Gianluca Gotto

"Sono tanti i motivi per cui sentiamo il desiderio irrefrenabile di viaggiare. L’esplorazione è uno di questi, certo. Per alcuni, poi, partire significa anche avere la possibilità di staccare dalla propria quotidianità e crescere attraverso esperienze che ti trascinano fuori dalla tua comfort zone. Per altri ancora, viaggiare è semplicemente divertimento. È pura vita."

Gianluca Gotto nasce a Torino nel 1990. A vent’anni si trasferisce in Australia e poi in Canada. Oggi è un nomade digitale: scrive articoli e libri mentre gira per il mondo. Sul suo blog Mangia Vivi Viaggia condivide esperienze di vita e di viaggio. Nel 2018 ha raccontato la sua storia in "Le coordinate della felicità" e nel 2020 ha pubblicato il suo secondo libro "Come una notte a Bali".

"Alle scarpe lucide da ufficio ho preferito le infradito tutto l’anno. A una casa pieni di oggetti ho preferito una vita minimalista e sempre in viaggio. A un lavoro prestigioso ho preferito un lavoro in remoto che amo. A una vita di grandi apparenze, ho preferito una vita di grandi libertà. A lauree e attestati, ho preferito due Working Holiday tra Australia e Canada."

Le Coordinate della felicità
Come una notte a Bali

Grazia Redaelli: Ciao Gianluca e grazie per aver accettato il nostro invito. Mi sarebbe piaciuto intervistarti di persona, ma temo che tu non sia proprio dietro l'angolo... in quale porzione di mondo ti trovi ora mentre ci rispondi?

Gianluca Gotto: Grazie a voi per avermi ospitato. In questo momento mi trovo in Spagna, vicino al confine con il Portogallo. Sono tornato da sei mesi in Thailandia, spesi soprattutto sull’isola di Koh Chang. Lì, tra giungla, spiagge e tantissime scimmie molto intraprendenti a causa dell’assenza di turisti, ho vissuto tutto il periodo più intenso della pandemia e ho iniziato a scrivere il mio nuovo libro. Ora sono a bordo del mio camper del 1983, che è ben più di un semplice veicolo: è una vera e propria casa su ruote e un ufficio itinerante.

Grazia Redaelli: Hai avuto il privilegio di riuscire a divincolarti dalla noiosa linearità di una vita sempre uguale. Il primo passo non ti porta dove vuoi andare, ma ti toglie da dove sei.
Quali sono stati i tuoi passi successivi?

Gianluca Gotto: I primi passi in un processo che potremmo chiamare di “liberazione”, “crescita personale” o “ricerca della felicità” non sono mai una questione di aggiungere, ma di eliminare. Quando fai quel primo passo per allontanarti da dove non vuoi restare, stai dicendo di no a una vita teoricamente giusta, ma praticamente infelice. Anche i passi successivi dovrebbero sempre seguire questa logica: invece di chiederti cosa vuoi fare della tua vita, ti chiedi che cosa non vuoi fare; invece di chiederti chi vuoi essere, ti chiedi chi non vuoi essere. Da minimalista convinto, posso assicurare che questa pulizia mentale è tanto soddisfacente quanto prendere una stanza piena di sporcizia e disordine e riportarla a uno stato di pulizia, ordine, armonia ed essenzialità. Quando lo fai nella tua mente, questa sensazione si chiama chiarezza mentale, una vera rarità al giorno d’oggi, nell’era della distrazione perenne. Se riesci a ottenerla, diventa molto più facile capire l’obiettivo reale del tuo processo: che vita vuoi fare, chi vuoi essere.

Grazia Redaelli: Molti vorrebbero intraprendere il percorso che tu hai segnato, ma si può davvero realizzare senza una sicurezza economica alle spalle?

Gianluca Gotto: La sicurezza economica è una questione molto soggettiva. Per anni, prima di aprire il mio blog e scrivere libri, ho lavorato nel mondo del poker. Ho assistito personalmente a partite per pochi centesimi così come a partite esclusive in cui c’erano milioni di euro sul tavolo. Ogni volta notavo con stupore come ci fossero giocatori che sudavano freddo perché si stavano giocando due euro e altri che sembravano totalmente disinteressati nonostante la cifra enorme che avevano in gioco. Questo per dire che ci sono persone per cui è fondamentale avere le spalle ben coperte e altre che invece ritengono che i soldi non siano la soluzione, né il problema. Chi appartiene alla prima categoria può comunque intraprendere un percorso di cambiamento usando la razionalità per delineare un piano che (indipendentemente da come sia strutturato) parte sempre dal presupposto di lavorare duramente per risparmiare e poi investire quanto messo da parte nel proprio sogno. Ho conosciuto tante persone che lo hanno fatto, recentemente una coppia che ha aperto un resort in Thailandia con i risparmi accumulati in anni. Chi appartiene alla seconda categoria, invece, ha la consapevolezza di poter sempre trovare una strada, anche in una situazione di forte difficoltà economica. Ne ho conosciuti tanti anche così, specialmente in Australia: ragazzi e ragazze disposti a barattare qualche ora di lavoro per vitto e alloggio, in attesa di trovare un lavoro vero e proprio.
Indipendentemente dalla propria attitudine e dalle proprie ambizioni, so per certo che questa famosa “sicurezza economica” si può costruire. Se si pone come priorità assoluta il cambiamento, un modo lo si trova sempre.

Grazia Redaelli: Trovo che sia molto significativa "La parabola del contadino cinese" che spesso hai citato. Quante volte ti sei mai interrogato sul tuo "forse sì, forse no?"

Gianluca Gotto: La parabola del contadino cinese, fondamentalmente, è un invito a essere pazienti. A noi esseri umani piace etichettare tutto nel minor tempo possibile. Lo facciamo con le persone, con il nostro stato d’animo e con le giornate, ogni volta che diciamo o pensiamo “questa è proprio una giornata orribile!”. Lo facciamo con tutto quello che ci succede: non diamo tempo al tempo, vogliamo subito etichettare e archiviare. Così perdiamo completamente la visione d’insieme, che è fondamentale nel giudicare in maniera lucida un percorso esistenziale che non dura un’ora, una settimana o un mese, ma decenni! Considerando di cosa tratta questo sito, ti racconto un aneddoto che pochi conoscono: a vent’anni autopubblicai un romanzo thriller. Andò malissimo, non vendetti più di una manciata di copie. All’epoca ero molto severo con me stesso e mi dissi che ero stato uno stupido a illudermi di poter diventare uno scrittore. Etichettai quell’esperienza come un fallimento e la archiviai nel cassetto delle cose da dimenticare velocemente. Oggi, invece, so che è stata fondamentale. Aver già vissuto un’esperienza simile mi ha permesso di sapere esattamente a cosa stavo andando incontro quando ho iniziato a scrivere, quasi dieci anni dopo, “Le coordinate della felicità”. Quel “fallimento” mi ha aiutato enormemente da un punto di vista pratico, avendo già portato a termine una volta il processo di stesura, revisione e pubblicazione di un libro, ma anche da un punto di vista mentale: la prima volta avevo tante aspettative, e per questo rimasi profondamente deluso. Non ho commesso quell’errore nuovamente e infatti la pubblicazione di “Le coordinate della felicità” è stato un processo leggero e molto positivo. Se ci penso ora, questa è una vera lezione per me. Ogni volta che qualcosa va storto, mi dico di essere paziente. Perché forse l’Universo mi ha davvero fatto lo sgambetto, ma forse no. Vedremo.

Grazia Redaelli: Ci sono coordinate della felicità comuni a tutti noi o variano per età, sesso o condizione sociale?

Gianluca Gotto: Le coordinate della felicità sono differenti per ognuno di noi. Chi ha amato il mio libro e ne ha tratto ispirazione, quasi certamente ha coordinate simili alle mie. Significa avere delle priorità ben definite: dar sfogo al proprio desiderio di scoprire (viaggiando, ma anche leggendo) e alla propria componente creativa, un romanticismo di fondo che tiene lontano il cinismo e mantiene vivi i sogni, un amore incondizionato per la vita, che ti fa essere grato per quei piccoli grandi momenti di gioia e ottimista nei periodi difficili. Ho molto apprezzato che tante persone con delle coordinate della felicità ben distanti dalle mie abbiano recepito a pieno il mio messaggio: non importa cosa ti rende felice, l’importante è non arrendersi mai alla falsa idea per cui tu non possa esserlo. La vita non cambia per caso, cambia per scelta e impegno. Se lo vuoi davvero e ti impegni ogni giorno, ti avvicinerai sempre di più alla tua personalissima idea di felicità. Qualunque sia il tuo punto di partenza.

Grazia Redaelli: È nato prima Gianluca con la penna o con la valigia in mano?

Gianluca Gotto: Prima il Gianluca con la penna. Ma a ben pensarci, scrivere che cos’è se non un meraviglioso viaggio?

Grazia Redaelli: Esatto, "Scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli” . Così come anche leggere. Quali sono gli autori e i testi che ti hanno smosso, colpito e influenzato nel corso del tuo percorso di ricerca?

Gianluca Gotto: Tra gli autori sicuramente Bukowski per la sua intensità e il suo modo di raccontare la vita per quello che è, senza filtri. Il suo stile diretto e brutalmente schietto mi ha sicuramente influenzato. Dei suoi libri, “Factotum”, letto in un periodo difficile della mia vita (emigrato in Canada con mille difficoltà sul lavoro e una crescente insofferenza verso la società consumista), è quello più di tutti mi ha dato una scossa. Il mio romanziere preferito è Stephen King. Ho letto quasi tutti i suoi libri e in cima alla mia lista ci sono “Misery” e “L’ombra dello scorpione”. A chiunque voglia provare la strada della scrittura, consiglio caldamente di leggere il suo manuale/autobiografia “On Writing”.

Grazia Redaelli: Sembrerebbe che negli ultimi anni il desiderio di "mollare tutto" abbia una diffusione sempre più capillare. Magari per alcuni resta semplicemente a mezz'aria, incatenato a una semplice velleità del momento, ma per altri diventa un pensiero ricorrente, come alternativa a giorni senza slanci e a un diverso modo di esprimere il proprio sé e il proprio io sociale in modo autentico.
Cosa credi che manchi sostanzialmente alla nostra attuale società?

Gianluca Gotto: Manca una visione più ampia delle cose. Il grande paradosso della società occidentale è che proprio laddove la libertà viene considerata una conquista straordinaria (e lo è) sia poi così difficile cambiare percorso. È quella mentalità che nel mio libro chiamo “La Grande Legge dell’Uno”: trovati un lavoro, un partner, un posto da chiamare casa per tutta la vita e poi avanti così, senza mai cambiare direzione. Eppure come fai a sapere di essere sulla strada giusta se non hai mai camminato sulle altre? Lasciare la strada principale per esplorare i sentieri, poi magari tornare su quella principale. Oppure no, proseguire nella direzione che nessuno ha ancora esplorato. Manca questo nella nostra società: l’accettazione che la vita è piena di possibilità. E allora magari quella laurea, le aspettative dei tuoi genitori, i consigli del tuo professore, il desiderio del tuo partner ti stanno portando nella direzione sbagliata. Cambiare, in questo caso, non dovrebbe nemmeno fare scalpore: dovrebbe essere quanto di più naturale esista. E invece no. Alla nostra società manca l’accettazione del diverso, dell’alternativa, del nuovo. Quando viene meno questa consapevolezza, succedono diverse cose spiacevoli. Ad esempio, si perde l’umiltà e si diventa arroganti e testardi, poiché convinti che la propria strada sia l’unica giusta. Oppure si perde completamente di vista ciò che di buono c’è nella propria vita e nelle conseguenze delle proprie scelte. Si diventa ingrati: tutto fa schifo e si desidera a prescindere ciò che non si ha. Ma prendiamo anche l’esempio da te citato: perché così tante persone oggi vogliono mollare tutto e cambiare? Posso assicurare che di coloro che lo dicono, forse un 20% lo vuole per davvero. Tutti gli altri vorrebbero soltanto esplorare le alternative. Stretti nella morsa della Legge del Grande Uno, si interrogano su ciò che si trova oltre quello che già conoscono e che per tutti è sacrosanto e insindacabile. Quando dici a qualcuno che non può fare qualcosa, lui sarà immediatamente attratto da quella prospettiva. Questo sta succedendo. La nostra società ormai ragiona per assoluti e questa visione, per cui ogni cosa è bianca o nera, fa sentire le persone frustrate. A volte il grande cambiamento è nelle piccole cose. Nel cambiare abitudini, ad esempio, o nella scelta delle persone da frequentare. Non sempre e non per tutti è necessario stravolgere tutto quanto. Ma finché non ci sarà una visione più ampia della vita e delle scelte che si possono prendere, la situazione resterà questa: o mi accontento oppure devo mollare tutto e andare dall’altra parte del mondo. Così, chi non potrà o non avrà la forza di farlo, penserà di essere condannato all’infelicità. E sarà ancora più frustrato

Grazia Redaelli: Quali consigli vorresti trasmettere agli autori di Writer Officina?

Gianluca Gotto: Il mio unico consiglio è di amare il processo. Amare ogni fase del vostro sogno, ogni capitolo, ogni pagina, ogni parola. Ogni volta che vi sentirete orgogliosi e ogni volta che vi sentirete inadatti. Ogni apprezzamento e ogni critica. Amate profondamente quello che fate, perché le cose belle della vita sono un viaggio. E nessun vero viaggiatore parte e investe tutto quel tempo solo per arrivare a destinazione.

Grazia Redaelli

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