Mariano Sabatini

Mariano Sabatini (Roma, 18 marzo 1971) è un giornalista, conduttore radiofonico e scrittore.
Ha iniziato a lavorare nel 1992 come cronista per una testata romana. Due anni dopo viene chiamato da Luciano Rispoli a sostituire un autore del Tappeto Volante su Telemontecarlo (TMC). Da allora ha proseguito parallelamente l'attività giornalistica e quella di autore televisivo. Nell'ambito del Festival della Letteratura 2013 è stato insignito del Premio Città di Giulianova. Da fine 2019 dirige, insieme a Divier Nelli, la casa editrice Polillo Editore.
Dal 1994 fino a luglio 1998, e poi nel 2001 e fino al 2005, è autore del talk show Tappeto Volante, in onda prima su TMC poi sul circuito di Odeon TV, su Raisat Album e su Canale Italia (e in contemporanea sul canale 883 di Sky). Arrivato alla tv grazie all'intuizione di Luciano Rispoli che ha ravvisato nel giovane giornalista che era andato a intervistarlo doti di autore, Sabatini ha proseguito a collaborare con grandi network. Sempre per TMC, tra ottobre 1998 e gennaio 1999, è autore del "Primo Campionato di lingua italiana", nato sul modello del quiz Parola mia che Luciano Rispoli aveva ideato e condotto per tre stagioni su Raiuno: un quiz che ha visto protagonisti giovani universitari alle prese con etimologie, definizioni, modi di dire e temi scritti in buon italiano. Tra il 2002 e il 2003 firma la riedizione di Parola mia, conduttore Luciano Rispoli: settanta appuntamenti su Raitre; per la quale ha scritturato, come partner di Rispoli, la scrittrice Chiara Gamberale.
Dal 1996 ha condotto rubriche su Radio Rai, Play Radio, Radio Capital ed altre emittenti. È ideatore e conduttore di ATuXTv e Techetechemé su InBlu Radio, circuito nazionale. Ha scritto diversi libri di carattere saggistico. L’inganno dell’ippocastano (Salani, 2016) è il suo primo romanzo: in seconda edizione dopo due settimane dall’uscita, si è aggiudicato il premio Flaiano e il premio Romiti Opera prima 2017. Nel frattempo scrive racconti per riviste popolari e ha partecipato all’antologia Omertà a cura di Cristina Marra (L’Erudita editore), Moon a cura di Divier Nelli (Lisciani Libri), Delitti di lago 4 (Morellini). Il suo nuovo romanzo Primo venne Caino, sempre per Salani, è uscito nel gennaio 2018 e ha vinto il Premio internazionale Como, il premio Acquanoir Terme Suio, il Premio Logos Cultura Milano International, il premio Giallo Ceresio. I romanzi sono in via di pubblicazione nei paesi francofoni Francia, Belgio e Canada per l’editore Actes Sud.

L'inganno dell'ippocastano. Non sono pochi i nemici di Ascanio Restelli, imprenditore di successo a un passo dalla candidatura a sindaco di Roma. Ma Viola Ornaghi, inviata a intervistarlo, non si aspettava certo di ritrovarlo morto, con la gola tagliata e due buchi al posto degli occhi. La giornalista perde la testa, non sa a chi chiedere aiuto. L'ultimo numero che ha chiamato è quello del suo collega Leo Malinverno... senza pensare, preme il tasto per richiamarlo. Scaltro e ironico, famoso per le sue inchieste scomode, Malinverno è forse la persona più adatta per proteggere Viola, coinvolta suo malgrado nell'effetto domino messo in moto dall'uccisione dell'imprenditore. Il giornalista affianca la polizia in un'indagine che rivela una trama criminale sempre più sfaccettata, in cui i testimoni si trasformano in protagonisti e gli innocenti, come spesso accade, pagano per i colpevoli. Un noir ambientato in una Roma tentacolare, dove imprenditoria, malavita, informazione e politica convivono non sempre pacificamente, e dove nessuno può mai considerarsi veramente al sicuro.

Primo venne Caino. Durante un'estate torrida, il giornalista Leo Malinverno è in vacanza con Eimì - la sua ragazza greca, di vent'anni più giovane - ma decide di tornare in una Roma che sembra non voler chiudere per ferie, quando riceve la telefonata dell'amico vicequestore Jacopo Guerci. Il secondo dei delitti compiuti con un preciso rituale, in cui alle vittime vengono asportati lembi di pelle tatuata, fa supporre agli inquirenti che possa trattarsi dell'azione di un temibile serial killer. Il Tatuatore, come presto viene battezzato, è spietato e sembra avere un progetto macabro, difficile da decodificare. Fra tanto sangue sparso, amici malati, scontri in redazione, complicazioni familiari e dubbi sentimentali, Malinverno inizia una sua inchiesta, parallela all'indagine dei carabinieri: e di pari passo allo sciogliersi del caso, accanto alla palese follia del Tatuatore scopre un'altra storia, non meno atroce. In questo secondo romanzo che ha per protagonista l'affascinante Leo Malinverno, Sabatini intreccia in modo magistrale una trama classicamente 'nera' all'indagine psicologica, mostrandoci che la faccia del Male può avere tante, tantissime sfumature. E spesso si cela sotto la coltre di una infida normalità.

Scrivere è l'infinito. Mariano Sabatini ha interpellato gli autori più noti per capire se scrittori si nasce o si può diventarlo. E come. Con il proliferare delle scuole di scrittura creativa, l'interrogativo non è affatto pretestuoso. Scrivere può insegnare a scrivere. Ma soprattutto serve leggere: tanto, di tutto. Ecco, allora, che in "Scrivere è l'infinito" il lettore - aspirante scrittore - troverà più di cento testimonianze di romanzieri famosi e apprezzati sui loro singolari metodi di lavoro. Qualche esempio: l'anarchia di Andrea Camilleri; l'isolamento di Giorgio Faletti; la lentezza di Sveva Casati Modignani; le ricerche di Giuseppe Culicchia; i canovacci di Loriano Macchiavelli; gli intrecci automatici di Cristina Comencini; il masochismo di Simonetta Agnello Hornby; il transfert di Alberto Bevilacqua; il dolore di Dacia Maraini; le pennichelle di Margherita Oggero; il tempo scaduto di Gianrico Carofiglio; il plot di Massimo Carlotto; la vendemmia di Enrico Brizzi; la patologia di Lidia Ravera; la naturalezza di Bianca Pitzorno; le riscritture infinite di Michael Cunningham; il falò di Andrea Vitali; il gioco di Romana Petri... Grazia Versanai, Barbara Baraldi, Licia Troisi, e tantissimi altri.

Abel Wakaam: Ciao Mariano, hai cominciato la tua attività come cronista. Hai poi avuto la fortuna e il merito di essere chiamato da Luciano Rispoli come autore del programma "Il Tappeto volante". Puoi raccontarmi com'è stata questa esperienza?

Mariano Sabatini: Mariano Sabatini: Non pensavo di fare la televisione, volevo scrivere di televisione. Collaboravo con Il Tempo, il quotidiano romano, e mi chiesero di intervistare Rispoli. Lo chiamai emozionatissimo perché lo seguivo dai tempi di Parola mia su Rai1, da quando cioè avevo 14 anni. Lo vedevo come un divo del rock, mi piacevano i suoi modi, i contenuti delle sue trasmissioni. In quel periodo lavorava a Telemontecarlo e quando lo raggiunsi al telefono scoprii che mi conosceva di nome. In quegli anni avevo scritto a tutti, Costanzo, Marzullo, Baudo, direttori di giornali, di rete. A tutti chiedevo di valorizzare maggiormente Rispoli. E tutti, incontrandolo, gli parlavano di questo pazzo che li sommergeva di lettere ben scritte. Così Luciano, dopo avermi rilasciato l’intervista, mi volle ospite nel suo salotto, la mia passione lo incuriosì, ravvisò in me della qualità che neppure avrei pensato di avere. Quando un suo autore passò in Rai mi propose di sostituirlo. Avevo ventitre anni.

Abel Wakaam: A che punto della tua vita hai capito che potevi effettuare il passaggio artistico da autore televisivo a scrittore?

Mariano Sabatini: Soltanto in Italia si mantiene una ideale cesura tra i diversi ambiti, negli States sono tutti scrittori. I giornalisti, gli sceneggiatori, gli autori televisivi, i romanzieri… Io ho deciso a quattordici anni che avrei fatto della lingua italiana, parlata e scritta, il mio strumento di lavoro. Poi con naturalezza e senza grossi patemi l’ho applicata a diversi media. I giornali, la Tv, la radio, il web, i libri. Dapprima libri saggistici, poi romanzi. Diciamo che per i romanzi è stata necessaria una lunga circumnavigazione. Desideravo creare storie, da lettore vorace, compulsivo, disordinatissimo e appassionato. Provavo invidia per i romanzieri. Il primo romanzo che ho scritto è stato pubblicato, non avevo feti narrativi abortiti nel pc.

Abel Wakaam: Guarda caso, uno dei protagonisti di "L'inganno dell'ippocastano" è proprio un giornalista come te. Quali sono i meccanismi che portano uno scrittore a immedesimarsi in una parte che probabilmente vorrebbe interpretare davvero? Leo Malinverno, tombeur des femmes, indossa i tuoi stessi panni e si comporta proprio come faresti tu di fronte ai fatti raccontati nel libro?

Mariano Sabatini: Si scrive di quello che si conosce, perlopiù, anche per non complicarsi la vita con infinite ricerche. Aver reso protagonista un giornalista corrispondeva anche al desiderio di non riproporre uno dei tanti commissari, detective, marescialli o simili che affollano la narrativa noir. Malinverno più che somigliarmi, mi è affine. È un uomo che vorrei come amico, o meglio, come fratello. Ha i miei gusti in fatto di donne, ha la mia visione della vita e della professione. Anche se lui è un giornalista giornalista, come è stato definito Giancarlo Siani, io sono un giornalista da salotto.

Abel Wakaam: La strategia che hai scelto è quella di dipingerlo non come un falso eroe, ma semplicemente un uomo, e proprio per questo appare ancora più vero. Una scelta voluta oppure, pagina dopo pagina, la sua italianità ha preso il sopravvento?

Mariano Sabatini: Entrambe le cose. Quando si scrive una storia arriva sempre il momento in cui, per fortuna, i personaggi compiono un ammutinamento e detronizzano il narratore onnisciente. La bravura sta nello spingerli verso quel baratro salvifico. La caduta senza rete porta a soluzioni impensabili. Malinverno si è fatto da sé, con il mio aiuto. Posso dire questo. È un uomo del nostro tempo, con pregi e difetti, per chi sa coglierli. Molto amato dai lettori che mi chiedono continuamente quando arriverà un’altra sua inchiesta.

Abel Wakaam: L'avventura di Malinverno continua in "Primo venne Caino" dove è sulle tracce di un tatuatore che sconvolge coi suoi crimini la capitale. Dopo aver ucciso le sue vittime, ne elimina i tatuaggi con un taglierino da pellaio. Trovo che l'idea sia decisamente originale perchè si discosta dai soliti collezionisti macabri. Da cosa hai tratto l'ispirazione?

Mariano Sabatini: Ho letto molto libri sui serial killer, compreso quelli di John Douglas, il cacciatore di serial killer, che ho conosciuto. I meccanismi in cui operano sono sempre gli stessi, condizionati da deviazioni psichiche gravi. Quello che cambia è il loro immaginario. Ho letto anche libri di antropologia sul tattoo. Mi incuriosiva indagare il conformismo che porta la massa a farsi istoriare il corpo. Mi divertiva portare scompiglio in questa enclave. Oggi i veri eccentrici sono quelli che mantengono immacolata la porzione di pelle avuta in sorte. Salvi, in virtù di questo, in Primo venne Caino.

Abel Wakaam: La tua capacità di discostare il giornalista investigatore dalle figure tipiche dei suoi colleghi americani, punta sulla vita privata del protagonista, bizzarra e complicata come quella di tutti noi. E in "Primo venne Caino" questo mix diventa ancora più evidente. È la maturazione del personaggio oppure dello scrittore?

Mariano Sabatini: Malinverno è fatto a mia immagine e dissomiglianza. Chi può dire dove comincia lui e dove finisco io, o viceversa? La maturità di persone e personaggi si misura sulla capacità di fronteggiare le bizzarrie, chiamiamole così, che la vita s’inventa. Malinverno plana sulle difficoltà con la leggerezza teorizzata da Italo Calvino, che non è superficialità. In questi mesi mi capita di pensare come se la caverebbe il mio Leo alle prese con la pandemia. Un buon libro, un bel piatto di spaghetti con un bicchiere di vino pregiato, il sofà, la musica, il giardino… una lunga pennica, dormitina per i non romani, e passa la paura. Non si farebbe scoraggiare, credo. E come giornalista investigativo lui, comunque, potrebbe circolare!

Abel Wakaam: Sempre che non sia "distratto" dalla sua baby fidanzata o dall'amica Carla (quasi una sorella mancata). Nel romanzo dispensi diverse citazioni di libri e di ricette, è un altro modo appetitoso per conquistare il lettore?

Mariano Sabatini: Tu la chiami baby fidanzata, come fa Guerci nel romanzo per provocarlo, ma a Malinverno non piacerebbe… ci sono rapporti problematici che nascono non solo su istinti basici, pulsioni animalesche, ma su sentimenti sinceri, profondi. In questa storia Malinverno è molto combattuto infatti riguardo a Eimì. Per quanto riguarda le ricette e le citazioni, non era quello l’intento. Fa parte della personalità di Malinverno, cucinare è il suo modo per prendersi cura di chi ama, pur non dichiarandolo, magari. Libri e musica sono una passione vera. Certo sono tratti molto apprezzati dai lettori, che colgono i suggerimenti e le istigazioni culturali.

Abel Wakaam: Hai dedicato una parte del testo alla complicata relazione di Malinverno con l'anziano padre. Il tuo scopo è stato quello di analizzare uno scontro generazionale, che in questi anni si è ancora più evidenziato a causa della tecnologia, oppure la paura d'amare, sia che si tratti di una donna o di chi gli ha dato la vita?

Mariano Sabatini: Racconto di Malinverno, nella speranza che chi legge possa rispecchiarsi, ma non ho finalità sociologiche. Il rapporto genitori figli, mi sono accorto, è una tematica molto presente nei miei romanzi. Anche nel primo. Questo risponde a un nodo pulsante della mia personalità, della mia storia privata. E del resto gran parte delle devastazioni umane derivano da infanzie tristi, avvilenti, mortificanti. Genitori non sufficientemente buoni producono lesioni nell’affettività che portano a scelte poco raccomandabili.

Abel Wakaam: Cosa consiglieresti agli autori esordienti che perseguono il sogno di entrare a pieno titolo in questo mondo?

Mariano Sabatini: Di lasciare perdere, a meno che non sia una passione bruciante. In caso contrario, anziché scrivere, consiglio loro di leggere. Leggere, leggere, leggere… poi ancora leggere. Non ci sono scuole né segreti, a scrivere s’impara leggendo e immergendosi nelle storie altrui, fino a dragarle nel profondo. Fino a farsene pervadere. Pubblicare è tutt’altra storia, in cui entra in campo la fortuna.

Abel Wakaam: Per finire, puoi raccontarmi della tua "Cagnolina che non vola mica"

Mariano Sabatini: C’era una volta una cagnolina… anzi, ancora non c’era. Perché la storia che ho scelto di raccontare parte dalla pancia, dall’utero della canetta che generò la mia Eimì, una meravigliosa trovatella di ormai 8 anni che mi ha cambiato la vita. E infatti non è giusto dire che io sia il suo padrone, ma è lei che possiede il mio cuore. Lei che mi ha tirato via dalla concrezione di pigrizia che mi caratterizzava. Da quando è arrivata lei ho cominciato a camminare, ogni giorno, almeno per un’ora e mezza, nella natura quasi selvaggia di villa Pamphili, a Roma. Viviamo in simbiosi e consiglio a tutti, se proprio volete un cane (impegno non indifferente), di fare la scelta etica di salvare una vita. Trovo sbagliato e addirittura immorale spendere mille e cinquecento euro per un pastore tedesco, ad esempio, quando con la medesima cifra si possono tirare via dall’inferno dei rifugi decine di cani bellissimi, unici, irripetibili. Che è poi quello che dico negli incontri con i giovani lettori: la differenza, la diversità sono sempre valori. Tanto è vero che Rita Levi Montalcini decise di intitolare la sua autobiografia “Elogio dell’imperfezione”. Se ci pensate l’opera di selezione umana che porta alla distillazione della razza, delle varie razze, ha un che di orrorifico. Preferisco di gran lunga i tentativi fantasiosi degli incroci naturali, spontanei, da cui nascono bestiole meravigliose, ineguagliabili.
In “Una cagnolina non vola mica” per Chiaredizioni, con le illustrazioni meravigliose di Giorgia Farnesi, racconto le peripezie quotidiane e casalinghe di Eimì, creatura tremebonda ma anche coraggiosa, tenace, abbandonata a poche ore dalla nascita, che si trova a vivere esperienze traumatiche, tali da condizionare il suo carattere e la sua esistenza futura. Da San Vito dei Normanni arriva a Roma, in casa di Marco, Federica e Sara e dovrà apprendere tutto. Sentendosi più umana che cane, dovrà anche imparare come convivere con il suo fratellino cucciolo acquisito, di nome Potter, arrivato quando lei si sentiva la reginetta della casa. A sparigliare l’ordine acquisito. Le sue paure la portano a guardare il cielo, a quegli strani esserini dotati di ali, che possono lambire le nuvole, sottraendosi ai pericoli. È sempre con il muso in aria e perciò Marco le ripete “una cagnolina non vola mica!” Ma chi lo dice? Ci sono tanti modi di volare. Una storia tenera, di accettazione di sé e di accoglienza.

Abel Wakaam: Sei soddisfatto di questo libro?

Mariano Sabatini: Mi è molto piaciuto scrivere per ragazzi, soprattutto per le grandi emozioni che ho provato alla "Fiera del libro di Torino" e a "Più libri più liberi" a Roma. Mai provate negli incontri per i miei romanzi destinati agli adulti. Credo proprio che ripeterò l’esperienza con una storia che mi frulla in testa.

Abel Wakaam

© Writer Officina

Photo by Gianni Brucculeri e Luciano Onza

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