fece, rivolto alle foto animate.
Un trillo lo distolse dal suo rimuginare. Si trattava del segnatempo elettronico che indicava lampeggiante un intervallo residuo utile di dieci minuti.
- Bisogna andare davvero! - disse fra sé, voltandosi rapido verso il cancello.
A momenti, però, gli veniva un colpo nel constatare che Arianne era alle sue spalle, in fervente attesa.
- Chiamata di uscita: seduzione pericolosa - fece la voce reboante associata al counter.
- Non dargli retta, Stanley! Tu mi desideri più di ogni cosa, ammettilo! - gli sussurrò voluttuosa la donna, fra caldi sospiri che gli infuocavano il collo, spogliandosi dei suoi vestiti attillati.
- Non posso... - ribatté lui poco convinto, ma non riuscì ad aggiungere altro, stregato com'era dalle irresistibili nudità di lei.
Senza neppure accorgersene si ritrovò sul divano, avvinghiato a quella gatta selvatica, che gli strappò la camicia di dosso e gli sfilò i blue-jeans, lacerandogli le mutande.
- Dammelo Stanley. Lo voglio, adesso! -
L'allocco non poté più sottrarsi, scatenandosi in una sfrenata sequenza di preliminari erotici con quella implacabile ninfomane. Il ragazzo stentava a rammentare l'ultima volta che avesse provato un tal senso di eccitazione nella sua intera esistenza.
Era impossibile sfuggire alla morbidezza dei seni di Arianne, alle sue labbra carnose, alla sua lingua irrequieta che agiva su ogni parte del corpo del giovane, sotto l'effetto di riflettori stroboscopici.
- Avanti, fammi sentire, stupido! -
Stanley partì a razzo, una volta gasato per bene.
Intanto il timer lo richiamava all'ordine: - Meno cento secondi allo zero: presenza Stanley non rilevata al cancello - .
- Bravo, continua! Non ti fermare! - lo incitava Arianne.
Il ragazzo accelerò il ritmo, colto dalla follia più totale, fino a raggiungere in tempo la fase di orgasmo, allo scoccare dei sessanta secondi.
Arianne non mollava la presa, mentre lui cominciò a respingerla, avvertendo un effettivo imminente pericolo.
- Ancora, Stanley, sei solamente alla prima ripresa - incalzava lei, passata su.
- Lasciami andare, pazza! -
- Quarantacinque secondi - annunciava il sistema.
Vittima di incontrollabile frenesia, egli fu costretto a sottrarsi con la forza, appioppandole un ceffone per obbligarla a mollarlo. Si catapultò, quindi, seminudo, nel cancello in fase di restringimento.
Ci passò a stento, ridottosi questo in forma di oblò ancora abbastanza largo.
La reintegrazione della sua attività pensante nel corpo sarebbe durata dieci secondi all'incirca, tempo appena sufficiente per consentirgli di uscire dal portale sano e salvo, prima che lo stesso si smaterializzasse.
Una volta all'esterno, il ragazzo cadde in ginocchio, poggiando i palmi a terra e sbruffando dall'incavo orale succo gastrico.
Si ricompose dopo un po', mettendosi a sedere, lo sguardo rivolto al monitor tridimensionale, in cui figurava la ragazza senza veli, i palmi compressi contro lo schermo invisibile che la separava dal mondo reale, le lacrime agli occhi e la faccia gonfia.
Stanley raggiunse strisciando la sua posizione, tirandosi su gradualmente e a fatica, per poi poggiare, a sua volta, la mano destra contro la sinistra di lei, dall'altra parte del monitor.
- Perdonami, Arianne, ho dovuto farlo - si scusò con rammarico per averla percossa.
Ella abbassò lo sguardo, ritirate le braccia, poi si riavviò lentamente, a capo chino, verso la propria abitazione.
Il sistema si disattivò in automatico.
L'ultima cosa che McGee percepì fu una feritoia dal contorno lampeggiante, da cui venne fuori una minicard di salvataggio dati in attesa di essere estratta.
Raffaele Formisano
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